LEONARDO CRUCIANO

Tra i più acclamati creatori di effetti speciali del momento, fondatore del progetto Makinarium e recentemente collaboratore al film “Il racconto dei racconti” di Garrone, Leonardo Cruciano è sicuramente una figura di spicco del mondo dell’effettistica cinematografica italiana, talmente bravo da avere alle spalle già un curriculum di grande rispetto… e non solo nel nostro paese.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È LEONARDO CRUCIANO?

Sono un realizzatore di effetti speciali, un creatore di creature, un artigiano delle illusioni visive, insomma un lavoratore dello spettacolo “a progetto”.

COME HAI COMINCIATO A OCCUPARTI DI EFFETTI SPECIALI PER IL CINEMA?

Il Cinema è una passione.

Con tanta speranza e sacrificio sono partito da Bari cercando strade nel mondo dell’arte, ma allora mi andava bene una qualsiasi possibilità di lavorare nell’artigianato artistico: non si pensa partendo dalla provincia italiana di poter fare effetti per il cinema, in Italia poi…

Ho avuto molti impieghi prima di riuscire a crearmi un’azienda su misura.

Avrei voluto iscrivermi all’Accademia di Carlo Rambaldi a Terni, ma non me lo potevo permettere, allora ho fatto come tanti il lavoratore precario come scenotecnico, pittore, scultore, illustratore, un po’ tutto ciò che mi passava a tiro pur di non mollare; e ho studiato tanto dall’Accademia di Belle Arti agli studi da autodidatta in Percezione Visiva, Iperrealismo fino ai corsi e workshop di linguaggio cinematografico, cartoni animati, ma soprattutto trucco speciale ed effetti speciali.

Insomma quando, dopo le prime esperienze sui set di film italiani e spot pubblicitari, sono finalmente approdato a Cinecittà sulla serie HBO “Rome” come Props Maker ho puntato tutto sul costruirmi a Roma il mio piccolo laboratorio di Effetti Speciali Plastici e Pittorici.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Sono molte le produzioni alle quali ho preso parte o per le quali ho realizzato creazioni con la mia equipe, ma, sicuramente quelle più importanti per me sono quelle dove ho potuto esprimere design e soluzioni personali, creare davvero qualcosa all’interno della visione più vasta del regista.

Contribuire alla realizzazione dell’illusione filmica con illusioni visive è il mio mondo.

Ora non tocca maggiormente la mia sensibilità se il film è un kolossal americano: “Ben Hur”, “Zoolander 2”, “I Borgia”, hanno budget e standard che certamente mi mettono in condizione di lavorare tecnicamente al meglio, ma il cuore è da un’altra parte.

Amo i film di Stefano Bessoni come “Imago Mortis” e “Krokodyle”, le produzioni indipendenti come “World Makes Zombies”, “Fantasticherie di un Passeggiatore Solitario”, ma anche singole creazioni particolari di Special Props o di trucco, o ancora di iperrealismo umano e animale, per opere di registi anche molto distanti tra loro come Hugh Hudson, Spike Lee, Michael Apted .

Penso che un po’ per tutti quelli che creano effetti alle volte si rimane legati più al progetto totale del film e altre volte più a una singola creazione, che sia per il cinema, una serie TV o una pubblicità.

VISTO CHE SULLA ZONA MORTA CI OCCUPIAMO PRINCIPALMENTE DI GENERE FANTASTICO, VORREMMO SOFFERMARCI SUI TUOI LAVORI PER GLI SPOT TELEVISIVI PER LA QUARTA STAGIONE DI “THE WALKING DEAD” E PER I FILM “SHADOW” DI FEDERICO ZAMPAGLIONE E “IMAGO MORTIS” DI STEFANO BESSONI. COSA PUOI RACCONTARCI DI QUESTE TUE COLLABORAZIONI?

Lo spot in questione mi ha visto impegnato nell’esecuzione dello special make-up di ragazze Zombies in stile “Nicotero – The Walking Dead”. Un commercial molto stimolante e divertente come tanti altri eseguiti per la Fox, con trucco speciale eseguito in un giorno di riprese con il talentuosissimo Fabio D’Orta alla regia e il vulcanico Alan Vele come line producer, per me una bella esperienza davvero.

Con Federico Zampaglione ci siamo divertiti ed è stato bello sperimentare insieme a lui, che è un entusiasta dell’horror e dalla sua tradizione. “Shadow” ha un’atmosfera unica e la “giostra” dei carbonizzati è ancora oggi una delle cose stilisticamente più interessanti di cui ci siamo occupati.

Con Stefano Bessoni c’è invece, oltre a un rapporto di stima incredibile per l’artista e il suo mondo, anche un lungo rapporto di amicizia. Stefano è un illustratore, un film maker, un collezionista, uno scrittore, un esperto di stop-motion. Da subito le nostre strade si sono incrociate e sono nate collaborazioni come quella su “Imago Mortis” di cui abbiamo curato tutti gli effetti speciali e la creazione di Props nati dalla fantasia di Stefano, e in seguito su “Krokodyle”, progetto indipendente e gioiellino macabro in cui si è sperimentata anche l’animazione a passo uno.

