ENIGMI DALLO SPAZIO E DAL TEMPO 18

8: I POTERI DELLA MENTE – PARTE 02

Ora, lungo una linea futuristica, fantastica e ipotetica si muove il cinema fantastico e di fantascienza ed uno dei suoi temi più ricorrenti è sempre stato quello della mente e dei suoi poteri, del mutante inteso come diverso, come una forma evolutiva logica della bestia uomo o come una casualità almeno per ora inspiegabile. Per tracciarne una storia che non sia troppo lunga e complicata è opportuno saltare tutti quei film dedicati ai supereroi e ai loro poteri, tanto grandi e in fondo tanto assurdi che ben poco hanno a che fare con i cosiddetti poteri mentali e paranormali così come è opportuno, in questo caso, ignorare quasi completamente anche i soggetti che parlano di poteri in mano ad alieni o creati da strane invenzioni, liquidi o droghe anche se queste ultime, in certi casi, hanno questa possibilità, scientificamente riscontrata, di affinare i sensi in maniera estrema e in questo caso qualcuno lo citeremo.

Partendo quindi da questa preselezione e restando sul nostro mondo tutto sembra essere iniziato con The Basilisk del 1914 per la regia di C.M. Hepworth con Alma Taylor. Un film muto ovviamente girato in bianco e nero e successivamente colorato a mano che, in quaranta minuti, ci racconta, pare per la prima volta, di un uomo dotato di poteri mentali. La storia, della quale non sappiamo molto sembra più appartenere all’horror che alla fantascienza, ma in mancanza di dati più precisi abbiamo l’obbligo della citazione.

Un anno dopo questa pellicola inglese tocca all’Italia con I Fratelli delle Tenebre, una produzione Pasquali di Torino, all’epoca patria del cinema e in prima linea nel campo fantascientifico. Si trattava di un film dovuto alla regia di Umberto Paradisi diviso in quattro parti il cui argomento verteva su una setta detta appunto i Fratelli delle Tenebre la quale invia un suo agente dotato di poteri medianici per impadronirsi della formula per la fabbricazione dei diamanti artificiali.

Nel 1921 è la volta della Francia. Il film, ancora muto, si intitola Gustave est Medium, una produzione Gaumont diretta da Louis Fuillade la quale, in trentatré minuti, sembra centrare meglio degli altri l’argomento dei poteri ESP perché Gustave (George Biscot), il protagonista, scopre di avere dei poteri eccezionali e si fa assumere presso una ditta di traslochi. Per lui è sufficiente schioccare le dita per far sì che i mobili più pesanti si spostino e si sistemino da soli nel furgone.

Ecco, finalmente, nel 1924, gli Stati Uniti con Between Friends della Vitagraph per la regia di J. Stuart Blackton un film ancora una volta muto ma dalla rispettabile lunghezza di quasi due ore che parla proprio dell’argomento che più ci interessa: grazie ai suoi poteri telepatici un uomo previene una catastrofe.

Passano così gli anni mentre il cinema incontra il sonoro e il colore per cui il prossimo film che ci interessa è del 1935. Si tratta de L’ Uomo che vide il futuro (The Clairvoyant) di Maurice Elvey, un’ottima e complessa pellicola interpretata da un grande attore come Claude Rains (1889 – 1967), versatile protagonista della cinematografia americana (L’Inafferrabile signor Jordan, L’Uomo Invisibile, L’Uomo Lupo, Il Fantasma dell’Opera, Mondo Perduto, Shangri La) e di quella italiana (Il Pianeta degli Uomini Spenti di Antonio Margheriti), e da Fay Wray, immortalata per sempre nella storia del cinema come l’eroina e amore perduto di King Kong del 1933. In questo film Rains interpreta Maximus, un illusionista ciarlatano che finge di saper leggere il pensiero e organizza spettacoli per gente credulona. Poi, un giorno e all’improvviso, le cose cambiano ed egli diventa possessore di quel potere che sembra un grande dono grazie al quale ottiene fama e gloria ma che si rivela in seguito essere una terribile condanna…

Poco da dire fino al 1948, l’anno dell’arrivo de La notte ha mille occhi (Night has a Thousand Eyes) di John Farrow, tratto da un ottimo romanzo di Cornell Woolrich nel quale troviamo un uomo che possiede la facoltà, o la maledizione, di prevedere il futuro e gli eventi funerei: pur di salvare la figlia del suo più caro amico, egli sacrificherà la sua vita.

È opportuno rilevare che durante il susseguirsi del tempo i film del genere aumenteranno sensibilmente fino a raggiungere una ragguardevole percentuale dagli anni ’80 in poi, quando l’argomento dei poteri paranormali diventerà non solo più conosciuto ma certamente più studiato e farà stabilmente parte di quei misteri affascinanti che circondano la vita dell’uomo.

