GIOVANNI MONGINI PRESENTA: CLASSICI SENZA TEMPO 08 – I VILLAGGI DEI DANNATI

Con il film diretto da Wolf Rilla Il Villaggio dei Dannati, il cinema di science fiction inglese raggiunge, probabilmente, il suo apice. In precedenza erano apparsi esempi dignitosissimi, pellicole che abbiamo citato come quelle dirette da Val Guest: L’Astronave Atomica del Dottor Quatermass, I Vampiri dello Spazio e il meno famoso, ma non per questo inferiore, Il Mostruoso Uomo delle Nevi.

La fantascienza inglese, del resto, si è sempre distinta da quella americana per alcune sue caratteristiche peculiari: prima di tutto, poiché è noto che la patria delle storie dell’orrore, o gotiche che dir si voglia nel campo letterario (ed ora anche cinematografico), è la Gran Bretagna sin dal Settecento, diventa ovvio che gli autori inglesi si siano accostati alla fantascienza, sia letteraria che cinematografica, con un senso del mistero, dell’ignoto e del non conosciuto che è tipicamente “Made in England”. Il “mostro”, per esempio, ha un’importanza relativa e difficilmente invaderà totalmente le sequenze del film o le pagine del romanzo come invece può accadere con il suo confratello americano o accade in quello giapponese. Esiste, invece, una ricerca più raffinata, più sottile del terrore-panico che nell’ambito della cinematografia americana si può trovare in opere saltuarie come Il Bacio della Pantera di Jacques Tourneur o nell’Invasione degli Ultracorpi di Don Siegel, per fare un esempio: pellicole dai toni raffinati, potremmo dire più vicini ai film gialli e dosati mirabilmente senza scene altamente spettacolari, ma non per questo meno drammatiche e, in questo, la cinematografia inglese ne è stata maestra. Un’altra caratteristica delle pellicole inglesi è quella di presentarci il protagonista come una persona di aspetto comunissimo, se non di mezza età, spesso intabarrato in un cappotto e con in bocca una sigaretta quasi del tutto consumata: in un film inglese nessuno accenderebbe una sigaretta e la spegnerebbe subito dopo. E’ anche questo che fa l’ambiente “Made in England” assieme al già citato cappotto, quindi abbiamo il freddo o la pioggia o la nebbia ed anche l’età: quaranta o cinquant’anni, cappello e sigaretta o pipa. Poi ancora: altra caratteristica delle pellicole inglesi di science fiction è che esse possiedono l’abilità di creare mostri o scene aliene, un’intera ambientazione, insomma, prendendo a cartina di tornasole il mondo di tutti i giorni apparentemente sempre uguale e nel quale si è inserito qualcosa di invisibile, diverso e alla fine minaccioso. Infine, quando già negli Stati Uniti ogni sottoprodotto diventava interessante e commerciale perché realizzato a colori ecco che, in pieno 1960, la cinematografia inglese insiste con una pellicola girata in un apparente scialbo bianco e nero il quale ha però il pregio di un tocco di classe particolare che il colore non potrà mai avere. Per cui Il Villaggio dei Dannati, per confermare quanto sottolineato prima, si presenta allo spettatore in un normalissimo bianco e nero, anche se in seguito ne verrà realizzata una versione ”Colored”, e praticamente privo di effetti speciali, se si eccettua una semplice (si fa per dire) opera di ritocco nei fotogrammi dove appaiono i… mostri della vicenda.

Torneremo successivamente su questo punto. Intanto ricordiamo che la pellicola è tratta da un famoso romanzo di John Wyndham intitolato da noi “I Figli dell’Invasione” (Urania – Mondadori) e che il nome del regista figura tra gli abili sceneggiatori di questo film. Personalmente parlando, il mio incontro con questo film avvenne in maniera anomala: era in visione in un piccolo cinemotto da seconde visioni. Dal titolo e dal manifesto dove si vedevano disegnati degli occhi luminosi sembrava in tutto e per tutto una pellicola dell’orrore e io esitai molto prima di entrare perché non sono mai stato un appassionato viscerale dei film horror e un mio ex compagno di scuola ci mise del bello e del buon per convincermi a entrare e quando ne uscii ero estasiato!

Ma torniamo a noi. Dallo studio della propria abitazione a Midwich, nell’Inghilterra Meridionale, il fisico Gordon Zellaby (George Sanders), telefona al cognato, il Maggiore Alan Bernard (Michael Gwynn) al Ministero della Guerra.

Durante il colloquio Gordon sviene improvvisamente e si accascia al suolo lasciando il ricevitore staccato. La stessa cosa accade contemporaneamente in tutto il villaggio: tutti gli abitanti, persone o animali, sono distesi al suolo svenuti. L’orologio del villaggio, in un silenzio totale quasi di morte, batte le undici e scorrono i titoli del film.

IL VILLAGGIO DEI DANNATI (The Village of the Damned – 1960)

Preoccupato per l’improvviso silenzio che isola l’intero paese, Alan si dirige in macchina verso Midwich. Nei pressi del villaggio incontra il poliziotto locale ed entrambi, passata una curva, trovano l’autobus del paese che è andato fuori strada. I passeggeri non danno segno di vita sebbene i danni sembrino lievi. Il poliziotto si avvicina per ispezionare ma cade anch’egli a terra privo di sensi. Alan si mette in contatto con il Ministero e quasi immediatamente la zona viene circondata dalle truppe. La misteriosa barriera non è generata da un gas, se così fosse il vento la allargherebbe o la disperderebbe, sembra quasi che un muro invisibile delimiti la zona infetta. Un soldato vi si addentra con una maschera antigas e legato con una corda: cade a terra e viene immediatamente recuperato. Quando rinviene ha freddo e sente le dita ghiacciate. Un aereo che sorvola il perimetro si abbassa troppo: il pilota sviene e il velivolo precipita schiantandosi al suolo. Mentre Alan diffida per radio altri aerei a sorvolare la zona, cominciano a scorgersi segni di vita sull’autobus e, lentamente, tutti si riprendono. La barriera è come svanita. Gordon e sua moglie Anthea (Barbara Shelley), accolgono Alan stupiti per primi di quanto è accaduto. Sono le tre meno dieci.

Le ipotesi sono molte, ma le prime analisi non danno alcun risultato, alcuna risposta valida su quanto potrebbe essere accaduto.

Alan: «Un punto è assodato: qualunque cosa fosse era statico, inodoro e invisibile, non rilevabile ai radar, non era metallico e non spostava i contatori geiger. Tu hai ricevuto i rapporti: non ci sono segni di mutamenti fisici, biologici o psicologici.»

Gordon: «Tutto ciò non vuol dire niente… Per esempio: l’esposizione ai Raggi X o Gamma non procura conseguenze immediate. Quella gente va tenuta sotto osservazione.»

Due mesi dopo diventano evidenti le conseguenze di quel giorno: tutte le donne del villaggio in grado di concepire sono in stato di gravidanza e tre mesi dopo, osservando le radiografie di Anthea Zellaby, gravida anch’essa, il Dottor Willers (Laurence Naismith) esclama:

Willers: «E’ uno degli embrioni più perfetti che abbia mai visto.»

Gordon: «Sì… ma è normale?»

Willers: «E’ più che normale: è un embrione di sette mesi dopo soli… cinque mesi.»

Gordon cerca di consolare la moglie dicendole che tutto procede perfettamente e che il feto si presenta come assolutamente normale, ma la donna non vuole sentire ragioni: è spaventata, la notte non riesce a dormire. Gordon le ricorda che non deve agitarsi troppo perché tra poco avrà un bambino… al colmo della disperazione lei gli risponde:

Anthea: «Sì, ma di chi? Tuo?! Il dottore sa dirmi come io l’abbia concepito? Quale cervello avrà, da dove proviene… Sa dirmi questo: da dove proviene?»

Il tempo passa e i bambini cominciano a nascere. Tutti i neonati pesano sui sei chili, hanno tutti gli stessi capelli biondi e occhi profondi e penetranti.

Il Dottor Willers li esamina più da vicino mettendo una radice di capello presa dalla cute del figlio di Gordon, David, sotto il microscopio e le prime differenze cominciano a farsi palesi.

Gordon: «Appartiene a mio figlio David… Ha mai veduto capelli di quel tipo? E… ha notato le unghie?»

Willers: «Sono più strette delle nostre, coprono una superficie minore della falange ma sono schiacciate uguali.»

Gordon: «E l’analisi del sangue?»

Willers: «Ah, è prematuro. Il sangue in circolo è ancora quello del gruppo materno.»

Gordon: «Perciò, in apparenza, sono normali con queste eccezioni: strani occhi, disarmanti direi, delle insolite unghie e ignoto gruppo di capelli…»

Willers: «Comunque sia il loro sviluppo fisico è eccezionale: come età hanno solo quattro mesi, ma sviluppo e capacità sono quelli di… di diciotto mesi.»

Malgrado, come si è detto, tutte le donne del paese in grado di partorire in una comunità di circa mille persone possano essere parecchie, i bambini, per ragioni di sceneggiatura, sono dodici: sei maschi e sei femmine. Essi si rivelano ancora più diversi del previsto. Dai primi lievi ma sicuri indizi sembra che abbiano la possibilità di entrare nelle menti altrui e di comandarle e, in più, quando una qualsiasi informazione viene data a uno di loro è come se venisse data a tutti. A riprova di ciò Gordon compie un test usando una scatola apribile con un gioco di incastri. Dopo una brevissima ricerca uno di loro riesce ad aprire il contenitore con la massima facilità e ancora più veloci sono tutti gli altri a cui viene mostrata e la conclusione è che i piccoli possiedano delle evidenti doti di telepatia. Il tempo trascorre ancora e, a nove anni, i bambini hanno un’intelligenza e una capacità di apprendere assolutamente al di fuori del comune.

Il solo Gordon è rimasto ormai a difenderli. Egli è convinto che inculcando loro i valori morali si possano avere a disposizioni le migliori menti del mondo per il bene dell’umanità. Al Ministero Gordon partecipa a una riunione dove in pratica si dovrà decidere il destino di questi bambini prodigio.

Prende la parola Sir Edgar Hargraves (Richard Vernon) per conto del Ministro.

Sir Edgar: «Signori, il nostro Ministro degli Interni mi ha autorizzato a mettervi al corrente che Midwich non è la sola colonia di tali ragazzi. (Indica un paese sulla carta alle sue spalle). Qui, in un paese dell’Australia del Nord, trenta fanciulli nacquero in un giorno, ma qualcosa non andò liscio: morirono tutti dopo dieci ore dalla nascita. In una tribù esquimese ne nacquero dieci. La comunità pensò a un maleficio: dei fanciulli biondi nati da madre bruna violavano il tabù e li uccisero. Nel mondo oltre cortina si verificarono altri due casi similari, uno a Alkutz, qui, ai confini della Mongolia… un brutto affare: gli uomini uccisero i nati e le madri. Il secondo nelle montagne del Nord Ovest: i fanciulli sono viventi. Dalle nostre informazioni risulta che essi ricevono un’istruzione ad alto livello. Furono tutti concepiti lo stesso giorno di quelli di Midwich.»

1° Uomo: «Sono trascorsi già tre anni: abbiamo scoperto nulla sull’origine dei ragazzi?»

2° Uomo: «Gli indizi sono pochi…»

1° Uomo: «Zellaby, lei avrà qualche teoria.»

Gordon: «Sì, infatti…»

Sir Edgar: «Ma posso far presente che Zellaby è parte troppo interessata…»

Gordon: «La mia posizione di presunto padre influenza il mio raziocinio scientifico: è questo che teme?»

Sir Edgar: «Esattamente questo.»

Gordon: «Beh, sentiamo che ci dicono gli altri.»

Sir Edgar: «Dottor Carlisle?»

Carlisle (Keith Pyott): «Qui siamo in presenza di mutazioni. Ogni tanto, nei millenni, un salto brusco può avvenire nella vita animale o vegetale. Improvvisi cambiamenti e senza apparente ragione…»

Sir Edgar: «E questo spiega perché diversi paesi furono isolati per diverse ore?»

Carlisle: «No, Signore… No, purtroppo…»

Sir. Edgar: «Bene, grazie, ci sono altre teorie?»

Smith (John Stuart): « Sì. C’è la possibilità di trasmissione di energie. Per chiarire il concetto: noi oggi lanciamo razzi radar nei lontani spazi con molta precisione, impulsi elettrici sono riflessi dalla Luna e continuamente riceviamo impulsi da altri pianeti e stelle e gli impulsi sono energia e materia.»

Sir Edgar: «Lo sapevamo, Professor Smith, e che cosa ne conclude?»

Zellaby: «Il Professore e io la pensiamo uguale: ciò che noi facciamo, altri nell’universo possono saper fare meglio…»

Smith: «Esatto.»

1° Uomo: «Il parere vostro è che questi fanciulli siano il risultato di impulsi diretti su noi da qualche fonte spaziale.»

