PAURA NELLA CITTÀ DEI MORTI VIVENTI

SCHEDA TECNICA

Titolo originale: Paura nella città dei morti viventi

Anno: 1980

Regia: Lucio Fulci

Soggetto: Lucio Fulci e Dardano Sacchetti

Sceneggiatura: Lucio Fulci e Dardano Sacchetti

Direttore della fotografia: Sergio Salvati

Montaggio: Vincenzo Tomassi

Musica: Fabio Frizzi

Effetti speciali: Giannetto De Rossi

Produzione: Luciano Martino e Giovanni Masini

Origine: Italia

Durata: 1h e 33’

CAST

Cristopher George, Katherine Mac Coll, Carlo De Mejo, Antonella Interlenghi, Giovanni Lombardo Radice, Janet Agren, Daniela Doria, Fabrizio Jovine, Luca Paisner, Michele Soavi, Luciano Rossi, Venantino Venanntini, Robert Sampson, Adelaide Aste, Renzo D’Ausilio, Lucio Fulci

TRAMA

La prima parte è un alternarsi di sequenze tra il cimitero di Dunwich, dove assistiamo al suicidio di padre Thomas che si impicca nel cimitero, e una seduta spiritica a New York protagonista una medium che sente quel che sta per accadere. Dopo il suicidio del prete a Dunwich comincia l’orrore e i morti si levano dalle tombe. Durante la seduta spiritica la medium cade a terra stravolta e pare morta. La musica spettrale e intensa di Fabio Frizzi ci accompagna in una discesa negli inferi senza ritorno e fa da contorno a un panorama di tempeste di vento e corpi decomposti.

La polizia indaga sulla morte della medium e l’ispettore non crede che sia stata la paura, pensa invece a una storia di droga. Un’altra medium conferma l’accaduto e tira fuori il libro maledetto di Enoch. Conosciamo il cronista Peter Bell, uno dei personaggi chiave del film, che non riesce a entrare in casa della medium per l’intervento di un poliziotto. Intanto a Dunwich l’orrore cresce: si rompono specchi senza motivo, si incrinano pareti, appaiono corpi decomposti e vermi. Fulci ci presenta il personaggio di Bob, un anormale di Dunwich che fa l’amore con una bambola gonfiabile. Si prosegue per rapidi flash e sequenze che portano in primo piano i protagonisti della storia ma non chiariscono le idee. Tipica tecnica di Fulci per condurre lo spettatore lentamente verso un incubo senza ritorno. Adesso siamo da Gerry, lo psicanalista che cura Sandra (la bellissima Janet Agren) afflitta da problemi verso gli uomini per via della fuga del padre. Ma questa parte psicologica è appena accennata, direi quasi tirata via, non ha alcuna influenza sul resto della pellicola. D’un tratto il gatto dello psicanalista pare impazzito, si getta su Sandra e la graffia. Non era mai accaduto. Pure le piccole cose servono a  Fulci per costruire la tensione e l’orrore, il regista vuol far capire che a Dunwich sta accadendo qualcosa di strano. Cambia di nuovo la scena e siamo al cimitero di New York dove assistiamo a una delle parti più intense e orrorifiche dell’intera pellicola. La medium non è morta, ma è stata sepolta viva, si è trattato di un caso di morte apparente. Se ne accorge il giornalista Peter Bell che ode le sue grida disperate. La medium prima gratta la bara sino a perdere sangue dalle mani, poi comincia a colpire il coperchio di legno, infine lancia un acuto grido di terrore. Il giornalista rompe la bara a picconate e rischia di uccidere la donna più volte perché il piccone si ferma sempre a pochi centimetri dal volto. Sono rapide sequenze ad alta tensione girate con maestria da un esperto di scene thriller. Una volta ristabilita, la medium racconta di aver visto Dunwich, l’antica Salem, città maledetta sede delle streghe. Il suicidio di un prete maledetto ha aperto una porta sugli inferi e se non verrà chiusa i morti torneranno sulla Terra durante la notte di Ognissanti. Torniamo a Dunwich. Bob, l’anormale che fa l’amore con le bambole, è in cantina e rivede la scena del prete che si impicca, quando arriva sua sorella fugge e a lei viene strappato il cervello dopo che il prete le ha spiaccicato in volto una manciata di vermi. Subito dopo vediamo Tommy (un Michele Soavi non ancora passato dietro la macchina da presa) appartarsi su di un camper con una ragazza. Appare il prete impiccato e loro sono terrorizzati, vorrebbero fuggire ma l’auto non si mette in moto. Basta lo sguardo del prete a uccidere la ragazza in modo orribile e Fulci insiste sulla descrizione della morte da vero professionista degli effetti speciali (complice un grande Giannetto De Rossi). Si vede il sangue che comincia a colare dal volto della donna e poi escono le interiora dalla bocca come se l’intestino implodesse e dovesse trovare una via d’uscita. Al tempo stesso il povero Tommy si vede strappare il cervello dal cuoio capelluto. Una scena gore più che splatter davvero notevole e realizzata con una dose quasi eccessiva di particolari macabri. Lucio Fulci compare sulla scena in un rapido cammeo nella veste di medico legale, un ruolo che spesso ama ricoprire, forse per un omaggio a una laurea in medicina mai utilizzata.

