VALERIA BARBERA… E LA SEDUZIONE DI SCRIVERE

Ha avuto la fortuna di nascere in una casa piena di libri e ne ha subìto l’attrazione tanto da scrivere il suo primo “romanzo” alle elementari. Ma oltre alla passione per la scrittura Valeria è cresciuta suonando il pianoforte e praticando assiduamente tennis e atletica leggera, tutte discipline utili a sviluppare la sensibilità artistica e ad approfondire la conoscenza di sé.

Dopo la maturità decise di indirizzare i propri studi verso le materie scientifiche iscrivendosi alla facoltà di fisica e poi studiando informatica. Ha lavorato presso multinazionali, collaborando allo sviluppo di sistemi bancari e telefonici, ma anche nel campo fiscale, nel turismo online e come coach aziendale. Oggi la nostra eclettica autrice svolge la propria attività lavorativa dal suo pc in remoto e… ovviamente scrive narrativa fantastica, articoli e legge tantissimo (tra i suoi autori preferiti vi sono: Isaac Asimov, Robert A. Heinlein, Ray Bradbury, Arthur C. Clarke, Stephen King, Philip K. Dick, Michael Crichton, Agatha Christie, Tolkien, Peter Kolosimo).

Per perfezionarsi nella scrittura ha seguito i corsi di Franco Forte e di editing con Laura Platamone. Ha collaborato con Nero Press Edizioni e ha pubblicato racconti su varie riviste quali Writers Magazine, Robot e in antologie multiautore con varie case editrici (Delos Books, Galaad Edizioni, Giulio Perrone Editore, dbooks.it, E.F. Libri, Alcheringa Edizioni). Si è distinta in importanti concorsi letterari quali il Premio Robot, l’Algernon Blackwood e il Premio Francis Marion Crawford.  Un suo racconto science fantasy è stato fra i vincitori del concorso Sole a mezzanotte – Il Bene e il Male nel fantasy, mentre il suo primo noir si è classificato terzo al Premio nazionale Scriviamo Insieme.

Essendo cinefila e commentatrice apprezzata, è stata chiamata per due volte a far parte della giuria web di Linea d’Ombra – Festival Culture Giovani, sezione cinema e cortometraggi.

Nello scorso giugno ha pubblicato il suo primo romanzo breve dal titolo Eroe in prova, l’editore è Delos Digital, e proprio da qui cominciamo la nostra conversazione.

CIAO VALERIA, EROE IN PROVA, E’ STATO PUBBLICATO DALLA NUOVA COLLANA E-BOOK DI DELOS DIGITAL: IN QUALE GENERE SI COLLOCA?

Ciao a tutti e grazie per l’ospitalità. “Eroe in prova” fa parte della serie di e-book Urban Fantasy Heroes, creata da Emanuele Manco. Si tratta di storie di giovani d’oggi che sviluppano poteri soprannaturali e si ritrovano a contatto con un’ambigua azienda informatica, la Pandora Software Solutions.

PERCHE’ QUESTO TITOLO? SENZA SVELARCI PIU’ DI QUANTO E’ POSSIBILE, CI PUOI SPIEGARE PER SOMMI CAPI LA TRAMA?

Eroe in prova apre la seconda stagione della saga, tuttavia può essere letto anche da chi non conosce il pregresso, in quanto avvia una linea narrativa a parte con apprendimento sul campo. Protagonista della storia è Gianluca, un ragazzo napoletano reduce da una vita di fallimenti, che durante un afoso luglio scopre di poter leggere e manipolare le menti di persone e cose, ma con un metodo molto… personale. Come se non bastasse, non ha un vero mentore e ben presto si ritrova invischiato in intrighi di dimensioni cosmiche. Se da un lato le rivelazioni sulla vita, l’universo e tutto quanto lo faranno “gasare”, dall’altro gli porteranno cazzotti in faccia, lacrime amare e una missione, a suo dire, impossibile. E come può agire da eroe se pensa di fallire?

QUINDI LA STORIA E’ AMBIENTATA A NAPOLI…

Sì. Per sommi capi ti direi che è un urban fantasy partenopeo, non solo perché ambientato a Napoli, che regna con le sue leggende, ma perché la narrazione, a cura del protagonista, riflette il carattere della città e dei suoi abitanti fin dal registro parlato. Non mi riferisco soltanto alle incursioni del dialetto, poche, ma al fatto che anche l’italiano usato rispecchia la meridionalità del ragazzo. Non so se esiste un filone “partenopeo” dell’urban fantasy, non mi è capitato di leggere storie del genere.