Gordon: «Beh, è solo una teoria, però niente la contraddice. Forse è un caso di mutazioni, forse è una nuova razza terrestre, ma ci serve altro tempo per controllare… tempo.»

Sir Edgar: «Un momento, Zellaby… Generale, lei mi ha accennato a certi fatti a Midwich, di che si tratta?»

Leighton (John Phillips): « Una serie di disgrazie fra i bambini del villaggio, e sempre dopo contatti avuti con… gli altri…»

Gordon: «I ragazzi s’azzuffano dappertutto.»

Leighton: «No, qui non si è mai trattato di zuffe. Non c’è mai stato segno di violenza ma pochi giorni fa un bimbo, buon nuotatore, è affogato in uno stagno senza motivo plausibile.»

Gordon: «Cose che possono accadere…»

La difesa di Gordon prosegue accanita: egli agisce nell’interesse della scienza e non vuole privare la stessa di oggetti di studio senza pari. Inoltre quei bambini potrebbero essere la risposta al futuro dell’uomo.

La riunione si scioglie dopo aver approvato la proposta di Zellaby: egli ha un anno di tempo per studiarli, li riunirà tutti sotto uno stesso tetto a Midwich, in modo da poterli osservare meglio.

Le lezioni di Zellaby iniziano sotto una cattiva luce: i bambini si rifiutano di rispondere alle sue domande e rivelano, a ogni giorno che passa, l’estensione e il controllo dei loro poteri. Di lì a qualche tempo accade la prima disgrazia e alla presenza di Anthea. Una macchina per poco non investe uno dei ragazzi, il guidatore ne scende e si profonde in scuse per cui tutto sembrerebbe finito, ma ecco: gli occhi dei ragazzi sembrano illuminarsi e l’uomo, come un automa privo di volontà, risale in macchina, avvia il motore e va a sbattere a tutta velocità contro un muro morendo sul colpo. Anthea non può far nulla: una strana forza, esercitata da uno dei ragazzi, la tiene ferma, immobile ad assistere impotente alla scena. Il morto si chiamava Edward Pawle e al processo che ne segue la sua morte viene considerata accidentale grazie anche alla testimonianza di Anthea la quale, sotto evidente influsso ipnotico di David, non fornisce alcuna prova sicura a favore di qualcosa di diverso.

La sentenza però scatena l’ira del fratello del morto, James (Thomas Heathcote) che urla in tribunale minacce contro “i veri assassini”.

Poche ore dopo Gordon e Anthea stanno discutendo con Alan la situazione quando vedono passare davanti a loro James Pawle armato di una doppietta. Le sue intenzioni sono chiare e i tre lo implorano di fermarsi, ma quando alla fine raggiungono il loro scopo è troppo tardi. I ragazzi lo hanno scorto e letto nei suoi pensieri, capito le sue intenzioni. Non esiste perdono, per loro. Mentre uno di essi tiene sotto controllo i tre, gli altri obbligano James a mettersi la doppietta sotto la gola: le mani sudate alzano il cane dell’arma e premono il grilletto. Ora Gordon, Athena e Alan possono riprendere il controllo del loro corpo. Lo scienziato si sente sempre più colpevole di quanto sta accadendo e si accorge che tutti i suoi tentativi per capire quei fanciulli sono destinati a fallire. Intanto una telefonata fatta dal Generale Leighton avvisa Alan e quindi Gordon che i sovietici hanno distrutto con un cannone a lunga gittata il villaggio dove vivevano i bambini “strani” senza evacuarlo, per non metterli allarme. In vista di questo nuovo sviluppo il compromesso chiesto da Gordon viene annullato: la decisione sulla sorte dei ragazzi verrà presa il più presto possibile in una riunione alla quale Alan è stato invitato. La morte dei fratelli Pawle ha scatenato però la paura e l’ira degli abitanti del villaggio che marciano verso la casa dove alloggiano i bambini. In mano hanno delle torce, dei fucili e dei forconi. David, da solo, li accoglie davanti alla porta e la scena che ne segue è allucinante. Con la sola forza del pensiero il bambino fa cadere la torcia dalle mani del capogruppo ai piedi di quest’ultimo: le fiamme si alzano e il disgraziato, tenuto fermo e inchiodato al suo posto, viene lentamente bruciato vivo sotto gli occhi di tutti gli altri, impossibilitati anch’essi a muoversi. Alan, che in distanza ha osservato la scena, giunge troppo tardi per salvare il poveretto e si scaglia, veemente, contro David.

Alan: «Un uomo è morto!»

David: «Dobbiamo proteggerci, noi!»

Alan: «Ci sono le leggi per proteggervi.»

David: «Non sono adeguate a noi.»

Alan: «Ah, non sono adeguate?! Beh, se credete di poter vivere secondo delle leggi che noi non approviamo…»

David: «Stai pensando a quello che è successo agli altri, in un’altra nazione…»

Alan: «Sì, se ne sei al corrente, sai cosa vi spetta.»

David: «Non succederà con noi…»

Alan: «Razza di…»

David: «Non succederà con noi perché dobbiamo sopravvivere, costi quel che costi… (I suoi occhi brucianti immobilizzano Alan)… Imparerete che siamo decisi a sopravvivere e che non potete far nulla per impedirlo… dovete imparare a non sfidarci… Voi… non… dovete… sfidarci.»

Alan viene riportato a casa Zellaby. Non è in pericolo di vita: è stato sottoposto a uno shock d’incomprensibile natura. Mentre il Dottor Willers lo sta visitando David entra in casa annunciando che vuole parlare con suo padre.

David: «Mio zio si riprenderà… E’ stato un avvertimento per lui… e tutti voi.»

Gordon chiede ad Anthea di lasciarli soli. La donna, pur esitante, acconsente.

David: «Tu non hai paura di noi.»

Gordon: «No… però mi dispiace, David, di essermi sbagliato su di te.»

David: «Se tu non fossi schiavo di emozioni, di sentimenti, anche tu avresti il nostro potere.»

Gordon: «Già.»

David: «Ma non ci riuscirai mai. E’ giunto per noi il tempo di andare via.»

Gordon: «Via, dove?»

David: «Via, prima che tentino di distruggerci.»

Gordon: «Cosa farete?»

David: «Beh, ci separeremo. Presto avremo l’età per fondare nuove colonie. Qui noi abbiamo sollevato troppo scalpore. Ci aiuterai ad andare via.»

Gordon: «In che modo dovrei aiutarvi?»

David: «Troverai tu il sistema di farci allontanare senza attirare l’attenzione. Ci darai ad alcune famiglie che siano ben disposte ad accoglierci.»

Gordon: «Sì… beh, non è una cosa molto facile… Ci vorrà qualche giorno…»

David: «E bada che nessuno lo sappia se no ci saranno altre disgrazie. Ci riferirai quel che hai potuto fare quando verrai alla lezione di venerdì.»

Gordon: «David…»

David: «Non sei in grado d’ingannarmi, questo lo sai, vero?»

Gordon: «Sì, questo lo so…»

David: «Molto bene. Ci darai la tua risposta per venerdì. Buona notte, papà.»

Gordon: «Buona notte, David…»

Il giorno in cui Gordon deve dare una risposta ai ragazzi in base alle richieste, o meglio, agli ordini di David, giunge fin troppo presto.

Lo scienziato è ancora in casa, al pianoforte e sta suonando un motivo lento, dolce: la musica sua e di Anthea, in ricordo di quando si sono conosciuti. E’ sera e Anthea deve accompagnare Alan a Londra, il fratello non può ancora guidare, ma la donna è preoccupata, come in preda a un presentimento non se la sente di lasciare solo il marito.

Anthea: «Andrai dai bambini anche stasera?»

Gordon: «Sì. Ogni mercoledì e venerdì.»

Anthea: «Dopo quanto è successo?»

Gordon: «Specie dopo quanto è successo. Forse so come poterli affrontare. Se ho ragione non avremo più fastidi.»

Anthea: «Cioè?»

Gordon: «Te lo dirò se riesco. Su, andate ora, se no arriverete domattina.»

Lo scienziato saluta Alan usando parole inconsuete: «Abbi cura di lei.»

Le intenzioni di Gordon appaiono a noi chiare: egli ha messo una bomba a orologeria nella borsa che porta abitualmente con sé alle lezioni. La regola affinché esploda pochi minuti dopo che è entrato e chiude la sua mente concentrandosi con tutte le sue forze pensando a una muraglia. E’ la scena più bella di tutta la pellicola per cui vediamo di seguirla passo passo.

Gordon: «Buona sera, ragazzi. Oggi parleremo dell’energia atomica e di come le scoperte compiute circa cento anni fa abbiano cambiato le nostre conoscenze sugli elementi e sul posto dell’atomo…»

David: «Dovevi dirci quali sistemazioni ci hai trovato.»

Gordon: «…E sul posto dell’atomo…»

David: «Sono le otto e ventisette. Perché sei nervoso?»

Gordon: «Le sistemazioni… sì… sì, ve ne parlerò ora, fra… pochi momenti, ma prima voglio finire la lezione… la questione… dell’energia… atomica…»

David: «Non stai pensando all’energia atomica… Stai pensando a… una… muraglia.»

Primo piano sulla fronte di Gordon, sovrapposta ad essa appare una muraglia di mattoni sulla quale, lentamente, appaiono le prime crepe. La sua voce, anzi il suo pensiero, continua ostinatamente a ripetere:

Gordon:«<Una muraglia… una muraglia… devo pensare… a una muraglia… ci siamo, quasi… una muraglia… una muraglia… solo a questo devo pensare…>»

Gli occhi di tutti e dodici i bambini sono puntati su di lui e brillano della loro forza mentale, scandagliano la mente di Gordon spietatamente… lentamente, il muro si sgretola, si frantuma sempre di più.

Gordon: «<Una muraglia… solo a questo… una… muraglia… una muraglia…>»

Il muro si sfalda e, dietro ad esso, appare l’immagine della bomba, la resistenza di Gordon è vinta. Tutti gli occhi si puntano sulla sua borsa ma è troppo tardi: l’ordigno esplode proprio in quel momento distruggendo l’edificio, i bambini e Zellaby, cioè colui che aveva cercato di difenderli fino all’ultimo e che, arresosi all’evidenza, si è volontariamente sacrificato.

L’esplosione è stata seguita a distanza da Anthea e da Alan. La donna, infatti, come colta da un presentimento,  aveva voluto tornare sui suoi passi, ma è troppo tardi… per sua fortuna.

Dalle ceneri della casa e dalle fiamme che ancora la divorano sembrano levarsi gli occhi di fuoco dei bambini…

Ci si può rendere conto, a questo punto, come ci si sia trovati davanti a un’opera cinematografica intensa e di valore, condotta e interpretata in maniera estremamente efficace. Ricordiamo, quindi, l’ottima interpretazione di George Sanders (1906-1972), impegnato per la prima volta in un ruolo fantascientifico, lo ritroveremo ancora ma in pellicole decisamente minori. E’ curioso ricordare come l’attore abbia effettivamente posto fine alla sua vita con il suicidio per ragioni che non sono mai state chiarite del tutto, ma che riguarderebbero il suo stato di salute. Gli effetti speciali di questo film sono soprattutto quelli usati per “accendere” gli occhi dei bambini e questo è stato ottenuto dipingendo a mano i fotogrammi uno per uno, per quanti erano necessari. Una nota a parte meritano i bambini e, primo fra tutti, David (Martin Stephens), tutti calati perfettamente nello loro parti e dall’aspetto così umano e dai sentimenti così alieni. Il film ha conosciuto la sua uscita in DVD per merito della Warner Home Video.

Il regista Wolf Rilla (1920-2005) era figlio dell’attore tedesco Walter Rilla il quale lavorò spesso in Inghilterra interpretando dei ruoli in film su Fu-Manchu e il Dottor Mabuse. Wolf Rilla, ha girato altri film ma, fino all’ultimo e stando alle sue dichiarazioni, era ossessionato dalle interviste che vertevano sempre su quell’unica pellicola, come se non ne avesse girate altre e, in effetti, nessuno dei film precedenti o seguenti fu mai all’altezza di quell’opera che lui diresse in un solido bianco e nero ormai tanti anni fa e che sembra, parliamoci chiaro, in realtà girata da un Jack Arnold inglese tale è tanta la differenza con gli altri suoi film. Il soggetto doveva poi conoscere un “remake” nel 1995 il quale, pur essendo girato da un regista di solida esperienza quale è John Carpenter, è lontano anni luce dalla forza e dall’impatto dell’originale. Dato il grande successo del film di Rilla in tutto il mondo non era affatto illogico se, commercialmente parlando, si pensasse a un seguito ma, più astuti dei cugini americani, gli inglesi pensarono di non realizzare un sequel ma di prenderne spunto per realizzare una storia diversa che poco avesse in comune con l’originale. Fu un’ottima idea e nacque così, nel 1963, La Stirpe dei Dannati per la regia di Anton M. Leader: quindi, sia chiaro una volta per tutte, non di un sequel o di un remake si tratta ma di una vicenda la quale, anche per ragioni commerciali, prende spunto dalla storia di Wyndham per dipanarsi lungo binari diversi e non è di conseguenza confrontabile con il primo proprio per lo stesso motivo.