La medium e il giornalista vanno a Dunwich dove trovano una tempesta di vento e un panorama spettrale che ricorda molto l’isola tropicale di Zombi 2, solo che qui siamo in un paesino della Georgia (Savannah) ma l’effetto terrore resta identico. Compare di nuovo il prete e accadono altre cose strane: un becchino ruba gli oggetti preziosi ai morti e uno zombi  con un morso gli stacca un pezzo di mano, un bambino vede uno zombi con il volto deturpato dai vermi e riconosce la sorella Emily morta da poco, Sandra mentre dipinge si spaventa perché vede un morto in cucina e scappa dallo psicanalista. Tutto molto frammentario, però ben costruito per creare suspense e attesa. Altri effetti speciali si susseguono e sono ben riusciti, su tutti ricordiamo i vetri che si conficcano in una parete che sanguina. La colonna sonora è degna di nota per come riesce a sottolineare il crescendo di tensione della pellicola.

Una scena grandiosa invece è quella che ci riporta a Zombi 2 per la perfezione con cui è girata. Il barista di Dunwich sorprende Bob nella sua auto in garage assieme alla figlia mentre si fanno uno spinello ed è convinto che sia lui l’artefice dei delitti. Ancora una volta Fulci condanna le superstizioni popolari e le facili similitudini del tipo: “anormale uguale mostro”. Bob fa una brutta fine e Fulci crea un effettaccio notevole, uno dei migliori del suo cinema efferato. Il padre afferra Bob e avvicina la sua testa al trapano elettrico in funzione e la punta sfonda il cranio del poveraccio da orecchio a orecchio. Una sequenza notevole che Joe D’Amato imiterà in Rosso Sangue (1981) con la variante della sega circolare.

Intanto la medium e il giornalista si sono uniti allo psicanalista e decidono di cercare il punto dove il prete si è impiccato e la tomba dove è sepolto. Là si sono aperte le porte dell’inferno e là devono essere richiuse. Notevole pure qui la scena della tempesta di vermi che invadono la stanza da una finestra che si spalanca all’improvviso. La casa è letteralmente invasa dai vermi che si depositano sul pavimento, sul telefono, sui volti dei protagonisti. Suona il telefono. Un bambino di nome Johnny chiama e dice che sua sorella Emily (morta il giorno prima) ha ucciso i genitori in modo orribile. Le porte dell’inferno adesso sono spalancate e l’orrore raggiunge l’eccesso con Emily tornata dalla morte che afferra Sandra per i capelli e le strappa il cervello. La scena è davvero orribile con tutto quel sangue e con la materia cerebrale spappolata che cola sul terreno. Il bambino fugge e un morto vivente gli dà la caccia. Un’altra cosa originale del film è questa caratterizzazione nuova degli zombi che non sono veri e propri zombi come li ha sempre dipinti la tradizione cinematografica. Gli zombi di Fulci sono morti viventi con il volto divorato dai vermi, quasi dei fantasmi che compaiono nei posti più impensati e colpiscono con crudele violenza. Tra l’altro non uccidono per mangiare carne umana ma solo per il gusto del sangue.

I morti viventi arrivano al bar del paese, accerchiano il gestore del locale e colpiscono di nuovo. Per lui è una fine meritata perché aveva massacrato il povero Bob che non era colpevole di niente. La medium, il giornalista e lo psicanalista trovano la tomba di famiglia del prete, la aprono ed entrano dentro in mezzo a cunicoli, ragnatele, scheletri e topi schifosi. Appare Sandra zombizzata e uccide il giornalista con la solita spremuta di cervello partendo dal cuoio capelluto, vera costante del film. Gli effetti truculenti sono davvero perfetti e qui in più c’è l’orrore dei topi che si cibano della materia cerebrale.

Lo psicanalista uccide definitivamente lo zombi di Sandra con un paletto appuntito conficcato nel cuore. A questo punto risorge un morto in mezzo alle ragnatele e arriva pure il prete che guarda fisso negli occhi la medium. Lei comincia a sanguinare. Salva la situazione lo psicanalista che con una croce di legno trafigge il basso ventre del prete che grida in modo lugubre. I morti viventi cominciano a bruciare e pure il prete prende fuoco. Una volta distrutto lo zombi del prete tutti i morti ritornano cenere, si chiudono le porte dell’inferno e l’incubo pare finito. Non è così perché quando lo psicanalista e la medium escono dalla tomba c’è il bambino che corre verso di loro felice, mentre negli occhi dei due si legge di nuovo il terrore. Hanno visto qualcosa che il regista non spiega, forse altri morti viventi, in ogni caso hanno compreso che l’incubo continua. Un finale scioccante alla Fulci che si chiude con un fermo immagine sul bambino e lo schermo che pare incrinarsi. C’era spazio sufficiente per fare una parte seconda che invece non è stata mai realizzata.

