I PRIMI ZOMBI DEL CINEMA ITALIANO

Dopo il successo del film ZOMBI in Italia (secondo capitolo della serie di Romero uscito nel 1978), grazie anche all’aiuto di Dario Argento che decise di lanciare e appoggiare la pellicola, si aprì per i registi del nostro paese la strada per continuare una serie facendo leva sul titolo e ognuno esprimendo il proprio modo di vedere e mostrare i morti viventi… e dagli anni Settanta fino alla fine degli anni Ottanta assistemmo a una vera e proprio invasione di orde di affamati e famelici “undead”.

Il primo a seguire le orme di questo genere fu Lucio Fulci che, nel 1979, diresse ZOMBI 2, in cui si narrano le vicende del giornalista Peter e di Anne, figlia del proprietario di un vascello ritrovato alla deriva e in stato d’abbandono nel porto di New York. La coppia indaga sulla sorte del padre di quest’ultima a seguito del ritrovamento di uno strano essere a bordo della nave. Le tracce li portano sull’isola di Matul, nei Carabi, dove stanno accadendo strani fenomeni: i pazienti dell’ospedale muoiono e poco dopo si risvegliano affamati di carne umana. Nel giro di poco tempo l’epidemia, causata da un virus scoperto proprio dal padre di Anne, contagia tutti i morti che si tramutano in zombi che invadono tutta l’isola: ai due non resta che fuggire e cercare di tornare a New York per dare l’allarme. Ma improvvisamente la radio trasmette una terribile notizia: in città orde di cadaveri sono tornate in vita e aggrediscono le persone mangiandole. Ormai, non c’è più scampo!

Fulci torna poi sull’argomento nel 1987 con ZOMBI 3, film terminato però da Bruno Mattei e Claudio Fragasso a causa del peggioramento delle condizioni di salute del regista e di alcune divergenze con la produzione. La trama è incentrata sulle vicende di un gruppo di malviventi, che ruba da una base militare una misteriosa valigetta contenente delle fiale di un virus denominato “Death One”. Durante la fuga uno dei ladri viene ferito, la valigetta si apre, le fialette si rompono, ne fuoriesce il virus che infetta la mano del criminale, che riesce però a rifugiarsi in un albergo. I sintomi dell’infezione però non tardano a manifestarsi: il criminale si riempie di pustole, impazzisce e assale una cameriera uccidendola. Dopo averlo trovato morto, l’esercito crema l’uomo, ma il fumo e le sue ceneri si propagano sulla città infettando un gruppo di uccelli che a loro volta appestano una zona residenziale. L’esito del contagio è devastante: chiunque entri in contatto con il virus si trasforma in zombi affamato di carne umana. L’esercito interviene per sterminare chiunque sia infetto, ma non avrà vita facile contro le orde fameliche di morti viventi.

Lo stesso anno Claudio Fragasso dirige ZOMBI 4 – OLTRE LA MORTE, ambientato nella paradisiaca Isola del Gatto in Sudamerica, dove scoppia improvvisamente un’epidemia che provoca la morte di molti indigeni. Un gruppo di ricercatori medici si trova sul luogo per scoprirne le cause e trovare una cura, ma lo stregone, che ha da poco perso la figlia a causa della malattia, è convinto che siano stati gli stessi dottori a portare il morbo e apre la terza porta dell’inferno. Da qui scaturisce uno spirito che prende possesso del corpo dello sciamano trasformandola in un essere mostruoso che uccide tutti i ricercatori, tranne una bambina, Jenny, alla quale i genitori avevano donato un ciondolo a protezione del Male. Anni dopo la bimba, ormai cresciuta, torna sull’isola maledetta, della quale non conserva il ricordo, insieme a un gruppo di amici a causa di un guasto al loro motoscafo. Sul posto si trovano tre speleologi alla ricerca di indizi sulla fine dei dottori che tempo prima erano scomparsi. L’isola sembra disabitata, ma ad un certo punto compare uno zombi che assale e morde Tommy, uno degli amici di Jenny. Il gruppo appena arrivato trova un pronto soccorso, naturalmente deserto, per prestare le cure al ferito, mentre gli scienziati scoprono una caverna e un libro: uno di loro recita una delle formule contenute all’interno e all’improvviso tutti i morti dell’isola si svegliano e inizia la caccia all’uomo… vivo!