Bisogna comunque dire che la mission della serie Urban Fantasy Heroes è quella di indagare la realtà attraverso il filtro del fantastico, di conseguenza ho progettato una sorta di romanzo cubista: il punto di vista è fisso su Gianluca, ma la vicenda cambia prospettiva, ruotando dal piano di interpretazione della pura e semplice magia a quello dei poteri mentali, a quello erotico, al paranormale e via di seguito, in un effetto morphing continuo, così da mostrare una realtà “connessa” nella quale la magia, l’informatica, la leggenda, la scienza eccetera sono solo aspetti parziali, come le facce di un cubo.

IN EFFETTI, SEMBRA UN PO’ DIFFICILE CATALOGARLA IN UN GENERE BEN PRECISO…

Riandando ai riscontri dei lettori, c’è chi lo ha definito cyber fantasy, chi fantascienza con del fantasy, chi un misto di erotico, romance, fantasy, horror e giallo. È stato interessante notare come i lettori si siano accorti della prospettiva variante, come ognuno di loro si sia allineato spontaneamente con i piani di interpretazione più in sintonia con il proprio sentire.

DA DOVE E’ PARTITA L’IDEA PER REALIZZARE IL ROMANZO?

Il potere di Gianluca deriva dal mio bagaglio di studi e anche di lavoro. Nel 2013 pubblicai con la Delos Books un racconto di fantascienza hard, ambientato in un futuro in cui si esplora la coscienza collettiva con una tecnica simile a quella vista in Eroe in prova. Ne sono discese nuove storie; una di queste faceva ricorso agli archetipi del fantasy, che avrebbero fatto storcere il naso ai puristi della fantascienza. E dire che è stato proprio sir Arthur C. Clarke a dire che qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia (davvero nessuno ha mai notato la somiglianza tra il cacciavite sonico del Dottore e una bacchetta magica?). Però i nerd della fantascienza hanno la loro forma mentis, così ho sposato questo sviluppo con la saga di Emanuele, che offriva la giusta infrastruttura e un pubblico già avvezzo a storie atipiche.

QUINDI IL LETTORE TROVERA’UNA SERIE DI FENOMENI BIZZARRI…

Diversi. Però, anche se è un fantasy, ho voluto dare alle vicende di Gianluca una base solida, logica, perché la magia ha le sue regole, la sua origine. Per questo fanno capolino qui e lì, mascherate, alcune teorie scientifiche poco note, che ho espanso.

La visione che propongo della coscienza collettiva, invece, discende dal concetto filosofico di panpsichismo che abbraccio in toto.

Siamo abituati ad attribuire una coscienza – e, salendo, dei sentimenti e il diritto di esistere – soltanto agli animali, privilegiando le forme di vita superiori, mentre tutto il resto è arredamento. Eppure quante volte, da bambini, abbiamo antropomorfizzato fiori, alberi, palazzi, montagne e astri? Per me anche le forme di vita vegetali pensano, e soffrono quando finiscono raccolte, tagliate, fritte, bollite, centrifugate. Perciò l’unico modo per sentirci in pace quando mangiamo è ringraziare sempre il cibo, qualsiasi cibo, prima di cucinarlo e addentarlo.  Idem per le montagne e le strade, che calpestiamo quotidianamente. Se potessimo comunicare con loro, impareremmo una buona volta che la non-coscienza, la non-vita non esiste, ma che esistono soltanto livelli di consapevolezza.

TI SEI RIFERITA ANCHE A FATTI DELLA TRADIZIONE ORALE O LEGGENDE LETTE E ASCOLTATE NEI VICOLI DELLA TUA CITTA’?

