DRACULA, L’ATROCE IMMORTALITA’

“Le alte campate
nude le mura intorno
eco alle nostre risa fanno
e di risa di defunti sanno.
Alzo la coppa per i già defunti
e hurrà per il primo che giacerà.”

“Morire, un’autentica morte…
Deve essere stupendo…
Ci sono cose ben peggiori della morte che attendono l’uomo.”

(“Dracula Primo” di Tod Browning)

“Il viso era forte, molto forte e aquilino, con naso sottile e narici stranamente arcuate. I capelli diradavano sulle tempie e sull’alta fronte sporgente, ma crescevano folti sul capo… La bocca, per quello che potevo vedere sotto i folti baffi, era immobile, dalla piega piuttosto crudele e denti eccezionalmente appuntiti che spuntavano dalle labbra molto rosse e fresche per un uomo della sua età…

Così il creatore di Dracula, Bram Stoker, parla della sua più grande creatura letteraria. Per far nascere il suo celebre vampiro egli attinse dalla allucinante e nobile figura di un nobile di Valacchia.

Chi, da buon appassionato, ha seguito le vicende cinematografiche del famigerato Conte si rende subito conto di come gli attori chiamati a interpretare questa tenebrosa figura siano ben diversi da come l’autore descrive il suo Dracula.

Riportiamo ora, per puro dovere di cronaca, quella che dovrebbe essere stata la prima pellicola sui vampiri: risale al 1896 e s’intitola “LE MANOIR DU DIABLE” e non poteva essere altri che di Georges Méliès, il pioniere del cinema fantastico e dell’orrore. Ma il primo, grande capolavoro del genere lo si ebbe nel 1921 con “NOSFERATU IL VAMPIRO” (“Nosferatu, eine Symphonie des Grauens”) di F.W. Murnau, una pellicola muta dalle bellissime immagini, che seguiva molto da vicino la trama di Stoker. Una curiosità sul film ci è data dal suo interprete principale: Max Schreck, nei panni di Nosferatu (che vuol dire non-morto). Si diceva, infatti, che, sotto la pesante truccatura dell’alta figura dalle dita lunghe ad artiglio, si nascondesse lo stesso regista: il particolare è stato smentito più volte, ma non in modo del tutto convincente. Nel 1979 il film avrà un notevole remake diretto da Werner Herzog intitolato “NOSFERATU IL PRINCIPE DELLA NOTTE” (“Nosferatu, phantom der Nacht”), con l’intensa interpretazione di Klaus Kinski.

Il secondo grande momento della filmografia sui vampiri è del 1931, quando, negli Stati Uniti, viene realizzato il film “DRACULA” (“Dracula”), da noi poi anche battezzato successivamente “DRACULA PRIMO”, come una specie di bollino blu per distinguerlo dai suoi successori.

La regia era di Tod Browning il quale, prima di arrivare a Hollywood, fece il clown in un circo. Al cinema debuttò prima come attore, poi come assistente alla regia e realizzò il suo primo film nel 1917.E’ ricordato anche per un capolavoro di horror drammatico quale fu e ancora è “FREAKS”, una storia di fenomeni da baraccone in un circo ambulante e che fu affidata alla interpretazione di veri e autentici “mostri”, creature anormali dotate però di maggior umanità di quella che si riscontrava nei cosiddetti esseri normali. E questo fu il suo capolavoro non riconosciuto perché alla sua prima uscita in sala cinematografica il film scandalizzò il pubblico, il produttore ne ritirò la copia e la distrusse. Fortunatamente il massacro non fu totale e ancora oggi possiamo ammirare una versione ridotta del film che, inizialmente, possedeva, si dice, scene ben più angoscianti.

Ma torniamo a “DRACULA PRIMO”, tratto ovviamente dal romanzo di Stoker come traccia principale e da un lavoro teatrale di Hamilton Deane e John Balderston.

Se il film, visto oggi con la mentalità e le esigenze moderne, può apparire piatto e noioso, ciononostante rimane ancora ricco di trovate e di spunti che fanno testo ancora oggi come, per esempio, la spettacolare sequenza del Conte Dracula che attraversa una ragnatela senza romperla o l’ambientazione transilvana con il tetro castello in cima a un monte roccioso. Il pipistrello che nel film dovrebbe rappresentare Dracula è un meccanismo mosso con particolare abilità, cosa che in alcuni film più recenti non ci è certo capitato di vedere, ma la pellicola è tutto un giganteggiare del suo interprete principale, l’attore che fece del personaggio di Dracula il suo mito e la sua condanna: Bela Lugosi.