LA STIRPE DEI DANNATI  (Children of the Damned -1963)

In una scuola di Londra il Professor Tom Lewellin (Ian Hendry), psicologo dell’Università, e il Dottor David Neville (Alan Badel), libero docente di genetica, stanno compiendo dei test intellettivi su quattro ragazzi i quali devono costruire un puzzle tridimensionale: un grande cubo composto di pezzi con vari tipi d’incastro. La prova è appena iniziata e Tom la sta cronometrando. Paul Looran (Clive Powell) sta inserendo i pezzi con efficienza e rapidità sotto lo sguardo seccato dell’insegnante che ritiene questi esami lesivi per la tranquillità e l’equilibrio degli esaminandi. Paul ha terminato e Tom passa il cronometro a David affinché veda il tempo impiegato per la prova. La crisi di nervi di uno dei tre ragazzi, che scaraventa per terra i pezzi, segna il termine dell’esperimento e i giovani vengono congedati.

Tom: “Allora?”

David: “Sorprendente.”

Tom: “Tempo impiegato nelle otto prove: sei minuti e tre secondi. Tu hai messo due ore e tre minuti superandole.”

David: “L’ho visto. È sorprendente.”

I due chiedono informazioni all’insegnante sui genitori di Paul. La donna sa solamente che il bambino vive con la madre ma non l’ha mai vista, così Tom e David decidono di andare a casa sua. Una donna trasandata, in vestaglia e una casa sporca e in disordine accolgono i due. Tom cerca di spiegare a Diana Looran (Shella Allen) lo scopo della loro visita.

Tom: “Sto eseguendo delle prove intellettive, Signora Looran. Ho esaminato bambini di tutta l’Inghilterra per incarico delle Nazioni Unite… ehm… le stesse identiche prove d’esame, per la prima volta, sono state assegnate ai bambini di tutto il mondo, ne sono scaturiti alcuni fatti anormali, perciò siamo qui a parlare di Paul. La sua intelligenza ha dell’incredibile.”

Diana: “Oh, davvero?”

David: “Vorremmo indagare sui suoi ascendenti. Su lei, Signora Looran e anche suo padre, s’intende.”

La donna non vuole sentire ragioni e caccia via Tom e David poi rientra in casa cercando, in mezzo alla confusione, una sigaretta, trova un mozzicone e l’accende mentre Paul è entrato nella stanza e, dalla finestra, osserva i due che si stanno allontanando.

Diana: “Li hai alle costole e non te la caverai. Sono più forti di me… Ti odio, e voglio che tu soffra come hai fatto soffrire me! Dovevo soffocarti la prima volta che ti ho stretto in petto! Li avrai addosso e con l’aiuto mio. Tutto il mio aiuto gli darò, hai capito?”

Paul ha capito benissimo e sta guardando intensamente sua madre…

La donna è ora fuori per strada. È ancora in vestaglia, lo sguardo fisso e assente, attraversa le strade senza far caso al traffico. Entra in un tunnel buio da dove escono continuamente dei veicoli. Uno stridio di freni, un clacson, un urto.

Diana è in ospedale, le braccia rotte. Accanto a lei ci sono Tom e David che ascoltano quello che sembra essere un deliquio.

Diana: “Lui non è mio… L’ho solo messo al mondo… però non è mio… Non potevo avere figli… non sono stata amata mai… lo volete capire? Lui non ce l’ha un padre… non è di questo mondo… Nessuno mi ha mai amato, non ho avuto mai contatti! È  vero, lo giuro, credetemi, lasciatemi in pace! Vi avverto… lui vi può far fare lo stesso… vi avviso… Voi siete dei pazzi…”

Così, mentre un’infermiera cerca di calmare la donna, Tom e David vanno a casa di Paul con l’intenzione di prenderlo con loro ma lì vi trovano Susan Eliot (Barbara Ferris), sorella di Diana. La ragazza, che vive con la madre, ha avuto un presentimento e si è precipitata a casa della sorella arrivando giusto in tempo per ricevere la chiamata dall’ospedale. Poiché la loro presenza non è più necessaria i due se ne vanno invitando però Paul e Barbara all’Università in quanto il Dottor Harib (Harold Goldblatt) sta per arrivare da Parigi allo scopo di conoscere Paul. La ragazza accetta ed essi vengono anche a sapere che Paul è nato prima che Diana si sposasse. Il giorno dopo il gruppo è all’Università davanti a una gabbietta contenente dei topolini bianchi. Uno di essi è di dimensioni doppie rispetto a quelle degli altri.

David: “Hanno gli stessi genitori, hanno la stessa età.”

Harib: “Non è disfunzione?”

David: “Oh, no. È normale sotto tutti gli aspetti ma non solo è molto più grosso, è anche molto più furbo. Si mangerebbe tutto lui.”

Harib: “La sua prole sarà simile?”

David: “Identica. Come ho detto è perfettamente normale. In libertà la sua razza prevarrebbe. Ricordate Darwin e la sopravvivenza del più forte?”

Tom: “Oh, questo non è un esempio del Professor Darwin.”

David: “Oh, no. È un’improvvisa, inesplicabile modifica dei geni e, onestamente, nessuno sa come e perché ciò avvenga, perciò li chiamiamo “scherzi biologici”. Succede con tutto in natura. Ecco, venite a vedere…”

David porta Tom e Harib dietro la grande vetrata e mostra loro una pianta gigantesca vicino a un’altra più piccola mentre Susan apre la gabbietta e Paul prende in mano il topo gigante, accarezzandolo.

David: “Ecco, guardate, per cinquanta generazioni questo e d’un tratto salta fuori questa giungla stravagante… Beh, ecco qua: piante, animali… e non si può escludere che non capiti nell’uomo.”

Harib: “E per lei questo spiegherebbe Paul?”

David: “Se dovessi dare una spiegazione non ne avrei altre.”

Harib: “Ogni quanto si verifica?”

David: “Non è certo prevedibile ma… direi una volta in diversi miliardi di anni.”

Harib: “Ma se le dicessi, Dottor Neville, che ci sono sei Paul nel mondo, stessa età e stessa intelligenza?”

David: “Da un punto di vista genetico è impossibile.”

Harib: “Abbiamo ora i risultati di ogni nazione del mondo: cinque bambini hanno dato risultati identici a quelli di Paul.”

Tom: “Identici?”

Harib: “Sì, identici.”

Tom: “Ma come è possibile? Voglio dire come…”

Harib: “Ah, non ne ho idea ma mi piacerebbe scoprirlo…”

Tom: “Piacerebbe anche a me.”

Harib: “Un ragazzo di Calcutta è ora alloggiato nell’Ambasciata indiana, dato che lui e Paul Looran sono già qui ho provveduto che anche gli altri quattro siano portati a Londra alle loro ambasciate. Lei dovrebbe riesaminarli tutti… Intanto, signori miei, vorrei che trattaste ciò come una ricerca dell’UNESCO e niente di più.”

Così i due vanno all’ambasciata russa e il segretario riferisce loro che la bambina, Nina (Roberta Rex), è ritornata in patria, questo perché il governo sovietico non vuole creare precedenti di collaborazione con l’UNESCO. In quello stesso momento una bambina si affaccia lungo le scale e il segretario, imbarazzatissimo, dice che si tratta di sua figlia Sonia. I due non gli credono ma si avviano verso la porta mentre l’uomo ascolta attonito la loro conversazione.

Tom: “Senta, cos’è questa storia?”

David: “Ah, quale psicologo Thomas poni la tua personalità per l’individuo che studi… ma noialtri viviamo in un complesso mondo sociale. Einstein mise massa e energia insieme, ora abbiamo l’atomica. Se tu fossi un uomo politico russo con una figlia dal cervello dieci volte più efficiente di quello di Einstein, la consegneresti forse a due scienziati inglesi qualunque dall’aspetto primordiale?”

Tom: “Neanche per sogno!”

David: “Addio.”

Tom: “Addio”

Il sempre più allibito segretario chiude la porta…

All’ambasciata tedesca incontrano Mark (Frank Summerscale) e sua nonna.

Anche in questo caso i due non riescono a sapere molto del padre di Mark e, per quanto riguarda la madre, la donna non ne ha una stima molto profonda, anzi… i suoi commenti irritano il cane di Mark o, forse, è il ragazzo stesso che spinge il cane a ribellarsi.

Il ragazzo indiano, Rashid (Mahdu Mathen), si trova nelle cucine dell’ambasciata, assieme alla madre, e questa fugge via spaventata quando David le chiede se Rashid le faccia fare quello che non desidera. È sera e Tom e David sono tornati nel loro appartamento, Tom sta apparecchiando la tavola e David sta preparando la cena. Qualche critico ha voluto vedere in questa convivenza i sintomi di un rapporto omosessuale: come sempre accade in questi casi si è trattato di dare etichette senza che vi sia il minimo indizio di una cosa del genere ma, anche se fosse, non vediamo l’importanza che esso possa avere ai fini della storia…

Suonano alla porta e Tom si trova davanti a un uomo il quale s’identifica come Colin Webster (Alfred Burke). Sta cercando David. Una volta entrato Colin si toglie il cappotto e lo passa a Tom poi prende in mano lo scatolone con dentro i pezzi del puzzle e li appoggia sulla tavola sedendosi tranquillamente mentre parla con David.

David: “Credevo che passassi il tempo a inseguire belle donne a Bucarest e Istambul… o è Hong Kong e Berlino, attualmente?”

Colin: “A volte è molto più eccitante inseguire bambini qui a Londra.”

David: “Vedi, Tom? Il mondo è piccolo. Così il Leone Britannico ha lanciato il suo allarme, eh?”

Colin: “Non è detto, ancora… Ma non vi è alcun motivo di ignorare in quali acque si naviga… Posso?”

Colin ha indicato la scatola e Tom gli fa una specie di cenno d’assenso, al che l’uomo rovescia sul tavolo i pezzetti e cerca d’incastrarli tra loro.

David: “Ci hai pedinati tutto il giorno?

Colin: “No, troppo faticoso. Non trovate terraferma, voi due. Dottor Lewelling, cosa ne pensa lei come psicologo?”

Tom: “Lo trovo molto sconcertante.”

Colin: “E tu come esperto di genetica?”

David: “Come tale sono sempre sconcertato Cole, il tuo sviluppo, ad esempio, è certo straordinario. Ma i Governi cosa ne pensano?”

Colin: “Oh, sai, i governanti ci vanno sempre cauti… Tu saprai certo dei cosiddetti scherzi biologici.”

David: “Solo nel senso più scolastico.”

Colin: “Sei scherzi puoi ammetterli?”

David: “Con identiche mutazioni? Beh, io sono sempre un’ottimista… ma  è come vincere al totocalcio sei volte di fila con la stessa identica schedina.”

Tom: “David, ti sembrerò ridicolo ma non potrebbero aver avuto lo stesso padre?”

Colin: “Ci ho pensato anch’io.”

David: “Ah, una vita interessante avrebbe fatto questo… padre. Ma ammesso stesso padre e madre, conoscete sei fratelli e sorelle che abbiano lo stesso grado d’intelligenza?”

Colin: “La partenogenesi?”

David: “Già… Riproduzione senza il concorso dell’opposto sesso, dice il dizionario, “Non ho mai amato”, dice la Signora Looran… Beh, Tom, sei tu lo psicologo, come giudichi la sua affermazione di aver partorito Paul senza il consenso dell’opposto sesso?”

Tom: “È una palese isterica, allucinazioni, megalomanie… Il fatto interessante è che in ogni singolo caso c’è una madre neurotica senza traccia di un padre.”

Colin: “Mi risulta che la partenogenesi può essere provocata artificialmente. Da radioattività o da reazioni chimiche.”

David: “Sicuro, ma in forme di vita molto semplici: alghe, una o due altre piante elementari, ma certo non nell’uomo.”

Colin: “Quindi, che spiegazione dai?”

Vedendolo in difficoltà David gli porge un pezzo del puzzle.

David: “Beh, non credo ve ne siano, perlomeno che siano comprensibili a noi, però siamo circondati da fatti che trascendono il nostro intelletto… Sherry?”

Tom: “La Signora Brown (probabilmente la governante) vi ha attinto.”

David: “Ah, beh, purché si tenga lontana dal mio Gin.”

Colin: “E questo lo hanno fatto in trentasette secondi?”

David: “Trentasette e mezzo. La tua fonte d’informazioni lascia a desiderare.”

È notte. Una macchina è ferma davanti alla casa di Paul. Arriva una seconda macchina dalla quale scende Colin. La mente di Paul che intanto sta guardando la scena dalla finestra, guida Susan al telefono che squilla nell’appartamento di Tom e David: è il primo che va a rispondere, mentre l’altro arriva subito dopo (e da un altra camera, per la precisione).

