PREDATOR, IL CACCIATORE DELLO SPAZIO

“Voleva soltanto il corpo. Ci sta uccidendo uno alla volta.”

(“Predator” di John Mc Tiernan)

“Tremate… Stanno arrivando i cacciatori di uomini.

No, non si tratta di una delle frasi ad effetto usate per pubblicizzare il film “PREDATOR” (“Predator” – 1987) di John McTiernan, ma della frase di lancio di una pellicola quasi sconosciuta e nemmeno apparsa sugli schermi del nostro paese ma edita solo in videocassetta da una piccola casa e che quindi ha avuto, per di più, una distribuzione abbastanza limitata ed è oggi introvabile.

Eppure “HORROR – CACCIA AI TERRESTRI” (Without Warning), classe 1980 per la regia di Greydon Clark, è la prima versione di “PREDATOR” che ne ha poi sfruttato, involontariamente o no, l’idea di base.

Il film era interpretato da vecchie glorie di Hollywood sul viale del tramonto. Cameron Mitchell (1918 – 1994) che ricordiamo in “Volo su Marte,Gorilla in fuga”, “Swarm incombe” e “L’isola del Dottor Moreau”, solo per citarne alcuni, Jack Palance, uno dei “cattivi” migliori del cinema (“Duello sulla Sierra Madre”,Batman, “Solar Crisis”, “Tango & Cash”, ecc…) e Martin (“Spazio 1999”) Landau, non ancora ritornato a una giusta celebrità interpretando magnificamente Bela Lugosi nel film “Ed Wood” di Tim Burton.

Un alieno ha scelto la Terra come zona di caccia e la selvaggina sono gli esseri umani che popolano scarsamente una regione montagnosa. Dopo aver scoperto il rifugio del predatore e i suoi trofei, un cacciatore (Jack Palance) si sacrifica per distruggere l’extraterrestre.

Come si può evidenziare da questo pur scarno riassunto della trama la storia possiede moltissimi punti in comune con il suo più famoso successore. La sceneggiatura del film di Clark è firmata a quattro mani da Lyn Freeman, Daniel Groonik, Ben Nett e Steve Mathis e nessuno di questi nomi è presente tra gli autori del film di McTiernan che invece sono Jim e John Thomas. Non è possibile sapere quindi se esiste una qualche forma di legame tra i due film ma, in ogni caso, l’abisso che divide le due pellicole dal punto di vista realizzativo è notevole e ovviamente gioca tutto a favore di “Predator”.

L’ambientazione passa da un tranquillo paese montano alle insidie della foresta dell’America latina e, in tutta la sua prima parte, “PREDATOR” sembra un film di avventura bellica e la missione che il gruppo speciale deve compiere è quella di salvare un ministro rapito dai guerriglieri. Poi, quasi improvvisamente, la pellicola cambia registro mostrandoci i protagonisti spiati da un misterioso essere dotato di uno strumento speciale o di una vista non umana in grado di captare ogni forma di calore: è in grado di saltare rapidamente da un ramo all’altro e uccide rapidamente e silenziosamente scarnificando gli esseri umani e conservando i crani più interessanti come trofeo di caccia. Arnold Schwarzenegger ne fu l’interprete, una parte che lo rimise in auge dopo gli scarsi risultati della sua pellicola precedente: “Codice Magnum”. Il muscoloso Arnold aveva già dimostrato di muoversi a suo agio nella fantascienza con “TERMINATOR” dopo gli ottimi risultati dei due Conan e lo dimostrerà ulteriormente passando poi e sempre con successo a “THE RUNNING MAN – L’IMPLACABILE”, “ATTO DI FORZA” e “TERMINATOR 2 – IL GIORNO DEL GIUDIZIO”.

Il lungo duello finale tra il nostro eroe e l’alieno capace di rendersi invisibile e dotato di armi avveniristiche si risolve, ovviamente, a favore del protagonista il quale attraverso arcaiche ma pur sempre efficienti trappole induce l’alieno, mortalmente ferito, a uccidersi cercando di trascinare nella sua morte il terrestre il quale però, per il caratteristico rotto della cuffia, riesce a cavarsela.

Dopo aver penato moltissimo per realizzare gli effetti speciali e dopo aver scartato un trucco pesantissimo ma carnevalesco che avrebbe dovuto ricoprire Jean-Claude Van Damme, scelta iniziale per il ruolo dell’alieno, si trovò la soluzione tramite il computer che pensò a rendere perfettamente credibile Kevin Peter Hall il quale rivestì la maschera della creatura aliena.

Ancora una volta ci troviamo di fronte a un alieno superiore tecnologicamente all’essere umano il quale è addirittura ridotto a preda da cacciare in uno sport galattico dove vigono però delle regole di cavalleria così come è evidenziato nel successivo “PREDATOR 2” (“Predator 2” – 1990) di Stephen Hopkins.

Quando il poliziotto Danny Glover riesce a uccidere a sua volta un alieno, gli altri cacciatori gli lasciano un trofeo prima di allontanarsi dal nostro pianeta… almeno fino alla prossima volta.

Fratello diretto della creatura di Howard Hawks che diresse ma non firmò “LA COSA DA UN ALTRO MONDO” lasciandone tutta la gloria al suo abituale operatore Christian Nyby, in modo da permettergli il passaggio di categoria. Il Predator tratta la razza umana con lo stessa considerazione che ha la Cosa per un “campo di carote” e cioè come fonte di cibo, ma a differenza del suo predecessore, il quale per essere un alieno giunto sulla Terra con un’astronave, sfodera una bestialità e anche un’ingenuità del tutto illogici, Predator (di cui recentemente è uscito anche un terzo capitolo intitolato “PREDATORS”, oltre ai due crossover con Alien) dimostra costantemente la sua intelligenza, la sua astuzia e la gioia dello scontro al di là della sua conclusione. Gli piace cacciare, non gli piace vincere facilmente e proprio per questo risparmia una prima volta la vita al nostro eroe per rendere l’incontro ancora più interessante, perché il suo sangue giallo fosforescente possa riempirsi di adrenalina, o quello che è, nel gusto sottile della caccia alla sua preda. A Schwarzenegger piacque questo ruolo di comandante cacciatore-cacciato perché lo rendeva più umano, più partecipe della vicenda come uomo e non come un super eroe solo muscoli e niente astuzia. L’intelligenza umana contro l’intelligenza aliena, un incontro paritetico tra due razze che hanno fatto delle altre specie le loro vittime.

L’alieno cerca su altri mondi il gusto dell’uccisione, della battaglia, forse nel suo pianeta non esistono più creature da cacciare, forse il suo mondo è solo una grande, immensa, sterminata megalopoli tecnologica, forse in quell’alieno c’è anche il futuro allucinante dell’uomo.

Giovanni Mongini