UN CANNIBALE DI NOME DEODATO: IL CINEMA THRILLER – HORROR DI UN REGISTA AMERICANO 11 – PARTE 02

Capitolo Undicesimo – Parte 02

Gli slasher movie e la sexesploitation

Camping del terrore (1987) giunge due anni dopo Inferno in diretta ed è uno slasher movie puro senza nessuna contaminazione da sexesploitation e da rape e revenge. Un film di pura imitazione di Sean S. Cunningham (produttore de L’ultima casa a sinistra di Craven poi passato alla regia) e del suo fortunato Venerdì 13 (1980). Qui si va oltre la semplice emulazione, trama e situazioni sono così simili da far pensare soltanto a uno sfruttamento commerciale di una moda. Camping del terrore è horror per teenager, fa parte del filone dei teen movie come alcuni hanno definito le pellicole prodotte sulla scia di Halloween. In ogni caso si tratta di uno dei lavori meno riusciti di tutta la produzione di Deodato. Scritto e sceneggiato da Alessandro Capone con la collaborazione di Luca D’Alisera, Dardano Sacchetti e Sheila Goldberg. La fotografia (quasi mai incisiva e spesso troppo scura) è di Emilio Loffredo. Prodotto da Alessandro Fracassi per Racing Pictures e distribuito da Titanus. Girato in una finta America che è il Parco Nazionale degli Abruzzi. Il cast: Mimsy Farmer, David Hess, John Steiner, Ivan Rassimov, Luisa Maneri, Andrew Laderer, Nicola Farron, Stefano Madia, Cynthia Thompson, Valentina Forte, Elena Pompei, Charles Napier, Bruce Penhall. Tra i giovani attori italiani spicca una giovanissima (e piuttosto nuda) Nancy Brilli. La colonna sonora di Claudio Simonetti è composta da una musica rock martellante e ossessiva che si impenna nei momenti di maggior tensione. Gli effetti speciali e il trucco (che in parte salvano la pellicola) sono di Rosario Prestopino e di Gaetano e Francesco Paolucci. Camping del terrore viene girato dopo The Barbarians ma è messo in distribuzione prima per sfruttare il successo commerciale di Venerdì 13.

La trama è davvero esile, come nel film di Cunningham d’altra parte. Un gruppo di giovani arriva in un campeggio maledetto dove quindici anni prima furono uccisi due ragazzi. Per questo motivo il campeggio ha chiuso l’attività e il proprietario (David Hess) non vorrebbe ospitare i ragazzi. Il figlio insiste e convince il padre a far restare quelli che considera suoi amici. A questo punto entra in azione lo spirito vendicativo dello sciamano, che la leggenda tramanda come metà uomo e metà animale. Lo sciamano dicono che sia il colpevole del duplice omicidio di quindici anni prima ed è stato risvegliato dalla presenza dei nuovi ospiti. Si dà il via al massacro in un crescendo di terrore. Lo sciamano colpisce con una maschera terrificante ben realizzata dai curatori degli effetti speciali. Alcune esecuzioni sono davvero spettacolari: una caduta nel vuoto, l’eccidio nel bagno, il pugnale che sbuca dal letto, accettate sulle mani e sul corpo, trappole mortali che inchiodano, colpi d’ascia che dividono in due il cranio… tutto molto gore a dire il vero. Una manna per gli appassionati. Per non parlare della scena che riprende in dettaglio le parti umane sezionate e messe in formalina dal folle come se si trattasse di una macabra collezione. Dopo un numero incalcolabile di cadaveri si scopre che la storia dello sciamano è soltanto un trucco e che la maschera nasconde il figlio del gestore del campeggio. È lui il pazzo assassino e si identifica nello spirito del male che secondo le leggende infesta la zona. La sua mente è sconvolta per aver assistito da ragazzo al tradimento della madre che se la faceva proprio con lo sceriffo. “Se lo dirai in giro lo sciamano ti verrà a prendere”, gli aveva detto la madre. E lui ha finito con l’identificarsi nello sciamano e ad abbinare la sua figura a quella notte terribile in cui ha visto la mamma a letto con un altro uomo. Il ragazzo è eccitato negativamente proprio dalla sessualità che ritiene da colpire e punire, la sua ira omicida si scaglia contro i corpi dei coetanei che stanno facendo l’amore o che si appartano per scambiarsi tenere effusioni. Anche qui le similitudini con il personaggio di Jason sono evidenti. Nella parte finale del film assistiamo anche a una lite violenta tra i due proprietari del campeggio al termine della quale la moglie vorrebbe scappare con lo sceriffo. La lite degenera, la moglie colpisce il marito e crede di averlo ucciso, quindi ne occulta il corpo nella stalla sotto una catasta di legna. Ma David Hess non è morto ed è lui a massacrare la moglie prima della fine. Lo sceriffo trova il corpo senza vita dell’amante ed è costernato. Vuole vendicarla. C’è appena il tempo di uno spettacolare assalto finale da parte dello sciamano, che esce da una vetrata in frantumi e tenta di uccidere i ragazzi sopravvissuti. Lo sceriffo (Charles Napier)  interviene al momento giusto e libera il campeggio dal folle, poi si mette alla ricerca del rivale per vendicare la donna. Non è finita. L’ultima sequenza vede David Hess giustiziato proprio dallo spirito dello sciamano. Resta aperta la porta ad altre soluzioni e soprattutto alla possibilità (mai sfruttata per lo scarso successo del film) di realizzare una seconda parte di  Camping del terrore .