Le linee guida della serie Urban Fantasy Heroes prevedevano che i luoghi in cui si svolgevano le vicende divenissero co-protagonisti. Nel caso di Napoli, aleggia tra gli abitanti una spiritualità magica che trascende la religione: i napoletani parlano con i morti come si chiacchiera con i vivi, li attendono nei sogni per ricevere i numeri da giocare al lotto, salutano il Vesuvio. Ecco, esiste un legame indissolubile tra la città e il vulcano. Ho pertanto spulciato le leggende locali, trovando quella più calzante con l’idea di fondo e con le esigenze narrative. L’ho reperita in due versioni che ho fuso tra loro, e ho reinterpretato il risultato alla luce dei miti greci relativi alla città, che, come sappiamo, ha origini antiche. Per il resto, ci sono riferimenti al tantrismo, alla Bibbia e all’eterna incomunicabilità fra i sessi che è uno dei temi da me già affrontati in passato.

E’ STATO FATICOSO BUTTARE GIU’ LA STORIA? QUANTO TEMPO CI HAI IMPIEGATO?

La bozza era di appena ottantamila battute e l’ho scritta viaggiando a una velocità media di dieci cartelle al giorno, divertendomi. È poi lievitata, fino a raggiungere quasi cento cartelle, ma la spina dorsale è rimasta identica.

MA QUANTE STESURE HAI FATTO?

Due: la bozza e quella finale. Quest’ultima l’ho curata con calma, perché Urban Fantasy Heroes non è una serie già scritta, ma una saga in divenire, un treno in corsa che costruisce il suo binario attraverso le proposte degli aspiranti autori, e come tale, la sua evoluzione non era semplice da prevedere. Quando ho messo mano alla mia storia, avevo letto solo il primo episodio della serie, quello di Emanuele Manco, e avevo elaborato un’ipotesi sulla misteriosa azienda al centro degli eventi, la Pandora Software Solutions. La via più semplice per entrare nelle saghe in corsa è di solito quella di scrivere un jolly, un racconto che galleggi in superficie, mentre la mia proposta si sbilanciava, perché introduceva il terzo incomodo, permetteva ai lettori di sbirciare dietro le quinte.

Non avrebbe suggerito ma detto. Sarebbe stato un azzardo inqualificabile proporlo alla leggera, col rischio di scoprire che al secondo o terzo episodio la saga imboccava strade incompatibili con la mia, o che qualche autore mi aveva preceduta. Ho così atteso l’uscita dei nuovi episodi per vedere se la mia proposta abbisognava di una ricalibratura. Al quarto ho sentito che era il momento di candidarmi. Quando, mesi dopo, ho appreso della selezione, ero pronta a modificare scene intere per agganciarmi alla saga, invece è bastato cambiare una, due frasi.

E COME E’ STATO INVECE IL LAVORO DI REVISIONE?

La fase finale di editing è filata in maniera tranquilla. L’ho svolta con l’assistenza di Emanuele Manco ed è stato davvero piacevole e istruttivo lavorare con lui.

OK! VOGLIAMO INVECE PARLARE DEL TUO PERCORSO NELLA NARRATIVA FANTASTICA?

Essenzialmente scrivo fantascienza, horror, science fantasy, thriller e noir, talvolta mescolando i generi. Le mie precedenti pubblicazioni sono avvenute in antologie e riviste, con storie di varie lunghezze. La rivista Robot, nel 2013, ha ospitato il mio primo racconto lungo di fantascienza, Il labirinto delle realtà, un’altra storia partenopea. Era giunto in finale al Premio Robot (edizione vinta da Dario Tonani) e offre alcune riflessioni su tempo, sogno e realtà: è possibile che abbiamo viaggiato nel passato, spingendo la realtà su un altro binario, ma che la modifica abbia riscritto anche i nostri ricordi, relegando la realtà originaria a un sogno?

MA HAI SCRITTO ANCHE DI HORROR…

Sì! Squali, il mio primo horror, una storia di camorra e magia che ha turbato innanzitutto me durante la stesura. È giunto in finale al Premio Francis Marion Crawford nel 2013. Non ha vinto, però è stato notato da Christian Antonini e Vito Di Domenico, curatori di Altrisogni, che l’hanno inserito nell’antologia Ore nere edita da dbooks.it, insieme ad altre storie selezionate fra quelle gareggianti al premio. È stata una bella sorpresa.

CHE GENERE DI ARGOMENTO HAI AFFRONTATO IN QUESTO RACCONTO?

Il racconto parla di sfumature del male, di maschilismo e prevaricazione sulla donna, di violenza e delle fatali conseguenze dell’ignavia.

