UN CANNIBALE DI NOME DEODATO: IL CINEMA THRILLER – HORROR DI UN REGISTA AMERICANO 10 – PARTE 02

Capitolo Decimo – Parte 02

Concorde Affaire ’79 e I predatori di Atlantide

Terminiamo con I predatori di Atlantide (1983) che precede di un anno Inferno in diretta. Deodato è uno sperimentatore di generi e passa dall’avventuroso al lacrima movie senza scomporsi più di tanto. I predatori di Atlantide è sceneggiato da Tito Carpi e Vincenzo Mannino. Il cast è composta da: Christopher Connelly, Tony King, Ivan Rassimov, Gioia Maria Scola, Mike Miller, Bruce Baron, Giancarlo Prati, Maurizio Fardo, Angelo Ragusa e un giovane Michele Soavi (futuro regista de La chiesa e La setta). Deodato si firma Roger Franklin per esigenze di produzione (la Regency Productions). In America il film è noto anche come: Atlantis inferno, The Atlantis interceptor e The raiders of Atlantis. Le musiche sono degli Oliver Onions e vengono eseguite da The Inferno Group. L’azione si svolge a Miami, in un futuro molto prossimo: appena il 1994. Credo per un omaggio a George Orwell.

Nelle prime sequenze Deodato ci fa conoscere gli avventurieri Mike e Mohammed alle prese con uno spettacolare rapimento in una villa sul mare. I due vengono presentati come spericolati e simpatici giustizieri disposti a tutto, molto amici ma sempre in vena di punzecchiature reciproche. Mike chiama il compagno con il nome di Washington mentre il suo vero nome è Mohammed e la cosa infastidisce il negro.

Deodato si ritaglia anche una minuscola apparizione a bordo della piattaforma dove subito dopo si sposta la scena. Su di una base oceanica, al largo della Florida, il dottor Saunders dirige i lavori per il recupero di un sottomarino atomico russo affondato. Tra i suoi collaboratori c’è anche la dottoressa Cathy, esperta di civiltà precolombiane, chiamata per decifrare una misteriosa tavoletta ritrovata durante un’immersione. La tavoletta è un reperto tipo la stele di Rosetta e potrebbe confermare l’esistenza del favoloso continente di Atlantide. Un’improvvisa avaria alle apparecchiature della piattaforma precede di poco uno sconvolgente maremoto che sommerge ogni cosa. La scena si sposta subito a Miami dove sta accadendo qualcosa di straordinario, pare un’invasione da parte di strani tipi motorizzati. Peccato che lo scarno budget del film abbia obbligato Deodato a rappresentare lo sconvolgimento ricorrendo a modellini e plastici. Saunders, Cathy e pochi altri vengono tratti in salvo dallo yacht dei due avventurieri che abbiamo visto in azione nelle prime scene. I due vengono sorpresi dalla tempesta mentre sono diretti a Trinidad e sono costretti ad ammarare in una terra dove la devastazione regna sovrana. Si tratta di un’isola comparsa dal niente e tutto intorno ci sono soltanto città distrutte e morti lasciati per strada. Assistiamo ad alcune buone scene di tensione: un cavallo spaventa i nostri eroi, un cadavere appeso al soffitto percuote un juke-box e fa suonare all’infinito la stessa musica (Santa Maria). Sono soltanto due esempi. Questa è la parte migliore del film, che raggiunge l’apice con l’entrata in scena di un esercito di assurdi tipi motorizzati. Sono i colpevoli della distruzione che regna sull’isola e non sembrano esseri umani. Frank, uno del gruppo che ha già dato segno di essere un invasato religioso, cerca di farli ragionare. “Siamo tutti fratelli”, “La morte non è la soluzione”. Per tutta risposta gli tagliano la testa di netto con un colpo di machete. A questo punto gli uomini ingaggiano una sanguinosa battaglia che ha dei momenti splatter e gore molto spettacolari. Da segnalare la scena dell’assedio, quella del filo di ferro che mozza la testa a uno degli infernali motociclisti, il rogo a base di alcol e benzina, la guerra che si scatena a colpi di molotov e fucili e infine un colpo di freccia che si conficca nella bocca di uno dei nostri eroi. “Siamo tornati nel mondo che è sempre stato nostro. Non avete scampo, questo mondo è nostro. Lo è sempre stato”, dice con voce metallica il capo degli strani esseri. Pare chiaro che sono gli uomini di Atlantide, oltre tutto la razza peggiore, tornata in vita non si sa per quale strano scherzo del destino. Questa parte ha un marcato sapore fumettistico e fa persino sorridere. Cathy viene rapita: lei interessa viva perché può svelare molti segreti. I motorizzati la portano su di un’isola riemersa durante il maremoto a causa delle radiazioni sprigionate dal sottomarino atomico. Questa terra è la mitica Atlantide che l’esplosione ha riportato alla luce. Veniamo a sapere che Atlantide fu distrutta da una guerra tra le sue due razze e che vinse la stirpe guerriera. Saunders intanto si affanna nel sottomarino atomico per provocare una reazione inversa con una nuova pioggia di radiazioni. Mike e Washington riescono a salvare la ragazza, appena in tempo prima che l’isola sprofondi di nuovo nel mare. C’è il classico scontro finale buono – cattivo, poi la cupola si chiude e Atlantide sprofonda per sempre mentre i tre superstiti fuggono in elicottero. C’è appena il tempo per un accenno di love story tra Cathe e Mike.

