L’UOMO NON DEVE SFIDARE LA NATURA

“Era malato di mali immaginari. Combatteva con le ombre.
Bisogna compatirlo in fondo, perché senza saperlo,
aveva varcato i limiti imposti dalla natura.
Quello che l’uomo dà gli viene reso.
La natura paga sempre i suoi debiti… e fino all’ultimo soldo…”

(“La rivincita dell’Uomo Invisibile” di Ford Beebe)

Esperimenti pericolosi, esperimenti diabolici i cui risultati sono sempre deleteri. Mettono in pericolo le cavie su cui vengono effettuati o lo scienziato stesso che li compie se non, addirittura, minacciano il mondo intero.

Lo scrittore Herbert George Wells (1866-1946) fu il creatore di un essere che avrebbe dato al cinema delle storie di alta suggestione. Ancora una volta fu James Whale a portare sullo schermo la creatura di Wells.

Whale nacque in Inghilterra a Dudley Staffs nel 1896 ed è morto in circostanze mai del tutto spiegate, annegato nella piscina della propria abitazione a Hollywood nel 1957. Fu il regista di “FRANKENSTEIN”, un altro risultato di un esperimento diabolico. Nel 1933 egli diresse “L’UOMO INVISIBILE” (“The Invisible Man”) e propose la parte a Bela Lugosi che la rifiutò sdegnosamente. Il ruolo abbisognava di una grande dose di modestia perché il volto del protagonista sarebbe stato visibile solo alla fine e, per tutto il resto della pellicola, il tecnico degli effetti ottici, John P. Fulton, avrebbe fatto agire l’attore coperto da un panno nero in modo che sullo sfondo, altrettanto nero, fossero visibili solo i suoi vestiti. Sovrapponendo poi dei trucchi ottici realizzati prima con dei fili sullo sfondo nero e tenendo conto che in questo modo il negativo non s’impressionava, avrebbe potuto realizzare le scene degli oggetti che si muovono con un realismo uguagliato e superato solo recentemente e grazie al computer con il film “AVVENTURE DI UN UOMO INVISIBILE” (“Memoirs of an Invisible Man” – 1992) di John Carpenter e soprattutto con “L’UOMO SENZA OMBRA” (“The Hollow Man” – 2000) di Paul Verhoeven.

Per la parte fu quindi scritturato Claude Rains il quale rese in maniera disperata e isterica il suo Jack Griffith, creatore del siero dell’invisibilità che cerca affannosamente il modo di tornare corporeo prima che il siero letale gli danneggi il cervello. Purtroppo non riuscirà nell’intento e solo con la morte egli tornerà a essere visibile. Il soggetto e gli effetti altamente spettacolari diedero corpo ad altri seguiti come “IL RITORNO DELL’UOMO INVISIBILE” (“The Invisible Man Return” – 1940) di Joe May e poi “LA RIVINCITA DELL’UOMO INVISIBILE” (“The Invisible Man Revenge” -1944) di Ford Beebe e fu anche il protagonista di una delle più divertenti parodie sull’uomo invisibile con Gianni e Pinotto.

Nel 1959 un altro esperimento sortisce dei risultati sconvolgenti. Il film è “UOMINI COCCODRILLO” (“The Alligator Man”) di Roy Del Ruth. Le intenzioni dello scienziato di turno erano buone perché egli cercava, grazie a un ormone tolto dalla ghiandola pituitaria dei rettili, di curare le parti ustionate o deformi degli esseri umani. La pelle si rigenera rapidamente ma lentamente le cavie cominciano a coprirsi di squame.

Cercando il proprio marito, una donna rischia la vita e assiste alla orribile trasformazione. Lo shock le farà dimenticare tutto… Ancora una volta, cercando di sovvertire la natura, l’uomo incontra la propria distruzione. Il film è nato perché i produttori della Associated Producers, affiliata alla 20th Century Fox, erano a conoscenza che stava per arrivare sugli schermi una delle produzioni sulla quale contavano: “LA VENDETTA DEL DOTTOR K” (“Return of the Fly” – 1959) di Edward Bernds e volevano produrre qualcos’altro da abbinare a questa pellicola, per il solito “doppio Spettacolo”, una storia che potesse interessare il pubblico. Malgrado si fossero riuniti per decidere, nessuna idea sembrava loro interessante per cui non trovarono di meglio che prendere la sceneggiatura del secondo “K” e lavorarci sopra. Delle placche in gommapiuma erano state poste sulla fronte in modo da poter applicare la maschera, peraltro fatta molto male e che assomigliava molto più a un coccodrillo che a un alligatore (il che era illogico visto che di innesti di pelle di alligatore si trattava). Le zampe “drillesche” erano degli evidentissimi guanti e solo Lon Chaney s’innalza sugli altri nella parte di una sorta di Capitan Uncino che odia gli alligatori che gli hanno sgranocchiato una mano.

