LUIGI SIVIERO

Autore di saggi sul fumetto, ma non solo, Luigi Siviero è una figura interessante della critica fumettistica, ma non solo. Si occupa di fumetto a 360 gradi, ma non solo, e ha già pubblicato diversi volumi… ma non solo… E allora per conoscerlo meglio abbiamo deciso di fare una lunga chiacchierata con lui, affinché ci raccontasse tutta la sua produzione… ovviamente ma non solo!

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È LUIGI SIVIERO?

Ho iniziato a scrivere attorno al 2000, anno più anno meno. All’inizio mi occupavo di critica e informazione sui fumetti. Tanta roba che scrivevo era inutile e tanta altra era da buttare. Qualcosa qua e là è salvabile.

Sono arrivato ai libri lentamente, nel 2007: il primo che ho scritto è stato Analisi del fumetto. La composizione delle coppie di tavole (Abigail Press), seguito da Dylan Dog e Sherlock Holmes: indagare l’incubo (NPE, 2012), Dall’11 settembre a Barack Obama. La storia contemporanea nei fumetti (NPE, 2013) e Sherlock Holmes. L’avventura nei fumetti (ProGlo – Prospettiva Globale, 2016).

Con il nome Abigail Press, che è un omaggio alla serie Swamp Thing sceneggiata da Alan Moore, ho autoprodotto Analisi del fumetto, tre sillogi di poesie e un libro stranissimo intitolato (C6H10O5)n.

Negli ultimi anni ho pubblicato qua e là anche racconti e fumetti. Come scrittore di narrativa sono finito alcune volte nella rivista Lahar Magazine con racconti ispirati ai sette peccati capitali, nell’antologia I mondi del fantasy vol. 5 con un apocrifo di Sherlock Holmes intitolato L’avventura delle fate di Cottingley, in un’antologia di racconti fantascientifici della Delos Books, in tre antologie del “Premio Fogazzaro”, che ho vinto nel 2016 nella categoria “Premio speciale umorismo”, e da altre parti. Nel 2016 è stato pubblicato un fumetto di 24 pagine sceneggiato da me e disegnato da Simone Michelini nell’antologia Daryl Dark – Stagione due della Cagliostro E-Press.

Faccio anche teatro, ma sono solo un principiante. Da tre anni frequento la scuola di teatro Spazio 14 di Trento.

COME HAI COMINCIATO A OCCUPARTI DI FUMETTO E COME E’ NATA QUESTA TUA PASSIONE?

La mia passione per i fumetti è nata quando ancora non sapevo leggere! Ai tempi dell’asilo mia madre mi leggeva alcuni albi di supereroi dell’Editoriale Corno mentre io guardavo i disegni. Ricordo in particolare un numero dell’Uomo Ragno intitolato La mosca umana e una saga dei Fantastici Quattro di Marv Wolfman e Keith Pollard ambientata sul pianeta degli Skrull.

Ho incominciato a scrivere di fumetto quando ero uno studente di giurisprudenza. Scrivevo articoli per il sito Fumetti di Carta. Fra i primi articoli ne ricordo uno intitolato Il diritto civile secondo Black Jack. In un episodio del Black Jack di Osamu Tezuka avevo trovato un riferimento al diritto civile (o almeno così mi sembrava), che in Giappone era stato codificato alla fine dell’Ottocento prendendo spunto dai lavori preparatori del BGB tedesco. Siccome dovevo scrivere una tesina, avevo proposto all’assistente di Sistemi giuridici comparati di utilizzare l’articolo su Black Jack. Ricordo che l’assistente si era infuriata: avevo letto chiaramente sul suo viso l’odio che provava nei miei confronti e mi ero accorto che stava per urlarmi addosso una sfilza di insulti. Invece aveva sbollito la rabbia e dopo essersi ripresa mi aveva proposto di rielaborare l’articolo eliminando i riferimenti al fumetto e incentrandolo sulla codificazione giapponese. Sapevo che andavano alla grande argomenti di ricerca come il processo a Gesù e i riferimenti al diritto nella Divina commedia, quindi mi sembrava normale e ovvia un’incursione in un altro territorio extragiuridico. Vabbè…

