FANTASCIENZA STORY 95

CONTINUA L’EPOPEA DELLE SCIMMIE (1969) – PARTE 04

… e altri ancora

Il Capitano Nemo e la città sommersa (Captain Nemo and the Underwater City) riprende il tema verniano per mostrarci un redivivo Nemo (Robert Ryan, 1909 – 1973) padrone di una città sottomarina colma di meraviglie scientifiche e di ricchezze che, come è logico, faranno gola ai cattivi di turno, i quali, come è altrettanto logico, resteranno a mani vuote se non, addirittura, perderanno la vita nel tentativo di impossessarsene. La vicenda è diretta da James Hill (1919 – 1994).

King Kong contro Godzilla (Gamera Tai Guiron) è un titolo-truffa imposto dai distributori nostrani: le reti d’intercettazione mondiale ricevono delle strane onde elettriche provenienti da un altro pianeta e un’astronave atterra vicino al luogo dove si trovano due ragazzini. I due piccoli incoscienti vi entrano e cominciano a combinare guai armeggiando con i comandi. In questo modo accade che la nave spaziale riparta e si diriga su un pianeta alla Doppelganger, cioè dalla parte opposta del Sole rispetto a quella della Terra. La nave spaziale atterra vicino alle rovine di una città dove stanno combattendo il mostro Gaos e Giron (nel doppiaggio italiano viene chiamato nientemeno che Godzilla). Quest’ultimo, una specie di orribile mostro con il muso simile a quello di una mannaia o, per la precisione, simile a una katana, una spada da samurai affilata, e che è pure in grado di lanciare le stelle ninja (shuriken) con la sola forza del pensiero. Gaos comunque ci rimette le penne mentre i due terribili ragazzini incontrano due fanciulle aliene apparentemente ben disposte, ma in realtà desiderose di sgranocchiare la cervice delle due piccole pesti. In aiuto dei due fanciulli arriva Gamera (nella versione italiana chiamato il grande King) il quale eliminerà il mostro, farà fuori le aliene, caricherà i pargoli sul missile e tenendo il medesimo delicatamente per le fauci riporta a casa i due avventurieri galattici. Il demerito della regia è di Noriaki Yuasa (1993 – 2004).

Una superstite dei lager tedeschi impazzita per la lunga prigionia, crea una nuova specie di insetti supervoraci per dominare il mondo: mentre essa morrà, gli insetti saranno liberi di spargersi per la Terra. E’ il soggetto del film giapponese L’allucinante fine dell’umanità (Konchu Daisenso), diretto da Kazui Nihoumatsu, peraltro mediocre e scontato.

Pochi mesi dopo la Fanfare Film editò La Curiosità Femminile (Curious Female), definito dalla critica americana una barzelletta lunga settantacinque minuti: nel 2117 i computer hanno preso il sopravvento sull’uomo. E’ l’epoca del neo-proibizionismo in cui tutte le nazioni devono essere supervisionate e approvate dal computer centrale. Solo le emozioni, ma in misura ridotta, sono concesse e la censura è sempre pronta a stroncare qualsiasi genere di stampa o divulgazione. Solo poche persone, tra cui Bunny Allister e David  Westberg si ritrovano segretamente a guardare vecchi film d’amore come Three Virgins, immersi nelle passioni. E’ uno strano contrasto tra un mondo futuristico e una censura antidiluviana che non accenna a rilasciare la sua morsa. Un tema quantomai attuale. Questo film ha segnato il debutto alla regia di Paul Rapp che non ha avuto in seguito altre occasioni per cimentarsi dietro la macchina da presa e si occuperà attivamente a fare il produttore.

L’uomo illustrato (The Illustrated Man) di Jack Smight (1925 – 2003) deve considerarsi un tentativo riuscito soltanto in parte. Il film, che riunisce tre episodi di una serie di racconti di Ray Bradbury, Il Gioco dei Pianeti (1951) appunto, legati assieme da un filo conduttore rappresentato da un uomo completamente tatuato, i cui disegni sul corpo hanno la proprietà di animarsi e raccontare delle storie, è infatti una prova di mancato istrionismo da parte del suo interprete principale, Rod Steiger (1925 – 2002).

La prima storia parla di due ragazzini che riescono a eliminare i loro genitori usando degli ologrammi… mortali, un secondo dove si teme la fine del mondo e un uomo uccide i propri figli e un terzo che si svolge sul pianeta Venere, un mondo brulicante di piante e costantemente sotto una pioggia scrosciante e dove tre astronauti sono alla disperata ricerca di un rifugio. Non e’ possibile, infatti, restare per molto tempo all’aperto in quanto la pioggia battente rende sordi se s’indossano i caschi spaziali o rende pazzi dopo giorni di martellante stillicidio. Uno solo degli astronauti riuscirà a sopravvivere.