RECENTEMENTE HAI FONDATO, INSIEME AD ALTRI PROFESSIONISTI DEL SETTORE, LA MAKINARIUM: VUOI PARLARCENE?

In realtà da sempre cerco di associare talenti e belle professionalità in progetti comuni.

Nel naturale sviluppo dei mercati e dei progetti che affrontavo di volta in volta mi trovavo sempre a non essere messo in condizione di esprimere tutta la potenzialità tecnica e creativa delle squadre che dirigevo.

Per svariati gap di produzione o organizzazione spesso dovevamo accontentarci dell’effetto finale limitato da budget o tempi, ma spesso anche dalla mancanza di una regia degli effetti.

Così partendo da produzioni indipendenti e sperimentando quando si poteva anche su film importanti ho portato avanti il lavoro di integrazione di un gruppo di società e freelance che facevano network dalla produzione all’Effetto Speciale Fisico, Trucco Prostetico ed Effetti Visivi.

Poi l’esigenza, proprio sul film “Tale of Tales” di Matteo Garrone, di strutturare e consolidare questa factory in maniera definitiva in un’unica società di nome MAKINARIUM.

Una sfida un po’ folle e controtendenza: una factory di artisti e tecnici coordinata da producer in grado di offrire una visione integrata di tutti gli effetti speciali dalla creazione dei concept fino alla realizzazione dei trucchi fisici per concluderli con la post produzione di effetti visivi.

LA VOSTRA PROFESSIONALITA’ E L’INTEGRAZIONE DELLE VOSTRE COMPETENZE HANNO PORTATO ALLO SVILUPPO E ALLA BREVETTAZIONE DEL “LCW’S SFX INTEGRATED SYSTEM”, FIORE ALL’OCCHIELLO DELLA VOSTRA FACTORY. DI COSA SI TRATTA E QUALI SONO I VANTAGGI DI QUESTO SISTEMA?

In realtà io non ho mai smesso di studiare e soprattutto di sperimentare, di cercare nuove soluzioni e collaborazioni con le figure professionali più impensabili, sono fatto così e non sempre ciò è un male…

Passione vuol dire anche questo: studiare e tentare, intuire e sperimentare.

“LCW SFX INTEGRATED SYSTEM” è la sigla con la quale abbiamo depositato una sorta di brevetto di sistema all’inizio della nostra missione di cercare di integrare in maniera solidale e invisibile l’effetto speciale che fosse scenico o di special make-up con quello digitale.

Tutte le soluzioni e creazioni eseguite a tal fine compongono la nostra parte autoriale del sistema che è più che altro poi la nostra linea guida progettuale ed esecutiva, il nostro modo di operare.

Un po’ alla volta mettendo insieme i prodotti che man mano eseguiamo si intravede lo stile di una factory e non il mio personale.

In una linea di produzione degli effetti di tipo industriale americano è normale eseguendo in cordata di mega ditte ottenere un prodotto di visual effects supportato da special effects e special make-up su un precisissimo progetto produttivo da molti milioni di dollari.

Ma, quando il budget è decisamente più basso il prodotto diventa quasi inevitabilmente e visivamente un B-Movie.

Ora in Europa difficilmente si mettono insieme progetti con tale forza economica e inquadramento commerciale, quindi si rinuncia a progettare effetti integrati?

Non sempre, “Il labirinto del Fauno” di Guillermo del Toro e tutti gli horror dell’ultimo cinema neo-gotico spagnolo erano un grande esempio da seguire oltre al fantastico Weta in Nuova Zelanda capace di realizzare capolavori di effetti come “Il Signore degli Anelli”.

Quindi ho solo lavorato affinché tutto ciò potesse avvenire già in piccolo in unica realtà con un sistema in grado di creare per progetti di autori non avvezzi agli effetti o con produzioni non strutturate per un film con effetti rendendo accessibili queste tecnologie ai loro budget molto più contenuti.

UNO DEGLI ULTIMI VOSTRI LAVORI E’ STATA APPUNTO, COME DETTO, LA COLLABORAZIONE CON “IL RACCONTO DEI RACCONTI” DI MATTEO GARRONE: COSA PUOI DIRCI DI QUESTA ESPERIENZA E DI COSA VI SIETE OCCUPATI IN PARTICOLARE?

Ho conosciuto Matteo Garrone ai tempi di “Reality”: allora avevamo realizzato qualche piccolo effetto per il film, ma, istintivamente abbiamo subito instaurato un rapporto creativo molto stimolante. Garrone aveva in mente di realizzare esplicitamente una favola, in tutta la sua essenza di racconto primordiale; anche negli altri suoi film ne esistevano le componenti, ma questa volta voleva che la pittoricità di un mondo magico – fatto di castelli e creature – andasse in scena con tutto lo sporco, la matericità, la carne del “vero”. Così ci ha coinvolti al concept delle creature, poi alla loro messa in scena; abbiamo iniziato a studiare come adattare le soluzioni di effetti speciali e visivi alla narrazione e al suo stile di regia, così unico, cercando di non penalizzarlo. Non ci ha lasciati mai lungo tutta la lavorazione, ha controllato sempre ogni possibile strada visiva per non far scivolare lo stile di meraviglia e stupore narrativo verso l’effetto sensazionalistico fine a se stesso. Noi, dal canto nostro, abbiamo provato a fornire, in ogni fase, più alternative visive possibili, sperando alla fine di avere centrato il risultato sperato.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI CHE AVETE IDEATO PER LA PELLICOLA?