Detto questo spostiamoci fino al 1951 per parlare de La grande passione (I’ll Never Forget You), film a colori diretto da Roy Ward Baker e interpretato da Tyrone Power e da Michael (Ultimatum alla Terra) Rennie: è la storia di uno scienziato americano inconsapevolmente dotato di poteri paranormali che è molto attento alla cultura e alla società del XVIII Secolo. Egli, da un diario di un suo antenato vissuto duecento anni prima, apprende che questi soffriva di visioni e, per un misterioso caso del destino, si trova all’improvviso nei panni di quell’uomo e nella sua epoca nella quale ha sì delle visioni, delle immagini, ma queste provengono dal futuro al quale egli in realtà appartiene. Ritorna ai tempi moderni e trova in una donna la stessa fanciulla che aveva amato duecento anni prima. Il film è un remake de La Strana Realtà di Peter Standish nel quale però non si fa accenno diretto a poteri paranormali.

Nel 1953 appare sugli schermi uno dei più famosi e raffinati film ambientato nel mondo dell’occulto e dei poteri ESP. Si tratta de Gli invasati (Haunting) di Robert Wise, un asciutto bianco e nero che parla di uno studioso di parapsicologia che riunisce in una villa ritenuta infestata delle persone dotate di poteri paranormali. Questo costerà la vita a una delle partecipanti, forse colpita dai misteri e dalla misteriosa forza della magione o forse uccisa dalla sua debole mente paranoica. Dopo questa vittima tutti abbandonano la casa lasciandola al suo mistero. Il film ha avuto anche un remake nel 1999 con Haunting – Presenze (Haunting) di Jan De Bont dove anche qui, con la scusa di uno studio sull’insonnia, uno scienziato porta dentro una casa disabitata ormai da un secolo tre soggetti dai latenti e particolari poteri. Una di loro, Nell, si trova a lottare contro le misteriose presenze che infestano la vecchia dimora. Come spesso accade, malgrado il rutilante uso del colore e gli effetti speciali computerizzati, il film è nettamente inferiore all’originale. Entrambe le pellicole dovevano il loro soggetto a un romanzo di Shirley Jackson e la storia è stata in parte scopiazzata da Stephen King con il suo romanzo Rose Red portato poi sul piccolo schermo nel 2001 in una miniserie intitolata appunto Rose Red (Stephen King’s Rose Red) dove una scienziata riunisce in una casa ritenuta infestata sei persone dotate di poteri paranormali allo scopo di scoprire e di poter dimostrare che il mondo dell’aldilà esiste e che può essere provato. Le forze che si scatenano nella magione dimostrano come i suoi visitatori siano stati avventati a entrarvi e come sia ora difficile, se non impossibile, uscire da quella casa malvagia. Stephen King ha attinto a piene mani per questa sua storia anche da un altro romanzo: Hell House di Richard Matheson, da cui è stato tratto il film Dopo la Vita del quale parleremo in seguito.

Vale invece la pena dedicare una citazione a un film che molti appassionati hanno conosciuto solo come un juvenilia fantascientifico. La cosa non è del tutto esatta perché Tobor (Tobor the Great) di Lee Solhem parla sì di un nuovo tipo di robot che dovrebbe sostituire l’uomo come avanguardia nel volo nello spazio ma, quando delle spie assolutamente sovietiche rapiscono lo scienziato e il nipote, l’automa riesce a individuare il ragazzino grazie alle onde mentali da lui emesse e sono le percezioni extrasensoriali, la trasmissione del pensiero, che lo scienziato, creatore del robot, auspica come nuovo sistema di comunicazione tra uomini e macchine.

Ma continuiamo a procedere, ogni volta che ci è possibile, in ordine cronologico: eravamo nel 1953 e passiamo ora all’anno successivo con Die Hexe di Gustav Ucicky, tratto dal romanzo di Fred Andreas intitolato Quick. Qui la storia s’impernia su una giovane donna dotata di poteri paranormali che, mentre si dirige a Venezia dalla natia Austria in viaggio di nozze, vede durante una trance e con gli occhi della mente la futura uccisione di un bambino.

Arriviamo così con un balzo nel 1963 per parlare di una pellicola italo-francese intitolata Metempsycho (Le Manoir Maudit) di Anthony Krystye, pseudonimo sotto il quale si nasconde il nostrano Antonio Boccacci. Il film è molto di maniera ma ci interessa perché rientra pienamente nella nostra ricerca: infatti grazie ai suoi poteri psichici una ragazza riesce a captare gli omicidi che vengono perpetrati in un vecchio maniero. Scoprirà l’assassino grazie anche all’aiuto del padre.

