E POI VENNE IL COMPUTER… MA SOLO POI – PARTE 04 – ULTIMATUM ALLA TERRA (1951)

Il regista Robert Wise fu un uomo di mestiere, firmerà il famoso West Side Story e Tutti insieme appassionatamente e si accosterà di nuovo alla fantascienza con il gelido Andromeda, dall’omonimo romanzo di Michael Crichton, e con Star Trek: Il Film, il primo della saga stellare nata dalla fertile mente di Gene Roddenberry. La bellissima musica è di Bernard Herrmann; in seguito verrà ripresa in modo similare da François Truffaut per il suo Fahrenheit 451.

Durante la lavorazione il film aveva il titolo originale del romanzo “Farewell to the Master” e poi “Journey to the World“.

Uno studio linguistico e fantastico è stato condotto sul significato della frase “Klaatu Barada Nikto”, essa potrebbe essere approssimativamente tradotta in questo modo: Ferma la rappresaglia e vieni a prendermi. La frase è diventata talmente famosa da apparire in uno striscione posto nell’ufficio di uno dei programmatori di “Tron” e da essere usata, anche se leggermente cambiata, forse per un errore di traduzione, dal protagonista de “L’armata delle Tenebre” di Sam Raimi.

Sappiamo poco di Klaatu, il suo mondo di provenienza, o meglio il suo luogo di provenienza, dato che non è detto che si tratti di un pianeta, sta a quattrocento milioni di chilometri dalla Terra (nella versione originale 250 milioni di miglia). Lo dichiara lui stesso. Il fatto è che, a quella distanza, non esiste nessun pianeta perciò verrebbe da pensare o che si tratti di un mondo ancora da scoprire, il che sembra assurdo, o di una stazione spaziale artificiale o naturale, collocata, per esempio, nella fascia degli asteroidi. Klaatu parla anche di altri mondi: forse questi pianeti abitati sono in altri sistemi solari e il nostro alieno potrebbe quindi provenire da una base avanzata di questa “Fratellanza Cosmica”, la quale ricorda molto da vicino la “Federazione” di Star Trek e il suo compito è quello di controllare ciò che accade sul nostro strano pianeta. Un’altra cosa che avvicina il film di Robert Wise alla creatura di Gene Roddenberry è che gli alieni decidono di prendere contatto con i terrestri solo per il fatto che, grazie all’energia atomica, saranno presto in grado di costruire delle navi astrali. Un poco come la Federazione, la quale prende contatto con nuovi mondi solo quando questi riescono a realizzare motori a velocità curvatura.

Nella prima stesura si era deciso che Klaatu venisse da Marte o da Venere, ma poi l’idea fu abbandonata perché la cosa non sembrava credibile, nonostante le scarse cognizioni astronomiche di allora.

Inizialmente la parte fu offerta a Spencer Tracy ma il produttore Zanuck considerò che l’elmetto di Klaatu non sarebbe bastato a coprirgli il volto nelle scene iniziali e, incredibilmente, non potevano ingrandirlo. Per Claude Rains ci fu lo stesso problema ed era inoltre impegnato altrove. Michael Rennie entrava perfettamente nel casco e aveva già dimostrato a teatro la sua bravura. I tratti del suo viso erano abbastanza particolari anche se perfettamente umani. Rennie (1909 – 1971) era un attore inglese e questo fu il suo primo (e migliore) film americano. Presterà il suo volto anche in “Mondo Perduto” e “Cyborg Anno 2087…Metà Uomo Metà Macchina… Programmato per Uccidere“. Nei panni di Gort c’era Lock Martin, un usciere di un teatro di Hollywood, scelto perché era molto alto.

Furono realizzate due tute dell’automa: una per le riprese davanti e un’altra curata nei particolari per le riprese da dietro. Inoltre fu costruito un modello rigido in fibra di vetro per quando il robot stava immobile come, per esempio, nella scena della risurrezione e nelle sequenze finali. Il risultato è accettabile, ma in certi momenti, abbastanza approssimativo. Il raggio mortale, dipinto sul fotogramma, partiva dal visore del robot, un modello costruito a parte per quest’inquietante sequenza.

Orfano di padre e figlio d’arte da parte di madre, il piccolo Billy Gray che nel film ricopre il ruolo di Bobby, il figlio di Helen (Patricia Neal), ha visto nascere una relazione tra la propria vera madre e Michael Rennie proprio durante le otto settimane di riprese.

La nave spaziale a disco è opera di un disegno di Lyle Wheeler e Addison Henr, costato centomila dollari ed era una struttura di legno ricoperta di gesso alta sette metri e possedeva una circonferenza di centosei metri e mezzo. La parte più solida era la rampa perché doveva sostenere il peso degli attori e del personale. Non era un cerchio interno, era aperta dietro per renderla più maneggiabile e più leggera e fu poi usata in una brevissima sequenza del serial TV “Project UFO”, o, per meglio dire, ne fu creato un modello molto simile: questo perché colui che aveva dichiarato nel telefilm di aver visto un disco volante in un hangar, aveva in realtà visto le fasi di pre-produzione del film.

Volete sapere che fine ha fatto Gort? Ebbene, abbandonato in un magazzino per limiti di età a Bel-Air (California), è stato ritrovato da Steve Rubin e tirato di nuovo a lustro. Gaudio e tripudio da parte di Steve, che aveva visto sfatare il mito del robot buono ma severo nel glorioso film, quando il produttore americano Larry Harmon (Bozo the Clown) lo aveva trasformato in un ridicolo robot del XXI secolo in un pilot intitolato “General Universe”, peraltro mai trasmesso in televisione. Come se non bastasse, lo si vide in “Commander Comet” con tanto di stellone sul petto e bizzarre alucce, interpretato proprio da Harmon. Che fine ingloriosa per un salvatore dell’umanità!

Negli anni a seguire alla Fox circolò la voce che fosse in preparazione un sequel del film e di dare vita a questa interessante seconda parte era stato incaricato Ray Bradbury e la storia doveva essere quella della figlia di Klaatu che torna sulla Terra anni dopo per incontrare ancora una volta Bobby e ribadire al pianeta il suo messaggio. Nella pre-produzione non si era orientati a dare il ruolo nuovamente a Billy, ma si pensava a Jeff Bridges, ma poi non se ne è fatto più nulla anche perché non si è mai potuto trovare un attore o un attrice che potesse sostituire il carisma alieno che aveva sullo schermo Michael Rennie.

Nel 2008 fu realizzato un remake del film… ma è meglio dimenticarlo.

Giovanni Mongini