Tom: “Pronto?!”

La voce della ragazza è priva d’inflessione.

Susan: “Dottor Lewellin, Dottor Neville. Dovete venire qui.”

Tom: “Qui è il Dottor Lewellin che parla.”

Susan: “Dottor Lewellin…”

Tom: “Pronto, chi è che parla?”

Susan: “Venite subito, sono Susan Eliot…”

Tom: “Cosa succede Miss Eliot?”

Susan: “Ho bisogno d’aiuto… Dovete venire subito…”

Tom: “Senta, Miss…”

Susan: “Sono Susan Eliot… dovete venire…”

Tom: “Ascolti, si calmi ora, cos’è successo? Mi dica cos’è successo.”

Susan: “Ho bisogno d’aiuto…”

Susan riattacca e torna, sempre in uno stato semicatatonico, in camera propria mentre Paul continua a osservare dalla finestra. Da una terza macchina scende uno degli uomini di Colin con un documento che l’uomo intasca per poi dirigersi verso la casa. Susan sente bussare, esce dalla camera e scorge la sagoma di Paul, ancora sveglio. Apre la porta e vede Colin. L’uomo si dichiara amico di Tom e David e le chiede di preparare una valigia per poi essere portata, assieme a Paul, in un posto più consono e più sicuro. In quel momento David e Tom arrivano alla casa di Paul. Due uomini cercano di fermarli ma David dice loro che Colin li sta aspettando di sopra. Ed è proprio lui ad aprire loro la porta.

Tom: “Cosa succede, Miss Eliot? Ha telefonato…”

Susan: “Lui vuole che… Telefonato? Io mai!”

David: “Ha chiamato poco fa invitandoci a venire.”

Susan: “Ma io non ho chiamato…”

La porta della camera di Paul si apre e il ragazzo appare completamente vestito e con il cappotto addosso.

Susan: “Ma… non capisco… Cosa volete?”

Colin: “Miss Eliot, perché non si prepara? Chiariremo tutto domattina.”

Susan: “Vuole portarci in un posto più sicuro.”

David: “Beh, senti Colin, queste cose falle a Istanbul!”

Colin: “Non siamo i soli a credere che voi avete individuato qualcosa che richiede la nostra attenzione. Tre ambasciate che avete visitato ieri inviano aerei speciali per riportare in patria i loro bimbi prodigi. Se si rendono conto del potenziale nelle loro mani, possono presto tentare di sottrarci il nostro.”

Susan: “Ma ha detto che è un vostro amico, lo sapevate?”

David: “Colin, dov’è la tua lealtà?”

Tom: “Non è tenuta ad andare se non vuole, Miss Eliot.”

Colin: “Un momento.”

Tom: “Cosa c’è?”

Colin: “Vogliamo che Miss Eliot accompagni Paul, s’intende, ma il suo consenso è pura formalità (prende dalla tasca interna il foglio che il suo collaboratore gli ha portato poco prima). È un’autorizzazione firmata dalla madre che mi consente di prendere Paul in custodia.”

Scendono in strada e Colin ordina al suo collaboratore di prendere la macchina. L’uomo sale ma lo sguardo di Paul è fisso su di lui e così il veicolo va a urtare quello davanti. L’uomo è stordito e crede di essere svenuto. Quando si voltano per cercare Paul questi è scomparso.

Il ragazzo si sta allontanando per le strade semideserte di un alba livida. Si avvicina all’Ambasciata Indiana e, tramite il contatto mentale, chiama fuori Rashid, poi i due si recano all’Ambasciata Russa, quindi a quella Cinese, Nigeriana e Tedesca. Poi, tutti quanti insieme, con in più il cane di Mark, si allontanano.

A casa di Paul, Susan ha preparato del tea (lo abbiamo chiamato “tea”, invece di “the” in onore del fatto che siamo in Inghilterra…) mentre le ricerche continuano. All’improvviso Susan sparisce: la porta sul retro è aperta e manca cappotto e borsetta. Colin, Tom e David scendono in strada e cominciano a cercarla. Susan sta camminando per le strade. Qualcuno la sta chiamando e l’obbliga ad andare verso un posto ben preciso. Tom continua a cercarla e un taxista, che ha notato la ragazza, gli indica la direzione che ha preso. In distanza l’uomo la vede ma quando sta per raggiungerla essa sembra scomparsa. In realtà Susan è entrata in una vecchia chiesa. Un calcinaccio che cade sembra svegliarla dal suo stato d’ipnosi. Sente come una presenza nell’atmosfera ammuffita e cadente del vecchio edificio. Si volta e vede davanti a sé Paul con altri cinque ragazzi. Oltre a quelli che noi conosciamo già, c’è la piccola cinesina Mi Ling (Lee Yoke Moon) e il nigeriano Ago (Gerald DelSol). Paul la prende per mano e la conduce nel sotterraneo della chiesa dove, su un tavolo, inspiegabilmente, ci sono delle coperte della marina e una stanza con delle brande. Intanto Tom è tornato sui suoi passi ed entra nella chiesa attraverso due assi sconnesse. Il cane di Mark gli va incontro ringhiando. Lo psicologo chiama Susan ad alta voce ma la ragazza non può rispondere perché Paul e gli altri glielo impediscono. Tom esce. Susan sta preparando i letti quando, inavvertitamente, si taglia. Mentalmente Ago chiama Paul che riceve da Mark un fazzoletto che il ragazzo porge poi a Susan la quale si rende conto del significato di quanto ha visto. I sei si sono messi a letto.

Susan: “Come sapevi che mi ero tagliata, Paul, come lo sapevi?”

Paul non le risponde e allora Susan si avvicina a Mi Ling.

Susan: “Ad un compleanno di Paul la torta con le candeline cadde e…”

Mi Ling: “…Paul si bruciò.”

Gli uomini di Colin, con Tom e David sono davanti alla chiesa. L’uomo li manda all’interno per controllare. I due entrano e si dirigono uno al piano di sopra mentre l’altro resta di sotto e sta per essere assalito dal cane quando due colpi precisi del suo compagno uccidono la bestia. Questo scatena l’ira dei ragazzi i cui occhi si accendono e l’agente è di nuovo costretto a sparare, ma al suo collega per poi buttarsi di sotto contro degli spuntoni acuminati di una cancellata.

Susan ha assistito alla scena impotente, così anche come Tom, David e Colin, entrati successivamente. Tom è furioso e sta per andare verso i sei ragazzi allineati sotto il grande organo quando David lo ferma.

David: “Non fare pazzie, Tom…Paul!”

Paul avanza e loro si avvicinano.

David: “Tu vuoi…vuoi restare qui, Paul?”

Il ragazzo annuisce.

David: “Tutti voi? E volete che Susan resti con voi? C’è niente che vi serve, Susan?”

La ragazza fa cenno di no con la testa ma poi è la mente di Paul che la fa rispondere.

Susan: “Ci serve del cibo… (David guarda Colin che annuisce).”

David: “D’accordo.”

Susan: “Lo poserete fuori della chiesa davanti la porta…”

I bambini tornano con Susan al piano di sotto. Tempo dopo una Jeep militare scarica una cesta di cibo che due soldati depositano davanti alla porta. Mi Ling e Susan escono per prenderla e, a quel punto, Colin fa circondare la chiesa da delle truppe. All’interno i ragazzi hanno preso dei vetri, dei pezzi da una vecchia radio e stanno assemblando qualcosa…

Colin è sempre davanti alla chiesa e, oltre a Tom e David, c’è anche Harib con loro.

Harib: “Beh, almeno le Ambasciate sapranno che cercate di proteggerli.”

Colin: “Non si fideranno di sentinelle e barricate. Nessuna nazione può consentire che delle simili menti cadano in mano altrui.”

David: “Ma se questi ragazzi fossero solo dei poeti, oppure dei play boy in erba, sono esistiti dei Shakespeare e dei Casanova.”

Colin: “Possono essere impiegati per una causa gli Shakespeare e persino i Casanova.”

Tom: “Quei ragazzi dovrebbero essere sotto la guida di un Consiglio internazionale di pedagoghi.”

Colin: “Ma dove le pesca certe idee?”

Tom: “Troppo civile per i suoi gusti. Lei cosa consiglierebbe?”

Colin: “Semplice. Eliminarli.”

Mentre Mi Ling e Susan svuotano il cesto con le provviste, gli altri stanno ancora armeggiando attorno alla strana macchina che trae energia dai raggi solari. Susan chiede a Mi Ling cosa cercano e perché vogliono essere nemici. Nel frattempo Mark, dall’alto del campanile, vede arrivare i funzionari delle Ambasciate e avvisa mentalmente i suoi amici.

Tom: “Speriamo che non sia uno sbaglio.”

Colin: “Penso di no. Chieda al signor Harib. Se si pensasse che vogliamo rapirli scoppierebbe un inferno diplomatico.”

David: “Ci sono altri tipi d’inferno.”

Harib: “Questa faccenda è nelle sue mani. Io intercederò solo se me lo chiede.”

Colin: “Grazie.”

Colin va incontro agli Ambasciatori. Mark lancia un altro segnale mentale e tutti si radunano davanti all’organo. Anche Mi Ling lascia Susan.

Susan: “Dove vai?”

Mi Ling: “Siamo più forti uniti.”

Mentre lo strano macchinario pulsa di luci misteriose apparentemente accumulando energia solare, una decina di persone entra nella chiesa.

Nessuno sembra voler cominciare a parlare così Colin si fa largo tra i presenti.

Colin: “Paul… con permesso… Paul, assicuriamo te e tutti voi che comprendiamo il vostro desiderio di stare insieme. I signori presenti sono amici, vogliono riportarvi in patria perché ogni nazione si sente fiera del suo ragazzo prodigio e vuole imparare da voi per aiutare il proprio popolo. Date le circostanze siamo pronti a sorvolare su quanto è successo stamani purché veniate con noi.”

Susan entra in quel momento dal sotterraneo. Non pare che, questa volta, la ragazza sia sotto influsso ipnotico ma sembra esprimersi liberamente.

Susan: “Rifiutano di essere divisi.”

Il segretario sovietico parla in russo con la sua protetta.

Susan: “Nina resterà qui.”

S.S.: “Prego non s’intrometta!”

Continua a parlare in russo a Nina.

Susan: “Se lei spera di sfruttare la sua mente l’avverto che tutto ciò che le dice sarà all’istante captato anche dagli altri.”

S.S: “Sciocchezze!”

David: “Sfuggiranno al nostro controllo!”

Tom: “Sì.”

David: “Paul, scusatemi prego… (Si fa avanti) Paul, ti dispiace di avvicinarti a me? (Paul si avvicina) Paul… Paul… non voglio che tu mi risponda, intesi? (gli sussurra qualcosa all’orecchio)… Rashid!”

Rashid: “Calcutta giace alla foce del fiume Gange.”

Prende in mano il proprio orologio da polso e mostra a Paul e agli altri ciò che c’è scritto sulla cassa.

David: “Mai Ling!”

Mai Ling: “Dottor David Neville, premio speciale per la Reale Società, Millenovecentosessantuno.”

Ambasciatore Tedesco: “Ciò che uno di loro vede, sente o legge, lo sanno tutti?”

Susan: “Qualunque cosa in ogni istante. Volete ancora condurli alle loro ambasciate?”

La domanda cade nel silenzio ma, alle ambasciate, succede il caos in quanto ogni paese teme che l’altro voglia impossessarsi dei bambini a discapito dei rimanenti.

È notte. Dall’alto della torre della chiesa Rashid vede quattro persone armate avvicinarsi nel buio e penetrare dall’interno di un lucernario. Poi sente due ubriachi che si stanno avvicinando al posto di blocco e capisce subito che si tratta di una manovra diversiva. Un comando mentale arriva immediatamente nel dormitorio svegliando i ragazzi e Paul si mette subito in contatto mentale con Tom e David a casa, allarmandoli a tal punto che i due capiscono che sta per accadere qualcosa ed escono per dirigersi subito verso la chiesa.

Anche Susan si è accorta che qualcosa non va ed esce dalla sua stanza e, in questo modo e per la prima volta, sentiamo Paul parlare: la cosa suscitò nel pubblico in sala una sorta di sospiro di sollievo.

Susan: “Cosa succede?”

Paul: “Non muoverti dalla camera.”

I ragazzi raggiungono il grande organo e si apprestano ad attendere i quattro che stanno cautamente entrando in chiesa approfittando sempre del fatto che i due finti ubriachi stanno tenendo occupati i soldati di guardia. In quel momento giungono anche Tom e David che interpellano subito Colin il quale sta osservando svogliatamente la scena.

David: “Che è successo?”

Colin: “Niente, un paio di ubriachi.”

Tom: “Sì, ma che succede in chiesa?”

Colin: “Non lo sapete?”

