FANTASCIENZA STORY: APPENDICE 03 – PARTE 07

INEDITI CINEMATOGRAFICI E TELEVISIVI – PARTE 07

Inediti 1961 – 1968

Nel 1961 il regista americano Gene Nelson, che aveva alle spalle una lunga e variegata carriera (ricordiamo Tea for Two, del 1951, e Oklahoma, del 1955), riportò su pellicola un’idea dello sceneggiatore Eugene King. Si trattava della storia di uno scienziato che, vittima dei suoi stessi esperimenti, si trasforma in un mostro terrificante che terrorizza l’intera regione. Una storia forse troppo scarna, ma dotata di valide ambientazioni. Per interpretare il ruolo di protagonista di Hand of Death, fu scelto John Agar (Viaggio al settimo pianeta, Assalto dallo Spazio, Le Donne del pianeta preistorico, Brain from Planet Arous, Tarantola e molti altri…) che fu iniziato alla carriera d’attore, nel 1948, con il film Fort Apache, dall’allora moglie Shirley Temple, ex bambina prodigio del cinema.

L’anno successivo, ancora in America, fu la volta di David Bradley, un giovane regista esordiente che firmò The Return of Mr. H (1962) per conto della Crown International Production. Non fu un successo, dato il modesto costo produttivo e la assoluta mancanza di notorietà nel cast (Billy Freed, Scott Peters, John Holland e Carlos Rivas), anche la storia non suscitò la benchè minima emozione, eccezion fatta per qualche repubblicano antinazista che contestò l’’uscita del film con lanci di ortaggi e questo perché la storia era imperniata su un gruppo di filonazisti, capeggiati da un ex ufficiale delle S.S. che tentano di ricostruire su un’isola caraibica  il dominio del Reich. Gli ordini vengono impartiti direttamente dalla testa tenuta in vita di Adolf Hitler, perfettamente conservata sotto vetro.

Attack of the Robots è un gustoso film franco-ispanico diretto dall’allora sconosciuto Jess (o Jesus) Franco. Nel 1962. Il regista volle raccontare la storia di uno scienziato deluso e arrabbiato che tramuta ogni uomo in pericoloso robot. Li fermerà Fernando Rey.

Ricordiamo La Jetee (1962), un cortometraggio di Chris Maker perché ad esso si è lontanamente ispirato il film L’esercito delle dodici scimmie. Qui si parla di una Parigi dopo la Terza Guerra Mondiale dove i vincitori compiono esperimenti con cavie sugli spostamenti del tempo. Essi sono convinti che, superando la barriera temporale, potranno ricongiungere il presente con il passato e con il futuro per poter accedere a una diversa realtà. Una delle cavie riesce a superare la barriera del tempo…

Lo stesso anno Weslie Becy fece conoscere al pubblico il suo Creation of the Humanoids (1962), anticipando i grandi temi della Terza Guerra Mondiale, dove gli uomini sopravvissuti creano una civiltà automatizzata e funzionale. Tutto viene eseguito dagli umanoidi cloni/automi sofisticati e imbattibili in ogni lavoro assegnatogli. La vita sociale viene rivoluzionata, il sogno mondiale della pace sembra realizzato. Fatta eccezione per Don Megawan, un caratterista molto popolare per aver vestito i panni di famosi mostri cinematografici come Frankenstein e il Mostro della Laguna Nera nel terzo capitolo (Il Terrore sul Mondo), il cast non fu niente di particolare. Sembrava che il film sarebbe passato in sordina, ma il pittore Andy Warhol ne rimase entusiasmato, affascinato e lo decretò il miglior film dell’anno.

Fu veramente un buon periodo per l’industria del cinema, altri film furono sfornati a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro; il genere fantascientifico era un filone redditizio e furono in molti, registi e produttori, a coglierne l’occasione, come Maury Dexter con The day Mars invaded Earth (1962), un film in bianco e nero chiaramente ispirato al più famoso Invasione degli Ultracorpi, ma con un finale alquanto insolito per Hollywood perché questa volta sono gli alieni a vincere la battaglia eliminando, ad uno ad uno, tutti i terrestri in modo da impedire loro la colonizzazione del pianeta rosso.

