SERGIO GIARDO

Disegnatore tra i più stimati nel nostro paese, Sergio Giardo ha collaborato per moltissime testate a fumetti italiane, soprattutto con tematiche fantascientifiche, pur non disdegnando capatine in altri settori del fantastico, come il fantasy e il mystero.

Ora si è “messo in testa” di fare anche lo scrittore… e lo sta facendo pure bene, ottenendo ottimi risultati. Vediamo allora di conoscerlo meglio.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È SERGIO GIARDO?

Sergio Giardo, da quel che so, è un ragazzino di cinquant’anni che lavora principalmente per la Sergio Bonelli Editore, illustrando copertine e storie per “Nathan Never”. Ha lavorato diversi anni come Art Director nella pubblicità, ha fatto il character design per alcune serie animate e, nel tempo libero, ha inventato un sacco di storie che ha riposto con cura nel cassetto.

COME HAI COMINCIATO A DISEGNARE?

I miei primi ricordi legati al disegno risalgono ai tempi dell’asilo: disegnavo gru, scavatrici e Paperino sulla carta da pacchi che ci davano per scarabocchiare. Non mi era chiara la funzione del becco, per cui lo disegnavo a mo’ di naso e, sotto, la bocca.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Ho iniziato a disegnare per la Bonelli su una miniserie di Federico Memola per “Zona X”, si trattava di una space opera e si intitolava “Legione Stellare”; per me, appassionato di fantascienza da sempre, è stato un vero divertimento. Ho poi lavorato su “Jonathan Steele”, sempre di Memola, una serie che mescolava scienza e magia, fantasy e spy story, davvero stimolante per un disegnatore. Poi “Storie da Altrove”, spin-off di “Martin Mystère” ambientato nel passato che mi ha dato modo di disegnare personaggi come Sherlock Holmes, Arsenio Lupin, Dracula, Houdini, Garibaldi, Edgard Allan Poe, tanto per citarne alcuni.

ATTUALMENTE SEI IMPEGNATO CON “NATHAN NEVER”, LA PIU’ LONGEVA SERIE DI FANTASCIENZA ITALIANA: CHE EFFETTO TI FA?

Sono un lettore di “Nathan Never” fin dal numero uno. È stato grazie a “Nathan Never” se mi sono convinto a mandare delle prove per propormi come disegnatore in Bonelli. Riuscire, dopo tanti anni, finalmente a disegnarlo… Che dire? È una bella soddisfazione.

ENTRANDO NELLO SPECIFICO, SEI, TANTO PER COMINCIARE, IL COPERTINISTA UFFICIALE: COME TI MUOVI PER CREARE IN UNA SOLA TAVOLA TUTTO IL SUNTO E IL SUCCO DELLA STORIA?

Ricevo le indicazioni dal curatore della serie, Glauco Guardigli, che mi fa avere le tavole e mi suggerisce gli elementi della storia da mettere in evidenza. Bisogna fare attenzione a non rivelare troppo, ma al tempo stesso bisogna cercare di incuriosire. L’impostazione delle copertine di “Nathan Never” deve rispettare la tradizione bonelliana che vuole sempre il nostro eroe protagonista e ben riconoscibile. Tenuto conto di tutti questi fattori, elaboro una o più bozze di proposta per l’approvazione, prima di realizzare l’illustrazione definitiva in bianco e nero.

DI QUALI TECNICHE FAI USO PER CREARE QUELLI CHE A TUTTI GLI EFFETTI SONO VERI E PROPRI QUADRI DI FANTASCIENZA?

Lavorando principalmente in bianco e nero (nel caso delle copertine di Nathan i colori sono di GianMauro Cozzi), pur utilizzando strumenti digitali come la tavoletta grafica, la tecnica rimane sempre quella tradizionale del fumetto, quindi è come se lavorassi sempre con pennino e pennello.

NON TI OCCUPI PERO’ SOLO DI COPERTINE, MA PRESTI LA TUA MATITA ANCHE ALL’INTERNO DELLA SERIE: QUAL È STATA LA TUA STORIA PREFERITA FINO A OGGI?