Il gruppo armato viene travolto da dei suoni emessi dall’organo collegato alla strana apparecchiatura. Sono ultrasuoni che colpiscono il cervello e lo distruggono. Il rumore attira subito Tom e David che si precipitano all’interno dell’edificio, Colin li segue prendendo un fucile. È impossibile entrare: un soldato che ci prova cade a terra e, mentre Tom e David lo portano fuori, Colin si lega la sciarpa attorno alle orecchie ed entra in chiesa da una porta accanto al pulpito. All’interno Rashid, che sta manovrando l’organo, ha ormai debellato l’attacco dei quattro che giacciono al suolo, lo sguardo sbarrato che ormai nulla può vedere. Colin prende faticosamente la mira e colpisce l’apparecchiatura e Rashid che le stava dietro. Il bambino cade sulla tastiera dell’organo sul quale si formano alcune gocce di sangue. È morto. Il rumore cessa. David e Tom possono così entrare a loro volta nella chiesa. Il pedagogo si mette ad esaminare i corpi e, sottovoce, David dice a Colin, nascosto dietro un muretto che recinta l’organo, di buttare il fucile così come dice al soldato che stava entrando di allontanarsi subito perché è armato.

David: “(Parlando di uno degli assalitori) È morto?”

Tom: “(Guardandone lo sguardo allucinato e inerte) No, ma meglio per lui se lo fosse.”

David: “Un’idea tua, eh?”

Colin: “Io l’avrei attuata meglio.”

I ragazzi portano via il corpo di Rashid.

Laboratorio di David all’Università. L’uomo sta prelevando una goccia di sangue da Colin alla presenza di Harib e del Professor Gruber (Martin Miller).

Colin: “Cosa ti proponi con questo?”

David: “Voglio fugare ogni ultimo e minimo dubbio dalle vostre menti.”

David pone il sangue su un vetrino.

David: “Il tuo sangue.”

In quel momento entra anche Tom.

David: “Ah, Tom!”

Tom: “Scusa il ritardo.”

David: “C’è niente di nuovo?”

Tom: “No, vengo da là ora.”

David: “Susan?”

Tom: “Nessun segno.”

David: “Già… Non so se conosci il Professor Gruber…”

Tom: “No, molto lieto. David mi ha detto della sua opera, piacere di conoscerla.”

David spegne la luce e introduce il vetrino nel proiettore. Con perfetta e fantascientifica precisione, l’immagine che ci viene mostrata è quella di una singola cellula.

David: “Di Colin… Una cellula di sangue, la materia base di tutta la vita. Ciò che siamo comincia da qui… Questa è del sangue di Rashid… (Pone un altro vetrino nel proiettore e ancora una volta, perfettamente inquadrata, è una cellula con però un nucleo abnorme) Ora le mescolo insieme… (La perfezione raggiunge il suo culmine: le due cellule sono una accanto all’altra e la più grande assorbe la più piccola).”

Spegne il proiettore e riaccende la luce.

Colin: “Credi che abbiano prelevato una cellula vivente di una donna?”

David: “Forse non avremo mai una risposta ma l’importante è che non sono umani, sono un’altra specie.”

Colin: “Professore?”

Gruber: “Eh?… Non lo so, non lo so… Devo pensarci, signori… Posso? (Chiede il vetrino).”

David: “Certamente… Le Nazioni, invece di stare ad accapigliarsi, dovrebbero unire i loro sforzi per eliminarli.”

Tom: “Dave, sei impazzito?”

David: “Potremmo sterilizzarli, ma l’esito è sempre incerto. E ce lo consentirebbero?”

Tom: “Ma chi ci obbliga ad agire?”

David: “La vita è una lotta per la sopravvivenza. Non sono umani. Sono una specie superiore, ci superano ogni volta.”

Colin: “Signor Harib, è della stessa opinione?”

Harib: “Con simili prove…”

Tom: “Ma siete impazziti? Quei ragazzi ci hanno attaccato per difendersi dal nostro attacco!”

David: “Oh, Tom, calmati. Dare in ismanie non è d’aiuto a nessuno!”

Colin: “Sa quanti bambini sono morti in incidenti stradali l’altr’anno?”

Tom: “Che c’entra con l’uccisione di cinque di loro a sangue freddo? D’accordo allora: è una diversa specie, e con ciò? Noi ci riteniamo una specie superiore eppure… eppure milioni di… di forme di vita inferiori coesistono sulla Terra, non… non le uccidiamo perché sono diverse!”

David: “Ma con loro, noi, come vivremmo, eh? Se dissenti da loro subito ti dominano, come il cane, come Susan… E se si sposano e procreano quale stirpe possederà la Terra, la nostra o la loro?”

Harib: “Le farò sapere quello che avrò risolto…”

Tom: “Signor, Harib, da lei non me l’aspettavo. Quei ragazzini, li chiami come vuole, possono essere il nostro più gran dono!”

Harib: “E che ne faremmo di loro? Una nazione ha già tentato di prelevarli e altre tenteranno… Io sto pensando non solo a quei cinque bambini ma all’umanità.”

Tom torna verso la chiesa. I soldati lo lasciano passare ed egli entra nell’interno del vecchio edificio. Mark, che da sopra lo ha visto entrare, avvisa gli altri nel solito modo. I ragazzi sono tutti attorno al cadavere di Rashid, appoggiato su un tavolo con quattro grossi ceri attorno. Sembrano quasi raccolti in preghiera. Susan implora Paul affinché egli si decida a lasciarlo seppellire ma lui non le risponde e si avvia al piano superiore dove incontra Tom.

Tom: “Paul… Vorrei parlare con te… con tutti voi. Permetti?”

Scostandosi dalla porta Paul gli fa capire che può scendere. Lo precede al piano sottostante dove gli altri non si sono mossi.

Tom: “Paul… perché siete qui?”

Susan: “Perché hanno ucciso Rashid?”

Tom: “Lo chiede lei o loro? Paul, voi spaventate tutti!”

Susan: “Loro, sono spaventati. Li avete braccati come se fossero dei lebbrosi!”

Tom: “Molti pensano che non siete umani. Non so se sia vero… ma voi non dovete uccidere!”

Paul: “Loro uccidono.”

Tom: “Lo so! So che uccidono, ma è male! Voi siete diversi. Per il vostro bene, non uccidete!”

Susan: “Hanno tentato di non farlo.”

Tom: “Ne sono convinto, sinceramente… ma quella macchina, Paul… è energia atomica… captata al Sole? Il pensiero di quella macchina, come arma, ha suscitato terrore in metà delle nazioni del mondo. Noi costruiamo macchine, orrende macchine… Vi uccideranno!”

Susan: “Oh, no…”

Tom: “La sua morte ha rivelato che siete vulnerabili. Ora dovete dimostrare che non pensate a fare del male, vi aiuterò, se posso. Non diffidate di tutti. Tornate alle Ambasciate… Lasciate almeno che lei venga con me, eh?”

Lo sguardo di Paul lo sconsiglia di insistere. Tom si volta e risale la scala, poi si gira nuovamente verso i ragazzi.

Tom: “Perché siete qui, cosa volete?”

Paul: “Non lo sappiamo.”

Tom e David sono tornati a casa. Suonano alla porta e Tom va ad aprire e si trova davanti a Susan, tutta agitata: i ragazzi sono scomparsi all’improvviso e lei non sa nemmeno come ha fatto a passare il posto di blocco. David sta per uscire ma Tom si mette davanti alla porta spingendolo di lato.

David: “Togliti dalla porta!”

Tom: “Devi dargli una speranza!”

David: “Sì?! Di far cosa?…Va bene, fa’ pure a modo tuo!”

Si dirige verso il telefono ma nuovamente Tom lo blocca. David lo sposta colpendolo con il ricevitore ma Tom torna alla carica mollandogli un pugno che lo manda disteso sul tappeto. David lo guarda rabbioso.

David: “Hai visto cosa hanno fatto a quegli uomini nella chiesa?”

Tom: “Devi dar loro una speranza, almeno una!”

Le parole di Tom ai ragazzi non sono cadute nel vuoto. Essi stanno tornando alle rispettive ambasciate. Paul viene immediatamente ricevuto dal Ministro della Difesa (Ralph Michael), dal Generale in Capo e da Colin.

Min.: “Paul, noi non vogliamo nuocervi, né a te né agli altri, ma la macchina, Paul, devi dirci come si può costruirla…”

Gen: “Non che la useremmo, nessuno la userebbe…”

Min.: “Ma per essere certi che non sia usata non deve finire nelle mani di una sola potenza.”

Gen: “Ci serve la tua abilità, Paul, e non solo per questa macchina. Paul, siamo convinti che ogni arma ha il suo tempo. Gli altri faranno progressi, e senza tanti limiti. Senza il tuo aiuto saremmo in grave inferiorità.”

Colin: “Paul, sono certo che la lettura del pensiero possa essere controllata. Vedi, se un nemico conosce le nostre forze ci troviamo inevitabilmente esposti a un attacco di sorpresa perché il nemico può essere tentato a muoversi per primo…”

Min.: “Certo, nessuno pensa a costringerti. Abbiamo a cuore i tuoi interessi, Paul.”

Gen: “Vogliamo che tu ti senta libero, del tutto libero di seguire le tue convinzioni.”

Colin: “Accetteremo qualunque cosa tu faccia, vogliamo che tu sia contento di venire in nostro aiuto…”

Durante tutte queste melliflue chiacchiere gli occhi di Paul si sono posati, alternativamente, sui tre uomini. A un tratto, nella stanza, risuona la voce di David, parole che i tre conoscono benissimo e sono i loro stessi pensieri…

David: “<Sono una specie superiore a noi, ci superano ogni volta… Non sono umani ma una specie superiore… ci superano ogni volta… non sono umani ma…>”

Tutto l’odio nascosto esplode: Colin afferra un fermacarte, il Ministro della Difesa un pesante calice portamatite e il Generale un cordone di una tenda, quindi vanno verso Paul mentre, implacabili, le parole di David continuano a risuonare…

David: “<…sono una specie superiore, ci superano ogni volta… non sono umani, sono una specie superiore, ci superano ogni volta… non sono umani…>”

Gli occhi di Paul si accendono e i tre si colpiscono e si uccidono a vicenda.

Casa di Tom e David.

David: “In questo momento potrebbero controllare l’equipaggio di un bombardiere e costringerlo a sganciare le bombe e sarebbe la fine!”

Tom: “Non posso crederci!”

David: “Tu non puoi crederci? E chi ti dà il divino diritto di prendere una decisione che può distruggere il mondo! Non fare tanto l’emotivo e il sentimentale perché hai compassione di quei ragazzi. Non sono ragazzi! Li hai mai veduti ridere, correre, giocare? No, per Diana, li hai visti uccidere, con violenza e con ferocia! A questo ci hai pensato? Psicologo!”

David esce mentre i ragazzi si radunano nuovamente nella chiesa.

Tom e Susan stanno per uscire a loro volta quando, sulla porta di casa, si trovano davanti il Professor Gruber.

Gruber: “Oh… ehm, mi scuso… stavo cercando il Dottor Neville…”

Tom: “Mi dispiace, non è qui, Professore…”

Gruber: “Oh, speravo veramente…”

Tom: “Posso fare qualcosa per lei?”

Gruber: “Quelle cellule viste l’altro giorno…”

Tom: “Sì… e cosa sono?”

Gruber: “Eh, certo, non ne sono sicuro…”

Tom: “Sì?”

Gruber: “È solo un’ipotesi…”

Tom: “Sì?”

Gruber: “Ma, data la natura delle cellule, l’ampiezza, la conformazione ed altri fattori, credo siano cellule umane progredite, forse, di milioni di anni!”

L’assedio dei militari davanti alla chiesa s’ingrossa con l’arrivo di altre pattuglie, di mitragliatrici, carri armati e riflettori che illuminano a giorno la facciata della chiesa. Il posto di comando è stato messo in un appartamento di fronte. Le operazioni sono dirette da David e da un ufficiale (Patrick Wymark). Tom e Gruber chiedono di parlare con David e vengono fatti entrare nel Centro di Controllo mentre i soldati stanno minando le fondamenta della vecchia struttura.

Tutti i nuclei operativi hanno terminato il loro lavoro tranne il gruppo “N” che sta ponendo della dinamite sotto le fognature che passano nel sottosuolo dove si erge la chiesa.

David: “Il Ministro della Difesa, il Generale in Capo e Colin… sono stati tutti assassinati, sappiamo di omicidi in quattro ambasciate. Adesso sarai soddisfatto!”

Tom: “E sono tornati dopo aver ucciso?”

David: “È uno sbaglio che speriamo pagheranno!”

Tom: “Ma tutto questo non ha senso!”

David: “Non c’è più tempo per le argomentazioni!”

Il comandante ordina di effettuare l’ultimo collegamento.

Tom: “Non pensi che Colin e gli altri possono aver fatto lo stesso sbaglio che fate voi ora affrontandoli per eliminarli?”

David: “Questo, Colin, non può più confermarlo!”

Tom: “Così la tua risposta è obbligarli a reagire alla nostra furia senza offrire loro un’alternativa! Sei tu che mi hai rammentato ciò che è successo là dentro… E se ora costringessimo quegli uomini a volgere le armi uno contro l’altro sarebbe un vero massacro, capisci?”