Gli alieni che controllano il corpo e la mente umana vengono riproposti in un film dal modestissimo budget come Invasion of the Stars Creatures (1962) di Bruno de Soto per la American International. 81 minuti di appassionati sforzi nella lotta contro gli umani ad opera di due spaventapasseri (queste le loro sembianze) galattici che tentano di distruggere l’uomo con la più letale delle armi: la donna! Prendono infatti possesso della volontà di due giovani e bellissime amazzoni, ignari che, nella radura vicina, si stanno esercitando i soldati dell’esercito: s’incontrano con due di loro, cercano di circuirli, ma se ne innamorano e i poveri alieni sono costretti a lasciare le loro ospiti e a rifugiarsi negli spazi profondi! L’amore trionfa sempre…

Chissà se la pensavano allo stesso modo anche i tre protagonisti di Three Stooges in Orbit – 1962 (Hal Haward, Larry Fine e Joe De Rita), saga fantascientifica portata alla fama da Edward Bernds (Mondo senza Fine, La Regina di Venere, La Maledizione della Mosca, La vendetta del Dottor K, ecc…). Il film narra i comici esperimenti che i tre devono mettere a punto per sgominare il piano criminale dei marziani Og e Zog, desiderosi d’impadronirsi del progetto di un portentoso mezzo anfibio in grado di trasformarsi anche in un elicottero.

Film per ragazzi è invece la pellicola cecoslovacca targata 1962 Klaun Ferdinand a Raketa di Jindrich Polk. Il clown Ferdinando non sente una notizia radiofonica che parla di un UFO atterrato in città. Incontra tre ragazzini, e tutti si intrufolano per errore all’interno del disco volante che non aspetta altro, per poi partire e portare i quattro in mondi fantastici per un’ora di avventure.

Di mani assassine si occupa Herbert L. Strock con The Crawling Hand che, nel 1963, fece sobbalzare dai palchi i telespettatori. Con mano sapiente (e perdonateci il gioco di parole), il regista è riuscito a trasportare tutto il terrore di un astronauta tornato sulla Terra con una mano mozzata. Una misteriosa forza aliena se ne impossessa, usandola come veicolo da trasporto per compiere ogni sorta di efferati delitti in tutto il globo. Solo un gatto randagio terminerà la sanguinaria opera aliena, inghiottendo la mano.

Sulle epiche sfide tra russi e americani si è detto tutto e si è girato di tutto: Battle beyond the Sun (Filmgroup, 1963) incarna velatamente la continua lotta per la supremazia tra USA e URSS, stavolta sulla superficie di Marte. Ogni fazione vuole surclassare l’altra nell’atterraggio sul pianeta rosso, ma quando una navetta della fazione opposta è costretta a un atterraggio di emergenza su un asteroide, gli equipaggi mettono da parte pregiudizi e antipatie per tornare ad aiutare gli altri a tornare a casa. Nebo Zowet aveva girato questo film nel 1959, mettendo una straordinaria attenzione nella ricostruzione della navetta spaziale, rifacendosi alle forme delle purtroppo famose V-2. Il film si avvale in gran parte delle immagini spaziali brillantemente realizzate dal cortometraggio sovietico Stazione Spaziale K-1 (Nebo Zowet).