Il film non piace neppure a Deodato. Ecco la sua interpretazione autentica: “Io volevo fare una cosa diversa. Intanto volevo Valentina Forte come protagonista. Ma non fu possibile per un litigio che ci fu tra di noi. Poi facemmo pace e lei ha recitato un breve flashback. Ci sono scene aggiunte dopo che non c’entrano niente con il film che io avevo in mente. L’unica cosa davvero riuscita è l’ambientazione. Lo abbiamo girato tutto in Abruzzo. Il mio campeggio abruzzese può ben essere scambiato per un campeggio statunitense. Basta vedere il film di Cunningham, sfido a  trovare differenze”.

Aggiungiamo, per completezza e per il gusto del pettegolezzo cinematografico, che all’epoca Nancy Brilli era fidanzata ufficiale di Deodato. Forse fu questo fatto che causò la lite con Valentina Forte e il conseguente rifiuto a recitare la parte della protagonista.

Alessandro Capone ha invece accusato Deodato di aver stravolto la sua sceneggiatura e di aver peggiorato la struttura del film.

In ogni caso c’è qualcosa da salvare in questa pellicola così bistrattata.

A parte l’ambientazione, realizzata con molta cura, anche la recitazione non è male. Mimsy Farmer (che aveva già lavorato con Deodato in Concorde Affaire ’79) è una moglie molto convincente. David Hess è come sempre bravo, pure in un ruolo da vittima poco congeniale. Per buona parte del film siamo portati a credere che sia lui il folle che uccide con la maschera da sciamano, ma sarebbe troppo semplice… Charles Napier è uno sceriffo credibile, ma pure Ivan Rassimov e John Steiner fanno la loro parte con diligenza. Nancy Brilli è al debutto, dimostra di avere doti interessanti, ma pure gli altri giovani attori della pellicola non se la cavano male (Elena Pompei su tutti). Poi gli effetti speciali sono ben realizzati e costituiscono l’ossatura del film. Se prendiamo l’originale di Cunningham non è che siamo di fronte a un capolavoro: una pellicola realizzata con poche lire in un campeggio dove un folle uccide a colpi di coltello. Era un film rozzo con poca suspense, girato con interminabili soggettive, salvato solo dagli effetti speciali truculenti di Tom Savini. Anche in Camping del terrore i fratelli Paolucci e Prestopino fanno un buon lavoro, dispensando effettacci a piene mani per stordire lo spettatore. C’è da dire che in più di un’occasione Deodato sa trasmettere anche un minimo di tensione. Si veda la sequenza con la mano del folle assassino che esce di colpo da uno specchio, afferra la vittima e la trascina via con sè per poi accoltellarla. Poi c’è un’interessante parte onirica dove i sogni di una delle protagoniste si confondono con la realtà e materializzano le paure e le angosce. In primo piano compare una stupenda visione di nudo femminile, che si modifica d’un tratto in una gamba mozzata da un colpo di mannaia. Si prosegue la scena del sogno con immagini di uomini che si sovrappongono e si decompongono, poi si susseguono scene terribili fino al risveglio. Da notare anche un’interessante sequenza erotica nel reparto docce con protagonista Nancy Brilli. Citiamo l’omaggio a Tobe Hooper e a Wes Craven reso da una sequenza omicida con la sega elettrica. Di negativo c’è soprattutto che, continuando a scorrere la pellicola, ci rendiamo conto che sono troppe le scene già viste in Venerdì 13.  