STRADE PERDUTE, UNA NOTA FILOLOGICA

Un film NOIR dell’orrore del XXI secolo

David Lynch

Confrontando la sceneggiatura scritta da David Lynch e Barry Gifford [1] con il film omonimo, è possibile riscontrare alcune differenze. Differenze, sia chiaro, di minimo conto e assolutamente comuni all’interno della macchina cinema, dove il passaggio dalla parola scritta alle immagini prevede sempre un ampio margine di variabili. Tuttavia il testo di Strade perdute non si discosta di molto da quanto è possibile vedere nel film.

Ciò nonostante scorriamo il testo dal principio.

La prima difformità si presenta alla scena 34, quando i due detective Al ed Ed tornano alla casa di Fred Madison per la seconda volta. Questa scena, che non si discosta dalla prima apparizione dei poliziotti, contribuisce ad accrescere la paranoia della coppia e l’indifferenza sorniona dei detective, quasi divertiti dalla situazione delle videocassette misteriose recapitate a Fred e Renee, i due protagonisti, lui musicista jazz, lei bonazza.

Altra scena mancante nel film è la 54, quella dell’obitorio, molto classica (in un noir) e bella. La sequenza presenta alcuni personaggi completamente estranei al panorama della pellicola. Il corpo di Renee, dopo che Fred, geloso, l’ha uccisa tagliandola a pezzi come la dalia nera, è stato portato alla morgue di tanti noir anni ‘40. Lei è oscenamente distesa sul tavolo delle autopsie. Abbiamo un inserviente che prepara gli attrezzi e il medico che arriva tutto in ghingheri abbracciato a una bella figa. Il dottore si giustifica dicendo che è reduce dalla festa a casa del sindaco e che la ragazza è Joyce, la figlia appunto del primo cittadino. Dopo che tutto è pronto per l’esame autoptico, cinicamente, il doctor getta la sigaretta nello scolo e la macchina da presa (mdp) segue il mozzicone tra i capelli e i frammenti umani putrefatti.

Anche la scena 56 è nuova e presenta due giovani ragazze, Marian e Raquel, in un negozio di biancheria intima mentre discorrono del delitto della settimana, ovvero quello di Fred Madison, il noto jazzista, nei confronti della bella moglie Renee, scannata e di cui sopra. Sul finire della scena le due giovani incontrano e salutano Andy, un piacione del bel mondo losangelino che nel film appare per la prima volta nella scena del party e nel segmento finale.

Altro bel pezzo è quello nella prigione di stato dove Fred Madison è stato rinchiuso per l’uxoricidio della moglie Renee.

Nel film non si vedono scorci di vita nel penitenziario. La sceneggiatura invece prevede una sequenza corale in cui i vari galeotti salutano e incoraggiano uno di loro, Sammy, mentre viene portato in processione verso la sedia per essere fritto. E’ una delle sequenze scritte più lunghe e prevede la presenza di vari ergastolani, Sammy, le guardie, il cappellano, il direttore e il boia.

La scena 77, espunta, prevedeva un festino sessuale a casa di Andy con le ragazze della scena 56, ovvero Marian e Raquel. La seq. 89, molto breve, mostra una conferenza stampa della polizia per giustificare la misteriosa sparizione di Fred Madison dal carcere (nel film infatti Fred si trasforma, senza alcuna spiegazione, in un’altra persona, un giovane meccanico di nome Pete Dayton, fisicamente differente dall’uxoricida, tanto che le autorità, ritrovandoselo nella cella del jazzista, sono costrette a rilasciarlo; la seconda metà del film si concentra sulle vicende di Pete che, ripreso il lavoro all’officina, si innamora della ragazza sbagliata, la donna di un pericoloso boss della mala, Mr. Eddy). La scena 101, articolata, presenta un lungo scorcio notturno nella vita di Pete Dayton, il ragazzo in cui si è trasformato Fred Madison. Pete esce con gli amici e sale nella macchina di V, nel film interpretato brevemente da Giovanni Ribisi. Nella scena scritta, V fa il bullo con l’auto, una Ford Chop del ‘50, e sembra di trovarsi in una situazione da Gioventù Bruciata. Il resto della scena prosegue nel bowling e non presenta difformità da quanto mostrato sullo schermo. Tutta la parte centrale della storia, col pezzo forte di Mr. Eddy è pressoché identica sia nella sceneggiatura che nel film. Piccole differenze alla scena 138, quando Pete ed Alice, la ragazza del boss di cui il meccanico si è invaghito, sono in macchina, resi sospettosi dal fatto che Mr. Eddy possa scoprirli. Notano una macchina che li segue (è quella dei poliziotti Hank e Lou, incaricati di pedinare Pete per scoprire che fine abbia fatto Fred Madison), ma i due giovani riescono a seminarli. Un’altra lunga scena espunta è la 143, dove Pete raggiunge gli amici al locale notturno. Pete si sente strano e la sua ragazza Sheila non riesce a vederlo, come se lui fosse invisibile. Poi Sheila viene avvicinata da un tamarro e Pete interviene stendendolo con un cazzotto, allora lei si accorge della sua presenza. Ancora un lungo tratto di film e sceneggiatura che non presentano discordanze. Si arriva al finale con Pete che, convinto da Alice, ha ammazzato Andy per rapinarlo e raggranellare i soldi sufficienti per scappare da Mr. Eddy, ormai al corrente della tresca con la femme fatale. Alice e Pete dunque fuggono nella notte. Corsie notturne. Strade perdute. Prima di andare nella capanna nel deserto, set finale del film, la coppia si ferma in un residence di periferia per chiedere numi a uno strano domestico conoscente di Alice. E’ una sequenza divagatoria che rallenta l’avvicinamento all’ultimo atto del film.

Riassumendo quanto detto, la sceneggiatura di Strade perdute non presenta particolari o significative differenze col testo filmato, tuttavia, nella lettura (piacevolissima e interessante, trattandosi di una storia tanto strana e originale) è possibile ricavare una maggiore polifonicità divagante, tipica dello stile letterario di Gifford, autore non estraneo alle deviazioni jazz. Lynch, nella messa in scena, pur rispettando completamente la scrittura di fondo, semplifica alcuni passaggi, concentrando l’intero nucleo narrativo attorno ai poli di Fred Madison e Pete Dayton e delle femme fatali Renee e Alice.

Davide Rosso


[1] La sceneggiatura è stata pubblicata meritoriamente dalla Bompiani nel 1998 con una nota di Enrico Grezzi e dello stesso Gifford, che ci illumina sulle condizioni e le strategie che hanno portato alla nascita del testo.