FANTASCIENZA STORY 262

ROBOT SI NASCE, UMANI SI DIVENTA (2015)

Il 2015 inizia con Hunger Games: Il Canto della Rivolta – Parte 2 (The Hunger Games: Mockingjay – Part 2) di Francis Lawrence. Guidata dalla presidentessa Coin, la Resistenza sferra l’attacco finale a Capitol. Katniss (Jennifer Lawrence), disubbidendole, prende parte alla battaglia, decisa a uccidere con le sue mani il presidente Snow, anche per vendicare Peeta, ridotto a un automa dai condizionamenti subiti durante la sua prigionia. A caro prezzo, la battaglia sarà vinta, ma Katniss scoprirà un’amara verità… Capitolo finale della saga ideata da Suzanne Collins, come la Parte 1, la Parte 2 soffre di una sceneggiatura incerta e zoppicante, persino prolissa e stiracchiata nella seconda parte. Alcuni pezzi di bravura registica non bastano a risollevarne le sorti.

Sopravvissuto – The Martian (The Martian) di Ridley Scott è ambientato su Marte nel 2035. La spedizione  della NASA Ares III sta esplorando Acidalia Planitia quando insorge una tempesta di sabbia, talmente forte da spingere il comandante Melissa Lewis (Jessica Chastain) a ordinare l’evacuazione della base e il ritorno sulla Terra. Il botanico Mark Watney (Matt Damon), che al momento della tempesta si trova all’esterno, viene travolto dalla tempesta e dato erroneamente per morto. Al suo risveglio Mark si ritrova solo e abbandonato. Che mezzi può avere un botanico per sopravvivere senza aiuti su un pianeta che non è fatto per la vita umana? Tratto dal romanzo dell’informatico Andy Weir, un godibilissimo e intelligente spettacolo, diretto da uno Scott in gran forma, che lo interpreta come una specie di “Robinson Crusoe nello spazio”. Quasi sempre attendibile sul piano scientifico (qualche “licenza drammatica” comunque c’è), il film è in gran parte sulle spalle di Matt Damon, ma a sorreggerlo ci sono un copione valido e una regia che sa sfruttare le potenzialità visive e spettacolari di un credibile pianeta rosso.

Passiamo a Star Wars VII – Il risveglio della Forza (Star Wars VII – The Force Awakens) di J.J. Abrams. Dopo 30 anni dalla fine dell’Impero, il Lato Oscuro della Forza s’è incarnato nel Primo Ordine, una forza che combatte contro la Repubblica. Il generale Leia Organa (Carrie Fisher) è alla ricerca del fratello Luke Skywalker (Mark Hamill), scomparso misteriosamente, e invia il pilota Poe (Oscar Isaac) sul pianeta Jakku per recuperare il droide BB-8 che nasconde la mappa che porta al nascondiglio di Luke. Ma il cavaliere del Primo Ordine Kylo Ren (Adam Driver) lo raggiunge e lo cattura. Il clone stormtrooper FN-1287 (John Boyega) si ribella agli ordini di sterminio di Kylo e fugge insieme a Poe, ma poi i due si separano e FN incontra Rey, una ragazza che raccoglie rifiuti nel deserto di Jakku e ha trovato BB-8. Per fuggire Rey e FN rubano proprio il Millennium Falcon, che viene catturato da Han Solo (Harrison Ford) e Chewbacca (Peter Mayhew). Il gruppo così formato entra nelle file della Resistenza, e Han potrà così riunirsi con sua moglie Leia, e cercare insieme di rintracciare Luke, ma anche di recuperare loro figlio: Kylo Ren… Nel 2012 la Walt Disney Corp. comprò da George Lucas la Lucasfilm e il marchio Star Wars, e decise di lanciare una nuova trilogia, che a quanto pare non ha niente a che vedere con i soggetti concepiti da Lucas per una terza trilogia, anche se fu richiamato in servizio Lawrence Kasdan, co-sceneggiatore degli episodi V e VI. La regia fu affidata a J.J. Abrams, che così acquisì il primato di aver rivitalizzato entrambe le due serie spaziali più popolari: Star Trek e Star Wars. Lo spettacolo è garantito, e vedere i vecchi interpreti riprendere i loro ruoli è senz’altro emozionante, specie l’incontro fra Han e Leia, anche se l’integrazione con i nuovi personaggi a volte è forzata. Il problema è semmai la trama, che in pratica rimastica elementi dei precedenti episodi, (il droide che nasconde un ologramma, i rapporti padre-figlio, per non parlare del duello sulla passerella), dando un senso di déjà-vu.

