PHILIP KINDRED DICK

Nato a Chicago il 16 dicembre 1928, insieme alla sorella gemella Jane che morì poche settimane dopo, in una famiglia con legami molto burrascosi, Philip Kindred Dick visse un’infanzia e un’adolescenza solitarie e tormentate: la madre, stando ai ricordi del figlio, era nevrotica e divorziò dal padre pochi anni dopo la sua nascita, mentre la morte della sorella gemella gli lasciò comunque un forte legame con lei, tanto che, alla sua morte, si fece seppellire proprio accanto a Jane.
Dopo il trasferimento in California, Dick frequentò la Berkeley University, ma non continuò gli studi a causa della sua presa di posizione contro la guerra di Corea e il suo innato pacifismo. Per continuare gli studi universitari infatti, Philip avrebbe dovuto sostenere un corso di addestramento come ufficiale della riserva, all’epoca obbligatorio: non avendo alcuna intenzione di seguire quell’imposizione, iniziò a lavorare in un negozio di dischi, dove conobbe la prima moglie Janet Marlin. Le sue successive affermazioni di aver lavorato in una radio locale non sono mai state provate, anche se è possibile che Dick abbia scritto testi pubblicitari per qualche emittente di Berkeley. Sicuramente la sua conoscenza e il suo amore per la musica classica non risalgono comunque a quegli anni.
L’incontro con la fantascienza avvenne per caso nel 1949, quando, al posto di una rivista di divulgazione scientifica, acquistò per sbaglio una rivista di fantascienza: da lì iniziò il suo cammino letterario nel genere che poi lo rese famoso fino a esordire nel 1952 sulla rivista pulp “Planet Stories”.
Abbandonata la prima moglie dopo un breve matrimonio, Dick si risposò con Kleo Apistolides, militante comunista di origini greche. In questo periodo Philip pubblicò i suoi primi romanzi fantascientifici e una cospicua quantità di racconti.
A partire dalla metà degli anni cinquanta Dick iniziò a scrivere romanzi, dato anche il successo di vendita della sua prima narrazione lunga, “Il disco di fiamma” del 1955. Ma fu soprattutto negli anni Sessanta che creò capolavori considerati oggi pietre miliari non solo nella fantascienza moderna, come “La svastica sul sole”, una distopia, o ucronia che dir si voglia, che raffigura un mondo dove gli Alleati hanno perso la Seconda Guerra Mondiale, dominato da nazismo e imperialismo giapponese; o l’allucinato “Le tre stimmate di Palmer Eldritch” o ancora il geniale “Noi marziani”, la complessa allegoria socio-politica “I simulacri” e il famoso “Il cacciatore di androidi”. Un altro importante risultato narrativo è il romanzo “Ubik”, con il quale Dick manifesta tutte le proprie affinità con gli scrittori postmoderni più prestigiosi (da Heller a Vonnegut a Pynchon) e che esiste sia come romanzo sia nella curiosa sceneggiatura cinematografica, scritta proprio da Philip in una notte e decisamente troppo lunga per ricavarne un film.
Il matrimonio con Kleo andò poi in crisi quando Dick conobbe Anne, che di lì a poco diventò la sua terza moglie, una donna colta e dalla forte volontà, reduce da un precedente matrimonio e madre di tre figlie. Philip si trasferì nella sua casa, a nord di San Francisco, in quella Marin County che sarà ambientazione di diverse sue opere (tra tutte ricordiamo “Cronache del dopobomba”).
Per mantenere la famiglia e il tenore di vita della moglie, Dick tentò di abbandonare la scrittura della fantascienza, poco remunerativa e per niente prestigiosa, per lanciarsi nella narrativa mainstream e si cimentò anche in altri lavori, ma questo gli creò uno stato di forte risentimento verso la moglie, da lui accusata di averlo costretto ad abbandonare la sua principale passione. Il fallimento del tentativo di piazzare le sue opere non fantascientifiche fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il matrimonio andò a pezzi, Dick si fece prendere da una mania, convinto che la donna avesse assassinato il precedente marito e stesse per fare lo stesso con lui. Il divorzio si consumò nel 1964, dopodiché Philip si trasferì a San Francisco.