Storia molto suggestiva e originale quella presentata nel film sovietico Metschte Nawstretschu di M. Karjukow e O. Koberidse, del 1963: una razza aliena è costretta a un atterraggio d’emergenza su Phobos, uno dei due satelliti di Marte e solo un extraterrestre si salva. Una missione di soccorso terrestre, composta da astronauti russi, parte alla volta di Phobos per recuperare il superstite. Ma per la vita del messaggero galattico, un cosmonauta dovrà sacrificarsi…

Ancora del 1963 è questo pessimistico film tedesco intitolato Der chef wuncht keine zeugen di Hans Albin e Peter Berneis. Il giornalista Moore sta compiendo una ricerca sulla vita di tre personaggi importantissimi nei settori delle scienze, economia e politica e scopre che tutti e tre sono sopravvissuti a un incidente. Quando vuole intervistarli si trova di fronte ad un muro di omertà. Pian piano si rende conto che queste persone non sono ciò che sembrano bensì si accresce in lui il sospetto che siano degli extraterrestri. E da qui la scoperta che gli invasori provocano degli incidenti, dopodichè sostituiscono le vittime con dei doppioni per la conquista del pianeta. Questa volta gli alieni avranno la meglio.

In Creeping Terror di Art J. Nelson Jr. per la Metropolitan International Picture, del 1964, gli effetti speciali furono realizzati da due maghi della Paramount: John Lackey e Clifford Stine; specialmente al secondo dobbiamo film come Destinazione… Terra, Cittadino dello Spazio, Tarantola, Nel tempio degli Uomini talpa, Il Terrore sul Mondo, La Mantide Omicida e Radiazioni B.X.: Distruzione Uomo. La trama scorre velocemente: un disco volante precipita nel deserto del Colorado, da esso fuoriesce un mostro orribile e gigantesco affamato di esseri umani e per di più assetato di potere e solo due persone riusciranno a sconfiggerlo (Vic Savage e Shannon O’Neil) riportando la pace sulla Terra.

Agli attacchi americani alla Terra rispondono gli inglesi con una catastrofica disfatta di Londra e del Regno Unito in The Earth dies Screaming, sempre del 1964, e di appena 62 minuti: un pilota americano scopre, al ritorno da un test di volo, che l’Inghilterra è stata distrutta da una colonia di alieni e cerca di combatterli distruggendo i robot che gli invasori controllano a distanza da un altro pianeta. Aiutato da alcuni sopravvissuti riesce a far esplodere la centrale delle trasmissioni spaziali. E’ la prima parte di un ciclo di tre film di SF dedicati al tema dell’invasione del pianeta, da parte del regista Terence Fisher. Gli altri due saranno: S. O. S. I Mostri uccidono ancora (Island of Terror) e Demoni di Fuoco (The Night of the Big Heat). Fisher approda in casa Hammer nel 1951 dove comincia subito a distinguersi: i budget sono molto bassi e i risultati mediocri. La Hammer spazia in tutti i generi e Fisher con lei ed è solo nel 1957 con La Maledizione di Frankenstein (The Curse of Frankenstein) che regista e produzione trovano il filone congeniale e tutte le pellicole seguenti decreteranno il dominio hammeriano nel settore. Per dovere, ed anche per piacere, di cronaca riportiamo qui di seguito alcune delle maggiori opere dirette da Terence Fisher nel campo del cinema dell’orrore e cominciamo con Dracula, il Vampiro del 1958, per poi proseguire con Il Mastino dei Baskerville del 1959 e La Mummia, sempre del 1959, tutti con l’eclatante coppia composta da Christopher Lee e Peter Cushing e moltissimi altri che consegnarono Fisher al ruolo di primo regista della Hammer.

Un altro film dello stesso anno è Kiss me Quick! conosciuto anche come Dr. Breedlove. Noi tutti crediamo che i problemi degli altri non ci riguardino, ma quando ti arriva l’alieno della lontana galassia per prendere qualcosa che ti appartiene… beh, allora la faccenda si complica. Immaginate che nella lontana galassia di Buttless, sul pianeta Droopiter, non sappiano che cosa sono le donne; immaginate che il capo dei coloni, Grand Glon, invii il suo più fedele emissario Sterilox sulla Terra per prenderne alcune. Immaginate ora che Sterilox capiti nel castello di Breedlove proprio nel bel mezzo di un esperimento con trenta bellissime e formosissime donne robot e immaginate inoltre che gli aiutanti di Breedlove siano la Mummia, Frankenstein e Dracula. Voi che fareste? Sicuramente non quello che pensa Sterilox: prendere alcuni distributori automatici al posto delle ragazze e tornare indietro! Russ Mayer, il regista, l’ha pensata così e Claudia Bauls, Frank Coe e Sexton Friendly, l’hanno interpretato.