HAI ANCHE PARTECIPATO A VARIE ANTOLOGIE…

Mentre scrivevo Eroe in prova, ho partecipato al progetto Napoli in cento parole curato dalla scrittrice Vincenza Alfano per Giulio Perrone Editore. Consiste in due antologie, per ora, contenenti brevi racconti su Napoli scritti da oltre cento autori, tra cui anche Maurizio De Giovanni e Pino Imperatore.

Un altro progetto è quello della micronarrativa, nato da un’idea di Yuri Abietti che era con me in Ore nere. Sono collezioni di storie lampo, anche di poche frasi, scritte da vari autori.

Finora abbiamo pubblicato raccolte dedicate a Halloween, al Natale e di fantascienza, scaricabili  gratis dai negozi online.

Lo scorso Halloween è poi uscita l’antologia TrueFantasy Horror Stories 2015, a cura del portale TrueFantasy. Si tratta di un e-book gratuito di racconti horror di vari autori, tra cui Giampietro Stocco, Livio Gambarini, Dario Tonani e Michele Tetro.

Ho avuto l’onore di partecipare anch’io con Hallo, Witch (Streghe). L’avevo scritto nel 2013, e nelle sue versioni più brevi era stato segnalato al Premio Algernon Blackwood e finalista al premio Francis Marion Crawford II edizione, tuttavia per varie casualità era rimasto inedito, lo conoscevano soltanto i giudici e i miei lettori di prova. Finalmente ha trovato occasione di pubblicazione, e nella versione integrale. Stavolta siamo a Benevento, terra di streghe che in quei luoghi si chiamano janare. Protagonista è una bimba traumatizzata dal padre orco che la frusta a sangue. Il resto del mondo manco la nota, a parte le solite compagne di scuola, sempre pronte a dileggiarla dandole della “fantasmina”. Eppure si ritrova perseguitata da una janara e da uno spettro. Come mai tutto questo interesse occulto verso di lei? È un gotico moderno narrato in seconda persona, forse il più anomalo che abbia scritto finora, non foss’altro per il registro desueto e lirico che però ha un senso.

COSA TI PIACE FAR PREVALERE NEI TUOI RACCONTI?

Proporre umilmente il mio punto di vista. Prima che mi affacciassi al pazzo mondo degli aspiranti scrittori, recensivo, filosofeggiavo sul mio blog. I lettori sottolineavano sempre quanto considerassero stimolanti le mie riflessioni, che, a sentire loro, trovavano soltanto da me. Questo, mi dicono, accade anche con le mie storie. Credo che sia conseguenza del fatto che appartengo a una minoranza, abituata a vedere il mondo da fuori. Proprio per questo mi trovo molto più a mio agio con il genere fantastico, perché io stessa mi sono sempre sentita un’aliena, talvolta discriminata per quella diversità che per me è normalità, ma che per la maggioranza è fantascienza, un attentato alle sicurezze fornite dagli stereotipi.

QUAL E’ A TUO PARERE IL SEGRETO DELLO DI SCRITTORE: TALENTO, LAVORO, DISCIPLINA…

Senz’altro un mix di queste tre cose. Ritengo che un minimo di talento lo abbiano tutti, però solo lavorandoci può germogliare e trovare la sua strada. E non esiste lavoro – o arte – che non richieda un po’ di disciplina.

COSA RAPPRESENTA PER TE LA LETTERATURA?

Nella prima stagione della serie Star Trek: Voyager c’è un significativo episodio: Fattori primari. L’astronave Voyager scopre una specie umanoide per la quale le storie sono tesori inestimabili. Pur di mettere le mani sull’intera letteratura della storia dell’umanità, conservata nel database della nave, i governanti di questa civiltà cedono al capitano una portentosa tecnologia di teletrasporto. A che punto arriva la bibliofilia.

In breve, la mia visione è identica: la letteratura è nutrimento per la mente e per l’anima.

I libri sono porte verso altre realtà e noi abbiamo bisogno di attraversarle.

PERCHE’?

Prendiamo le parole del maestro degli sceneggiatori di Hollywood, Robert McKee, come le ha scritte nel manuale Story. Contenuti, struttura, stile, principi per la sceneggiatura e per l’arte di scrivere storie, alle quali ho dedicato un racconto (Lacrime d’autore, #microxmas).