David: “Un rischio che sono pronto a correre!”

Tom: “Oh, tu…”

David: “Che tutti, qui, siamo pronti a correre!”

Tom: “Senti, dammi ascolto, ti prego: è importante. Perché il Prof… Professor Gruber!… Il Professor Gruber ritiene che quelle cellule siano cellule umane, progredite, forse, di milioni di anni.”

David: “Possibile?!… Sì, è possibile. Ma noi siamo scimmie progredite in millenni e dobbiamo proteggerci da uomini progrediti in milioni di anni… O noi li controlliamo o saremo controllati! È legge di natura, Tom. Chiedilo alle scimmie!”

Il Nucleo “N” non è ancora pronto per collegare le cariche.

Tom: “Il Signor Harib è al corrente?”

David: “Il Signor Harib è già di sotto in un auto e con lui c’è un volontario di ciascuna Ambasciata. Non solo hanno accettato questa azione ma hanno anche convenuto che vale la pena mettere a repentaglio le loro vite e le nostre!”

Tom esce con Susan mentre David consiglia al Comandante di farlo tener d’occhio. Mentre fervono gli ultimi preparativi dei militari, Tom si precipita in strada e va verso la macchina di Harib.

Tom: “Non so cosa è successo alle Ambasciate ma almeno ascolti la loro versione… Sono io che li ho mandati alle loro Ambasciate!”

L’ultimo collegamento con le cariche di esplosivo è ormai pronto ma Tom insiste ancora.

Tom: “Non può farlo senza sapere a cosa mirano, nessuno sa che cosa cercano o vogliono!”

Anche il Nucleo “N” ha terminato il suo lavoro e, in questo modo, tutti i nuclei sono pronti. Mancano trenta secondi prima che il fuoco sia aperto. Tom corre verso la chiesa ma viene fermato da due soldati.

Finalmente Harib si decide a scendere dalla macchina, chiede il megafono a un ufficiale stupefatto e si avvicina alla chiesa. Mentre mancano dieci secondi al fuoco David vede Harib che si avvicina. Il Comandante sospende il conteggio. Harib è ora di fianco a Tom, sempre trattenuto dai soldati.

Harib: “Mi sentite voi là dentro? Datemi un segno che mi sentite.”

Le due assi sconnesse si aprono ed esce Paul con Nina e Mi Ling. Le armi si puntano sui tre fanciulli.

Harib: “Diteci che cosa volete. Cosa vi aspettate da noi?”

Il Comandante è pronto a dare il segnale senza il conteggio ma gli altri uomini delle ambasciate si avvicinano ad Harib il quale si rivolge a Tom.

Harib: “Va bene, Dottor Lewellin, siamo pronti ad ascoltarli.”

Ora sono tutti a pochi passi dai tre, sui gradini che portano alla chiesa.

Harib: “Capite perché abbiamo fatto questo?”

Paul: “Sì. Siete qui per annientarci.”

Harib: “Paul, a cosa mirate, perché siete qui?

Paul: “Per essere annientati… Noi non sapevamo di avere uno scopo. Vi abbiamo osservati e studiato le vostre azioni, come fanno i bambini. Se volevate uccidere abbiamo ucciso, se volevate distruggere le nostre menti, noi abbiamo distrutto le vostre… E ora, stasera, stringete un cerchio di morte. Noi potremmo restituirvi una morte ancor più terribile ma ora noi non vi seguiamo più. Abbiamo visto dove voi andate e sappiamo ora che vi è un’altra strada.”

Queste ultime frasi sono presenti su pellicola 16 e 35mm mentre sono state misteriosamente tagliate nella versione in DVD. Mark e Ago escono a loro volta dalla chiesa portando Rashid. Ora sono tutti davanti ad Harib e agli uomini delle ambasciate.

David guarda la scena dalla finestra più stupito che mai alla vista del ragazzo indiano, così come sono rimasti esterrefatti Susan e Tom.

Comandante: “Cosa c’è?”

David: “Il ragazzo indiano era morto!”

Paul ha ormai finito quello che aveva da dire.

Paul: “Perché siamo qui? Ci siamo come voi ci siete: per creare, per edificare o distruggere. Come avete scelto voi, ora abbiamo scelto noi.”

I ragazzi si prendono per mano. In quel momento, al Comando, un cacciavite cade facendo contatto e i militari lo scambiano per il segnale di fuoco. Si scatena l’inferno mentre Tom, Susan, Harib e anche il Comandante e David cercano di fermare il massacro. Cadono i bambini, cadono gli uomini dell’ambasciata e, forse, anche Harib. Poi un boato scuote tutta la chiesa, le cariche sono state innestate.

Sotto i giganteschi massi si vedono le mani dei bambini, ancora intrecciate. Tutti guardano sgomenti la scena, tutti capiscono di aver commesso un inutile massacro, pochi capiscono di aver perso una grande occasione, nessuno saprà mai se quel cacciavite è caduto accidentalmente oppure no…

Inizialmente il film doveva chiamarsi “The Children Return”, cambiato poi, durante la lavorazione, molto più semplicemente in “The Children”. Come è tipico della filmografia inglese, pochissimi effetti e molta atmosfera. Il regista Anton M. Leader ha girato anche degli episodi dei serial TV Ai Confini della Realtà (1959), Lost in Space (1965) e Star Trek serie classica (1966), negli ultimi due casi usando il nome di Tony Leader. È morto il primo luglio 1988.

Anche Ian Hendry, Alan Badel e Patrick Wymark ci hanno lasciati.

Il primo era nato il 13 gennaio 1931 a Ipswitch, in Inghilterra. Lo ricordiamo nel ruolo di Kerro nel film Kronos (1973) e in La maledizione di Damien del 1978 ma, soprattutto, nel ruolo dello scienziato astronauta John Kayne in Doppia Immagine nello Spazio (1969). È morto il 24 dicembre del 1984. Anche Patrick Wymark ha partecipato al film Doppia Immagine nello Spazio, anzi fu senza alcun dubbio, il suo ruolo più impegnativo. Ed egli rese benissimo la parte del Direttore della base di lancio Eurosec, Jason Webb. Era nato l’11 luglio 1926 a Cleethorpes, nel Lincolnshire. È morto il 20 ottobre del 1970 a Melbourne, in Australia, dopo aver girato Satan’s Skin, uscito postumo nel 1971. Alan Badel, invece era nato a Rusholme, in Inghilterra, l’11 settembre 1923, ha rivestito il ruolo del Colonnello Malchenko in Telefon del 1977 e quello di Bannister in Il tocco della Medusa del 1978. E’ deceduto nel 1982. Ancora vivente è Barbara Ferris, nata il 1943 a Londra, mentre Alfred Burke è nato il 28 febbraio del 1918 a Londra ed è morto il 16 febbraio 2011 e ha partecipato anche a Madra, il terrore di Londra nella parte del Detective Hartley. In ultimo non possiamo non ricordare l’ottima interpretazione di Clive Powell nel ruolo di Paul. Di lui conosciamo solo questo film.

Consigli per gli acquisti: il film, con il taglietto incomprensibile che vi abbiamo segnalato, è disponibile edito dalla Warner Home Video.

VILLAGGIO DEI DANNATI (Village of the Damned 1995)

Ritorna sugli schermi il bellissimo romanzo di John Wyndham “The Midwich Cuckocs” (I figli dell’invasione) portato superbamente sullo schermo nel 1960 da Wolf Rilla con lo stesso titolo di questo remake diretto con la mano sinistra da John Carpenter.

Una grande ombra scivola sul terreno, attraversa la costa e passa sopra la casa di Barbara ed Alan Chaffee (Karen Kahn e Christopher Reeve). I due stanno dormendo nell’alba nascente ma un leggero fruscio sveglia l’uomo che va alla finestra e guarda il cielo con aria perplessa. Non si vede nulla. Barbara si avvicina al marito e lo bacia.

Siamo a Midwich, un paesino di duemila abitanti e Frank e Jill McGowan (Michael Parè e Linda Koslowski) si sono alzati e si stanno dirigendo alla festa che viene tenuta davanti alla scuola dagli studenti e dagli abitanti del paese. Jill è la preside della piccola scuola e una delle organizzatrici della festicciola. Giunti con il furgone di Frank, l’uomo comincia a scaricare del materiale e poi torna indietro per recuperare delle bombole di elio che servono per gonfiare i palloncini. L’uomo, alla stazione di servizio, incontra Alan che si sta dirigendo fuori città per un consulto mentre la moglie sta facendo visitare a due eventuali compratori, una villetta. La grande ombra si staglia sopra i partecipanti alla festa che cadono a terra come morti, la stessa cosa succede nelle case e in tutto il paese. Frank sta rientrando quando vede ai bordi delle strade delle mucche per terra poi deve sterzare bruscamente per evitare un camion ma perde i sensi e il suo furgone urta contro la staccionata incendiandosi. Fine della parte di Michael Parè. Sono le dieci di mattina. Quando, nel pomeriggio, Alan ritorna verso casa, trova un blocco presieduto dai militari che hanno tracciato una striscia bianca oltre la quale non si può andare se non si vuole correre il rischio di cadere a terra, forse morti. Alan chiede alla dottoressa Susan Verner (Kirstie Alley) quale possa essere la causa del fenomeno ma non esiste spiegazione a un qualcosa di così ben delimitato che è capace pure di penetrare attraverso la maschera antigas di un soldato mandato a fare da cavia volontaria. Sono le ore 16, preciso come un cronometro svizzero, il fenomeno finisce e tutti riprendono conoscenza. Melanie Roberts (Meredith Salenger) svenuta nel bagno, cerca di fermare una mezza alluvione che le ha allagato la casa. Oltre a Frank, un’altra vittima è stata l’uomo che stava preparando la grigliata. Caduto sulla medesima si è arrostito a sua volta. Una squadra batteriologica esamina l’aria, l’acqua e tutto ciò che è necessario ma così come è nato, il fenomeno è sparito misteriosamente.

La Dottoressa Verner sta per andarsene da Midwich senza aver concluso nulla e ne parla con Alan.

Alan: “Lei conosce Jack Forth?”

Susan: “No.”

Alan: “Ha scritto “Il libro dei dannati”, sulle cose che nessuno può spiegare come rane che piovono dal cielo, neve blu, grandine rossa…”

Susan: “Mi suggerisce di leggerlo?”

Alan: “No, ma c’è il fatto che i misteri, a volte, non si risolvono. Dottoressa, se dovesse accadere di nuovo… non so io… cosa devo fare, le telefono?”

Lei gli porge il suo biglietto da visita.

Susan: “Senza pensarci due volte. Ah, vorrei consigliarle di leggere Sir Arthur Conan Doyle, vale a dire Sherlock Holmes: quando si è scartato l’impossibile, tutto ciò che resta, per quanto improbabile, può essere la soluzione.”

Sale nella grande macchina che è venuta a prenderla e se ne va.

Il tempo passa e le donne si accorgono presto che un misterioso fenomeno le sta colpendo. Melanie, piangendo, si reca in chiesa per parlare della cosa con il Reverendo George (Mark- Luke Skywalker – Hamill, quasi irriconoscibile) e la cosa comincia a creare dei problemi anche gravi come quello causato a Calle Blum (Constance Forslund) il cui marito, Ben (Peter Jason) è appena tornato dopo parecchio tempo dal Giappone dove lavorava e si ritrova la moglie incinta senza nemmeno sapere chi ringraziare. Si consideri poi che anche la figlia è incinta ed ecco che il clima che spira nella casa non è certamente dei più idilliaci. Anche Barbara ha scoperto di essere incinta e lo comunica con un simpatico biglietto ad Alan ma lui ne è invece preoccupato e quando Jill lo va a trovare in ambulatorio per sapere anche lei gli esiti degli esami, non se la sente di rincuorare l’amica ma, anzi, le dice che nel paese si sta verificando un numero assolutamente inconsueto e spropositato di future nascite.

Alan: “Pare che tutte le gravidanze siano iniziate il giorno del black out.”

Una riunione viene convocata alla Midwich Meeting Hall, presente anche la dottoressa Verner, chiamata da Alan. Gli abitanti del paese sono tutti preoccupati perché temono che possano nascere dei mostri.

Alan li rassicura.

Alan: “No, amici, questo non è vero. Non è… ascoltatemi… non è vero, sono chiacchiere infondate. Anche mia moglie aspetta un figlio, siamo nella vostra identica situazione. So cosa pensate, perciò ripeterò quello che ho detto a qualcuno di voi. Ai miei controlli non è risultata alcuna anormalità, nessuna in nessuna visita, chiaro questo? Ora ascoltiamo… per favore ora ascoltiamo la dottoressa Verner. È venuta qui per dire qualcosa a tutti noi.”