Magici marziani per David Hewitt con il suo Wizard of Mars (American General – 1964), riedizione stellare del Mago di Oz in cui sono gli abitanti di Marte ad avere straordinari poteri. Tra gli interpreti John Carradine, il tutto supervisionato da Forrest J. Ackermann.

Oltre alle produzioni Hammer, troviamo ancora gli inglesi, nel 1965, con Dr.Who and the Daleks, per la regia di Gordon Flemyng (Grisby – 1969), primo adattamento sul grande schermo delle teleserie scritte da Terry Nation, il suo seguito: Daleks – Invasion Earth 2150 A.D. arriverà sui nostri schermi con il titolo Daleks, il futuro tra un milione di anni. Entrambi sono interpretati da Peter Cushing, molto convincente nel ruolo del dottor Who. Egli, nel primo film, viene spedito con nipotina e maldestro assistente nel futuristico pianeta Skaro dalla macchina del tempo e dovranno affrontare con gli alleati Thals i malvagi alieni mutanti Daleks.

Robert Graffney produce e dirige, nel 1965, per la Vernon-Seneca Film Frankenstein meets the Space Monsters, che niente ha a che fare con l’omonima creatura nata dalla mente di Mary Shelley. Una principessa aliena sbarca sulla Terra in cerca di umani (uomini) in grado di ripopolare il suo pianeta morente. L’idea poteva anche essere decorosa, ma il titolo non convinse la massa popolare che lo snobbò totalmente.

Di tutt’altro genere è Space Monsters, ancora del 1965, dove una bella astronauta a capo di una spedizione lascia il nostro pianeta per atterrare nel fondo oceanico di un mondo sconosciuto. I viaggiatori spaziali si rendono ben presto conto che l’habitat in cui sono capitati pullula di gamberi giganti e creature marine mostruose. Dovranno lottare fino all’inverosimile per poter ripartire e vi riusciranno anche grazie a un minuscolo alieno che accorre in loro aiuto. La regia è di Leonard Katsuman.

Habitat e colonizzazione sono gli ingredienti di Starflight IC 1, un filmetto inglese, anche lui del 1965, e che fu classificato dal pubblico come un “serie C”: l’idea è in effetti banale e si poteva sperare di più dalla regia di Bernard Knowles (Easy Money del 1947, The White Unicorn del 1948 e The Lost People del 1949, oltre a moltissimi altri filmetti per la TV diretti per Douglas Fairbanks). Il film difetta di tutti quei piccoli accorgimenti che contribuiscono alla buona riuscita preferendo dare maggior spazio alle spiegazioni tecniche. Bill Williams (Till the end of Times del 1946 e il serial TV Assignement Underwater del 1961) fa parte di una spedizione stellare che, avanti cinquant’anni nel futuro, cerca un nuovo mondo da colonizzare. Ogni membro dell’equipaggio viene accuratamente selezionato in base a particolari condizioni fisiche, gruppo sanguigno, peso, predisposizione genetica alla procreazione. Di qualche decennio esso ha anticipato Gattaca la porta dell’universo (Gattaca – 1997), ma con un finale decisamente scialbo: la moglie del medico di bordo (Linda Marlowe) si ammala gravemente e ciò mette a repentaglio l’intero sistema emotivo del gruppo che sceglie di ammutinarsi. Dopo qualche scontro l’astronave prende di nuovo il largo nello spazio alla ricerca di una nuova casa.