Un altro scienziato sta compiendo esperimenti per il bene dell’umanità. Ingrandendo gli animali e i vegetali egli riuscirà a sfamare il mondo. Purtroppo due assistenti dello scienziato hanno provato il siero su sé stessi ed il risultato è che sono condannati a morire in modo orribile. Incendiato il laboratorio dello scienziato una tarantola sfugge inosservata e diventa sempre più gigantesca fino a che non verrà uccisa da una pattuglia aerea. Avrete senz’altro capito che stiamo parlando di “TARANTOLA” (“Tarantula” – 1955) di Jack Arnold, il film che ha prodotto più vittime tra gli aracnidi perché arrostivano sotto le luci dei riflettori.

Ancora Arnold nel 1958 con “RICERCHE DIABOLICHE” (“Monster on the Campus”). Un misterioso siero trovato nel corpo del Coelecantus, un pesce preistorico, ha il potere di far regredire, anche fisicamente, gli esseri viventi. Ne consegue che il solito scienziato si trova trasformato in un bruto preistorico e ucciso. Il re degli esperimenti pericolosi e sbagliati deve ritenersi però il Dottor Jekyll, personaggio nato dalla penna di Robert Louis Stevenson.

Una strana coincidenza o forse un inquietante destino collega tra loro due esseri nati uno dalla fantasia e l’altro dalla realtà. Il 6 agosto del 1888, al Teatro Lyceum di Londra, Richard Mansfield, attore americano, dovette andare alla ribalta per ben dodici volte. Il pubblico in delirio lo stava applaudendo per la sua stupenda  recitazione nella commedia “Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde”, un adattamento di T.R. Sullivan della storia di Stevenson. Il giorno dopo una prostituta fu trovata uccisa: fu la prima vittima di Jack lo Squartatore. Probabilmente si trattava di una coincidenza ma questo fatto rese ancora più celebre la storia dello scrittore incentrata su uno scienziato che scopre un siero in grado di separare il bene dal male. Ancora prima di Freud, Stevenson seppe dimostrare che l’animo umano era essenzialmente diviso in due parti e usò il nome di Edward Hyde per chiamare la sua malvagia creatura approfittando del fatto che Hyde si pronuncia come “Hide” che vuol dire “Nascosto”.

Un altro messaggio dello scrittore contenuto nel romanzo è il monito sul pericolo dell’uso sconsiderato della scienza. Parecchie furono le pellicole dedicate a questa storia. Si consideri che solo tra il 1908 e il 1921 ne furono girate ben sette versioni. Tra le più famose non possiamo dimenticare quella del 1931 interpretata da Frederic March “IL DOTTOR JEKYLL” (“Doctor Jekyll & Mr. Hyde”) per la regia di Rouben Mamolulian e poi quella interpretata da uno Spencer Tracy che non ricorse al make up ma solo alla sua grande mimica facciale d’attore intitolata “IL DOTTOR JEKYLL E MR. HYDE” (“Dr. Jekyll & Mr. Hyde”) di Victor Fleming. Non potevano mancare all’appuntamento la Hammer e Terence Fisher con “IL MOSTRO DI LONDRA” (“The two faces of Dr. Jekyll”) del 1960, manco a dirlo con Christopher Lee. E’ curioso segnalare ancora una volta una produzione Hammer con “BARBARA IL MOSTRO DI LONDRA” (“Dr. Jekyll and sister Hyde”) di Roy Ward Baker del 1971. In questo caso la trasformazione comporta anche un cambiamento di sesso a cui si ispira con la stessa motivazione anche “DR. JEKYLL & MISS HYDE” (“Dr. Jekyll & Miss Hyde” – 1996) di David Price.

Giovanni Mongini