Il mastodontico Abbandonati nello spazio (Marooned), tratto da Naufragio (1964) di Martin Caidin (1927 – 2007), invece anticipa soltanto di pochi mesi lo sfortunato volo di Apollo XIII: in questo film, per un misterioso guasto ai motori della navicella, tre astronauti non riescono a rientrare sulla Terra, le loro scorte di ossigeno stanno per esaurirsi. Dopo molte e fin troppo prolungate peripezie, due di essi vengono salvati da un razzo di salvataggio, non senza la collaborazione di una nave spaziale sovietica che aiuta i due superstiti a sopravvivere fino all’arrivo dei soccorsi. La pellicola è molto dignitosa dal lato degli effetti speciali e, fra gli interpreti, ricordiamo Gregory Peck (1916 – 2003) e James Franciscus, mentre la regia è di John Sturges (1910 – 1992).

Di nuovo Franciscus, assieme a Richard Carlson, torna nel film La vendetta di Gwangi (The Valley of Gwangi) il cui soggetto, tratto da una vecchia idea di Willis O’Brien, viene realizzato, dal punto di vista degli effetti speciali, dal suo allievo Ray Harryhausen.

In una valle sconosciuta, nella quale si cela ancora una fauna preistorica, penetra un gruppo di cow-boy, appartenenti a un circo, che cattura un gigantesco tirannosauro. Il rettile, è ovvio, crea un discreto scompiglio e muore nell’incendio della cattedrale cittadina nella quale si è rifugiato. Da un soggetto non certo originale, Harryhausen è riuscito a trarre un film interessante anche se, come al solito, non ha saputo far fruttare le sue grandi doti di animatore, dosando con scaltrezza le apparizioni dei mostri che costellano tutto il film: la colpa è anche attribuibile alla scadente regia di James O’Connolly (1926 – 1986). Ancora una volta, per esempio, assistiamo al ripetersi di una scena già vista: la lotta del tirannosauro contro un elefante che ripete il combattimento dell’Ymir di A 30 milioni di chilometri dalla Terra contro un secondo e altrettanto sfortunato pachiderma. A quanto pare, il ripetersi è una “dote” dalla quale Harryhausen non riuscirà mai a liberarsi.

Luna Zero Due (Moon Zero Two) di Roy Ward Baker (1916 – 2010), è uno spassoso “western spaziale” dove, a colpi di laser, il cattivo della storia contende il possesso di un planetoide coperto d’oro a una giovane fanciulla protetta, difesa e… sposata dall’eroe di turno. La scena più spassosa è quella del feroce criminale senza scrupoli che gioca a “Moonopoli” con i suoi accoliti. Alcune ambientazioni lunari sono comunque interessanti.

Il cervello di Mister Soames (The mind of Mr. Soames) racconta di un uomo rimasto in stato vegetativo dalla sua nascita fino all’età odierna. Dopo vent’anni i medici hanno trovato il modo di “svegliarlo” e l’operazione ha successo. Bisogna ora insegnare a Soames (Terence Stamp), come se fosse un bambino, ogni cosa del nuovo mondo nel quale è entrato. Il disaccordo sulla forma di educazione provoca la fuga del giovane che viene ripreso prima che avvenga l’irreparabile. Il film è diretto da Alan Cooke (1926 – 1994).

L’uomo che fuggì dal futuro (THX 1138) ha parecchi punti di somiglianza con Nel 2000 non sorge il Sole, in quanto narra la vicenda di un giovane che fugge da una sotterranea società futura che ha proibito l’amore, e si rifugia in superficie dove è libero, o crede di esserlo, di esprimere i propri sentimenti. La regia è di George Lucas, il futuro creatore di Star Wars.

Il computer con le scarpe da tennis (Computer with the Tennis Shoes) di Robert Butler è la storia di un giovane studente universitario che, a causa di un incidente, assume tutte le informazioni contenute in un elaboratore diventando una macchina vivente lui stesso. Grazie a questa straordinaria capacità fa vincere un’importante gara alla sua scuola. Il film, appositamente confezionato per un pubblico giovanile, è della Walt Disney Productions.

Poi ricordiamo Terrore e terrore (Scream and Scream Again) che si giova dell’interpretazione di Vincent Price, Christopher Lee e Peter Cushing, quest’ultimo in una brevissima apparizione. E’ la storia di uno scienziato che ha scoperto la possibilità di creare uomini artificiali e che finisce come debbono finire storie del genere. Unica variante è che la morte dello scienziato permette di scoprire che si tratta a sua volta di un uomo artificiale, il che ci lascia un arrovellante dubbio sul futuro umano. Regia di Gordon Hessler (1925 – 2014).

E citiamo anche uno dei tanti imitatori di James Bond, si tratta di Un Agente chiamato Daggher (A Man called Dagger) di Richard Rush, storia di un agente segreto che combatte uno scienziato nazista il quale vuole dominare il mondo usando degli esseri umani trasformati in robot.