Forse l’industria del cinema in questi anni non ha dato cibo a sufficienza agli addetti ai lavori, ma di sicuro ne ha dato a Bert I. Gordon (I Giganti invadono la Terra, La Vendetta del Ragno Nero, War of the colossal Beast, Il delitto del faro, ecc…) che, con soave maestria, ha cibato un intero gruppo di ragazzi con cibo proteico accrescitore e quindi finiscono per terrorizzare un’intera cittadina e solo una coppia di fidanzati riuscirà a trovare un antidoto al loro smisurato gigantismo. Il film s’intitola Village of the Giant (1965) ed è tratto dal romanzo di Herbert George Wells Il Cibo degli dei ed è l’esatta trasposizione del concetto di gigante/terrore che ha sempre spaventato il collettivo. Bert I. Gordon ricorrerà nuovamente al romanzo di Wells nel 1976 con il film Il Cibo degli Dei, ma con una storia diversa e solo vagamente ispirata al romanzo.

I giapponesi riesumarono le avventure gulliveriane di Jonathan Swift con un lungometraggio, Gulliver on the Moon (A war conflict to avoid della Toei Animation), del 1965, adattandolo alla moderna epopea spaziale. Gulliver, in compagnia di un giovane amico, s’imbarca su di un razzo per raggiungere la Luna, dove trova una civiltà di robot guerrafondaia e senza scrupoli. La guerra è combattuta tra due correnti opposte, la prima con il proposito di trasformare il satellite in un centro dominante del Sistema Solare, la seconda animata da buoni propositi pacifisti.

E se i mostri inventati spaventano non è da meno anche la realtà documentata da Peter Watkins (Privilege – 1976) in The War Game (1965) dove l’angoscia di un attacco nucleare trasuda da ogni fotogramma: immagini rubate alla cremazione di due giovani corpi, vere nuziali sfilate da una coppia in luna di miele, flussi di radiazioni penetrano nelle giovani carni dei sopravvissuti… memorie congelate da una catastrofe possibile. La BBC lo etichetta come “inadatto alla morale pubblica” e lo eliminerà dalla sua programmazione.

Per il 1965 ricordiamo ancora The Terrornauts, ispirato al serial tv del Dr. Who, in cui la minaccia aliena rimane insita negli uomini fin dalla prima esplorazione spaziale. Simon Oates, Zena Marshall (007: Licenza di Uccidere – 1962) e Patricia Hayes si trovano faccia a faccia con possibili scontri con alieni di altri sistemi solari e nemmeno la speranza di un mondo migliore potrà lasciare assopite le ostilità insite nel genere umano. E’ diretto da Montgomery Tully (No Escape – 1953, Cat Women of the Moon – 1953 e La Città senza Legge – 1965), e s’intitola anche The Wailing Asteroids, tratto da un romanzo di Murray Leinster, mentre gli effetti speciali della Bowie Film sono stati designati dalle cronache dell’epoca come tra i migliori.

E dalla cruda virtuo-realtà di Watkins ecco qualcosa di tondo e divertente: Bubble (1966) in bubblevision! Bubble non è altro che il nome di una grande calotta sovrastante una città popolata da zombi: è la tragica scoperta di tre aviatori americani costretti a un atterraggio di fortuna dopo una tempesta elettromagnetica. Arch Oboler (Bewitched – 1946 e The Kinsy Report – 1961), siglò ancora la sua bizzarra voglia di 3D. Aveva già preparato il pubblico con Fire (1951) e Bwana Devil (1952), perfezionando il suo “SpaceVision”, sistema ottico avanzato, ma, ancora, il suo peggior difetto rimanevano i dialoghi: 112 minuti di lunghi e intricati dialoghi cervellotici tra i protagonisti Michael Cole, Deborah Walley, Johnny Desmond e Virginia Gregg, non molto conosciuti e scarsamente riconosciuti.