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Dall’11 settembre a Barack Obama. La storia contemporanea nei fumetti è un libro davvero lungo nel quale ho preso in considerazione i fumetti legati agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, alla Guerra al Terrore, alle due elezioni di Barack Obama e ad altri fatti storici a essi più o meno collegati. Fra le tante cose di cui mi sono occupato in questo libro ci sono i fumetti visti come documenti storici per capire gli avvenimenti del passato (all’indomani dell’11 settembre tantissimi fumettisti usarono i fumetti per esprimere le loro inquietudini e angosce, così a distanza di anni ci rimangono quelle che sono delle testimonianze a caldo), i fumetti utilizzati per raccontare fatti storici del passato (in questo caso i fumetti sono opere di storiografia o giornalismo realizzate per fare cronaca anziché per imprimere su carta le emozioni personali del momento) e i fumetti utilizzati dagli autori per esprimere le proprie opinioni politiche (per esempio negli anni Zero la Marvel pubblicò molti fumetti di supereroi che furono usati dai fumettisti per schierarsi contro la Guerra in Iraq). Ma nel libro c’è molto altro…

Sebbene i miei interventi pubblicati in esso siano brevi, sono orgoglioso di avere contribuito al catalogo Interni immaginari del 2010. Si tratta del catalogo della mostra Interni immaginari del fumettista Ausonia allestita nel 2010 nell’ambito del festival “Lucca Comics and Games”. È un catalogo pregevole dal punto di vista grafico, che documenta una mostra originale ospitata in una sede importante.

Sono contentissimo di avere dato alle stampe (sotto forma di autoproduzione) uno strano oggetto di carta intitolato (C6H10O5)n. È un libriccino di otto pagine su cui non c’è stampato nulla tranne il titolo in copertina, i dati dell’edizione in seconda di copertina e i numeri delle pagine. In pratica è un libro quasi del tutto bianco. Non c’è stampato quasi nulla. Il rammarico è che a oggi ha riscosso pochissimo interesse. In futuro si vedrà…

Sono affezionato anche a Analisi del fumetto. La composizione delle coppie di tavole, il mio primo libro uscito nel 2007. L’argomento (la composizione delle coppie di tavole) è meno terribile e complicato di quello che potrebbe sembrare leggendo il titolo! Prima o poi mi piacerebbe riprendere in mano il contenuto di questo libro e inserirlo in una pubblicazione dal respiro più ampio dedicata al linguaggio del fumetto in generale, e non solo alla composizione delle coppie di tavole.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO PER NICOLA PESCE EDIZIONI IL SAGGIO “DYLAN DOG E SHERLOCK HOLMES: INDAGARE L’INCUBO”. CE NE VUOI PARLARE?

Nel mio libro ho preso in considerazione tutti i fumetti di Dylan Dog scritti da Tiziano Sclavi, compresi quelli che l’autore pavese ha realizzato a quattro mani con altri soggettisti o sceneggiatori.

Come suggerisce il titolo, uno degli argomenti principali del saggio è il confronto fra Dylan Dog e Sherlock Holmes, basato su numerosi rimandi all’investigatore creato da Doyle presenti nei fumetti di Sclavi. Più in generale ho dato spazio ai rapporti fra Dylan Dog e la letteratura gialla: non solo Sherlock Holmes ma anche il genere hard boiled, Agatha Christie,  Friedrich Dürrenmatt e i delitti nella stanza chiusa.

Naturalmente nel libro c’è molto altro. Un capitolo non poteva che essere dedicato all’orrore: ho spiegato cosa sono l’orrore e i mostri per Sclavi, soffermandomi in particolare su opere come Johnny Freak, Caccia alle streghe e La casa degli uomini perduti.

Un altro capitolo è incentrato sulla struttura narrativa della serie. Fra le altre cose ho dato un’interpretazione originale e articolata alla Quadrilogia di Xabaras, soffermandomi in particolare su Morgana e Storia di Nessuno.

