FANTASCIENZA STORY 261

SERI, SERIOSI, SERIALI (2014)

Per analizzare il 2014 partiamo subito con Robocop (Robocop) di José Padilha. Nel 2028 la Omnicop, guidata da Raymond Sellars (Michael Keaton) è una società specializzata in sicurezza che offre all’esercito americano dei robot per il controllo del territorio durante la sua occupazione dell’Iran. E offre lo stesso prodotto, i robot ED 208 e ED 209, per il pattugliamento delle strade della città di Detroit, invasa dal crimine. Il detective Alex Murphy (Joel Kinnaman) viene ridotto in fin di vita da un attentato dinamitardo, e viene “risuscitato” come RoboCop, dotato di una corazza iperprotettiva, di sensi potenziati digitalmente, di un sistema computerizzato che lo collega al database della polizia e di varie altre capacità impossibili a un uomo normale. Le sue cure sono affidate al dr. Norton (Gary Oldman). Se l’attività di RoboCop migliora l’ordine pubblico in città, d’altra parte costringe Alex a una pesante crisi verso la moglie Clara (Abbie Cornish) e il figlioletto David (John Paul Ruttan). Sellars e Norton “deumanizzano” il programma di RoboCop per risolvere questi inconvenienti e controllarlo meglio, ma ci riusciranno davvero? Remake del celebre e omonimo film di Paul Verhoeven del 1987, rispetto all’originale il tono è più serioso e meno fumettistico, con molti agganci all’attualità post-11 settembre, e soprattutto la famiglia del protagonista non è vista come un’assenza rimpianta, ma come una presenza problematica. Nel campo degli effetti speciali, il digitale ha preso il posto dello stop-motion e dei prostetici. Ciononostante il remake finisce con l’essere meno convincente dell’originale, e non riesce a sviluppare come vorrebbe le sue ambiziose premesse.

Passiamo a Interstellar (Interstellar) di Christopher Nolan. A metà del 21° secolo l’umanità è ridotta alla fame da epidemie botaniche e tempeste di sabbia, e per questo l’agricoltura è diventata l’attività più preziosa e vitale. Joseph “Coop” Cooper (Matthew McConaughey) è un ex-astronauta, vedovo, che dirige una fattoria con il suocero Donald (John Lithgow) e i figli Tom (Casey Affleck) e Murphy (interpretata nelle sue varie età da Mackenzie Foy, Jessica Chastain ed Ellen Burstyn). Dopo una tempesta Coop e i figli scoprono che la polvere si deposita formando qualcosa che interpretano come una specie di mappa. Seguendola arrivano a una base segreta della NASA, agenzia ufficialmente smantellata anni prima. In realtà la NASA ha in corso un programma che prevede l’invio di due navi spaziali – la Endurance e la Ranger – all’interno di un wormhole vicino a Saturno, tramite il quale raggiungere una galassia che contiene 12 pianeti, tre dei quali con condizioni utili alla vita umana, e colonizzarne uno per evitare l’estinzione dell’umanità. Il progetto è diretto dal prof. Joseph Brand (Michael Caine) e dell’equipaggio fanno parte, tra gli altri, sua figlia Amelia (Anne Hathaway) e i robot TARS e CASE (entrambi interpretati da Bill Irwin). Su uno dei pianeti li aspetterà un’altra missione, inviata tempo prima e guidata dal dr. Mann (Matt Damon). Coop viene reclutato per la nuova spedizione, e tutti sono consapevoli che quel viaggio comporterà enormi sfasamenti temporali con gli abitanti della Terra, e che quindi forse non rivedranno più i loro cari al loro ritorno. Se torneranno… Interstellar nasce da un progetto di Steven Spielberg e dell’astrofisico Kip Thorne, premio Nobel 2017, poi passato ai fratelli Jonathan e Christopher Nolan, rispettivamente sceneggiatore e regista, che però mantennero la consulenza, importantissima, di Thorne. Il risultato è uno dei capolavori del genere, un film ricco di intensità drammatica, profondità psicologica, implicazioni scientifiche e filosofiche, effetti speciali complessi, innovativi e riuscitissimi. E, come tipico in Nolan, con una trama intricata ma molto ben congegnata, giocata su vari livelli temporali e spaziali ben saldati insieme. Un grande successo mondiale, molto apprezzato anche dal mondo scientifico per la sua attendibilità.

In Hunger Games: Il Canto della Rivolta – Parte 1 (The Hunger Games: Mockingjay – Part 1) di Francis Lawrence, Katniss e la sua famiglia sono rifugiati nel sottosuolo del Distretto 13, dove vive la comunità della Resistenza, guidata dalla presidentessa Coin (Julianne Moore). Anche Plutarch, Effie e Haymitch, più o meno volutamente, sono membri attivi della Resistenza. Kantniss, portando il simbolo della ghiandaia, è usata da Coin e Plutarch come esempio trascinatore della ribellione che si espande in tutti i distretti, spietatamente combattuta dal presidente di Panem, Snow, che a sua volta sfrutta Peeta per propagandare la pacificazione e la sottomissione dei distretti. Kantniss combatte in prima linea nella nuova guerra civile, e allo stesso tempo gira filmati di propaganda, ma ciò che più le preme e la salvezza della sua famiglia e la liberazione di Peeta. Il terzo romanzo della serie Hunger Games è così lungo e complesso che il suo adattamento fu diviso in due film. Meno incisivo dei primi due capitoli, questa Parte 1 si apprezza più a singoli momenti (il ritorno a casa di Katniss, l’assalto alla diga), piuttosto che nell’insieme, fiacco e senza grande forza drammatica. Il film è dedicato alla memoria di Philip Seymour Hoffman, morto suicida alla fine delle riprese.