Nato in Ungheria nel 1882 diventa ben presto attore di cinema e di teatro e giunge negli Stati Uniti nel 1912 diventando ben presto famoso interpretando per il teatro la parte del diabolico Conte. Quando il regista Tod Browning decise di portare il soggetto dal teatro allo schermo, la scelta di Bela Lugosi come interprete del film appare scontata anche perché il preferito del regista, l’attore Lon Chaney Senior, è morto da poco di tumore alla gola. Il pubblico identificò così bene il volto di Lugosi con quello di Dracula che in pratica condannò in seguito l’attore quando tentò d’interpretare altri ruoli, come, per esempio quello di un improbabile Frankenstein.

La droga fu il suo rifugio, visse in miseria e morì nel 1956 credendosi egli stesso un vampiro. Lo misero nella bara che lo aveva reso una stella con indosso il suo celebre mantello di Dracula.

Gli ultimi mesi della sua vita sono stati stupendamente portati sullo schermo da Martin Landau nel meraviglioso film di Tim Burton “ED WOOD”.

Per il suo ruolo più famoso Lugosi non aveva adottato nessun trucco appariscente e tanto meno aveva fatto uso di canini appuntiti. Si era limitato a mettersi un poco di cipria per diventare più pallido e del nerofumo per le sopracciglia e molto rossetto per disegnare le labbra. Tutta, o almeno gran parte della sua recitazione, si basava sulla mimica, sulla magneticità del suo sguardo, sulla sua tenebrosa figura così “diversa” anche in mezzo alla gente normale.

Un anno dopo, nel 1932, il cinema danese ci regala un capolavoro con “VAMPYR” o “LA STRANA AVVENTURA DI DAVID GRAY” di Carl Theodor Dreyer tratto da una novella di Sheridan Le Fanu, una nebbiosa storia di vampiri su uno sfondo opaco dove le immagini si sfocano e lasciano intravedere cose che solo la mente può immaginare. Non assistiamo a scene orripilanti ma le intuiamo così come capiamo che tutta l’atmosfera del film è piena di un senso d’abbandono e di tristezza.

Dopo Bela Lugosi altri attori vestirono i panni della creatura di Stoker e possiamo ricordare, fra tutti, un dignitosissimo John Carradine, anche se non raggiunse mai la statura melodrammatica e interpretativa del suo predecessore ma preferì attenersi a un’immagine più moderna.

Il 1958 rappresenta un altro momento particolare, un momento legato ai nomi di un regista, di un attore e di una casa di produzione: Terence Fisher, Christopher Lee e la Hammer Film.

Nato a Londra il 23 febbraio del 1904, Terence Fisher debutta nel cinema come montatore e da lì il passo verso la regia è breve. Nel 1957 dirige “LA MASCHERA DI FRANKENSTEIN” usufruendo di Lee nei panni della creatura nata dalla fantasia di Mary Shelley. L’anno successivo il regista gira “DRACULA IL VAMPIRO” (“Horror of Dracula”), consacrando l’attore nei panni del Principe delle Tenebre.

Il vero nome di Lee, nato a Londra nel 1922, è Frank Corradini Lee ed è, infatti, di lontana origine italiana. La sua carriera di mimo, uno dei tantissimi mestieri da lui svolti, parve perfetta per la parte del mostro di Frankenstein ma anche la parte di Dracula, con il viso quindi scoperto, si addice alla sua alta statura, al suo sguardo penetrante che ne fecero l’unico vero erede di Bela Lugosi. Molte donne, all’epoca, s’innamorarono della sua immagine dallo sguardo nobile e sprezzante, dalla sua accesa sensualità e, in effetti, l’attore si era calato molto bene nei panni del personaggio, dimostrando una volta di più, le già ottime doti mimiche che possedeva.

L’appoggio tecnico del colore non sminuì l’opera ma, al contrario, contribuì a creare una fumosa atmosfera angosciante. Non tralasciamo di ricordare che nei panni del suo spietato persecutore Van Helsing, Lee trovava una validissima controparte nel segaligno Peter Cushing il quale, assieme all’allora vivente Boris Karloff, indiscusso re dell’horror cinema e a Vincent Price, erano i più graditi dal pubblico degli appassionati del genere.