Dal punto di vista emotivo, il numero 250 di “Nathan Never”, che si proponeva come starting point per eventuali nuovi lettori, ovvero come un nuovo numero uno della serie, riprendendo dal numero uno originale spunti e atmosfere.

COME SI SVOLGE IL TUO LAVORO CON GLI SCENEGGIATORI E FIN DOVE ARRIVANO LE LORO INDICAZIONI E DOVE INIZIA LA TUA LIBERTA’ DI MOVIMENTO?

Dipende dallo sceneggiatore, alcuni sono molto precisi nelle indicazioni; in questo caso cerco di rimanere più fedele possibile a quello che mi viene richiesto. In altri casi mi viene lasciata più libertà, in virtù anche della fiducia nata dopo anni di collaborazione.

A QUALE STORIA STAI LAVORANDO ADESSO?

Una storia di oltre duecento pagine, scritta da Antonio Serra, che concluderà la storyline del tanto amato personaggio Omega e verrà pubblicata nella collana “Le grandi storie di Nathan Never” all’inizio del prossimo anno.

RECENTEMENTE HAI MOLLATO LA MATITA E TI SEI OCCUPATO ANCHE DI SCRITTURA, PUBBLICANDO PER PLESIO EDITORE IL TUO PRIMO ROMANZO, “ROY ROCKET”. CE NE VUOI PARLARE?

In realtà non si tratta di una cosa recente, “Roy Rocket” è nato nel tempo libero nel corso degli anni. Solo ultimamente ho avuto un riscontro dalla Plesio, e quindi è partita tutta la fase esecutiva per portare finalmente il racconto dal mio cassetto alle librerie. In “Roy Rocket” ho cercato di mettere tutta la mia passione per la fantascienza e l’avventura. Sono cresciuto fantasticando con le serie televisive di “UFO” e “Spazio 1999”, poi sono arrivati “Star Trek”, “Guerre Stellari”, “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, “E.T.”, “Ritorno al Futuro”. “Roy Rocket” è un ragazzo che viene strappato via dalla sua vita comune e dal suo primo amore e catapultato in mondi fantastici ai confini dell’universo, ritrovandosi al centro di una disputa tra fazioni di un’antichissima civiltà aliena. È una classica avventura, una storia di formazione e una cavalcata nei territori della fantasia, che è il tema portante nonché l’elemento principale al centro della storia.

COME È NATA LA STORIA E QUALI ANEDDOTI PUOI RACCONTARCI IN MERITO?

Quanto spazio ho a disposizione? La cosa è piuttosto complessa! Ok, sintetizzando, Roy esiste da una trentina d’anni. Senza entrare troppo nello specifico, posso dire che nella sua creazione entra in gioco anche una delusione d’amore. Nel corso degli anni, la sua storia si è sempre arricchita di particolari, fino a quando è diventato un soggetto per una serie a fumetti, che ho provato timidamente a proporre, senza successo. Quando mi sono reso conto che non sarei mai riuscito, nel tempo libero a disposizione, ad illustrare la complessità delle avventure di Roy, ho cominciato a pensare di scriverne un romanzo.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

I personaggi non mi hanno dato particolari problemi. Li avevo già rappresentati in precedenza per il progetto a fumetti, e avevo bene in testa il loro carattere. Poi, tanto, una volta creati, fanno quello che vogliono. Per me la parte più difficile è stato cercare di descrivere, in maniera chiara e semplice, le cose che visualizzavo nella mia testa. In questo senso il disegno è più immediato e non dà problemi, almeno per quanto mi riguarda.

QUANDO TI È VENUTO IL PALLINO, SE COSI’ LO VOGLIAMO CHIAMARE, DI SCRIVERE?

Ho sempre scritto storie, soggetti e sceneggiature per progetti che poi finivano regolarmente nel mio cassetto, perché non avevo il tempo, la voglia e l’intraprendenza necessaria per proporli in giro. Fin da ragazzino, inventavo personaggi e mondi che poi abbandonavo perché nel frattempo mi ero innamorato dell’idea successiva. Sono sempre stato un po’ scostante, in questo senso.

QUESTO SARA’ UN CASO ISOLATO OPPURE AVREMO MODO DI VEDERTI ANCORA IN QUESTA VESTE?