Un percorso diverso ha invece avuto ZOMBI 5, film ancora del 1987 diretto da Claudio Lattanzi, interpretato da Robert Vaughn e prodotto dalla Filmirage di Joe d’Amato. Il titolo originale della pellicola è KILLING BIRDS, ma il film è stato in seguito distribuito con i titoli di KILLING BIRDS – RAPTORS, KILLING BIRDS – UCCELLI ASSASSINI, RAPTORS e infine ZOMBIE 5: KILLING BIRDS, seguendo la numerazione dei successi precedenti. La storia ci racconta le vicende del dottor Brown che, al ritorno dal Vietnam, scopre la moglie con l’amante e li uccide insieme ai genitori di lei, lasciando in vita solo il figlioletto Steve. Questo venti anni dopo, con un gruppo di studenti in ornitologia, si reca in una grande villa abbandonata per studiare un raro esemplare di Picchio dal becco d’avorio. Nella villa però, che è quella della strage iniziale, si verificano episodi allucinanti; a uno a uno, infatti, i giovani vengono aggrediti e barbaramente uccisi da morti viventi.

Se siamo partiti dal 1979 e dal film ZOMBI 2 di Fulci non è un caso: è stato infatti con questa pellicola che il filone ha preso piede nel nostro paese, ma l’esordio degli zombi italiani nel mondo del cinema è leggermente anteriore e si può datare 1974. Il titolo è NON SI DEVE PROFANARE IL SONNO DEI MORTI e il regista è in realtà spagnolo, Jorge Grau, mentre solo la produzione è italiana e tra gli attori troviamo volti piuttosto noti nel nostro cinema, Arthur Kennedy e Ray Lovelock. La storia è incentrata su di un macchinario a ultrasuoni, utilizzato come insetticida, ma che riesce invece a ridestare dal loro eterno riposo i morti sepolti nelle vicinanze. Questi vengono attratti dal “sapore” della carne dei vivi, che tenteranno in ogni maniera di respingere l’assalto della famelica orda. Una caratteristica particolare di questa pellicola è data dal fatto che ha goduto di tre distribuzioni in sala con ben tre titoli differenti: oltre all’originale infatti, il film di Grau venne riprogrammato con il titolo DA DOVE VIENI? quindi successivamente è circolato per un certo periodo anche questo come ZOMBI 4, prima di tornare al suo titolo di lavorazione.

Nel ventennio Settanta/Ottanta parecchie furono le pellicole che usarono gli zombi come protagonisti, dando vita a un vero e proprio sottogenere horror. Fulci ad esempio, dopo il successo di ZOMBI 2, ci riprovò con PAURA NELLA CITTÀ DEI MORTI VIVENTI nel 1980. Il film racconta la storia di un villaggio, Dunwich, in cui un prete si suicida, scatenando le forze del male che si impossessano dei corpi dei defunti riportandoli in vita per far strage degli abitanti della zona. Un interessante diversivo con rimandi allo scrittore H.P. Lovecraft, in cui gli zombi assomigliano maggiormente a degli spettri che scompaiono e riappaiono in vari punti dello schermo.

Quell’anno fu tra l’altro prodigo di film di genere zombi: il regista Marino Girolami (sotto lo pseudonimo di Frank Martin) girò ZOMBI HOLOCAUST, un onesto titolo con abbondanti dosi di sano splatter e discreto gore. La trama è incentrata su strani casi di cannibalismo che si verificano negli Stati Uniti; dopo alcune ricerche, si scopre che una tribù di stanza nelle Antille è dedita a questa pratica. Carismatica, nel film, anche la figura del “mad doctor” che, dopo aver effettuato delle modifiche sul cervello di uomini deceduti, si è creato un esercito di morti viventi di cui la tribù ha un timoroso rispetto.

Nello stesso anno Andrea Bianchi (sotto lo pseudonimo di Andrew White) filmò ZOMBI HORROR – LE NOTTI DEL TERRORE, dove un professore risveglia involontariamente i morti con un rituale etrusco e questi assalgono gli ospiti della villa dove si sono dati appuntamento i protagonisti.

Anche Aristide Massaccesi (col suo nome d’arte di Joe D’Amato) tentò la strada degli zombi, incrociando il genere con l’erotico o addirittura l’hardcore, come nel caso di LE NOTTI EROTICHE DEI MORTI VIVENTI, dove un architetto compra un terreno su un’isola caraibica per costruire un complesso turistico; ma sull’isola abitano un vecchio e la nipote che lo ammoniscono dal mettere piede su quella terra maledetta. Infatti il motivo c’è: i morti dell’isola tornano in vita per vendicarsi dei vivi!