Ben più importante è invece La Stirpe dei Dannati (Children of the Damned) di Anton M. Leader, un ottimo film inglese il cui soggetto è liberamente tratto da “I Figli dell’Invasione” di John Wyndham dal quale fu tratto, nel 1960, il bellissimo Il Villaggio dei Dannati di Wolf Rilla e il suo omonimo remake del 1995 girato con la mano sinistra da John Carpenter. In questo caso e molto intelligentemente, regista e sceneggiatori non hanno preso i poteri di cui sono dotati bambini dalla loro provenienza aliena ma da una ben più logica diversità genetica, ma ecco la storia: sei bambini di varie nazionalità dimostrano di avere grandi poteri mentali. Sono il risultato di una mutazione, forse come l’uomo sarà nel suo futuro. I governi dei loro paesi vogliono sfruttare a proprio uso e consumo i loro poteri, ma i fanciulli si riuniscono in una chiesa abbandonata rifiutando e combattendo ogni forma di manipolazione fino a che, forse per un incidente, forse per loro stessa volontà, non vengono uccisi in un angosciante finale dalle armi dei soldati che avevano circondato la zona.

In the year 2889 di Larry Buchanan, datato 1966, tratta un argomento che ritroveremo spesso nella cinematografia di fantascienza, quello del mutante con poteri particolari causati dalla radioattività e da consequenziali mutazioni genetiche. Uno dei tanti sistemi che usò il cinema per presentare i pericoli del nucleare. Questo è un post nucleare ante litteram. Le radiazioni della guerra atomica hanno infatti creato dei mutanti cannibali e dotati di poteri telepatici. La lotta con i superstiti “normali” sarà dura e sanguinosa.

Invece, sempre nello stesso anno, arriva un serial, anzi un miniserial inglese in sei episodi che tocca, per meglio dire sfiora, il nostro argomento: si tratta di The Master per la regia di John Braybon e John Frankau. Qui la vicenda comincia quando Nicky, Judy e il loro cane Jokey si smarriscono nell’isola di Rackall. I tre incontrano lì una strana comunità che è soggiogata da un dispotico vecchio che ha ben 150 anni e che viene chiamato “Il Padrone”. Questo strano e diabolico individuo, aiutato da un impassibile cinese, sta tramando di impadronirsi del mondo usando un raggio laser altamente distruttivo sulle maggiori città della Terra. Egli ha una mente molto sviluppata e controlla la gente per mezzo dei suoi poteri telepatici per cui capta immediatamente che anche Nicky è un telepate come lui e decide di fare del ragazzo il suo successore…

Ben diverso e importante è il film inglese che ci porta l’anno successivo. Si tratta de Il Killer di Satana (The Sorcerers) di Michael Reeves che diresse anche Il Castello dei Morti Vivi e morì suicida nel 1969. L’interprete è il grande Boris Karloff nei panni di un anziano scienziato il quale costruisce una macchina che amplia i poteri mentali costringendo l’involontaria cavia a essere sotto costante controllo e a fare ciò che egli vuole, assorbendo le sensazioni delle azioni da lui compiute. La moglie dello studioso prende il controllo sulla vittima, un giovane, e lo costringe a compiere dei barbari omicidi e la sensazione che la donna ne trae è quella stessa di come fosse lei a compierli. Lo scienziato cerca di fermarla e, con un grande sforzo mentale, ne riprende il controllo costringendo il giovane al suicidio, ma, nello sforzo, muoiono anche loro con lui. Si tratta, in questo caso, come poi per altri, di poteri mentali indotti in modo pseudoscientifico dal solito scienziato più o meno pazzoide di turno ma questa variante, come quella dei poteri mentali indotti da un casuale incidente, sta proliferando sempre di più nella cinematografia di fantascienza.

Non dimentichiamo mai che anche un classico come Il pianeta proibito (Forbidden Planet) di Fred Mcleod Wilcox è in debito con il cinema ESP perché il potere intellettivo dello scienziato Morbius (Walter Pidgeon) viene aumentato dalla misteriosa e avveniristica macchina dei Krell, la grande civiltà misteriosamente scomparsa sul quarto pianeta della stella Altair.