Restiamo nel 1966 e seguiamo il regista Federico Curiel, il quale, assieme al produttore Luis Enrique Vergara, propongono un soggetto alla Columbia Pictures, in apparenza una stupidaggine, ma qualcuno, nelle alte sfere decise di dar credito ai due ed ecco nascere Aranas Infernales (titolo americano The Hellish Spiders), basso costo, bassissimi effetti visivi, cast sconosciuto e ristretto. La trama: un disco volante alieno atterra sul nostro pianeta pronto a conquistarlo assoldando un esercito di ragni giganti per portare a termine il ferale progetto, ma arriva l’eroe messicano Blue Demon che sventa l’invasione e ristabilisce l’ordine.

Il romanzo L’orrore di Gow Island di Murray Leinster è una storia dotata di suspance che tiene inchiodato il lettore fino alla fine: non così il film che ne è stato tratto, dal ridicolo titolo: The Navy vs. the night monsters di Michael Hoey (1966). Su un’isola quasi deserta della Nuova Zelanda, a circa mille chilometri dal Polo, abitata solamente da pochi studiosi, un aereo atterra tragicamente e si schianta per ragioni sconosciute. Poco dopo l’equipe dell’isola comincia a essere uccisa da creature misteriose e invisibili. Si scopre che nel carico dell’aereo c’era uno sconosciuto tipo di vegetazione proveniente dagli Hot Lakes. Sono alberi che si animano solamente di notte, deambulano e uccidono…

Ancora nel 1966 la Indipendent rilancia sugli schermi Fantastic Invasion of Planet Earth di Arch Oboler, il film era uscito in precedenza come The Bubble (112 minuti), ma qui, tagliando quasi mezz’ora e aggiungendo favolosi effetti 3D, tipo oggetti volanti che volano davanti al naso degli spettatori, diviene quasi un film diverso.

Anche In the Year 2889 (1966) fu poco accreditato, sia come rifacimento di The Day the World Ended (1956), che come precursore del nuovo filone naive. Larry Buchanan non centrò questo successo seppure diresse film quantomeno curiosi come Mars needs Women (1966), Zontar o The thing from Venus (1966), remake de Il Conquistatore del Mondo di Roger Corman e It’s alive (1968) da non confondere con l’omonimo film diretto da Larry Cohen nel 1973. La storia di In the Year 2889 è semplice: una guerra nucleare distrugge la Terra, rade al suolo le città e permette la mutazione genetica di alcuni esseri umani colpiti da radiazioni Gamma. Questi mutanti, con la propensione al cannibalismo, attaccano i superstiti, appartenenti alla resistenza con i loro poteri telepatici. Paul Peterson e Quinn O’Hara capeggiano i ribelli, ma lo scontro con i mutanti darà loro del filo da torcere. Scontato il finale.

Parliamo quindi subito di Mars needs Women, un lungometraggio americano a colori del 1966 prodotto e diretto da Larry Buchanan per la American International e, come suggerisce il titolo, su Marte le donne scarseggiano per cui, guarda caso, gli autoctoni se le vanno a cercare sulla Terra, la scelta non sarà facile…

Non è possibile citare tutte le pellicole inedite, o anche solo quelle uscite negli States o in Inghilterra, ma qualcuna di questa avrebbe meritato una sorte migliore, piuttosto che l’anonimato nel nostro paese. Tra queste ci sentiamo di segnalare Invasion, prodotta dalla Mertonpark, in Gran Bretagna nel 1966 e diretta da Alan Bridges (An act of Murder) con una formidabile Yoko Tani (Sojux 111: Terrore su Venere o Il Pianeta Morto – 1966) nei panni di una prigioniera galattica atterrata assieme al poliziotto che l’ha in custodia davanti a un ospedale. Il Dottor Vernon (Edward Judd: E la Terra prese Fuoco – 1961, Base Luna chiama Terra – 1964 e S.O.S.: I Mostri uccidono ancora – 1966) cerca di dare rifugio alla prigioniera quando altri alieni ne reclamano la “proprietà”. Gli effetti speciali di questo film sono costituiti da una barriera laser impenetrabile e dai raggi fotonici delle armi aliene: niente di eclatante, in realtà, ma il tutto è realizzato da Ronnie Whitehouse e Jack Kline in maniera veramente encomiabile.

