ROBERT LOUIS STEVENSON

Robert Louis Balfour Stevenson nacque a Edimburgo il 13 novembre 1850. Figlio unico di Thomas Stevenson, un ingegnere edile specializzato nella costruzione di fari, riuscì durante la sua vita a mitigare la malinconia e la durezza tipiche del carattere scozzese, con il brio e la gaiezza che gli derivavano invece dall’origine francese della madre, Margaret Isabella, figlia del reverendo Lewis Balfour, parroco di Colinton. Sia la madre che il nonno avevano avuti problemi ai polmoni, cosa che il ragazzo ereditò, per cui era spesso malato e aveva necessità di trascorrere parecchi mesi all’anno in un clima più salubre, come quello della Francia meridionale. Anche la sua inquietudine di viaggiatore e la costante magrezza erano per lui legate proprio alla salute. Fu durante la sua cagionevole infanzia che conobbe Alison Cunningham, detta “Cummy”, un’infermiera alla quale dedicherà poi un libro di versi, ma che soprattutto contribuì a sviluppare la sua fantasia raccontandogli molte storie che non lo facevano dormire e allo stesso tempo lo affascinavano oltre misura.

All’università si iscrisse dapprima, secondo la tradizione famigliare, alla facoltà di ingegneria dell’università di Edimburgo, ma ben presto lo studio passò in secondo piano, preferendo dedicarsi alla letteratura. Quindi passò a giurisprudenza, ma in poco tempo finì con l’abbandonare gli studi.

Nel 1871 cominciò a collaborare come letterato alla “Edinburgh University Magazine” e a “The Portfolio”, da cui si fece pubblicare alcuni saggi. Ma fu solo nel 1878 che iniziò la sua carriera letteraria con la pubblicazione di “An Inland Voyage”, una serie di impressioni di un viaggio in canoa attraverso i fiumi e i canali della Francia settentrionale.

Durante uno dei suoi innumerevoli  viaggi conobbe Fanny Osbourne, un’americana separata e madre di due figli della quale si innamorò e, nonostante il parere avverso dei suoi, decise di seguirla nel suo viaggio di ritorno in California. I due si sposarono a San Francisco nel 1880. Ispirato da quell’ennesimo viaggio, scrisse “The Silverado Squatters” (1883), “Across the Plains” (1892) e “The Amateur Emigrant” (1895), che pubblicò più tardi. Il più interessante è sicuramente il primo, “The Silverado Squatters”, che racconta un’avventura sognata, in un luogo fantastico pieno di luci, suoni e profumi nel quale i protagonisti della vicenda divengono personaggi da fiaba sul punto di prender possesso di un regno incantato.

Ritornato in Europa nel 1880, Stevenson entrò in una fase di grande attività creativa che, tenuto conto della sua sempre precarissima salute, sfociò in una produzione davvero ragguardevole sia per mole sia per valore. Nel 1881 e nel 1882 pubblicò i saggi e le novelle, scritti fino a quella data, rispettivamente nei volumi “Virginibus Puerisque” e “The New Arabian Nights”. Sempre nel 1882 scrisse “Familiar Studies of Men and Books”, che contiene il massimo contributo dello scrittore alla critica letteraria, con saggi su Hugo, Whitman, Thoreau, Burns. E’ del 1883 invece uno dei suoi più grandi successi, il romanzo avventuroso “L’isola del tesoro”.

Nel frattempo però la sua salute aveva risentito dello strapazzo del viaggio in America, tanto che non gli si davano che pochi mesi di vita, e così Stevenson, dalla Scozia, dov’era tornato dopo essersi rappacificato con la famiglia, fu nuovamente costretto a vagabondare per le principali stazioni climatiche europee, da Davos a Hyères e poi a Bournemouth per migliorare le condizioni fisiche.

Oltre che nel romanzo storico e avventuroso, lo scrittore si distinse anche nei racconti fantastici, come quelli raccolti in “The New Arabian Nights” e nel seguito “The Dynamiter” che pubblicò nel 1885.

Nel 1886 scrisse i romanzi “Il ragazzo rapito” e “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” (racconto del brivido alla maniera di Poe in cui affrontava, in anticipo sulle teorie freudiane, il problema del subconscio e dello sdoppiamento della personalità), che contribuirono molto a estendere quella popolarità che la pubblicazione de “L’isola del tesoro” gli aveva procurato. Divenne perfino amico di Henry James e scrisse anche due volumi di versi, “A Child’s Garden of Verses” (1885) e “Underwoods” (1887).

Nel 1887, dopo la morte del padre, Stevenson ritornò in America, dove enorme era stato il successo del romanzo “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”. Ma di nuovo la salute cagionevole lo obbligò a ritirarsi nella stazione climatica di Saranac, dove, dopo la pubblicazione di un altro suo capolavoro nel 1888, “La freccia nera”, iniziò a scrivere l’anno seguente “Il signore di Ballantrae” e il resoconto farsesco “La cassa sbagliata”, finché, spinto anche dai libri d’avventure esotiche di Melville, accettò l’invito di un editore a scrivere un volume sui mari del Sud e partì, con la famiglia, per una crociera verso le isole Marchesi nella Polinesia francese, toccando anche Tahiti e le isole Sandwich. Il viaggio fu positivo sotto ogni punto di vista, tranne per il libro, giacché il lavoro su ordinazione non era cosa per lui. La sua salute però, sorprendentemente, migliorò in modo così notevole che decise di stabilirsi nel Pacifico e, dopo un’ulteriore esplorazione dei vari arcipelaghi e un soggiorno di alcuni mesi a Honolulu (dove finì i due libri sopraccitati), stabilì la sua dimora ad Apia, la principale delle isole Samoa. Qui visse dal 1890 fino alla fine dei suoi giorni, riverito dagli indigeni che lo chiamavano Tusitala, (“narratore di storie”). A questo periodo risalgono, tra gli altri, il seguito di “Il ragazzo rapito”, intitolato “Catriona” (1893), i “Records of a Family of Engineers” (uscito postumo nel 1912), quattro racconti sui mari del Sud, pubblicati col titolo “An Island Night’s Entertainments” (1893), oltre a parecchie ballate, poesie e raccolte d’impressioni.

La morte, per la rottura di un vaso sanguigno, lo colse a Vailima (la casa che aveva costruito nell’isola di Samoa) il 3 dicembre 1894, mentre stava scrivendo un tragico racconto sulla frontiera scozzese, “Weir of Hermiston” (pubblicato postumo nel 1896).

Davide Longoni