È importante anche lo spazio che ho dedicato all’influenza di Philip K. Dick e il suo Tempo fuor di sesto sulle opere di Sclavi. Non mi sono limitato a Dylan Dog ma ho preso in considerazione anche il romanzo Dellamorte Dellamore e il racconto Quante volte tornerai.

Altri capitoli del libro sono dedicati ai temi del fallimento e del caso, alla modalità delle citazioni e al postmodernismo.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE DELLA STESURA DI QUESTO VOLUME?

È stato complicato interpretare la Quadrilogia di Xabaras. Ho riscritto quei paragrafi un sacco di volte. Non è stato facile neanche dare una spiegazione al fatto che Dylan Dog fosse stato costruito come una sorta di antitesi di Sherlock Holmes. Per farlo ho dovuto rileggere tutti i Dylan Dog semplicemente per annotare tutte le citazioni sherlockiane; poi ho letto tutti i racconti di Doyle; poi ho ragionato su che tipo di personaggio fosse Sherlock Holmes; poi ho confrontato fin nei minimi dettagli Dylan Dog e Sherlock Holmes; infine ho avuto l’intuizione di inquadrare Dylan Dog all’interno della storia del genere giallo, collegandomi all’apporto dato alla letteratura gialla da  Friedrich Dürrenmatt. È stato lungo e complesso. Tra l’altro per avvicinarmi al risultato finale ho scritto dei testi sulla filosofia di Sherlock Holmes e sul concetto di abduzione che ho usato solo in minima parte nel libro (e che ho pubblicato in versione integrale nel libro Sherlock Holmes. L’avventura nei fumetti).

VISTO CHE CI MUOVIAMO SUL PIANO DELL’INVESTIGAZIONE, ALLA FINE A QUALI RISULTATI SEI GIUNTO: SIAMO AL TRAMONTO DEL DETECTIVE OPPURE ALL’ALBA DI UNA NUOVA ERA?

“Il tramonto del detective” menzionato nel titolo del libro è il tramonto del detective deduttivo a cui si è giunti quando Friedrich Dürrenmatt ha scritto il romanzo La promessa, nel quale è stata criticata duramente l’infallibilità degli investigatori tradizionali, ma anche quando, alcuni decenni più tardi, Thomas Sebeok e Umberto Eco hanno affermato nel saggio Il segno dei tre che il procedimento logico utilizzato da Sherlock Holmes non è la rigorosa deduzione bensì la farraginosa abduzione. Se in queste due opere si era assistito al tramonto del detective, con Dylan Dog si è entrati nella notte più fonda!

C’è da dire, però, che criticare il giallo tradizionale non significa escludere la possibilità di continuare a metterlo in scena. I giallisti non hanno certo smesso di scrivere apocrifi di Sherlock Holmes solo perché sono usciti La promessa, Il segno dei tre e Dylan Dog! Addirittura, grazie ai progressi tecnologici gli investigatori moderni hanno a disposizione strumenti che Sherlock Holmes e Poirot nemmeno riuscivano a sognare: il che apre la strada a nuove indagini deduttive.

SHERLOCK HOLMES E DYLAN DOG, DUE PERSONAGGI CHE HANNO FATTO SICURAMENTE STORIA: QUALI SONO SECONDO TE LE DIFFERENZE E QUALI LE AFFINITA’ FRA I DUE?

Di certo le differenze superano di gran lunga le affinità. Credo che le uniche affinità fra Sherlock Holmes e Dylan Dog siano la residenza a Londra e il fatto che entrambi i personaggi uniscano i polpastrelli delle mani quando cercano di concentrarsi.

Le differenze invece sono notevoli, a partire dalla tipica frase di Sherlock Holmes “Quando hai eliminato l’impossibile, qualsiasi cosa resti, per quanto improbabile, deve essere la verità” che viene capovolta da Dylan Dog e trasformata in “Il mio metodo di indagine è di scartare tutte le ipotesi possibili. [...] Ciò che resta è molto più divertente, e guarda caso è il mio mestiere: l’incubo”. Si può proseguire notando che Sherlock Holmes è misogino, benestante, suonatore di uno strumento a corda e drogato impenitente mentre Dylan Dog è donnaiolo, spiantato, suonatore di uno strumento a fiato ed ex preda dei vizi.

