TERMINATOR, ROBOCOP E I CYBORG, PROGRAMMATI PER UCCIDERE

“Ascolta e cerca di capire. Quel Terminator è là fuori.
Non si può patteggiare con lui, non si può ragionare con lui,
non sente né pietà, né rimorso, né paura.
Niente lo fermerà prima di averti eliminata, capito?
Non si fermerà mai!”

(“Terminator” di James Cameron)

Si può far risalire la nascita del primo robot androide addirittura al “METROPOLIS” (“Metropolis”) di Fritz Lang perché sopra uno scheletro d’acciaio il nostro pazzoide scienziato e creatore vi colloca un rivestimento umano facendolo agire secondo i propri perversi intendimenti. Ma, forse, il primo e più moderno esempio di questa cinematografia che è poi esplosa in questi ultimi anni in una cascata di pellicole, ci può essere dato dal film di Franklin Andreon datato 1966 dal lunghissimo titolo italiano: “CYBORG ANNO 2087 META’ UOMO META’ MACCHINA… PROGRAMMATO PER UCCIDERE” (“Cyborg 2087”). Un agente del futuro ha il compito di tornare indietro nel tempo per impedire a uno scienziato di presentare alle autorità militari un’invenzione che porterebbe il futuro a essere dominato dalle macchine… e non dite che il soggetto non vi ricorda qualcosa!

Pur sapendo che se la sua missione avrà successo egli sarà condannato a non esistere: l’agente, un Cyborg, compie la sua missione tra mille difficoltà e torna nel suo tempo, anzi nel nulla… La trama è svolta semplicemente e gli effetti sono dopolavoristici ma la pellicola si avvale di un buon Michael (Klaatu) Rennie la cui presenza scenica giustifica il suo ruolo da Cyborg.

I robot sono stati parte integrante del cinema di fantascienza ma, per un certo periodo, si è trattato solo di macchine intelligenti e più o meno pericolose come il “TOBOR” (“Tobor1953) del film omonimo di Lee Sholem o il Robby de “IL PIANETA PROIBITO” (“Forbidden Planet” – 1956) di Fred McLeod Wilcox o “IL ROBOT E LO SPUTNIK” (“The Invisible Boy – 1957) di Herman Hoffman, ma già in tempi più lontani l’innesto tra macchina ed essere umano faceva parte della cultura fantascientifica e anche cinematografica. Citiamo per dovere di cronaca “IL TERRORE VIENE DALL’OLTRETOMBA” (“La Momia Azteca Vs el Robot Humano” – 1957) di Rafael L. Portillo ma firmato da noi come King Miller, film messicano su uno scienziato che trapianta una testa umana su un ridicolo e cartonato robot, stessa cosa che succede con ben altri intendimenti nel film “SATURN 3” (“Saturn 3” – 1980) di Stanley Donen. Ma è di Cyborg che dobbiamo parlare e cioè di un complesso e armonico miscuglio formato dall’uomo e dalla macchina, un sapiente dosaggio tra la fredda tecnologia e i sentimenti umani. Eccoci quindi a parlare dell’ormai epico “BLADE RUNNER” (“Blade Runner – 1982) di Ridley Scott, tratto da un romanzo di fantascienza di Philip K.Dick dove ci sono presentati degli androidi, anzi dei replicanti, in tutto e per tutto simili agli esseri umani.

Il loro ciclo vitale è breve, solo cinque anni e vogliono dal loro creatore più vita. In una città flagellata dalla pioggia inquinata, in mezzo a un mondo in evidente decadimento, si muove il cacciatore di androidi Deckard (Harrison Ford) che presto si accorge che le sue prede non sono altro che esseri i quali pretendono solo di diventare umani e di vivere alla pari con l’uomo. Quando l’ultimo replicante risparmierà la vita di Deckard egli capirà che il mondo di cacciatori nel quale vive è ben più marcio di quello dei cacciati.

Forse solo involontariamente ispirato al film di Andreon arriva sugli schermi, siamo nel 1984, “TERMINATOR” (“Terminator”) di James Cameron. La storia è molto simile a quella citata precedentemente con la differenza che il viaggiatore del tempo è umano e cerca di salvare dalla distruzione, a opera di un feroce Terminator, la madre del futuro leader della resistenza degli esseri umani contro il dominio delle macchine. Il film fu realizzato in stretta economia ma fu un formidabile successo per cui non ne poteva mancare il seguito dal titolo “TERMINATOR 2 – IL GIORNO DEL GIUDIZIO” (“Terminator 2: Judgement Day” – 1991) ancora di James Cameron, realizzato con mezzi ben più ampi del primo episodio. L’interprete di entrambe le pellicole è il nuovo eroe del cinema di fantascienza, Arnold Schwarzenegger, il quale nel primo film si sceglie il ruolo del Terminator malvagio ritagliandosi poi la parte di quello buono, anche se identico al primo, nella seconda pellicola (e non dimentichiamoci del terzo capitolo “TERMINATOR 3: LE MACCHINE RIBELLI” – “Terminator 3: Rise of the Machines” – 2003, diretto da Jonathan Mostow e della nuova trilogia iniziata con “TERMINATOR SALVATION” nel 2009 per la regia di McG, ndr).