Nel 2015 ritorna anche la serie post-apocalittica che ha lanciato Mel Gibson: Mad Max: Fury Road (Mad Max: Fury Road) di George Miller. Trent’anni dopo il terzo capitolo, Mad Max oltre la sfera del tuono (Mad Max Beyond Thunderdome, 1985), il regista e produttore australiano George Miller gira il quarto capitolo della saga Mad Max. L’inglese Tom Hardy sostituisce Mel Gibson nel ruolo di Max Rokatansky. Stavolta, nell’Australia postatomica, Max si scontra contro Immortan Joe (Hugh Keas-Byrne), leader di una comunità sottomessa grazie al controllo dell’acqua, a un’armata di fanatici e feroci fedelissimi detti Scavengers e a un culto religioso di cui è sommo sacerdote. Max viene imprigionato dagli Scavengers e sfruttato come forzato donatore di sangue, grazie al suo gruppo sanguigno 0. Ma una delle amanti di Immortan, di nome Furiosa (Charlize Theron), fugge portando con sé quattro ancelle, di cui una, Angharad (Rosie Huntington-Whiteley) è incinta. Max si unisce alla loro fuga, ma Immortan e le sue schiere sono all’inseguimento… Ritmo vorticoso, paesaggi imponenti, corse mozzafiato, dialoghi ridotti all’osso, e soprattutto l’invenzione di una società post-atomica e di una fauna umana immaginosa e variopinta hanno decretato un trionfo al box-office, insieme a 6 Premi Oscar, sia pur tutti tecnici. Come al solito, le esplosioni lasciano illesi i buoni, anche se questi si trovano a pochi centimetri. Hugh Keas-Byrne, interprete di Immortan Joe, è un veterano della serie; infatti nel primo capitolo, Interceptor (Mad Max, 1979) interpretò Toecutter, feroce ma carismatico leader della gang di motociclisti combattuti da Max. Se il duo Hardy-Theron funziona, nell’intermezzo della comunità delle Molte Madri, inaspettatamente lirico e toccante, si nota Megan Gale, modella australiana che ebbe un lungo periodo di fama in Italia, all’inizio del secolo.

Altro sequel è Terminator Genisys (Terminator Genisys) di Alan Taylor. Questo quinto capitolo della saga Terminator ignora Terminator 3 e Terminator Salvation e parte quasi come un remake del primo film, per poi mischiarlo con Terminator 2, e quindi avvitarsi un dedalo mal riuscito di viaggi incrociati nel tempo, linee temporali e universi alternativi, passando con disinvoltura dal 1997 al 1984, dal 2014 al 2017, in una trama confusa, poco coerente in se stessa e con i primi due episodi, dove a un John Connor (Jason Clarke) buono se ne aggiunge uno cattivo, mentre Kyle Reeves (Jay Courtney) sopravvive e T-800 (Arnold Schwarzenegger), il terminator buono del secondo capitolo, salta fuori all’epoca giusta nel momento giusto, per arrivare a un improbabile happy end. Sarah Connor stavolta è interpretata da Emilia Clarke, la Danerys della serie tv Il Trono di Spade.

Continuiamo ora con due film, che, in modo diverso, affrontano il tema del robot che cerca di umanizzarsi.

Humandroid (Chappie) di Neill Blomkamp si svolge nel 2016: per contrastare la criminalità dilagante, la polizia di Johannesburg si dota di robot poliziotti (detti Scout), che presto danno grandi risultati. Il loro progettista è l’ingegnere Deon Wilson (Dev Patel), e li produce la ditta Tetravaal. Il successo degli Scout suscita la gelosia di Vincent (Hugh Jackman), collega di Deon, che si è visto soppiantato il suo progetto Moose, incentrato su un gigantesco robo-guerriero telecomandato da un uomo, mentre gli Scout sono dotati di intelligenza artificiale propria. Deon ha in cantiere un’evoluzione degli Scout, un robot dotato di un’intelligenza infantile ma capace di evolvere in fretta, lo scout 22. Ma Deon e il prototipo vengono rapiti da Ninja (Watkin Tudor Jones), Amerika (Josè Pablo Cantillo) e Yolandi (Yolandi Visser), tre delinquentelli che vogliono usare le doti del robot per scopi criminali. Scout 22, ribattezzato Chappie da Yolandi, all’inizio ingenuo proprio come un bambino, finisce con l’acquisire sempre più esperienza, scaltrezza e autonomia, ma anche sentimento e senso morale, e fra lui, Deon e la banda si crea una strana e altalenante alleanza, che esploderà in un epico scontro con Vincent e il suo Moose… Terzo film del talentuoso Blomkamp: non raggiunge la verve e il pathos di District 9, ma è senz’altro più personale e “sentito” del deludente Elysium. Azione e tenerezza si alternano felicemente, e il personaggio di Chappie, con la sua infantile freschezza e il suo sviluppo progressivo, rimane affettuosamente nel ricordo dello spettatore. Sigourney Weaver, nel ruolo dell’AD della Tetravaal, è una comprimaria di lusso. Come District 9, Humandroid nasce da un cortometraggio giovanile del regista: Tetra Vaal (2004).

In Ex-Machina (Ex-Machina) di Alex Garland infine, Caleb Smith (Domhnall Gleeson) è un informatico che lavora per Blue Book, il più grande motore di ricerca al mondo, e vince un gara aziendale indetta dall’AD Nathan Bateman (Oscar Isaac), il cui premio è vivere per una settimana nella sua lussuosa villa in mezzo ai boschi. Caleb fa così la conoscenza di Kyoko (Sonoya Mizuano), domestica e amante giapponese di Nathan, e di Ava (Alicia Vikander), un robot sperimentale dotato di intelligenza autonoma e di sviluppare emozioni e sentimenti. Caleb scopre così che il vero scopo della sua visita è testare non tanto le doti di Ava, quanto la sua sincerità, perché Ava sarebbe anche capace di simulare. Ma il problema è che Caleb si innamora di Ava… Esordio alla regia dello sceneggiatore Alex Garland, il film sfoggia grande inventiva visiva e scenografica, e, come Humandroid, sa inventare un bel personaggio “robo-umano”. Peccato però che la lentezza del ritmo e una certa esilità nei dialoghi e nello sviluppo della trama rendano faticosa l’attenzione dello spettatore. Ciononostante Ex-Machina, pur non avendo un grande successo iniziale, ha assunto poi lo stato di “culto”.

Mario Luca Moretti