Nel tardo 1966 la George Edward Production siglò l’accordo con l’American International Pictures per una serie di film ad alto costo prodotti dallo stesso Edward e da Roger Corman (Il Pozzo e il Pendolo – 1962, La Tomba di Ligeia – 1964, L’Usurpatore – 1962, Il Clan dei Barker – 1970 e molti altri). Il primo della serie fu Queen of Blood dove il trio composto da John Saxon (Nightmare – Dal profondo della Notte e Nightmare 3: Guerrieri del Sogno), Dennis Hopper (Gioventù bruciata – 1955, Il Gigante – 1956, Easy Rider – 1969 e Space Truckers – 1996), con Judy Meredith, entrano in contatto con un’aliena vampira che uccide ogni membro dell’equipaggio della nave spaziale in cui è stata portata. Nello scontro finale, sullo stile di Alien, essa viene uccisa appena dopo la deposizione del suo uovo per cui, che la vampira sia un essere asessuato, lo si scopre solo nel finale. Lo scienziato di turno, interpretato da un Basil Rathbone dalla lunghissima carriera dalla quale vogliamo solo al momento estrapolare il suo meraviglioso Sherlock Holmes, porterà l’ovetto sul nostro indifeso pianeta. Le riprese del film sono durate in tutto solo otto giorni e gli effetti speciali sono quasi del tutto inesistenti.

Gli altri film della serie sono: Battle beyond the Sun (1963), Voyage to the Prehistoric Planet (1966) e Voyage to the Planet of the Prehistoric Woman ( 1966), quest’ultimo con un cast tutto al femminile dove Mamie Van Doren (Runningwild – 1955 e The Navy US the night Monster - 1966), Mary Mark e Paige Lee, sono delle venusiane bellissime e telepatiche che salvano dalla distruzione degli astronauti schiantatisi con la loro astronave sul pianeta, un mondo popolato, oltre che da belle donne, anche da dinosauri bionici e pterodattili giganti.

È pateticamente politico The reluctant astronaut (Universal, 1967), dove la corsa per superare i russi nel lancio di una stazione spaziale orbitante obbliga gli americani a spedire nello spazio l’aspirante astronauta Don Knotts. La regia è di Edward Montagne.

Piccola invasione locale nel film francese di Henri Lanoe Ne Jouez pas Avec les Martiens del 1967. Gli alieni atterrano questa volta in una piccola isola al largo della costa della Bretagna provocando il caos tra gli abitanti.

Pinocchio in outer Space (1967) è il divertente capitolo animato della saga del burattino più famoso del mondo, ritornato tale per ragioni di cattiva condotta, ma riesce a redimersi salvando la Terra da un’invasione aliena… La regia è di Ray Gossense.

Sovente si passa dalle stelle alle stalle e, parlando proprio di queste ultime, salta agli occhi un trash movie dal sapore horror. Si tratta di Astrozombies (1968) di Ted V. Michels con patetici zombi prodotti in laboratorio in modo da poter creare una super razza. Difettuccio: gli zombi necessitano di organi umani per poter sopravvivere e il sinistro Dottor De Marco (John Carradine) deve uccidere per procurare loro la materia prima. Stroncato dalle pesanti critiche, il film non si rifece delle spese sostenute, malgrado esse fossero infinitamente basse.