Passiamo al 1981 e troviamo di nuovo Lucio Fulci impegnato a dirigere morti che camminano in L’ALDILÀ… E TU VIVRAI NEL TERRORE. Con questo titolo probabilmente si toccano i vertici del cinema horror italiano, con i suoi momenti altamente drammatici e gli effetti speciali davvero eccellenti. Una donna eredita un albergo in Louisiana; intende restaurarlo e rimetterlo in funzione come un tempo, ma intanto alcuni strani episodi funestano i lavori. Viene a conoscenza di un pittore pazzo, ucciso proprio tra quelle mura molti anni prima a causa della sua scoperta: l’albergo è in realtà una delle sette porte dell’aldilà dislocate sul globo terrestre! Chi tenterà di varcarla, si troverà l’esercito dei morti viventi pronto a fare a pezzi chiunque sbarri loro la strada.

Nel 1981 anche Bruno Mattei (dietro lo pseudonimo di Vincent Dawn) s’inserisce nel filone dei morti viventi col suo “Virus”. Ci troviamo in Nuova Guinea e una fuga radioattiva da una centrale nucleare trasforma le persone in zombi affamati di carne. Un gruppo di militari viene spedito sul posto per cercare di scoprire l’origine della mutazione degli abitanti del luogo; sul loro cammino incontreranno un paio di giornalisti che si uniranno alla missione, ma il destino dei protagonisti non sarà dei più eroici.

Sempre nel 1981 troviamo una pellicola anomala sul genere: Umberto Lenzi dirige un film che somiglia al genere zombi, ma che se ne discosta dandone una versione differente. In INCUBO SULLA CITTÀ CONTAMINATA la solita fuga di materiale radioattivo contamina gli scienziati di una fabbrica chimica; il contagio si propaga attraverso graffi e morsi, quindi il caos generato è totale. La sostanziale differenza tra questo e gli altri film sul genere è che gli zombi di Lenzi non sono delle marionette vuote che si muovono meccanicamente, ma esseri intelligenti che riescono a correre, a utilizzare gli oggetti, a guidare mezzi di trasporto, ecc. Pur mantenendo l’aspetto esteriore da cadavere putrefatto, la mutazione agisce istantaneamente trasformando le vittime in esseri furibondi e affamati similmente a quelli rappresentati in seguito in ZOMBI 3.

È del 1983 invece il film più interessante e tecnicamente valido di tutto il genere zombi italiani: il regista è Pupi Avati e il titolo ZEDER. Lo studioso Paolo Zeder ha trovato alcuni terreni, denominati “K”, dove i cadaveri sepolti tornano in vita. Negli anni a venire questa scoperta viene rielaborata da alcuni studiosi, ma rimangono coinvolti anche due ignari giovani. La vicenda è avvolta da un alone di mistero e di persone che non hanno intenzione di divulgare la notizia, anche a costo di vite umane.

Dopo i vari “finti” sequel di ZOMBI della fine degli anni Ottanta, assistiamo alla fine del genere, almeno per un po’, con due pellicole però di inizio anni Novanta. La prima è del 1991 e Umberto Lenzi filma il suo primo vero zombi-movie: DEMONI 3, pellicola che, a parte il titolo, non ha nulla a che vedere con la saga di Lamberto Bava. Qui troviamo alcuni ragazzi che si recano in vacanza in Brasile; uno di loro assiste a una macumba e ne rimane affascinato. Si mettono in viaggio verso la giungla e trovano ospitalità in una “fazenda”. Nelle vicinanze si trova un piccolo cimitero in cui sono sepolti anche alcuni schiavi, uccisi dal loro dispotico padrone. Durante la notte, il ragazzo vi si reca e ripete la macumba registrata: l’effetto è quello di risvegliare gli schiavi che si vendicheranno della loro morte sui discendenti.

Il secondo film è invece del 1994 ed è una pellicola particolare, diretta da Michele Soavi, in cui i morti viventi hanno quasi un ruolo comprimario all’interno di una storia incentrata sul protagonista: il titolo è DELLAMORTE DELLAMORE, con la partecipazione di Rupert Everett. Tutto il film gira intorno al suo personaggio e al suo ruolo di “guardiano” dei morti, che tenta di impedire loro di tornare in vita con un colpo di pistola in testa. Francesco Dellamorte è una persona particolare, divisa tra il suo insipido mestiere e l’amore per una donna che lascerà questa valle di lacrime per ricomparire successivamente in altre spoglie.

E per qualche tempo gli zombi italiani tornarono a “dormire” sonni tranquilli nelle loro tombe.

Davide Longoni