È lo stesso indagatore dell’incubo che in un fumetto (la storia doppia La dama in nero/Il castello della paura) afferma di essere completamente diverso da Sherlock Holmes perché del metodo deduttivo non capisce nulla.

Io credo che Sclavi abbia voluto costruire il suo personaggio come l’opposto di Sherlock Holmes per rimarcare che l’indagatore dell’incubo appartiene a un’epoca in cui la figura del detective deduttivo è tramontata.

IL LIBRO CONTIENE ANCHE UN’INTERVISTA A TIZIANO SCLAVI, IL PAPA’ DI DYLAN DOG: COSA PUOI DIRCI DI LUI?

Gli ho fatto pervenire un elenco di domande tramite la redazione della casa editrice, quindi non ho avuto un rapporto diretto con lui. Posso dire che è stato davvero gentile a darmi fiducia concedendomi l’intervista, dato che all’epoca il mio curriculum editoriale si limitava a un piccolo libro autopubblicato. Sono davvero contento di come è venuta quell’intervista.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER SCRIVERE I TUOI SAGGI E DA QUALE PUNTO PARTI?

Nei saggi che ho scritto fino a oggi ho scelto un argomento generico che ho utilizzato come punto di partenza per fare le ricerche. Non avevo una tesi prestabilita da verificare nel corso della stesura. Ogni volta ho capito in quali direzioni muovermi mentre mi documentavo e scrivevo.

Di solito la prima cosa che faccio è leggere più volte i fumetti che mi interessano e farmi un’idea di cosa volevano dire gli autori per mezzo di essi. Poi leggo anche libri e articoli sull’argomento.

Nel caso di Dylan Dog e Sherlock Holmes: indagare l’incubo sono andato alla ricerca soprattutto dei romanzi, film, saggi e fumetti a cui Sclavi aveva attinto per creare Dylan Dog e per scrivere i vari episodi. Il mio scopo non era “smascherare” l’autore indicando da dove provenivano determinati elementi (per esempio il campanello urlante è ricavato dal film Invito a cena con delitto, l’ispettore Bloch ha l’aspetto dell’attore Robert Morley, la medium Trelkovsky condivide quasi il cognome con il Trelkovski protagonista del romanzo e film L’inquilino del terzo piano, e così via) ma tentare di capire i significati del fumetto. Le opere citate o riutilizzate da Sclavi erano delle specie di “grimaldelli” che mi servivano per interpretare il fumetto.

