IL SILENZIO DEGLI IGNORANTI – FATTI E MISFATTI DEL CINEMA FANTASCIENTIFICO IN ITALIA: PARTE 6

Con l’avvento degli anni Sessanta arriva però sui nostri schermi anche una serie di pellicole, definibili di “fantascienza” ma considerate “impegnate”, che faranno la gioia dei critici ma conosceranno altresì un pessimo riscontro di pubblico. Inizia Omicron di Ugo Gregoretti, datato 1963, dove abbiamo un alieno che giunge sulla Terra per poter verificare le possibilità di controllarla e dominarla. L’extraterrestre entra nel corpo di un operaio e dopo alcune difficoltà riesce a prenderne il controllo. Inizia la sua missione ma s’innamora e s’impegna troppo nei problemi sociali dimenticando totalmente lo scopo del suo viaggio. Quindi, tutti nel 1969 escono prima Ecce Homo: i sopravvissuti (1969) di Bruno A. Gaburro: Anna (Irene Papas) è l’unica donna rimasta viva dopo la catastrofe nucleare, Jean (Philippe Leroy), suo marito, è diventato impotente per cui quando arriva Quentin (Frank Wolf) con Len (Gabriele Tinti) si cominciano ad avere i primi scontri per il possesso della donna perché Jean, anche se impotente, non vuole cederla a nessuno. Anna si suicida e Jean uccide gli altri restando vivo solo lui e un bambino, Patrick (Marco Stefanelli). Il mondo è finito per un attacco di gelosia possessiva… Quindi è la volta de I cannibali di Liliana Cavani (1969) con il quale siamo in una non ben identificata città del futuro dove vige una spietata dittatura. Chi si ribella viene passato per le armi e il suo cadavere è lasciato a marcire per le strade, ma una ragazza vuole seppellire il corpo di suo fratello aiutata da un altro giovane. La cosa non può essere tollerata dall’ordine costituito: pena di morte anche per loro! Infine ecco Il seme dell’uomo di Marco Ferreri (1969): vicini alla fine del mondo una coppia si ritira in campagna nell’attesa del giudizio finale e, mentre sono ancora lì ad aspettarlo, arriva una seconda donna che diventa poi l’amante dell’uomo. Lui vorrebbe da lei un figlio perché la sua compagna non aveva mai voluto restare incinta, ma gli eventi precipitano. La donna uccide l’amante rivale e la dà in pasto all’uomo che ignora il contenuto del cibo. Venuto a conoscenza del menù, si vendica drogandola e violentandola e qui, a quanto pare, il giudizio arriva sotto la furia assassina degli elementi che non risparmiano nessuno dei due.

Tutto questo mentre negli Stati Uniti apparivano o erano apparsi film come Gli uccelli (1963), Il Dottor Stranamore (1963) e La stirpe dei dannati (1963) prodotto dalla cinematografia inglese insieme ad Hallucination (1961), non dimenticando che negli Stati Uniti il 1968 sarà anche l’anno di 2001: Odissea nello spazio, mentre l’anno prima Il pianeta delle scimmie aveva dato il via alla fantascienza moderna, opere di ben altra levatura rispetto a quelle realizzate in Italia che però avevano fatto andare in sollucchero i critici nostrani. Per fortuna, o per loro sfortuna, il 1965 per l’Italia è l’anno di Terrore nello spazio di Mario Bava, molto liberamente tratto da “Una notte di 21 ore” di Renato Pestriniero, ancora oggi, probabilmente, il miglior film italiano nel genere.