Nonostante la complessità degli interventi, la sfida vera non è mai stata il Drago, o la pulce, o le creature; che si trattasse di paesaggi in matte painting o trucchi prostetici su attori, avevamo una buona pianificazione per risolverli in un modo o nell’altro. Credo invece che la sfida sia stata proprio mantenere la loro coerenza visiva senza che si scollassero dal film.

OCCUPARSI DI EFFETTI SPECIALI IN QUESTI ANNI, SIGNIFICA SPESSO ANCHE STRIZZARE L’OCCHIO AL GENERE FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Io personalmente amo un po’ tutto il cinema e seguo più spesso i film cosiddetti “d’autore”, non ne faccio una questione di genere, diciamo che solo faccio fatica a seguire in sala un blockbuster senza narrazione o regia interessanti.

Il fantasy, come pure l’horror, è però il genere “ludico” per eccellenza per uno come me che fa effetti speciali e creature.

Sia nel realizzarli che nel fruirli di solito si risveglia il bambino che è in me.

Purtroppo però molti effetti come l’iperrealismo di un corpo umano piuttosto che di un paesaggio si misurano meglio su film più drammatici per i quali spesso gli effetti devono risultare “invisibili” o avere delle precise connotazioni “pittoriche stilistiche” ma non essere così dichiarati al pubblico.

Ciò comporta spesso che i risultati più alti in termini tecnici li abbiamo su film nei quali non penseresti che sia presente il nostro lavoro.

La soddisfazione spesso è nel non vederli.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. QUANDO DEVI AFFRONTARE UN NUOVO EFFETTO SPECIALE, DOVE TRAI L’ISPIRAZIONE PER REALIZZARLO E COME TI COMPORTI DI CONSEGUENZA PER POTERLO RENDERE IL PIU’ REALE POSSIBILE?

Parto sempre e comunque dallo studio della realtà.

Recuperare più esempi della realtà fisica che ci circonda, con foto e video se non posso accedere dal vivo all’osservazione del soggetto.

Quindi scomporla in percezione visiva della realtà fino alla sua percezione pittorica.

Cosa vedi davvero, per quanto tempo, quante volte, in che modo…

Disegnare, fotocompositare, eseguire modelli e piccole simulazioni, scomporre l’effetto in ogni sua forma.

Confrontarmi ove possibile con il mondo dell’arte e le soluzioni visive già percorse dagli altri.

Come un prestigiatore progettare l’illusione in ogni sua minima componente fisica, ottica e virtuale.

Per questo era fondamentale per me non avere limiti di tecnica e tecnologia: integrare creature animatroniche con attori veri e stunts truccati con protesi, su azioni articolate e movimenti di camera che passano da location vere a set scenografici con porzioni in green screen e marker a tracciare percorsi visivi da completare al computer in CG e compositing in un’unica regia del tutto.

PARLANDO DI CINEMA, QUALI SONO STATI I FILM CHE PIU’ TI SONO PIACIUTI?

Nella storia del cinema troppi!

Potrei elencarne 100 e ne dimenticherei senz’altro qualcuno.

Kubrick , Leone, Kitano, Gilliam, Gondry, Welles, Eastwood, Antonioni…

Diventerei banale credo, se poi citassi pure gli autori horror o fantasy, si finirebbe per parlare di Lucas, Jackson, Del Toro, per poi passare a Freda e Bava, o i primi thriller di Argento sul fronte italiano.

Così preferisco sempre scherzarci su e parlare del mio film feticcio d’infanzia “Lo Squalo”.

Però devo dire che ho avuto la fortuna di lavorare personalmente con grandi registi per film che mi piacciono anche tanto, tra tutti quelli già citati ad esempio Garrone; quando ciò avviene è comunque una magia.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Nella realtà l’immediato futuro più o meno lo conosco e ci sono per fortuna progetti molto stimolanti e produzioni associate che portano Makinarium sempre più verso la sua vocazione di piccolo marchio di stile visionario e gotico.

Non posso parlare molto di produzioni in svolgimento o prossime, ciò che posso dire è che film di botteghino sono in lavorazione accanto a progetti visionari di coproduzione europea come il goticissimo horror “Cruel Peter” di Malgarini e Bisceglia, fino a impegnarci su nuovi progetti sperimentalmente inconsueti per i mercati asiatici.

Mentre sogno sempre in grande, vedere tutta la factory Makinarium continuare a crescere e divenire un marchio di effetti speciali integrati e produzione fantasy e visionaria d’autore in Europa.

Chissà, non sempre i sogni muoiono nei cassetti.

Davide Longoni