NOTE

Paura nella città dei morti viventi è un horror cupo e angosciante con una trama semplice che si basa sulla resurrezione dei morti a Dunwich nel giorno di Ognissanti e sulla credenza che quella città sia la leggendaria Salem, regno delle streghe e del male. La storia però non è la cosa fondamentale di un film retto soprattutto da un’atmosfera di terrore e da straordinari effetti speciali.

Se dobbiamo trovare un difetto a questo film è quello della frammentarietà. Si passa troppo spesso e senza molta continuità da Dunwich a New York, dagli orrori della città infernale ai racconti della medium. Lo spettatore rischia di smarrirsi e di non seguire il filo logico degli eventi. Ma a Fulci non interessa più di tanto, quel che vuole è creare un’atmosfera di terrore e giocare su questo alternarsi di sequenze proprio per rendere più spaventoso il prossimo evento macabro.

Se paragoniamo questo film a La Chiesa di Michele Soavi (1988) vediamo che nasce da un’identica ispirazione: la porta dell’inferno che viene scoperchiata e le anime dell’aldilà che invadono il mondo dei vivi. Pure Dèmoni  e Dèmoni 2 di Lamberto Bava (1985 e 1986) seguono la stessa logica, forse perché lo sceneggiatore è sempre Dardano Sacchetti. In ogni caso Fulci è stato il primo e la sua è un’idea originale che successivamente altri autori hanno ripreso e sviluppato.

Paolo Mereghetti nel suo importante dizionario distrugge il film che reputa degno di una stella e mezzo, lo giudica solo “un tripudio di macelleria e frattaglie sanguinolente, cervelli spiaccicati e pavimenti che crollano divorati dai vermi”. La prima cosa da dire è che i pavimenti non crollano in nessuna sequenza del film e quindi sarebbe bene che certi critici li vedessero i film prima di parlarne male per partito preso. In ogni caso non possiamo concordare con un giudizio così pesante e soprattutto così superficiale.

Marco Giusti in Stracult dice che è “l’horror che ha segnato il rilancio internazionale di Fulci che nel film frulla tutto, da Poe a Lovecraft per finire con Romero, ma con qualche mezzo e una certa classe”. Fulci amava questo film, diceva che era un horror molto artaudiano, crudele e libero come le poesie di Artaud che lui apprezzava molto. Il giudizio di Giusti è più coerente con la realtà, lasciamo stare se poi anche lui prende un bel granchio quando dice che Luciano Rossi interpreta il prete che si impicca. Non è vero. Il prete è Fabrizio Jovine e Rossi qui interpreta un ruolo minore da poliziotto. Luciano Rossi era un attore caro a Joe D’Amato e un caratterista western molto bravo per la sua faccia spiritata da cattivo, ma in questo film la sua apparizione è a livello di comparsa.

Concludiamo con Antonio Tentori che in Horror Made in Italy dice che “questo film conferma il talento creativo di Fulci che imprime ai suoi lavori una connotazione completamente fantastica e visionaria, dando vita a un terrore non solo visceralmente inaudito, ma anche metafisico e sovrannaturale…”.

Siamo d’accordo con Tentori e completiamo il suo giudizio positivo aggiungendo che Paura nella città dei morti viventi è qualcosa di più del solito film di zombi. Nel film troviamo suggestioni letterarie da Poe e Lovecraft, il mito storico-fantastico di Dunwich come Salem la città delle streghe, le atmosfere ventose e spettrali realizzate con cura e straordinari effetti speciali in seguito imitati da una ridda di scopiazzatori.

Tra l’altro sono molte le scene raccapriccianti che gli attori ebbero qualche difficoltà a interpretare. Daniela Doria vomita pajata di pecora ancora calda per simulare intestini che escono dalla bocca. Antonella Interlenghi si lascia percorrere il viso dai vermi e così Janet Agren nella scena della tempesta che spinge i vermi con un grosso ventilatore.

Il gusto per l’eccesso di Fulci lo fa abbondare in topi che divorano cervelli, vermi e cadaveri decomposti un po’ ovunque, interiora strappate e gettate sul pavimento. Tutto questo è un marchio di fabbrica, una garanzia che il film è proprio di Fulci, i vermi nei suoi lavori sono un po’ come i salami nei fumetti di Jacovitti. Da segnalare infine che la recitazione è a livelli buoni e che Fulci come regista sapeva far recitare gli attori. Scadente il solo Carlo De Mejo nel ruolo dello psicanalista, spesso fuori tempo e poco credibile con certe battute.

Il film venne lanciato accompagnato sulle locandine dalla falsa prescrizione medica di un inesistente Prof. Sven Cuzak, primario svedese di un’improbabile III clinica cardiologica: “Sconsiglio la visione del film a soggetti sofferenti di scompensi cardio-circolatori: le forti emozioni che si provano durante la visione potrebbero causare danni anche notevoli a carico dell’intero sistema vascolare”.

Paura nella città dei morti viventi vinse il premio del pubblico al “Festival del cinema Fantastico di Parigi”, la maggiore manifestazione Europea per il cinema horror.

Gordiano Lupi & As Chianese

(tratto dal libro Filmare la morte – Il cinema horror  e thriller di Lucio Fulci - Edizioni Il Foglio, 2007)