Zeta Uno appartiene al genere grottesco contornato, per mere ragioni di carattere commerciale, da uno stuolo di belle donne parzialmente vestite.  Zeta Uno, regina di un mitico regno dove non s’invecchia mai, ha messo gli occhi su un bel terrestre, lo fa rapire e quindi lo fa portare sul suo pianeta.

Dall’Italia su pochi, fortunati schermi, appare la pellicola di Luigi Cozzi intitolata Il tunnel sotto il mondo, molto liberamente tratta dal racconto omonimo di Frederik Pohl (1919 – 2013). La verità è che, con pochi mezzi avuti a disposizione, il regista può almeno vantarsi di aver creato un’opera curiosa e qua e là frammista di parecchi spunti interessanti: un uomo si trova rinchiuso in una sorta di prigione temporale e ripete per tutta la giornata le stesse cose. Non esiste il presente e non esiste più il futuro. Il tutto viene controllato per i media dalle agenzie pubblicitarie e gli esseri umani sono solo automi integrati nel sistema. Si tratta pur sempre di una buona occasione perduta per il cinema italiano che, come al solito, relega in un ghetto questi coraggiosi tentativi.

Ancora dall’Italia arriva Il seme dell’uomo, storia di sopravvissuti a un mondo distrutto dalla guerra atomica. Vicenda peraltro melensa, pur se ricca di significati allegorici; in conclusione parecchio noiosa, una delle meno riuscite del regista Marco Ferreri (1928 – 1997).

I cannibali di Liliana Cavani, è la trasposizione avveniristica di una città futuribile nella quale vige una spietata dittatura che lascia i cadaveri degli oppositori a marcire per le strade come monito per tutti coloro che vogliono ancora ribellarsi. Quando una ragazza, sfidando l’autorità costituita, vuole ugualmente seppellire uno dei cadaveri, quello di suo fratello e, nel compito, viene aiutata da un altro giovane, si mette in moto tutto un complesso di allusioni psicologiche e sociali che vedono gli stessi persecutori essere dalla parte dei perseguitati, ma che non evita ai due di essere giustiziati in nome dell’ordine ristabilito.

Ecce Homo: i sopravvissuti si avvale della interpretazione di Philippe Leroy e di Irene Papasnella parte dell’unica donna fertile rimasta su una Terra devastata dalla catastrofe atomica. Il marito, reso impotente dalle radiazioni, uccide un rivale e viene ucciso a sua volta, mentre la donna si suicida. Risultato: restano vivi solo due uomini. La regia è di Bruno A. Gaburro.

Due parole doverose sul profetico Colpo di stato di Luciano Salce (1922 – 1987), che ci racconta come nel 1972 i comunisti riescano a vincere le elezioni. Tutti i benestanti, i ricchi e buona parte degli oppositori cercano una via di scampo nella fuga, ma i comunisti, previo consiglio moscovita, decidono di far dichiarare nullo il risultato della votazione per non alterare gli equilibri internazionali.

Eat It conosciuto anche come Mangiala di Francesco Casaretti racconta la curiosa storia di un industriale che vuole mettere in commercio un nuovo prodotto alimentare e lo sperimenta, pubblicitariamente, su una sorta di cavernicolo misteriosamente reperito in aperta campagna. Poiché gli esperimenti non sortiscono l’effetto voluto, egli prova su se stesso il prodotto e si trasforma in una mucca.

Dalla Francia, L’invenzione di Morel è la vicenda di un evaso che sbarca in un’isola che crede deserta, ma un giorno, improvvisamente, si popola di coppie che ballano. L’invenzione di uno scienziato permette di registrare le immagini e di trasmetterle, settimanalmente. I loro gesti si ripetono all’infinito. Innamoratosi di una di queste immagini, lo scienziato cercherà di renderla viva e poi di registrarsi a sua volta. Fallita l’operazione, in punto di morte, egli distruggerà la disumana invenzione. La trama è ispirata a La Invenciòn de Morel (1941) dello scomparso Adolfo Bioy Casares e la regia è di Emidio Greco (1938 – 2012).

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

Abbandonati nello Spazio         Columbia

L’altra Faccia del Pianeta delle Scimmie Fox Video

I Cannibali                                Raro Video

Il Cervello di Mister Soames    Sinister Film

Il Computer con le Scarpe da Tennis        Disney

L’Invenzione di Morel                Ripley’S Home Video

Luna Zero Due                          Sinister Film

La Notte dei Morti viventi         Noshame Films (II Vers. Con scene rigirate                                           e aggiunte – Ed. Spec. 40th Anniversario

Il Seme dell’Uomo                   General Video

Terrore e Terrore                     Sinister Film

L’Uomo Illustrato                      Sinister Film

La Vendetta di Gwangi              Golem

(4 – fine)

Giovanni Mongini