“Una storia non è una fuga dalla realtà, ma un veicolo che ci conduce nella nostra ricerca della realtà”.

I libri sono strumenti per rielaborare la nostra concezione della realtà, esplorandola attraverso il filtro della storia. Nel momento in cui cominciamo a leggerne uno, la realtà che conosciamo svanisce e subentra quella narrata. La vediamo dipanarsi tra le scene, nei personaggi, ci immergiamo talmente che essa diventa l’unica possibile, finché all’ultima pagina usciamo dal libro arricchiti. Ogni storia aggiunge un tassello alla nostra comprensione della realtà e ci permette di comprendere anche noi stessi, vivendo altre vite.

Leggere mantiene il cervello in salute, perché stimola a interrogarsi sulle eterne domande: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo?

E NELLO SPECIFICO COSA RAPPRESENTA PER TE LA NARRATIVA FANTASTICA?

Nella ricerca di cui parlavo sopra, la letteratura fantastica aggiunge un grosso tassello al disegno finale, perché ci immerge in realtà distanti dalla nostra. Proprio per questo offre grandi stimoli per la mente umana, che non è fatta per le beghe ma per elevarsi, anche se troppo spesso lo dimentichiamo.

UN MEZZO PER VIVERE MILLE MONDI…

Per me, è anche il mezzo attraverso il quale esprimo i sentimenti che provo per l’universo. Me ne sono innamorata quando ero bambina. Vedevo le stelle sorridermi e quel telo nero così pieno di misteri… Poiché era impossibile raggiungerlo fisicamente, decisi che avrei studiato fisica. Il mio obiettivo era diventare ricercatore negli Stati Uniti. Volevo carpire i suoi segreti e rivelarli sia pubblicandoli sulle riviste scientifiche, per stimolare l’emisfero sinistro del cervello, quello razionale, sia tramite romanzi, per i profani, che puoi avvicinare alla scienza solo parlando al loro emisfero destro, quello deputato alle emozioni. La vita mi ha portato a fare altri lavori, ma le storie sono rimaste, insieme alla voglia di raccontarle.

LO SCRITTORE CILENO LUIS SEPULVEDA IN UNA INTERVISTA HA DICHIARATO CHE NON SI PUO’ FARE NULLA IN LETTERATURA SE NON SI PARTE DALLA PREMESSA CHE SI SCRIVE PER SEDURRE IL LETTORE. TI SENTI DI CONDIVIDERE QUESTA SUA ESTERNAZIONE?

Non soltanto condivido, ma rilancio. Non si può fare nulla, nella vita, senza sedurre. Con questo non mi riferisco alla capacità di attrarre sessualmente, ma a quella di condurre verso una direzione. Qualsiasi progetto, per essere portato a termine, ha bisogno di aiuto e sostegno da parte di altre persone, quindi tutti ci scontriamo con questa verità fondamentale, che sia per mettere su famiglia o per svolgere un lavoro autonomo. Lo scopo dello scrittore è tenere incollati alla storia, pertanto deve sedurre con le parole. Però c’è un ma.

Da lettrice, storco il naso quando incappo in storie costruite per sollazzare l’ego dell’autore. Questo tipo di scrittore non si adopera per condurre alla storia ma a se stesso.

Per lui narrare è solo un modo per offrire al pubblico il giochino di illusionismo. È il classico autore che vedi spuntare tra le pagine a compiacersi della sua “arte” nel destreggiarsi fra la promessa, la svolta e il prestigio, in pratica ti sta chiedendo di nominarlo autore dell’anno.

A questo punto non sarebbe stato meglio per lui fare il comico? Preciso: adoro l’illusionismo, ma per me la seduzione di una storia deve nascere spontanea, il punto di arrivo di un lungo lavoro che parte dall’umiltà dello scrittore, e questo mal si combina con il narcisismo e i movimenti calcolati tipici degli illusionisti. Una scrittura calcolata è la morte della letteratura, secondo me. Questo lo vedo ben rappresentato nel bellissimo film The Prestige, dove alla fine l’illusionista interessato soltanto al meccanismo del trucco, fine a se stesso, uccide il collega, il quale invece considera il trucco il mezzo attraverso cui accendere lo sguardo degli spettatori elevandoli dalla quotidianità.

Infatti, a me piace quest’ultimo.

E ALLORA QUAL E’ IL TUO METODO?