Due astronavi, la Argos e la Galliot, vengono attirate, quasi di forza, su uno sconosciuto pianeta. Il comandante della Argos resta cosciente e può così combattere e vincere una misteriosa crisi di follia che sembra aver pervaso gli altri componenti. Dopo aver rimesso le cose a posto l’equipaggio giunge nei pressi dell’astronave gemella per trovarla piena di cadaveri. Gli uomini sembrano essersi uccisi tra loro e, una volta sepolti, tornano pure in vita animati dai veri abitanti del pianeta, esseri che vivono su un diverso piano dimensionale e che vogliono appropriarsi dei corpi degli astronauti per poter fuggire dal loro mondo morente. La battaglia infuria e solo in tre riescono a decollare, ma il tecnico di bordo si accorge che gli altri due superstiti sono stati posseduti dagli alieni e allora si sacrifica e distrugge “il deviatore di meteore” senza il quale la Argos non potrà fare molta strada. Ai due posseduti non resta che atterrare sul più vicino pianeta senza rientrare nel loro mondo. Questo pianeta è la Terra. La sorpresa finale ci rivela quindi che nemmeno i protagonisti sono dei terrestri, ma anche loro, pur se umanoidi in tutto e per tutto simili a noi, sono degli alieni. La trovata è cinematograficamente geniale, ma non fu compresa dalla critica d’epoca che sproloquiò sui “terrestri che tornano sul loro mondo”. Il film possiede poi due finali leggermente diversi: nel primo si vedeva l’astronave sovrapporsi in modo minaccioso al pianeta Terra, quasi a volerlo abbracciare nella sua stretta angosciante, nel secondo, molto più semplicemente, si vedeva la nave spaziale rimpicciolire nell’avvicinarsi al nostro pianeta.

L’altro gruppo di titoli che appaiono sul nostro mercato negli anni Sessanta non ha nulla da aggiungere a quanto già detto. Si va da un fantascientifico e stupido Maciste contro Ercole nella valle dei guai di Mario Mattoli (1962) e altri della stesso genere che permetteteci di non nominare, al divertente 4…3…2…1… Morte! di Primo Zeglio (1967), una coproduzione che ci permette di vedere all’opera il famoso eroe stellare di libri e fumetti tedeschi Perry Rhodan.

Di ben altra levatura è invece L’ultimo uomo della Terra (1963) firmato anche da Ubaldo Ragona ma il cui vero regista è Sidney Salkow il quale, con mano felice, dirige un validissimo Vincent Price a portare per la prima volta sullo schermo un famoso romanzo di Richard Matheson Io sono leggenda, inizialmente tradotto come I vampiri”: anche qui però si tratta di una coproduzione o, meglio di un film americano girato in Italia con attori italiani tranne uno, quello principale. Il persuasivo Price è Robert Morgan ed è l’ultimo uomo rimasto sulla Terra. Tutti gli altri si sono trasformati in mutanti, una sorta di vampiri a causa di una epidemia misteriosa e assediano la sua casa per nutrirsi del suo sangue. Prima di essere definitivamente ucciso dai mostri riesce a mettere incinta una ragazza apparentemente ancora normale, ma in realtà anch’essa una mutante. Questa è l’unica speranza per l’umanità. La storia di Matheson verrà realizzata altre due volte con 1975: occhi bianchi sul pianeta Terra di Boris Sagal (1971), titolo stupidissimo rispetto a quello originale che era The Omega Man, e nel 2007 con Io sono leggenda” di Francis Lawrence dove, se non la storia, si rispetta almeno il titolo originale. Malgrado queste ultime due pellicole fossero a colori e, specie l’ultima anche ricca di effetti speciali, non hanno la resa drammatica che ha avuto la prima piccola trasposizione in bianco e nero.

Per gli anni Settanta, è nostro dovere ricordare H2S di Roberto Faenza (1971) nel quale un ragazzo visita una città dove il concetto di libertà non esiste. In una scuola vede che gli insegnanti impartiscono lezioni ai loro allievi sull’ubbidienza cieca e assoluta e chi non esegue gli ordini viene eliminato. Il ragazzo cerca di fuggire, ma viene catturato e punito. Si vendicherà facendo il bombarolo.

(6.continua)

Giovanni Mongini