L’uso di sostanze stupefacenti lo portò a uno stato di dipendenza totale dall’anfetamina, che però non gli impedì di scrivere alcune delle sue opere più sconcertanti (“Il cacciatore di androidi” e “Ubik”). A questi successi fece seguito un periodo di depressione: la quarta moglie, Nancy Hackett, lo abbandonò insieme alla figlia e Dick si trovò a vivere in una casa piena di sbandati. La situazione arrivò al punto critico quando Philip lasciò la casa di Berkeley per presenziare a una conferenza sulla fantascienza a Vancouver in Canada e decise di stabilirsi lì. Non è estranea a questa decisione l’effrazione subita dalla sua abitazione, durante la quale sconosciuti avevano forzato il suo schedario blindato (Dick fece innumerevoli ipotesi sull’identità degli intrusi, giungendo a temere trattarsi di agenti dell’FBI e a tutt’oggi la questione non è stata chiarita). Anche l’esperienza canadese però risultò un fallimento, dovuto al consumo ormai eccessivo di psicofarmaci e alla mancanza di denaro. Philip giunse addirittura al ricovero in una comunità di recupero per tossicodipendenti, un’esperienza breve che lo portò in ogni caso a interrompere l’abuso delle anfetamine. Il periodo della droga però gli fornì materiale per alcune delle sue opere più belle, tra cui spicca lo straziante “Un oscuro scrutare”.
Tornato in California, ma stavolta più a sud, riprese a scrivere nel 1972, anche in seguito all’incontro con Tess, la quinta moglie. Tra il febbraio e il marzo del 1974 Dick, sempre ritenutosi ateo, iniziò a sentire voci e avere visioni in sogno e da sveglio. Convinto di stare provando un’esperienza mistica, Dick prese a scrivere l’Esegesi, una serie di appunti a carattere teologico-filosofico, a partire dai quali scrisse la celebre “Trilogia di Valis”, punto d’arrivo della sua esperienza letteraria. Gli appunti dell’Esegesi sono una sorta di diario di bordo di una frenetica ricerca teologica iniziata con l’esperienza del febbraio-marzo del 1974 (reale? simulata? “arricchita”? tra gli studiosi non c’è accordo) chiamata anche la “divina invasione”.
Morì a Santa Ana, in California, per collasso cardiaco, il 2 marzo 1982, proprio quando i diritti delle sue opere gli avevano dato per la prima volta una certa sicurezza economica e mentre era in lavorazione il primo film basato su una delle sue storie, “Blade runner” di Ridley Scott, che Dick non poté vedere completato, anche se riuscì comunque a visitarne il set.
Philip K. Dick viene oggi considerato uno dei più importanti autori di fantascienza e della narrativa americana dal secondo dopoguerra; le sue opere sono caratterizzate da un’irrequieta interrogazione sui temi della realtà, della simulazione e del falso, della teologia cristiana, della storia e della società degli Stati Uniti.
Pervasa da un generale senso di pessimismo, l’opera di Dick è segnata da una profonda attenzione ai problemi interiori dei suoi personaggi, a una ricerca del divino, a una meditazione non sistematica, ma a tratti decisamente originale, sull’idea sia dell’uomo sia dell’umano. Tutto ciò però non è mai, neanche nelle ultime opere cosiddette “teologiche”, svincolato dal contesto storico in cui Philip viveva o scriveva. I suoi romanzi e racconti preservano, nonostante l’apparato fantascientifico, l’atmosfera degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, pur se proiettati nel futuro.
Molte opere di Dick prefigurano situazioni e figure del mondo di oggi e ciò è dovuto alla consapevolezza che Philip ebbe, come pochi altri autori, dell’impatto dei mass-media, e soprattutto della televisione, sulla vita quotidiana dell’uomo postmoderno. Esemplari da questo punto di vista sono il presidente-robot di “I simulacri” oppure il presentatore Jason Taverner di “Scorrete lacrime, disse il poliziotto”, una celebrità che scopre alla fine di non esistere.
Come molti scrittori americani Dick è partito dai racconti: ne ha scritto una gran quantità, molti dei quali sono diventati spunto per film famosi (anche se assolutamente infedeli allo spirito degli scritti originali) come “Atto di forza”, “Minority report”, “Impostor”, “Screamers”, “Un oscuro scrutare”.
05/02/2009, Davide Longoni