Il pugnale che sbuca da sotto il letto e trafigge prima il materasso, quindi le costole di una ragazza può valere come esempio. Ma anche l’ambientazione nel reparto docce e i delitti che si susseguono in quella zona sono troppo simili all’originale nordamericano per essere casuali. Forse la cosa è voluta. Può darsi che Deodato l’abbia pensata a una sorta di omaggio a Sean S. Cunningham. In ogni caso di per sé lo slasher movie è un sottogenere destinato a realizzare prodotti molto simili l’uno all’altro. La vicenda ruota quasi sempre attorno a un gruppo di ragazzini riuniti in un luogo isolato (un campeggio, una casa lasciata libera dai genitori) assediati da un killer spietato che vuole ucciderli tutti e che prima o poi lo farà. In questo genere di pellicole di solito si salva solo una persona, che nella saga di Venerdì 13 è sempre la stessa e dà continuità alla serie. Sono film che impongono all’attenzione il serial killer presentato come il mostro moderno e rimpiazzano nell’immaginario collettivo le vecchie figure di mostri e vampiri. Horror per teenager a caccia di emozioni forti e che non vogliono pensare, hanno detto alcuni critici, pellicole dove impera il gusto per la scena macabra e per l’omicidio efferato. Il genere prolifera e deborda proprio negli anni Ottanta, in un periodo di incertezza che vede la caduta delle tendenze giovanili fiorite negli anni Settanta. La tesi di un cinema horror cantore del disagio giovanile non ci pare troppo azzardata.

Per fare una rapida storia del sotto genere diciamo che tutto comincia con Non aprite quella porta (1974) di Tobe Hooper e la sua assurda storia di macellai folli che sequestrano e torturano un gruppo di ragazzini. Poi citiamo Le colline hanno gli occhi (1977) di Wes Craven, un’altra storia di selvaggi cannibali che sequestrano una famiglia mentre sta attraversando una zona desertica.

Un discorso a parte merita Le colline hanno gli occhi, che con una fotografia fredda ed essenziale, costruisce una storia cupa in un paesaggio spettrale reso ancora più terribile da una colonna sonora a base di musica sintetica. Tra l’altro si tratta di una storia vera accaduta in Scozia due secoli prima. Qui c’è davvero di tutto: slasher, sexesploitation, rape e revenge… siamo di fronte a una delle pellicole più crudeli della storia del cinema. L’atmosfera ricorda molto il crescendo di follia de L’ultima casa a sinistra e le uccisioni efferate sono caratterizzate da eccessi di crudeltà davvero unici. C’è pure un surreale lieto fine con la strage dei selvaggi aguzzini e la vendetta è resa ancor più pesante da un corpo massacrato esibito in primo piano.

Tutti film che sono slasher, quindi costruiti abusando delle consuete scene splatter e con un pesante utilizzo del gore.

Halloween: la notte delle streghe (1978) di John Carpenter è un capolavoro che dà vita a un serial killer immortale che ci accompagnerà per un’interminabile serie di film. La storia di Michael Myers, lo psicopatico fuggito di manicomio che uccide senza motivo, è quasi inutile raccontarla da quanto è nota. Resta solo da dire che gli altri film della serie non sono allo stesso livello del primo ma vivacchiano raccontando diverse versioni che provengono da un identico leitmotiv. Halloween – venti anni dopo (1988) di Steve Miner presenta qualche elemento di originalità.