Parliamo ora di Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie (Dawn of the Planet of the Apes) di Matt Reeves. Dai laboratori della SYS si sparge un’epidemia influenzale che decima il genere umano. Dieci anni dopo, una comunità di scimmie intelligenti, guidata da Cesare (Andy Serkis), popola la foresta californiana, e poco distante vive una comunità di umani superstiti. Le scimmie occupano la zona in cui si trova una diga che rifornisce di energia la comunità umana, che ha bisogno di riparazioni. Una rappresentanza umana, guidata da Malcolm (Jason Clarke) e sua moglie Ellie (Keri Russell), incontra allora Cesare chiedendogli di poterla riparare evitando scontri. Cesare accetta, ma il suo braccio destro Koba (Toby Kebbell), che odia gli uomini per averlo usato come cavia anni prima, scopre che gli uomini sono armati e pronti alla guerra, piani in effetti portati avanti dal leader umano Dreyfus (Gary Oldman). Koba si ribella ai propositi pacifici di Cesare, e la situazione precipita… Secondo episodio della serie iniziata con L’alba del pianeta delle scimmie, cambia il regista, pare per contrasti con la produzione, ma il risultato è comunque un film appassionante e ben condotto, con effetti speciali rodati ed efficacissimi.

E’ il turno adesso di Lucy (Lucy) di Luc Besson. Lucy (Scarlett Johansson) è una studentessa americana che vive a Taipei e che a causa del suo ragazzo viene rapita da Jeng (Min-sik Choi), un boss della malavita, e le viene impiantato nell’addome un pacchetto con una dose di una nuova, potente droga, perchè lo trasporti come corriere. Percossa sul ventre, il pacchetto si apre e la droga si sparpaglia nell’organismo di Lucy, causando un progressivo potenziamento delle sue capacità cerebrali, che solitamente in una persona sono ridotte al solo 10%. In Lucy i sensi, l’agilità, le capacità cognitive si ampliano sempre più fino a cancellare le leggi della fisica e della biologia. Braccata da Jeng, Lucy contatta il prof. Norman (Morgan Freeman), uno scienziato che può aiutarla, mentre le sue capacità cerebrali si avvicinano sempre più al 100%… Action-movie con ambizioni filosofiche e scientifiche, il film risulta più riuscito in realtà sul primo aspetto che sul secondo, girato con l’adrenalinica ironia tipica del regista francese e ben servito dal suo cast hollywoodiano. E’ stato un grande successo di cassetta, ma non griderei al capolavoro, anche perché man mano che procede, Lucy finisce con l’assomigliare a un qualunque film di super-eroi.

Tornano i robottoni giganti con Transformers IV: L’era dell’estinzione (Transformers: Age of Extinction) di Michael Bay. Gli abitanti della Terra, si sa, sono infidi e ingrati, e così il governo americano dichiara fuori legge gli Autobots dopo la battaglia di Chicago. Dietro questa decisione ci sono le macchinazioni di Joshua Joyce (Stanley Tucci), CEO della società tecnologica KSI, e di Attinger (Kelsey Grammer), agente segreto corrotto. Joyce ha isolato il trasformio, la sostanza che permette le metamorfosi dei Transformers e vuole usarla a fini industriali, e ha creato Galvatron, un transformer che però porta in sé l’anima di Megatron. Ma Optimus Prime, travestito da vecchio camion, incontra Cade (Mark Wahlberg), un inventore strampalato ma di buon cuore, sua figlia Tessa (Nicola Peltz) e il fidanzato di questa, Shane (Jack Reynor). Con l’aiuto di questi nuovi amici, Optimus raduna gli Autobots e si prepara allo scontro decisivo contro Galvatron… Per il quarto capitolo della saga Transformers il regista Bay cambia del tutto il cast e i personaggi umani, ma ripropone la formula a base di umorismo semplice ma efficace, bravi attori che danno spessore a personaggi stereotipati, e soprattutto effetti speciali mirabolanti e battaglie distruttive. Niente di nuovo sotto il sole (a parte che stavolta le istituzioni governative non sono tanto buone), ma il divertimento è assicurato ancora una volta. A riprova di quanto il mercato cinese sia ormai importante per Hollywood, la battaglia finale è a Hong Kong.

Chiudiamo l’annata con Edge of Tomorrow (Edge of Tomorrow) di Doug Liman. Nel futuro la Terra combatte una guerra contro gli invasori extraterrestri Mimics, così chiamati perchè imitano e sventano le tattiche terrestri. Il maggiore Cage (Tom Cruise) è un militare poco eroico che si ritrova suo malgrado in battaglia. Decimati i terrestri, Cage si suicida per non finire in mani ai Mimics, esplodendo insieme a uno di loro. Ma dopo la morte, Cage si ritrova a rivivere quel suo ultimo giorno di vita a causa un loop temporale causato da uno schizzo di sangue mimic che lo ha colpito. In una di queste ripetizioni, Cage incontra Rita (Emily Blunte), un’eroina di guerra che vive la stessa condizione per lo stesso motivo. Insieme cercheranno di spezzare questa catena… Tratto dal romanzo All Yo Need Is Kill dello scrittore giapponese Hiroshi Sakurazaka, Edge of Tomorrow è un film godibile, dalla trama ben costruita (l’unica pecca è una spiegazione un po’ troppo sbrigativa del loop), che riesce a evitare i rischi della ripetitività e una regia solida e ben ritmata. Tom Cruise è un fan della sf e si vede che in questi ruoli si trova a suo agio.

Mario Luca Moretti