Sulla scia di 2001: Odissea nello Spazio, Nick Webster (Santa Claus conquers the Martians – 1964), diresse in Mission Mars (1968) Darren McGavin (Il Prigioniero – 1962 – serial tv) e Nick Adams (La Morte dall’occhio di cristallo – 1966, Frankenstein alla conquista della Terra – 1966, ecc…) e George Devries in una produzione a basso costo della Sagittarius/Red Ram Production. Giudicato un po’ troppo patriottico ebbe una discreta risposta di pubblico, grazie anche alla grande pubblicità fatta per l’evento. Nel cosmo regna il silenzio totale, solo stelle e comete e, in lontananza, la Terra. La nave spaziale sta per giungere sul pianeta rosso. C’è qualcosa là fuori: sono i corpi di due astronauti e sono morti. Le tute spaziali hanno una bandiera rossa con un disegno giallo: sono russi. La capsula atterra e c’è un altro corpo sul suolo: un altro astronauta. È congelato e si avverte una strana presenza aliena tutt’intorno e dei macchinari per inglobare l’energia solare. Per sopravvivere c’è un’unica soluzione: bisogna distruggere quelle macchine infernali e fermare gli alieni. Detto fatto: ecco il nostro eroe tornare a casa con il “russo scongelato” (testuali parole di Darren McGavin).

“Mission Mars is failed.

Be back home in days.

Bringin’back a passenger.

Make a bed up!”

“La Missione Marte è fallita.

Tornerò a giorni.

Porto un passeggero.

Preparate un letto”.

Di tutt’altro genere è invece The Monitors (1968), una sorta di rievocazione post-alienata dei figli dei fiori: satira sul flower-power (non riuscita, peraltro), vede una cascata di sketches più o meno divertenti ma meramente diretti da Jack Shea. Alieni ben intenzionati, i Monitors appunto, che cercano di evitare i conflitti umani infondendo nella loro anima l’amore reciproco e la pace. Gli interpreti spaziano da Guy Stockwell a Susan Oliver e da Strudwich Shepperd a Keenan Wynn (Il Dottor Stranamore e Piranha). Curiosando, abbiamo saputo che Susan Oliver, durante le riprese del film, è stata sul punto di abbandonare il set a causa delle sue convinzioni politiche: infatti, alcune gags riportate nel film sono ispirate a campagne politiche pubblicitarie alle quali partecipavano il senatore Everett Dirkson e Xavier Cougat; la Oliver si rifiutò di “recitare politica” in quanto non era suo compito governare una nazione solo con le parole e le sue belle gambe (si dice che il senatore Dirkson avesse più volte ribadito l’importanza di apparire perfetti e depilati – nel senso di coscienza pulita – in ogni situazione, soprattutto in politica; la Oliver soffriva di una forma allergica alle creme depilatorie!!).

Vogliamo ricordare anche Shirley Thompson Versus the Aliens (1968), un divertentissimo film dato alla luce da Jim Sharman (The Rocky Horror Picture Show – 1975) in cui degli alieni prendono come loro portavoce una statua di cera rianimata del Duca di Edinburgo. Solo Shirley Thompson li ha visti e vuole raccontarlo al mondo. E’ un susseguirsi di flashback: Shirley (Jane Harders) si trova infatti dalla propria psicologa e rivive i momenti a spezzoni. Nessuno le crede, nemmeno la madre (Marion Johns) e la povera Shirley impazzisce.

Come avevamo già detto, ecco il remake del film di Roger Corman Il Conquistatore del Mondo. S’intitola Zontar o The Thing from Venus (1968) ed è diretto da Larry Buchanam. La storia è la stessa del film precedente per cui anche qui assistiamo al tentativo di conquistare la Terra per mezzo di alieni simili a pipistrelli e alla uccisione del mostro malvagio da parte, questa volta, non di Peter Graves, ma di John Agar.

It’s alive (1968) sono ottanta minuti con un gigantesco mostriciattolo preistorico affamato e decisamente isterico, costantemente in lotta con tre deliziosi spiedini bipedi che sfuggono alle sue voglie mangerecce. Tutta colpa di un contadino pazzo di nome Corveth Osterhouse, il quale, scoperto il mostro, decide di adottarlo come animaletto da cortile… ma una bocca così grande ha bisogno di tanto cibo e, allora, perché non dargli tre ottimi bocconcini umani, nella fattispecie: Tommy Kirk (Un Professore fra le Nuvole – 1960 e Professore Tuttogas – 1963), Shirley Bonne e Billy Thurman.

(7 – continua)

Giovanni Mongini