Susan: “Comincerò col dirvi che a tutti noi sta molto a cuore la vostra buona salute… (Poiché in fondo tutto il mondo è paese le prime parole della scienziata sono accolte con mormorii di sano scetticismo)… Ognuno di voi potrà decidere individualmente e mi rendo conto che le vostre scelte saranno forse le più sofferte, coinvolgenti e difficili scelte di tutta la vostra vita. Tuttavia, poiché le vostre gravidanze sono al centro di immenso interesse scientifico per il Ministero della Sanità e per la Fondazione Nazionale, quelle che porteranno al termine la gestazione, oltre al rimborso di ogni spesa prenatale, riceveranno un sussidio di tremila dollari mensili a patto… a patto che permettano regolari visite di controllo dei neonati da parte dei nostri specialisti… Ma io non vorrei che consideraste questo sussidio come una forma di pressione. Sta solo a voi decidere e chi vorrà interrompere la gravidanza avrà ovviamente ogni diritto di farlo. Può provvedere privatamente e per chi ha problemi finanziari a giorni verrà una nostra squadra medica. La scelta è vostra.”

Anche se degli strani sogni, mostrati in sequenze brevissime quanto inutili, turbano le donne, tutte accettano di portare avanti la gravidanza. Il tempo passa e si avvicina per tutte il giorno del parto, per tutte lo stesso giorno.

Melanie ha dei problemi mentre gli altri piccoli, perfetti e bellissimi, nascono quasi contemporaneamente. Susan porta via immediatamente il piccolo, anzi la piccola, dicendo che è nata morta.

Finito il turno massacrante di lavoro Alan si avvicina a Susan che, all’esterno della clinica, sta fumando una sigaretta.

Alan: “Dottoressa, come andiamo? È tutto a posto?”

Susan: “A Melanie Roberts è nata morta.”

Alan: “Oh, Dio… e la causa?”

Susan: “Morta per soffocamento, asfissia ombelicale.”

Anche il Reverendo George si avvicina a Susan, una volta rientrata in clinica.

George: “Dove ha portato il corpo? L’ho vista andar via con la bambina morta.”

Susan: “L’ho prelevata per un’autopsia ed è meglio che le altri madri non la vedano.”

Susan trasferisce il corpo nei sotterraneo della clinica.

Padre George battezza i piccoli.

Susan e Alan stanno compiendo i primi esami sui neonati.

Susan: “In sezione i capelli sono piatti da una parte e tondi dall’altra… hanno una sezione a D.”

Alan: “È vero.”

Susan: “E tutti i tessuti risultano insolitamente morbidi.”

Alan: “Ha provveduto a esaminare le unghie?”

Susan: “Più strette del normale.”

Alan: “E le analisi del DNA cosa dicono?”

Susan: “Hanno uguali dati genetici. Sembrano tutti figli degli stessi genitori. Ma è troppo presto per trarre qualsiasi conclusione.”

Perciò, in apparenza, sono normali con queste eccezioni: strani occhi, disarmanti direi, delle insolite unghie ed ignoto gruppo di capelli…”

(Il Villaggio dei Dannati di Wolf Rilla – 1960).

Trascorso un anno, il figlio di Jill, David (Bradley Wilhem) è capace di scrivere il suo nome con i dadi. Un grave incidente capita a casa di Barbara. La pappa che la donna ha dato alla piccola Mara (Hillary Harvey) è troppo calda, gli occhi della bimba acquistano delle strane luci (effetti di computer grafica, ovviamente nettamente migliori di quelli del suo predecessore che erano disegnati fotogramma per fotogramma, ma ci mancherebbe!) e la donna mette una mano nella pentola di acqua bollente che sta sul fuoco. Solo l’intervento di Jill la salva da altri danni. La donna, già colpita duramente dai fatti, si lascia andare, la mente di Mara la segue mentre si dirige verso il retro della casa che dà su un’erta scogliera e si addormenta tranquillamente quando la donna scompare chiamata a gran voce da Alan. Susan, pone la sua consueta relazione annuale per ottenere i fondi per poter proseguire il programma di ricerche su Midwich.

Ora sono passati sei anni. Uno degli scienziati (Lane Nishikawa) le pone una domanda:

Scienziato: “Dopo sei anni ci sono degli sviluppi a Midwich?”

Susan: “Sì. I bambini hanno cominciato a interagire con la comunità. Vi sono state alcune morti, apparentemente disgrazie o suicidi, forse collegati a contatti con loro, comunque senza alcuna diretta violenza fisica. Ho provato, ma con scarso successo, a coinvolgere il Dottor Chaffee nel programma.”

Scienziato: “Il capogruppo dei bambini è sua figlia, avrà già dei grossi problemi.”

Susan: “I problemi personali sono irrilevanti. L’opportunità di studiare quei bambini deve avere la precedenza su ogni altra considerazione… Ma veniamo subito al sodo. Per categorico interesse della Sicurezza Nazionale dobbiamo continuare a seguire lo sviluppo dei loro poteri. Stanziate i fondi per un altro anno.”

Ora i bambini girano assieme per le strade del paese, un paese, come abbiamo visto di duemila abitanti e nel quale, una rilevante percentuale di donne era incinta, un paese dove nessuno ha abortito, e dove sono nati nove, diconsi nove pargoli più una che è morta.

Anche a voler tenere bassissima la media vogliamo considerare almeno un centinaio di donne fertili? Dove erano quel giorno? In vacanza? O la produzione voleva risparmiare sulle comparse? Comunque sia, i giovani camminano a gruppi di due, un maschio e una femmina e, ultimo, da solo, David (Thomas Dekker).

Il gruppetto si reca per una visita alla Clinica, li accoglie Susan.

Susan: “Buongiorno, bambini. Mara, perché sorridi?”

Mara: “Tu provi a nasconderci i tuoi pensieri.”

Susan: “Ooooh, e tu puoi leggere tutti i miei pensieri?”

Mara: “Qualunque cosa ci sia nella tua mente, ma il processo che vi porta a esprimervi a parole ci sfugge. Per quali motivi manifesti questi pensieri e altri invece no?”

Susan: “Che rumore nel mondo se esprimessimo qualunque pensiero.”

Alla visita oculistica la dottoressa (Sharon Iwai) esamina gli strani e affascinanti riflessi che hanno gli occhi dei ragazzi ma, durante la visita a una delle bambine, sbaglia liquido procurandole del dolore.

Subito i bambini si vendicano costringendola a versarsi negli occhi il liquido pericoloso.

Davanti alla clinica Mara (Lindsey Haun) e gli altri stanno guardando Susan e il Reverendo George che parlano tra loro.

George: “Ha avuto notizie?”

Susan: “Lesioni alla cornea. Ha perso la vista per sempre.”

George: “Ma come è accaduto?”

Susan: “Non ricorda granché. Incidente professionale.”

George: “Sono stati i bambini.”

Susan: “Non c’è alcuna prova.”

George: “Ormai è fin troppo chiaro che chi vive qui è in pericolo. Cosa faranno di noi?”

Jill capisce che la situazione sta diventando insostenibile. Gli altri bambini non vogliono stare con loro e chiede quindi ad Alan di fare loro da insegnante ma lui non ne è molto convinto.

Jill: “Alan, solo tu puoi provarci.”

Alan: “Dì, ma cosa vuoi che gl’insegni?”

Jill: “Un po’ di umanità… umanità…”

È sera. Nella propria casa Jill osserva David che si mette il pigiama, prende la spazzola per i capelli e, in un gesto affettuoso, gliela passa sui capelli argentei che lui e tutti gli altri hanno. Il bambino le prende di mano la spazzola e si pettina a sua volta poi l’appoggia su un cassettone.

David: “I tuoi slanci emotivi non hanno il minimo senso. Ormai sono abbastanza grande da fare le cose da solo.”

Jill: “Ehi, David, mi puoi dire cosa è successo oggi alla clinica?”

David: “Per quali ragioni dovrei provare delle emozioni in questo momento?”

Jill: “Beh…”

David: “Cosa vuol dire la parola che stai pensando? Empatia… Ah, ho capito… Se io ho provato dolore dovrei essere in grado di identificarmi con altri che ora provano dolore?”

Jill: “Sì… sì… certo… sì… Buona notte, David.”

Il giorno dopo, dalla solita fila dei nove si stacca il piccolo David.

Mentre Mara lo guarda lui entra nel piccolo cimitero del paese e trova Melanie seduta vicino a una tomba che sta bevendo. Con i suoi poteri David vede che, tra breve, la ragazza si metterà in bocca una pistola e si sparerà. Intanto gli altri si fermano davanti a un grande granaio abbandonato e vi entrano.

Quello che doveva avvenire è avvenuto. I funerali di Melanie ai quali assistono anche Jill ed Alan oltre che a Sarah (Pippa Pearthree) che già nutre un odio profondo verso i bambini. Ma anche il Reverendo George sta dimenticando o mettendo da parte tutti i sentimenti di carità cristiana.

George: “Poi Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. A nostra immagine non vuol dire immagine esteriore. Qualunque statua, fotografia, sarebbe uomo. Vuol dire a immagine interiore, lo spirito, l’anima. E noi ci troviamo qui oggi per ricordare la bellezza interiore di colei che ci ha appena lasciati: Melanie Roberts. Era giunta a non essere più in grado di vedersi come creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio. Ma si aggirano creature tra noi che non hanno né un’anima individuale né uno spirito. Essi hanno un’unica mente che spartiscono tra loro, un solo spirito. Hanno aspetto umano ma sono privi di spirito umano…”

Alan è andato al cimitero e lì vi trova David.

Alan: “Ehi, come mai qui?”

David: “Sto cercando la bambina, la bambina che era nata con noi, la bambina che è morta.”

Alan: “Tu come sai di lei? Ma comunque non è qui. L’hanno portata via.”

David: “E dove?”

Alan: “Non ne ho idea. David, tu sai di quella bambina? E ti addolora? (Il piccolo annuisce) Fa male perdere qualcuno a cui si vuole bene.”

David: “Lei doveva stare insieme a me. Doveva essere la mia compagna.”

Alan: “E tu come fai a saperlo?”

Il piccolo non risponde. Alan, che si era inginocchiato davanti a lui, si alza e guarda la tomba di sua moglie.

David: “Hai perduto qualcuno anche tu?”

Alan annuisce, David gli si avvicina e gli prende la mano.

Il medico decide di dare lezioni ai ragazzi ma viene chiamato per interfono da Jill e si allontana. Il bidello, nel suo solito stato di semiubriachezza, entra nell’aula e comincia a inveire contro i ragazzi minacciandoli con il manico della scopa. Poi commette l’errore fatale di urtare uno dei ragazzi i quali, usando i loro poteri coercitivi, obbligano l’uomo a uscire all’esterno e a salire una scala fino sopra il tetto dell’edificio e da lì, con la scopa sul petto, lo costringono a gettarsi. L’uomo si schianta contro il parabrezza di un furgone e il manico lo trafigge da parte a parte. Alan e Jill accorrono e vedono i bambini andarsene come al solito in fila per due con Mara in testa.

A casa Alan sta guardando una fotografia di Barbara e il biglietto che la donna gli aveva lasciato quando sapeva di essere incinta.

Entra Mara.

Mara: “Ci saranno alcuni cambiamenti.”

Alan va da Susan alla clinica.

Alan: “Sono stati i bambini, non c’è alcun dubbio, e mia figlia è coinvolta. Chi diavolo sono?”

Susan: “In origine ho pensato a una mutazione, una forma di brusco salto evolutivo per la loro consapevolezza collettiva. Però questo non spiega il black out, o le gravidanze contemporanee e invece non è l’unica colonia di bambini simili. Nel Nord dell’Australia, in una città, ne sono nati trenta in un sol giorno, morti tutti nel giro di dieci ore. In un piccolo villaggio esquimese isolato ne è nato un gruppo di dieci e altri venti in un villaggio sulla frontiera Turco – Iraniana. Tutti luoghi lontani fra loro in cui tutto è iniziato con una perdita di conoscenza come a Midwich.”

Alan: “Come può essere avvenuto tutto questo?”

Susan: “Io vedo solo tre possibilità. Numero uno: partenogenesi, la formazione di un feto senza fertilizzazione, ma sono la prima a non crederci. Numero due: sappiamo che la CIA dà grosse dosi di LSD a dei soggetti ignari per studiare gli effetti degli psicotropi sui geni ereditari e forse il Governo ha organizzato il black out per fecondare artificialmente le donne con un superseme… Per quanto strano non è da escludere.”

Alan: “Qual è la terza possibilità?”

Susan: “La extenogenesi, impianto di ovulo per ottenere una progenie di genere diverso dall’organismo che ospita l’ovulo.”

La dottoressa porta Alan dentro al suo laboratorio. Scendono le scale e lei gli mostra il feto.

Susan: “Torni a lavorare al progetto. E non solo allo scopo di proteggere sua figlia, come può ben vedere questi vanno molto oltre.”

Alan osserva la creatura umanoide che galleggia dentro al grande vaso, la sua grande testa e i suoi occhi alieni. I due escono dal laboratorio e si trovano all’aperto.