Non ho detto una cosa importante, “Roy Rocket – Oltre l’infinito”, pur proponendo una vicenda in sé conclusiva, si propone come il primo volume di una serie, perché la storia è così complessa da necessitare almeno altri due tomi per essere completata. Quindi spero di poter avere l’opportunità di concluderla!

VISTO CHE ULTIMAMENTE CAPITA SPESSO DI LEGGERE MOLTI AUTORI ANCHE IN FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?

Domandina da un milione di euro, eh? Io personalmente, anche se uso strumenti digitali, faccio fatica a leggere fumetti o libri in formato e-book. Però sono vecchio. Credo che per le nuove generazioni sia più naturale la lettura dei formati digitali. Indubbiamente è una grande comodità avere migliaia di volumi racchiusi in un piccolo spazio. Penso che le due realtà vivranno affiancate ancora per qualche anno, ma in prospettiva penso che il digitale avrà il sopravvento.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Sono un figlio degli anni Sessanta, era un’epoca in cui si sognava il benessere e un mondo migliore. C’erano in tv gli uomini sulla Luna. Oggi siamo, secondo me, in piena decadenza, umana, culturale e di valori. Non viviamo, sopravviviamo; non costruiamo per il futuro, anzi, ne abbiamo paura. Guardare al fantastico vuol dire sognare un futuro migliore, ma anche affrontare i mostri ed esorcizzare le proprie paure; dare spazio all’immaginazione e liberare quella fantasia che ci fa evadere e tornare bambini, immaginare e prefigurare scenari e soluzioni che possono dar vita a grandi progetti.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER DISEGNARE QUANTO TI VIENE RICHIESTO

Oggi il web è una grande fonte d’ispirazione, insieme a libri, film o la realtà stessa. Sul web c’è una vetrina infinita di idee e grandi talenti, è fantastico!

E DOVE INVECE QUELLA PER LA SCRITTURA?

Un po’ da tutto quello che leggo e che mi colpisce. In particolare, per “Roy Rocket”, quello che mi ha fatto scattare la scintilla e la voglia di scriverlo è stato il primo volume di “Harry Potter”, un fenomeno trasversale, una perfetta storia di avventura e di mistero che è stata capace di coinvolgere persone di tutte le età, anche mia mamma ha letto l’intera serie.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI (O SCENEGGIATORI) PREFERITI?

Tra gli scrittori, posso permettermi di fare un nome secco: Richard Matheson, aggiungendo però Will Eisner, che scriveva e disegnava le sue storie. Tra gli sceneggiatori con i quali ho lavorato, mi sono sempre trovato bene con tutti, metterei in testa Antonio Serra, lavorare con lui è una faticaccia, ma c’è sempre da imparare. Tra quelli coi quali non ho mai lavorato, Mauro Boselli.

E QUALI INVECE I TUOI DISEGNATORI?

In ordine sparso: Kirby, Romita Sr., John Buscema, Moebius, Giardino, Magnus, Manara, Zanotto, Garcia Seijas, Castellini, De Angelis, Villa, Brindisi, Stano, Raymond, Starr, Eisner.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Sono onnivoro, amo il cinema e guardo sia i cosiddetti film d’autore che i popcorn movie. Alle volte mangio il popcorn guardando i film d’autore. Così, negli ultimi anni ho apprezzato tanto “La grande bellezza” così come “I Guardiani della Galassia”. Il mio film del cuore è “E.T.”, avevo 18 anni, mi ha fatto ridere, piangere, meravigliare e aveva una colonna sonora di John Williams strepitosa. Per il resto, più o meno quasi tutti i film di Spielberg, Kubrick o Scorsese.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Sto lavorando a una graphic novel con l’amico fotografo Alberto Alpozzi sulla sua esperienza in Afghanistan come reporter. Progetti o sogni nel cassetto ce ne sono sempre, guai se mancassero! Finché rimangono sogni è bellissimo, nel momento in cui si avverano c’è sempre il rischio che diventino incubi!

E ALLORA DA PARTE NOSTRA NON POSSIAMO CHE AUGURARTI… SOGNI D’ORO! ALLA PROSSIMA PUNTATA!

Davide Longoni