Il mio metodo, sono onesta, è non preoccuparmi di sedurre. Mi hanno riferito – e anch’io ho notato – che le mie storie colpiscono, si ficcano in testa ai lettori e non si schiodano più. Potrebbe dipendere dal fatto che immagino avventure strane e le scrivo in maniera ancora più strana. O forse, più umanamente, chi mi legge percepisce la molla che mi spinge a scrivere: l’amore per l’universo, che non offre solo meraviglie ma anche sorprese inquietanti. In fondo, quando senti una persona parlare del suo amato con fervore, l’aria sognante e gli occhi che luccicano, non ne resti toccato? E, andando sul versante horror, la paura ottiene lo stesso effetto. Pertanto, mi concentro sulla storia e lascio che il resto, se accadrà, venga da sé.

NEI TUOI LAVORI NARRI SPESSO DI NAPOLI. A PARTE L’AFFEZIONE PER LA TUA CITTA’ COSA RAPPRESENTA PER TE DAL PUNTO DI VISTA LETTERARIO?

Rifacendomi alla domanda precedente, Napoli seduce. Potrà anche essere odiata, discriminata, osteggiata, criticata, ma di sicuro esercita un fascino magico su chi viene a contatto con lei. Non a caso si dice “Vedi Napoli e poi muori”. Forse perché, pur essendo una città in bilico sull’abisso, consapevole dei suoi malanni, sa ancora godersi un tramonto.

Dal punto di vista letterario, per me è soprattutto la schiettezza e la musicalità del registro parlato. A Napoli evitiamo le prestidigitazioni verbali, i sofismi, gli ossimori logici, i lunghi quanto vuoti giri di parole di cui ormai l’Italia è divenuta il regno. Diciamo pane al pane e vino al vino. Anzi, lo cantiamo. Abbiamo un ritmo, dentro, e lo conserviamo anche quando parliamo italiano.

Narrando in prima persona, come ho fatto finora nelle storie partenopee, queste caratteristiche hanno maggiore possibilità di emergere. Non sarà un narrare letterario, di quelli ai quali siamo abituati, ma rende a mio avviso più viva la storia. O almeno lo spero.

HAI SEGUITO UN CORSO DI SCRITTURA CON UNO DEI NARRATORI ITALIANI DI SPICCO DEL FANTASTICO, FRANCO FORTE. QUANTO E’ STATO IMPORTANTE NELLA TUA FORMAZIONE E NELLA TUA CRESCITA DI AUTRICE?

Franco Forte è stato il catalizzatore della mia crescita e non mi vergogno a riconoscergli il merito. Lo considero il mio papà letterario, perché è stato lui ad accendere la luce, mostrandomi le potenzialità della scrittura e, di riflesso, le mie.

Prima del corso non scrivevo male. A furia di leggere romanzi e racconti, avevo imparato le basi della scrittura più o meno come tutti. Grazie a quel bagaglio, una mia breve storia era anche stata selezionata proprio da Franco per l’antologia 365 racconti sulla fine del mondo (Delos Books) e nel tempo libero avevo portato a termine dei racconti lunghi.

Allora perché ho voluto studiare? Perché quelle tecniche le avevo apprese in maniera inconscia; allo stesso modo le applicavo senza rendermene conto, ma, soprattutto, senza averne il controllo. Mi ero accorta di questa limitazione, come mi ero accorta di essere migliorata leggendo Il prontuario dello scrittore di Franco Forte. Proprio in quel periodo ho visto aprirsi le iscrizioni per il corso. Ho colto subito l’occasione. È stata un’esperienza intensa, per quanto riguarda me anche traumatica ma catartica.

Ciò che mi dispiace è che, bazzicando il sottobosco degli esordienti/emergenti, mi capita di notare aspiranti scrittori convinti che per scrivere bene basti infiocchettare due parole. Si ritengono dei talenti naturali e guardano dall’alto in basso chi, come me, ha preferito formarsi. Non lo dicono apertamente, ma con ogni parola. Credono che frequentare un corso equivalga a sopperire al talento mancante, a confessare di non essere dotati, o che, addirittura, proprio lo studio soffochi il talento, imbrigliandolo in strutture preconfezionate.

Ma si sbagliano. Seguire un corso con un professionista sprona a uscire dal bozzolo in una maniera pazzesca e a continuare a dare il meglio anche dopo.