A tanta bravura non fece però riscontro un’adeguata scelta di storie. Sotto l’egida della Hammer Film, la casa inglese nota per le sue produzioni a volte mirabili ma più spesso di media levatura, Lee, Cushing e qualche volta Price, scivolarono in produzioni fragili e squisitamente commerciali facendo in parte sbiadire il ricordo di un buon risultato.

Tutto poi è stato inopinatamente rivalutato, Hammer compresa, in un’operazione che tante volte ha riportato in luce cose valide e dimenticate ma altrettanto spesso anche opere che nemmeno il tempo può rendere migliori di quelle che furono.

Tutto sommato è simpatico ricordare che la migliore interpretazione di Lee, dopo quella del film di Fisher, fu forse in “DRACULA PADRE E FIGLIO” (“Dracula père et fils”) di Edouard Molinaro (1976) dove faceva il verso a sé stesso rimanendo però sempre assolutamente fedele al suo tenebroso e serioso ruolo.

Torniamo alla Hammer Film per ricordare che, nel 1972, essa produce “MIRCALLA, L’AMANTE IMMORTALE” (“Lust for a Vampire”) di Jimmy Sangster, film che si solleva di qualche gradino sugli altri sia per la bontà del testo, sia soprattutto per la raffinatezza di alcune sequenze come, per esempio, la scena d’amore tra la protagonista, la vampira Mircalla e il suo umano amante, contornati da luci e vapori e da una suggestiva canzone dal titolo chiarificatore: “Strange Love”. Nel 1973 segnaliamo un altro episodio interessante: “BLACULA” (“Blacula”) di William Crain, il vampiro di colore, interpretato dall’attore shakespiriano William Marshall.

Alcune scene e alcune trovate sono veramente suggestive come, per esemplificare, l’amore vero e pulito (scevro da morsi, quindi) che il vampiro dimostra per la donna che incontra, un amore che la ragazza consapevolmente ricambia e solo quando la sua amata è colpita a morte Blacula si decide a morderla nel disperato tentativo di darle un’effimera vita e ancora, quando essa è definitivamente uccisa, il vampiro, sconfitti gli avversari e invece di fuggire, preferisce darsi la morte esponendosi ai raggi del Sole. Dal punto di vista tecnico, invece, accenniamo alla bella sequenza di una donna vampiro che percorre di corsa un lungo corridoio incontro alla sua vittima. La scena è ripresa al rallentatore ed è molto incisiva.

Pare che Marshall abbia rifiutato di girare un seguito del film e tutto ciò va a lode dell’attore il quale aveva capito che, con ogni probabilità, esso non avrebbe avuto il livello qualitativo del primo e ha preferito, invece, lasciarne un dignitoso ricordo isolato.

Un accenno a parte merita il vampiro Yorga, protagonista di due pellicole di media fattura: “YORGA IL VAMPIRO” (“Count Yorga Vampire”) di Bob Kelljan, del 1970, e “VAMPIRE STORY” (“Vampire Story), sempre di Bob Kelljan del 1972… un accenno, dicevamo, se non altro perché ci sembra piuttosto originale che un vampiro guardi beatamente in televisione un film di vampiri… Non possiamo non parlare poi di “PER FAVORE NON MORDERMI SUL COLLO” (“The Fearless Vampire Killers or: Pardon me, but your teeth are in my Neck” – 1967) di Roman Polanski, forse la più bella pellicola come ambientazione e commento musicale se si esclude un altro film come “DRACULA” (“Dracula”) di John Badham del 1979, grazie alla colonna sonora di John Williams. Ma torniamo a Polanski perché non possiamo non sottolineare come un’atmosfera quasi magica si stenda su molte scene cui fa da contraltare la ridicola figura del professore e del suo assistente, il primo un sosia di Einstein e il secondo timido e impacciato, interpretato dallo stesso Polanski, e il tutto incorniciato dalla bella figura della scomparsa moglie Sharon Tate. Tornando invece al film di Badham, crediamo valga la pena di affermare che si tratta di una produzione più che dignitosa con l’impiego di mezzi consistenti. Il vampiro è interpretato da Frank Langella, bravo, carismatico, sensuale ma forse troppo simile, almeno per noi, a Silvan e da un possente Laurence Olivier come Van Helsing e da Donald Pleasence nel ruolo di direttore di un ospedale psichiatrico.