Il cinema di fantascienza è maturo per altri titoli per cui abbiamo un ragazzino dal cervello bionico nel film “D.A.R.Y.L.” (“D.A.R.Y.L.”) di Simon Wincer (1985) e gli androidi quasi umani che compaiono in “ALIEN” di Ridley Scott e nel suo seguito “ALIENS SCONTRO FINALE” di James Cameron.

Eccoci al 1987 con il primo vero Cyborg umanoide cinematografico. Stiamo parlando di “ROBOCOP” (“Robocop - 1987) di Paul Verhoeven.

La pellicola fu realizzata dalla “Tobor Production” di Jon Davison che chiamò così la sua società in onore di un vecchio film intitolato appunto “TOBOR” realizzato in solo cinque giorni da Lee Sholem.

La fusione tra uomo e robot in una creatura al servizio della legge ma che era il risultato tra un uomo ridotto in fin di vita in uno scontro a fuoco e delle protesi biomeccaniche, fu realizzata da Rob Bottin in lattice trattato chimicamente perché assumesse un aspetto metallico. L’elmetto che gli nascondeva parzialmente il viso fu realizzato in lana di vetro modellato sull’attore che lo doveva indossare. Tutto l’intero costume pesava ben quindici chili.

Il successo del film diede la stura a due seguiti e a un serial televisivo, i quali, però, badarono più alla parte avventurosa che a quella introspettiva e drammatica di Robocop (ed è imminente l’uscita del remake della prima pellicola, ndr).

Per chi vuole possedere una donna dolce, servizievole, ubbidiente, basta che si procuri una “BAMBOLA MECCANICA MODELLO CHERRY 2000” (“Cherry 2000 – 1987).

Il film di Steve De Jarnatt è ambientato in clima postatomico, un altro genere in auge per parecchio tempo nella fantascienza e che ha generato molti imitatori partendo dai “MAD MAX” (“Interceptor”) di George Miller interpretati da Mel Gibson.

Un altro modo per utilizzare questi Cyborg è quello di usarli come insegnanti nelle scuole di correzioni. Peccato però che i tre insegnanti, pur opportunamente modificati per fare i professori, mandino a farsi benedire la loro programmazione e comincino a uccidere. E’ ciò che accade nel film di Mark L. Lester “CLASSE 1999” (“Class of 1999” – 1990).

Anche Roland Emmerich si esibisce nel genere con “I NUOVI EROI” (“Universal Soldier” – 1991) che riunisce Jean-Claude Van Damme e Dolph “Ti spiezzo in due” Lundgren nel ruolo di due combattenti trasformati con un esperimento segreto in invulnerabili macchine da guerra. Il film ha avuto un seguito senza infamia né lode dal titolo “UNIVERSAL SOLDIER: THE RETURN” (“Universal Soldier: The Return1999) di Mic Rogers (più i due recenti sequel “UNIVERSAL SOLDIER: REGENERATION” e “UNIVERSAL SOLDIER: DAY OF RECKONING”, entrambi diretti da John Hyams nel 2009 e nel 2012, ndr).

Parecchi altri titoli costellano la produzione come l’infinita serie dei “CYBORG” (Se non sbagliamo siamo arrivati a: “CYBORG” (“Cyborg di Albert Pyun – 1989), “CYBORG 2” (“Cyborg Cop 2” di Michael Schroeden – 1993), “CYBORG COP 3” o “CYBORG (4): LA VENDETTA” o “CYBORG TERMINATOR 3” (“Nemesis” di Albert Pyun – 1994), “CYBORG IL GUERRIERO D’ACCIAIO” di Giannetto de Rossi – 1989, “CYBORG COP III” (“Terminal Impact” di Yossi Wein – 1994, eccetera…), passando per “PROTOTYPE” (“Prototype” – 1993) di Phillip J.Roth, “IL GUERRIERO D’ACCIAIO” (“American Cyborg: Steel Warrior” – 1994) di Boaz Davidson, “AUTOMATIC” (“Automatic” – 1994) di John Murlowski, “KILLER MACHINE” (“Killer Machine” o “Ghost in the Machine – 1993) di Rachel Talalay e, soprattutto, “GHOST IN THE SHELL” (“Kokaku Kibotai”) di Mamoru Oshii del 1995 (che ha avuto anche un sequel e due serie televisive).

Una perfetta e delirante fusione tra l’uomo e la macchina avviene in “L’UOMO D’ACCIAIO” (“Tetsuo”) di Shinya Tsukamoto (1989) dove un uomo e la sua compagna si trasformano lentamente in metallo che attraversa la carne, vi penetra e si fonde con essa.

Forse è una sintesi del futuro dell’uomo, la sua lenta fusione con la macchina che diventa oltre che mentale anche fisica. Un passo verso un’evoluzione biomeccanica che ci avvicina idealmente al mondo dell’Alien di Ridley Scott e alla clonazione del quarto episodio dove Ripley è in parte umana e in parte aliena : “ALIEN LA CLONAZIONE (“Alien Resurrection 1997 di Jean – Pierre Jeunet), ma dove finisce l’uomo e comincia la macchina?

Giovanni Mongini