Diciamo che, prima del corso, guidavo la macchina in autostrada senza mai superare i trenta all’ora. Dopo, ho capito che potevo spingere sull’acceleratore, trasformare la macchina in un aeroplano e decollare. Ho iniziato a “osare”, a tirare fuori me stessa, quindi a crescere.

E non ho ancora finito, la strada è lunga.

TI CHIAMANO SPESSO NELLE GIURIE DI  VARI CONCORSI LETTERARI, SEI STATA NEL  JOHN W. POLIDORI IN CREEP ADVISOR, ALLA LUCE DI QUANTO HAI AVUTO MODO DI LEGGERE, HAI CONSIGLI DA DARE AGLI SCRITTORI IN ERBA?

Intanto ti dico che sono tra i giudici di altri due concorsi letterari per quest’anno. Quanto alla domanda, premettendo che mi considero ancora aspirante scrittrice, ti rispondo che vedo troppa cura verso la forma a scapito del contenuto. Si tende a sedurre con la bella scrittura, ci si innamora delle parole, perdendo di vista l’obiettivo di proporre una storia interessante e ben organizzata. Agli scrittori in erba consiglio di studiare scrittura, se vogliono fare sul serio, cimentarsi nei concorsi, privilegiando quelli seri, e per il resto di indossare le classiche mutande di ferro. Ho svolto svariati mestieri, anche nelle reti di vendita, dove capitava di ritrovarsi il cliente “leggermente” rubato dal collega, ma considerati i guadagni che giravano, era anche prevedibile, sebbene non giustificabile. Invece il mondo degli aspiranti scrittori è allucinante, a volte sembra di essere in una stanza con l’aria viziata, basta un commento al racconto sbagliato e ti ritrovi nemico l’autore e il gelo da parte dei suoi amici. È un vero peccato. Bisognerebbe scrivere per donare emozioni e spunti di riflessione, divertirsi, condividere gioia.

CI SONO ALTRI TEMI CHE TI AFFASCINANO PARTICOLARMENTE E CHE RIPORTERAI IN QUALCHE TUA PROSSIMA STORIA?

Come ho detto sia su Facebook che in un forum di scrittura, quando nel 1996 lessi il romanzo Contact di Carl Sagan, rimasi estasiata da quel finale con il Pi Greco, un colpo di scena che nel film non fu riportato, probabilmente perché il grande pubblico non avrebbe capito. Ovviamente, non poteva che ispirarmi delle storie dedicate a quelle costanti matematiche sulle quali poggia la realtà. La prima, incentrata sul numero aureo, è apparsa anni fa su Robot 70 tra gli spin-off dedicati al romanzo Livido di Francesco Verso. Altre, di cui una già a suo tempo proposta a un concorso, trattano invece proprio il Pi Greco. Nell’intervista che rilasciai a Davide Longoni lo scorso anno, qui su La Zona Morta, avevo accennato qualcosa fra le righe, quando dissi: “L’evoluzione ci ha donato la capacità di fantasticare perché la fantasia è vita, mantiene il cervello sano e attivo. La prova risiede nel fatto che se il genere umano smettesse di sognare impazzirebbe. Chissà, forse sta già accadendo.

Ecco, basandoci sulle statistiche secondo le quali chi legge di meno ha maggiori probabilità di finire in galera, immaginiamo che, perso del tutto l’interesse verso i libri, regrediamo al punto da scannarci a vicenda peggio di quanto si faccia oggi, ma che sfruttando il Pi Greco si possa risolvere, elaborandolo in maniera tale da sbobinare tutte le storie in esso contenute e facendole vivere ai malati, così da riaccendere in loro il senso del meraviglioso. Sarebbe cosa buona e giusta interferire con il destino o solo l’ennesimo paradosso del fato?

Altre storie toccheranno ancora la realtà, il tempo, maschilismo e femminismo, la telepatia, insomma, i miei soliti temi.

NON C’E’ CHE DIRE, LA FANTASIA DI VALERIA E’ INESAURIBILE! GRAZIE PER LA DISPONIBILITA’A RACCONTARCI DI TE!

Grazie a te per la bella chiacchierata e a La Zona Morta per lo spazio. Un saluto a tutti i lettori.

Filippo Radogna