Nello stesso anno un altro film si impone sugli schermi statunitensi conoscendo da noi solo un breve passaggio, una sorte ingiusta perché la pellicola aveva molte frecce al suo arco: il produttore, prima di tutto, quel George Pal che fece portare sullo schermo kolossal dell’epoca come Uomini sulla Luna, Quando i Mondi si scontrano, La Guerra dei Mondi, L’Uomo che visse nel Futuro di cui fu anche abilissimo regista; e Byron Haskin a cui dobbiamo due film da ricordare, La Guerra dei Mondi e S.O.S. Naufragio nello Spazio, e uno da dimenticare, Dalla Terra alla Luna. Anche il cast era di tutto rispetto: oltre a uno spaesato George Hamiton, c’erano il mai dimenticato Michael Rennie (Ultimatum alla Terra, Il Mondo perduto, Cyborg anno 2087), Richard Carlson (Destinazione… Terra, Il Mostro della Laguna Nera, Il Mostro Magnetico, Esploratori dell’Infinito, ecc…), Earl Hollman (Il Pianeta Proibito) il quale doveva essere il vero protagonista della pellicola, ma l’agente di Hamilton non volle conoscere ragioni e lo impose come protagonista, e infine Gary Merrill (L’Isola Misteriosa), oltre a una nutrita folla di altri abili caratteristi. Sveliamo il mistero dicendo che stiamo parlando de La forza invisibile (The Power), tratto dal romanzo di Frank M. Robinson. Qui, siamo nel pieno dell’argomento: una supermente cerca di eliminare degli scienziati che stanno lavorando a un progetto per creare degli uomini più resistenti al dolore. Di questi omicidi viene accusato un giovane scienziato (George Hamilton) il quale, dopo varie peripezie, trova finalmente il vero colpevole e ingaggia con lui una lotta mentale che lo vede vincitore.

Passiamo al 1968 parlando di un filmetto minore come è stato Something Weird di Herschell Gordon Lewis il quale ci narra come un incidente provocato dall’elettricità sfiguri un uomo lasciandogli una orrenda cicatrice sul volto e un terribile potere telepatico.

Nello stesso anno ancora il regista Herschell Gordon Lewis, sotto il cui nome si nascondono almeno un’altra decina di pseudonimi, gira, assieme a James F. Hurley, The Psychic (Copenhagen’s Psychic Loves) altro film minore nel quale un individuo acquista dei poteri mentali ma, anche se questo per lui significa entrare a far parte della gente che conta, non solo non acquista amici, anzi, finisce con il perdere le sue facoltà.

Più interessante, e sempre dello stesso anno, è Tris D’assi (The Champions), un serial in trenta episodi imperniato su tre agenti speciali che lavorano per la Nemesis, un’organizzazione che combatte il crimine in tutte le sue forme. La loro particolarità è nata grazie a un incidente aereo avuto in Tibet. I tre, due uomini e una donna, sono stati salvati e curati da strani personaggi che li hanno anche aiutati ad affinare poteri particolari latenti nella mente e nel corpo.

Estremamente curiosa, e con questo siamo nel 1969, è questa pellicola di origine danese intitolata Manden der Taenkte Ting di Jens Ravn, tratta dal romanzo “The Man who Tought Life” di Valdemar Holst. Questo film parla di un uomo che può cambiare le idee della gente e gli oggetti semplicemente concentrandosi, ma è incapace di creare qualcosa di più grande di un topo. Si fa visitare da un abile chirurgo affinché, grazie a un’operazione al cervello, possa acquisire il pieno potere. Il medico rifiuta decisamente l’intervento e allora lui, chiamando tutte le sue forze e con la rabbia della vendetta, materializza un duplicato del medico, ma più affascinante e privo di scrupoli rispetto all’originale. La copia deruba il dottore della fidanzata e copia la sua abilità, ma quando compie l’operazione si sbaglia e il suo creatore muore.

Ma ben più importante è il sequel di un famoso film dell’epoca, quel Pianeta delle Scimmie che vide le avventure di un’astronauta, George Taylor (Charlton Heston) capitato su una Terra del futuro dominata dalle scimmie. Pur essendo inferiore al primo, L’altra faccia del pianeta delle scimmie (Beneath the Planet of the Apes) di Ted Post deve considerarsi un prodotto più che dignitoso: Taylor (Charlton Heston) ha raggiunto con Nova (Linda Harrison) la Zona Proibita quando, misteriosamente, scompare. La ragazza torna indietro e incontra Brent (James Franciscus), un altro astronauta che ha percorso la stessa rotta di Taylor. Inseguiti dalle scimmie i due si rifugiano nella Zona Proibita e incontrano degli esseri deformi e dotati di poteri telepatici che adorano come un dio una bomba atomica ancora innescata. La scena della “Preghiera della Bomba” dove i telepati si tolgono la maschera per rivelare i loro volti devastati dalle radiazioni è veramente suggestiva. Poi le scimmie attaccano il loro rifugio e nella battaglia che ne segue Nova e Brent rimangono uccisi e Taylor mortalmente ferito, ma l’astronauta ha ancora la forza di far esplodere la bomba distruggendo ogni cosa.

(2 – continua)

Giovanni Mongini