Venerdì 13 viene prodotto nel 1980 niente meno che dalla Paramount e il regista si chiama Sean S. Cunningham. La storia mostra una serie di omicidi all’interno di un campeggio compiuti da un folle: nel primo episodio è la madre del deforme Jason, che nelle successive puntate ne prenderà il posto. Il film è costruito per un pubblico giovane, l’intreccio non conta, tutto si regge sugli effetti speciali e sulla presentazione di omicidi sempre più assurdi. Ci sono uccisioni introdotte da interminabili soggettive, si esalta il voyeurismo dello spettatore che va al cinema solo per vedere come il serial killer colpirà. Le vittime non fanno pena, lo spettatore non parteggia per loro, anzi attende il momento in cui il killer uccide per gustare il colpo di mannaia, il sangue che scorre e magari anche qualche scena erotica preliminare. Non ha nessuna importanza il perché venga commesso il delitto, non contano le motivazioni psicologiche, appena abbozzate nel primo capitolo, inesistenti nei successivi. Imperversano il gore, lo splatter e le scene di violenza gratuita che hanno fatto vietare in Italia il film ai minori di diciotto anni, privandolo del suo pubblico di riferimento.

Nightmare (1984) di Wes Craven ha fatto nascere e amare un personaggio negativo come Freddy Krueger, è un film simbolo di horror giovanile e di slasher movie. Dobbiamo dire che in ogni caso contiene elementi di maggiore originalità rispetto ai suoi predecessori.

Sono tutti film che hanno dato il via al fenomeno del sequel e hanno portato lo schema della soap opera anche nel cinema horror. Sul cinema del serial killer nel cinema vi consigliamo di leggere l’esaustivo saggio di Fabio Giovannini pubblicato da Datanews e in seguito ristampato da Profondo Rosso.

Per restare a Venerdì 13, il film più interessante ai fini della nostra ricerca, possiamo dire che Camping del terrore di Deodato è quasi un sequel apocrifo della pellicola, tante e tali sono le similitudini con l’originale. Il primo film della serie americana aveva in definitiva qualcosa di buono (effetti, gore, novità…) e poteva ispirare la voglia di confrontarsi con l’originale per ricrearne soprattutto gli effetti speciali. Adesso abbiamo toccato davvero il fondo con gli innumerevoli cloni di questa pellicola, molti capitoli successivi tanto da perdere il conto. Noi ci siamo fermati a Jason X (2002) che vede il killer immortale spedito a far carneficine nello spazio.

Non ci dimentichiamo però che già nel 1971 il grande Mario Bava con Reazione a catena – Bay of blood aveva già anticipato tutte le tematiche dei futuri slasher movie. Questo per dire che Venerdì 13 non ha inventato nulla e che Cunningham deve pagare debiti di ispirazione verso una pellicola italiana che di sicuro conosceva.

Per concludere l’argomento diciamo che nello slasher movie e nel cinema di sexesploitation hanno un posto particolare le pellicole del filone nazi-porno (o nazi-erotico che dir si voglia). Si tratta di film caratterizzati da violenza, sadismo, sessualità deviata e perversa. L’azione quasi sempre si svolge in un luogo chiuso. Serie cult del genere è Ilsa, una saga in quattro episodi interpretata dalla giunonica svedese Dyanne Thore. Ilsa è la donna belva, crudele e sensuale al tempo stesso. Se si vuole rappresenta un’eccezione in questo tipo di cinema, che abbiamo visto caratterizzato da misoginia e violenza sulle donne. Ilsa, la belva delle SS (1974) è un film di Don Edmonos ed è tra i più censurati della storia del cinema. Lo hanno bandito pure in Olanda, realtà solitamente molto permissiva. La trama va raccontata in breve. Ilsa evira chi ha avuto rapporti con lei, come una mantide che uccide il compagno mentre fa l’amore. Assistiamo ad atroci supplizi: prigionieri infettati con virus letali, batteri, vermi infetti nelle ferite…  Ci sono situazioni nuove come donne torturate da un’altra donna ed è forse la prima volta nel cinema di sexeploitation. In realtà vittima è sempre la donna ma per mano di una donna belva. Tra i nazi movie più famosi citiamo Salon Kitty (1975) di Tinto Brass (più soft, però) e La bestia in calore (1977) di Paolo Solvay.

Abbiamo divagato, ma crediamo che sia utile inserire i due film di Deodato riconducibili alla sexeploitation e allo slasher in uno scenario più generale, che nasce negli Stati Uniti ma contamina gran parte del cinema di genere italiano degli anni Settanta e Ottanta.

(11/2 – continua)

Gordiano Lupi