Ancora una volta la tecnica del make-up, evolutasi enormemente nel corso degli anni, va incontro alla filmografia moderna e quindi anche al nostro Conte che incontriamo in due film, uno sequel dell’altro: stiamo parlando di “L’AMMAZZAVAMPIRI” (“Fright Night”) di Tom Holland e “L’AMMAZZAVAMPIRI 2” (“Fright Night 2”) di Tommy Lee Wallace, uno del 1985 e l’altro del 1988 (e di cui nel 2011 è stato girato un sequel, intitolato in Italia “IL VAMPIRO DELLA PORTA ACCANTO”, diretto da Craig Gillespie, ndr).

I film, specialmente il primo, sono un accurato “mélange” di orrore e commedia, dedicati, come poi sempre più spesso accadrà ai “teen-ager” per cui, nel caso del primo della serie, il nostro vampiro, un sensualissimo Chris Sarandon, si trova alle prese con discoteche e musica rock in un film dai minuziosi effetti speciali dove si agita un cacciatore di vampiri, in realtà uno sfigatissimo presentatore di pellicole horror di un malseguito programma televisivo e dal nome che è tutto una citazione: Peter Vincent.

Questo sarà il primo di una serie di film “Juvenilia” dove i protagonisti saranno sempre ragazzi o ragazzini alle prese con creature delle tenebre e non come, per esempio, “SCUOLA DI MOSTRI” (“Monster Squad”) di Fred Dekker (1987), dove sono riuniti tutti assieme i più famosi mostri Universal, compresa una versione modernizzata del “Mostro della Laguna Nera”. Altri in ordine sparso e per comprovare ciò che abbiamo detto, possono essere: “UNICO INDIZIO LA LUNA PIENA”, “IO FRANKENSTEIN”, “DR. JECKILL E MISS HYDE” e tanti altri ancora, come, per esempio, “NON APRITE QUEL CANCELLO 1 e 2” o “SCARLATTI, IL FILM” e altri ancora…

Tra le ultime produzioni nelle quali, ovviamente, oltre al più progredito make-up, è entrato di prepotenza anche il computer, segnaliamo il sontuoso “DRACULA DI BRAM STOKER” (“Bram Stoker’s Dracula”) di Francis Ford Coppola del 1992.

Ora più nessuno disdegna di girare o partecipare a film dell’orrore, così come accade per la fantascienza, per cui non dobbiamo stupirci se troviamo in questo e altri film attori del calibro di Jack Nicholson, Tom Cruise o Keanu Reeves, oggi non è più disdicevole apparire in pellicole di questo genere.

Due anni dopo, e così siamo giunti al 1994, ecco “INTERVISTA COL VAMPIRO – CRONACHE DI VAMPIRI” (“Interview with the Vampire”) di Neil Jordan, oltre che con Tom Cruise anche con Brad Pitt e Antonio Banderas; poi, nel 1997 “DAL TRAMONTO ALL’ALBA” (“From Dusk till Dawn”) di Robert Rodriguez, un’orgia computistica scritta e interpretata, oltre che da Quentin Tarantino, anche da George Clooney e per finire, ma solo per ora, citiamo “VAMPIRES” (“Vampires1998) di John Carpenter con James Woods… e il piacevole “DRACULA MORTO E CONTENTO” (“Dracula: Dead and Loving It”) di Mel Brooks del 1995 (e naturalmente non possiamo non menzionare la recente saga di “TWILIGHT” e il remake di “DARK SHADOWS” diretto da Tim Burton, ndr).

Era impensabile, non molto tempo fa, avere queste produzioni, questi attori, questi registi e anche questo riscontro di pubblico che scopre l’orrore come se fosse la prima volta. Forse bisognava attendere la naturale evoluzione del cinema e del pubblico, ma nonostante questo l’amore per quei vecchi, piccoli e dimenticati film non morirà mai o forse sono pellicole vampiro che nessun sole potrà mai distruggere dalle nostre menti…

Chiudiamo con “BLADE” (“Blade”) di Stephen Norrington del 1998 dove troviamo un mutante, Blade (Wesley Snipes), un essere figlio di una donna umana e di un vampiro. Cacciatore e sterminatore di vampiri guidati da un essere delle tenebre pronto ad assoggettare l’umanità. Il personaggio (protagonista di altri due film e di una serie tv, nato come comic-book edito dalla Marvel, ndr) ricorda una delle ultime creazioni di Casa Bonelli, il fumetto “Dampyr”.

Giovanni Mongini