Susan: “Questo deve isolarlo nella sua mente. Non ci pensi mai quando è vicino ai bambini, loro non devono sapere che noi sappiamo…”

Alan: “Perché non ce lo ha detto? Avrebbe dovuto avvertirci.”

Susan: “Perché non potevo… Non potevo avvertirvi. Se lo sapevate voi lo avrebbero saputo i bambini. Ho passato anni a imparare come schermare i miei pensieri, a murarli perché non leggessero tutto nella mia mente… Ma i loro poteri si rafforzano, mi è sempre più difficile tenerli fuori. Ho bisogno del suo aiuto, Alan, mi aiuti, la prego. Collabori al progetto…”

Il medico non le risponde, sale in macchina e se ne va.

Entra in casa e inciampa in una valigia addossata alle scale. La sposta e sale per andare nella camera della figlia.

Mara: “La decisione è presa e nessuno potrà alterare i nostri piani. Noi andremo a vivere in un granaio abbandonato. Ci porterete il necessario. Non potete fermarci, lo sai, quindi non provarci. Hai parlato di noi con la dottoressa Verner, che cosa ti ha detto? Sta nascondendo qualcosa…”

E così i bambini vengono accompagnati nel vecchio granaio ripulito e riadattato, anche Jill accompagna David.

Jill: “Io non ti lascio andare.”

David: “Non hai facoltà di opposizione.”

Jill: “E tu ne hai? Non sei tenuto a fare tutto quello che dicono loro.”

David: “Siamo un unico essere.”

Jill: “No, tu no. Tu sei David, sei diverso.”

Il mattino dopo Ben vuole andare a riprendere Julie (Thrishalee Hardy), una delle bambine che ora abitano nel granaio. Ma tre dei ragazzi gli sbarrano la strada. Lui si ferma in tempo e Dorothy (Jessye Quarry) gli dice che Julie non desidera affatto tornare a casa. Ma Ben non si lascia convincere e questo segna la sua fine, i bambini lo fanno risalire in macchina e lo mandano a schiantarsi contro un serbatoio di liquido infiammabile. Mentre mezza città si dirige verso il luogo dell’incidente Susan ferma Alan che stava salendo a sua volta in macchina.

Susan: “Aspetti Alan, Alan… ho saputo ora che gli altri centri con i bambini sono stati distrutti.”

Alan: “Cosa, tutti quanti?”

Susan: “Sì, con tutti gli abitanti, adulti e bambini. Non potevano evacuarli senza che loro lo scoprissero. Hanno agito senza preavviso.”

Alan: “E lo faranno anche con Midwich?”

Susan: “Mi hanno detto di andarmene. Parto stasera, lo faccia anche lei fin che può, Alan.”

Alan raggiunge i bambini nel fienile. Sono tutti seduti nei banchi come se fossero dei bravi scolaretti.

“Non succederà con noi perché dobbiamo sopravvivere, costi quello che costi… Imparerete che siamo decisi a sopravvivere e che non potete far nulla per impedirlo… Dovete imparare a non sfidarci… voi non dovete sfidarci…”

(Il Villaggio dei Dannati di Wolf Rilla – 1960).

Alan: “C’è stata un’altra morte… Perché ci odiate tanto, Mara?”

Mara: “Non è questione di odio. È necessità di sopravvivenza. Tu ora stai pensando alla morte degli altri quindi perché ti sorprendono le nostre azioni? Noi siamo tenuti a sopravvivere a qualunque costo, siamo gli unici rimasti, ormai.”

Alan: “Perché non possiamo cercare di capirci e di vivere in buona armonia?”

Mara: “Se coesistessimo noi vi domineremmo. È una cosa inevitabile e voi cerchereste di eliminarci. Siamo tutti emanazione della forza della vita che ci ha messi l’uno contro l’altro per vedere chi sopravvive.”

Alan: “Gioco molto crudele.”

Mara: “La vita è crudeltà, la vita è sofferenza, approfittiamo l’uno dell’altro per poter sopravvivere.”

Alan: “Io non sono d’accordo. È l’adattabilità la chiave della sopravvivenza, la cooperazione e la simbiosi, l’umana fratellanza…”

Mara: “Perché ora pensi che la tua sopravvivenza dipenda dalle nostre emozioni? Vuoi la nostra compassione? Vuoi che ci sentiamo coinvolti?”

Alan: “Voglio sentimenti! Voi non provate sentimenti, senza sentimenti siete nulla, siete solo la parodia di un organismo superiore. Certo, sarete più evoluti di noi, ma noi vi superiamo per la capacità d’amare, senza amore siete una specie condannata.”

Mara: “Le emozioni sono irrilevanti, fuori dalla nostra natura.”

Alan guarda David.

Alan: “Non ne sarei tanto sicuro, Mara.”

Mara: “Tu sei al corrente delle nostre colonie, di conseguenza hai, seppure in modo vago, avuto cognizioni di che cosa siamo noi.”

Alan: “Sì.”

Mara: “Questo fa sorgere l’interrogativo se è opportuno lasciarti vivere… Tu stai pensando d’improvviso al mare. Stai schermando molto bene i tuoi pensieri con questa immagine. Ora dobbiamo andare via, sparpagliarci, disperderci. Presto saremo in condizione di formare nuove colonie e tu organizzerai la nostra partenza da qui.”

Alan: “E se mi rifiutassi di farlo?”

Mara: “Sei così legato ai tuoi valori che non potrai riuscire a fare a meno di aiutarci. Lo sai anche tu, non è vero, paparino mio?”

Alan: “Sì, sì è vero, hai ragione, Mara.”

Mara: “Organizza tutto, noi dobbiamo andare via stasera”

Alan si allontana. David è fuori, all’aperto, con aria assorta. Mara lo raggiunge.

Mara: “Pensi di nuovo a quella che è morta.”

David: “Doveva essere la mia compagna.”

Mara: “Avrebbe dovuto esserlo e, senza compagna, sei meno importante per noi e questo tuo sviluppo di emozioni è allarmante. Non possiamo lasciarti indietro, David, sei un problema che ormai va affrontato.”

Di questi alieni si potrà dire tutto ma non certo che sono poligami, per una razza che non ha sentimenti che differenza fa se il seme per la procreazione viene dato dal proprio compagno o da un elemento alternativo? Calcolando anche la necessità estrema che dovrebbero avere questi esseri di procreare per invadere lentamente la Terra.

Insondabili misteri del cosmo…

Il Reverendo George sta puntando un fucile contro Mara e l’ha inquadrata esattamente nel mirino ma un fruscio lo fa voltare e si trova tre dei ragazzi davanti a lui. La solita manovra e l’uomo rivolge l’arma contro il suo viso premendo il grilletto. Brutta e ignominiosa fine per un cavaliere Jedi…

Susan sta sgomberando il laboratorio e vede che i cittadini di Midwich, guidati da Sarah, stanno preparando una spedizione punitiva muniti di torce, una cosa che, in passato è servita molto bene contro Frankenstein e Dracula. La donna ritorna nel laboratorio ma incontra Mara, David e Isaac (Adam Robbins) che la costringono a scendere nel laboratorio per vedere il feto. Alla vista della creatura una lacrima riga il volto di David. Intanto la spedizione punitiva viene fermata da Robert (Cody Dorkin) e dagli altri che immobilizzano Sarah, le fanno cadere la torcia ai piedi dando fuoco alle sue vesti e costringendola a restare ferma mentre il fuoco la divora.

Susan viene costretta a sdraiarsi sul lettino e, sotto gli occhi attoniti di David, viene costretta ad autosventrarsi con un bisturi.

Intanto la polizia e una pattuglia dell’esercito circondano il fienile dei ragazzi. Jill incontra Alan alla scuola.

Jill: “Alan, i bambini hanno ucciso Sarah.”

Alan: “Anche la dottoressa Verner, l’ho trovata nella clinica.”

Jill: “C’è la polizia. Si stanno dirigendo al granaio per prendere i bambini, dobbiamo fermarli!”

Alan: “No, Jill, non ci puoi andare, resta qui, non puoi andare là!”

Jill: “Ma io devo salvarlo!”

Alan: “La polizia non può fare niente ai bambini, sarà un bagno di sangue.”

Jill: “Ma David è…”

Alan: “No, ferma! Stammi a sentire, stammi a sentire, c’è un altro modo e si tenta una cosa nuova. Sono riuscito a impedire a Mara di leggermi il pensiero…”

Jill: “Come?”

Alan: “Ho cominciato a pensare al mare quando s’infrange sugli scogli che abbiamo sotto casa. Io e Barbara ogni sera andavamo… a guardare le onde dalla cima della collina. Ci affascinava l’immensità del mare, la sua forza inarrestabile. Rievocando quelle immagini ho alzato come uno schermo che non riescono a superare. So di poterlo fare di nuovo, posso creare un muro, posso creare un muro che mi schermerà da loro.”

La bacia e si allontana.

Jill: “Alan, che cosa vuoi fare?”

Alan: “Quello di cui non si può fare a meno.”

Esce chiudendola dietro la scuola e lei, disperata, gli urla che David non è come gli altri, ma questo Alan lo sa già.

Intanto i bambini, David escluso, hanno fatto piazza pulita dei poliziotti e dei militari che si sono sparati tra loro e mentre tutto questo avviene Jill spezza il vetro della porta per liberarsi poi prende dalla borsetta vicino al cadavere di Sarah, le chiavi della sua macchina. Alan, a sua volta, ha caricato una bomba nella sua borsa e si dirige in macchina in mezzo ai cadaveri e alle auto della polizia, verso il fienile. Entra con la borsa in mano.

Alan: “Ancora morti. ”

Mara: “Sopravvivenza… Hai organizzato per farci partire?”

Alan: “Beh, col poco tempo che ho avuto…”

Mara: “Sono le 11 e 22. Cosa ti mette in ansia?”

Alan: “La partenza… ah, sì, ora che ci penso, ho lasciato gli appunti in auto, qualcuno di voi può andare a prendere il blocco degli appunti sul sedile della macchina? David?”

Mara: “No!”

Alle sue spalle si avvicina Jill, entrata dal retro.

Mara: “Tu ora stai schermando i tuoi pensieri…”

Si avvicinano a lui che è seduto dietro la scrivania. Jill è entrata nella stanza.

Mara: “Stai pensando… a un muro di mattoni. Perché continui a guardare l’orologio?”

Una muraglia… una muraglia… devo pensare… a una muraglia… ci siamo quasi… una muraglia… una muraglia… solo a questo devo pensare…”

(Il Villaggio dei Dannati di Wolf Rilla – 1960)

Jill vuole portare via David. La bloccano con lo sguardo poi si rivoltano verso Alan.

Poi Jill ritenta ma di nuovo Mara e gli altri la bloccano, allora David si scaglia contro Mara facendola cadere.

David: “Smettila, lasciala stare.”

Alan riesce a connettere quel tanto che basta per urlare:

Alan: “Jill, David, uscite di qui, scappate!”

Jill prende il bambino ed esce di corsa, Mara e gli altri si concentrano profondamente per abbattere la barriera di Alan, il muro viene perforato dai loro occhi lampeggianti che scavano i contorni di un viso alieno. Dietro ad esso la borsa di Alan e dentro la bomba. Troppo tardi, il fienile viene disintegrato da una fortissima esplosione che distrugge Alan e le menti aliene mentre Jill si allontana dalla città con il suo piccolo David.

Jill: “Sta tranquillo, David, andremo dove nessuno saprà chi siamo.”

Il bambino guarda la strada senza rispondere.

Ed è questa la figura più interessante di questo remake, David, il bambino alieno che sta imparando l’umanità: per il resto i personaggi sono maldestramente abbozzati e le scene quasi girate svogliatamente.

Durante le riprese del film, in California, il protagonista Christopher Reeve, comprò un cavallo soprannominato Buck, a Reeve piaceva l’equitazione. Poco tempo dopo il cavallo rifiutava inspiegabilmente di saltare un ostacolo e sbalzava di sella il suo cavaliere. Da allora, a causa di questo incidente, Cristopher Reeve è paralizzato dal collo in giù ma ha continuato a recitare e  ha pure debuttato come regista. Ci ha lasciati nel 2004 e poco tempo dopo moriva di tumore anche sua moglie.

Il progetto di fare un remake de Il villaggio dei dannati risale alla fine degli anni ‘70 quando Michael Preger ne acquisì i diritti e lo propose alla Universal, ma solo nel 1992 fu scelto il regista. La sceneggiatura è stata scritta da David Himmelstein e Carpenter accettò di dirigere il film purché fosse autorizzato a modificare la storia per renderla più simile a quella del romanzo di John Wyndham; per gli effetti speciali, proprio per scelta del regista, ci si è affidati alla Knb SfX Group con la quale aveva lavorato nelle sue ultime pellicole. Il villaggio di Midwich  è in realtà Marin County una piccola cittadina dove 15 anni prima Carpenter aveva girato Fog. Anche questo film esiste in DVD ed è edito dalla Columbia.

Giovanni Mongini