I predatori di Atlantide è un film fantastico-avventuroso. Noi lo avevamo visto con entusiasmo vent’anni fa, ai tempi che bastava il mito di Atlantide per appassionare i giovani. Molti ricercatori se ne occupavano, cinema, fumetto e narrativa  fantastica facevano la loro parte, cavalcando e indirizzando i gusti dell’immaginario popolare. Oggi il nostro entusiasmo risulta stemperato. Deodato costruisce una storia fanta-horror che strizza l’occhio al sottogenere postatomico e si salva soltanto per qualche eccesso splatter e alcune situazioni geniali fanno riconoscere la mano di chi ha inventato il cannibal movie. Tutto qui. Tra una lunga serie di sparatorie e di morti ammazzati la macchina da presa indugia su corpi impiccati dondolanti e sulla testa di un motociclista tranciata di netto da un filo teso. Vediamo il capo dei giovani assassini motorizzati con il volto coperto da un teschio di cristallo, Mike e Washington che sembrano guerriglieri appena usciti dal Vietnam… Tutti particolari che ci riportano al cinema di Deodato, a metà strada tra fantastico e avventuroso, al tempo stesso alla ricerca del sensazionale, del particolare scioccante che disturbi e scuota lo spettatore. Deodato è nemico delle convenzioni, se lo costringono a fare cinema tradizionale fallisce l’obiettivo. Si trova a suo agio confezionando prodotti che mescolano esotismo, suspense e colpi di scena. Ne I predatori di Atlantide queste cose ci sono, quindi non possiamo concordare con il dissacrante giudizio di un intellettualoide d’accatto come Morandini che non ci prendiamo neppure la briga di riferire. Proprio questo è il tipo di film che a Deodato piace dirigere. Lui si definisce un regista all’americana, si trova a suo agio in mezzo a trame avventurose e fantastiche. A onor del vero dobbiamo dire che si notano alcune citazioni di analoghe e più famose pellicole nordamericane, ma tutto fa parte del gioco. Se troviamo riferimenti a Star Trek, Superman, I predatori dell’Arca perduta diciamo che sono dovute citazioni di opere molto conosciute dai giovani.

Si può dire poi che I predatori di Atlantide ha troppe pretese rispetto alle disponibilità della produzione e che il soggetto non è il massimo dell’originalità. Problema generale di tutta la fantascienza italiana, purtroppo. Altro difetto sono i personaggi privi di spessore, che ricordano il mondo dei fumetti diviso tra buoni e cattivi. Ricordiamo il cammeo dell’interpretazione di Michele Soavi, all’epoca giovane attore, che a detta di Deodato aveva proprio una bella faccia da marziano, pareva uno venuto dall’aldilà.

(10/2 – continua)

Gordiano Lupi