Con Dall’11 settembre a Barack Obama. La storia contemporanea nei fumetti ho agito in maniera un pochino diversa. Più che individuare le fonti utilizzate dai singoli fumettisti, ho letto delle opere di saggistica sugli argomenti trattati: che i fumettisti le conoscessero o meno non era del tutto rilevante (o meglio: in alcuni casi non lo era). Faccio un esempio: nella striscia Doonesbury di Garry B. Trudeau un personaggio soffre di disturbo post-traumatico da stress in seguito alle esperienze terribili che ha vissuto in Iraq dove è andato a combattere. Non conoscendo questa malattia ho letto un libro sull’argomento, ma non è detto che sia lo stesso libro letto da Trudeau (che tra l’altro è andato davvero a fondo con le sue ricerche: ha parlato con i medici che curavano i soldati e si è recato più volte negli ospedali militari a visitare i malati; va specificato che il motivo principale delle visite non era raccogliere documentazione da usare nei fumetti, ma portare sollievo ai malati). Quello che conta in questo caso è che mi sia documentato sul disturbo post-traumatico da stress, non che lo abbia fatto proprio sulla stessa fonte di Trudeau. Invece per riuscire a interpretare al meglio David Murphy 911 di Roberto Recchioni e Matteo Cremona ho letto Shock Economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri di Naomi Klein. In questo caso ho individuato proprio il libro su cui si erano documentati gli autori, cosa importante perché il saggio della Klein è un’opera militante e nel fumetto ne viene condiviso l’indirizzo politico. Un altro esempio, più rilevante, riguarda la lettura di Writing the War on Terrorism di Richard Jackson e Linguaggio collaterale. Retoriche della “guerra al terrorismo” curato da John Collins e Ross Glover, due libri in cui è stato analizzato il linguaggio utilizzato dall’amministrazione Bush in seguito agli attentati dell’11 settembre. Questi libri, che non c’entra niente con i fumetti, mi sono serviti per scrivere un intero capitolo sul modo in cui alcuni fumettisti hanno assimilato o respinto il linguaggio dell’amministrazione Bush. Ho potuto così collegare in maniera trasversale opere come L’ombra delle torri di Art Spiegelman, Capitan America di John Ney Rieber e John Cassaday, Julian Assange. Dall’etica hacker a WikiLeaks di Dario Morgante e Gianluca Costantini e  The Boondocks di Aaron McGruder.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Se dovessi fare il nome di un solo scrittore che apprezzo direi senza dubbio Georges Simenon. Per anni lo ho conosciuto solo grazie alle inchieste del commissario Maigret, per altro bellissime. Negli ultimi tempi ho iniziato a interessarmi anche al resto della sua sterminata produzione, scoprendo una perla dietro l’altra.

Fra i miei scrittori preferiti ci sono anche Cesare Pavese, Italo Calvino, David Foster Wallace (anche se non ho ancora finito Infinite Jest e dovrò ricominciarlo da capo!), Ernest Hemingway, Dino Buzzati con il suo Il deserto dei tartari, Edogawa Ranpo (il poco che sono riuscito a trovare in italiano), Philip Roth, James G. Ballard, Philip K. Dick, Tiziano Sclavi, Umberto Eco con Il nome della rosa, William Golding con Il signore delle mosche, Arthur Conan Doyle e altri…

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Ho un debole per i classici. Da sempre uno dei miei registi preferiti è Stanley Kubrick. Ma non è l’unico: apprezzo calibri da novanta come Quentin Tarantino, Clint Eastwood, Sergio Leone, Francis Ford Coppola, Oliver Stone, Martin Scorsese, Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Michael Cimino, Charlie Chaplin, Orson Welles, David Lynch, Woody Allen, Ridley Scott, Werner Herzog e Roman Polanski. Mi rendo conto che è un elenco piuttosto “facile”… Altri registi che ho particolarmente apprezzato negli ultimi anni sono Michael Haneke, Ulrich Seidl, Kathryn Bigelow, David Cronenberg, Robert Rodriguez, Alejandro González Iñárritu, Rob Zombie, Brad Bird, Andrew Stanton e Wong Kar-wai.

Classici a parte, mi attira il cinema d’essai ma non disdegno i blockbuster: sono onnivoro! Se c’è una cosa che non sopporto sono i film sui supereroi, salvo rare eccezioni. Non è snobismo verso il genere perché reputo alcuni fumetti di supereroi fra le migliori cose che abbia mai letto. Sono le versioni cinematografiche che proprio non funzionano.

Quanto agli attori… i miei preferiti sono Marcello Mastroianni e Marlon Brando, ma mi piacciono anche Leonardo DiCaprio, Klaus Kinski, Paul Newman, Toshiro Mifune e Robert De Niro.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

A “Lucca Comics and Games 2016” sono stati presentati Sherlock Holmes. L’avventura nei fumetti e Daryl Dark – Stagione due. Nell’immediato futuro spero di avere l’opportunità di promuoverli con interviste e presentazioni.

Più in là nel tempo mi piacerebbe riuscire a pubblicare un libro su Grant Morrison e un romanzo, ma non c’è ancora nulla di concreto.

IN BOCCA AL LUPO PER TUTTO ALLORA… RESTEREMO SINTINIZZATI!

Davide Longoni