ALITA: UNA RECENSIONE FILOSOFICA

Alita – Angelo della battaglia” (2019) di Robert Rodriguez, con Rosa Salazar, Christoph Waltz, Jennifer Connelly, Mahershala Ali, Ed Skrein, Jackie Earle Haley, Keean Johnson, Eiza Gonzalez, Lana Condor, Jorge Lendeborg Jr., Michelle Rodriguez, Casper Van Dien, Marko Zaror, Idara Victor, Leonard Wu, Jeff Fuhey e Jay Courtney.

Siamo nell’anno 2563 nella Città di Ferro, sulla quale è sospesa la città di Zalem, in cui è insediata una casta di privilegiati. Il medico-chirurgo cibernetico Ido Dyson trova in una discarica la testa di un androide con le sembianze di una ragazza, al quale ridona un corpo nel suo laboratorio. Ribattezzata Alita, ella non rammenta quasi nulla del suo passato, ma a poco a poco riesce a recuperare qualche ricordo, in relazione al fatto che molto tempo prima è stato membro di un corpo speciale militare robotico, come dimostra anche il programma di combattimento inserito nella sua struttura mentale, che la rende praticamente imbattibile.  Alita finisce per essere una grande “star del superball”, uno sport incentrato su uno scontro senza regole tra androidi intenzionati a distruggersi, con un solo vincitore finale.

Basato su un fumetto giapponese di Yukito Kishiro e sceneggiato da James Cameron – che ne è anche il produttore – e Jon Landau, “Alita – Angelo della battaglia” (“Alita: Battle Angel”) è un megakolossal di fantascienza – o di pre-scienza – di mastodontica spettacolarità, realizzato con un’immane spiegamento di mezzi (il budget è oscillato tra i centocinquanta e i duecento milioni di dollari). Il regista Robert Rodriguez guida il lungometraggio con buon mestiere, fondendo efficacemente l’avventura futuribile, l’ironia, il dramma, il linguaggio scientifico, la vena ideologica anti-propagandistico/patriottica/filo statunitense (nel film non vi sono bandiere a stelle e strisce né riferimenti agli USA come il Paese migliore del mondo, che invece sono presenti nella saga cinematografica di “Terminator”), le sontuose scenografie e una girandola pirotecnica di straordinari effetti visivi.

In perfetta armonia con l’idea del cinema come specchio dei sogni – speranze e incubi – dell’umanità del XXI secolo, “Alita – Angelo della battaglia” di Rodriguez pone in evidenza due paure ben radicate nella dimensione psicologico-spirituale conscia e subconscia dell’immaginario individuale-collettivo ovvero della cultura popolare conscia e subconscia dei popoli dell’Occidente contemporaneo, e non solo, entrando così a far parte della storia idealistico-psicoanalitica dell’interiorità umana contemporanea. La scienza e la tecnologia avanzatissime, nel campo della robotica, che sfuggono al controllo democratico della società civile e delle leggi attraverso cui si esso si esplicita, per diventare un autentico pericolo per la libertà di tutti gli esseri umani e, di conseguenza, per la democrazia e per l’interesse pubblico; per tale motivo occorrono precise norme giuridico-legislative che impediscano agli organismi robotico-cibernetici ovvero agli androidi e ai robot di ogni tipo di avere un’esistenza autonoma e non-subordinata, in maniera eticamente e moralmente evoluta, ai soggetti umani, e che prevengano l’uso dei droidi da parte di singoli individui che intendono mediante essi assoggettare al proprio potere dispotico molti altri soggetti umani. L’assenza delle religioni – del Cristianesimo in tutti i propri molteplici indirizzi teologico-dottrinari e di altri credo religiosi – dal contesto sociale, sostituite evidentemente dalla religione positivista della scienza esatta che risolve ogni problema umano e degli scienziati visti come nuovi sacerdoti portatori di un’innata bontà, concretizzando così l’utopia del Positivismo ottocentesco (pensiamo alla chiesa abbandonata, degradata, ridotta ad un mucchio di rovine di alcune immagini della pellicola, e alla figura del benevolo dottor Dyson). La mancanza di riferimenti ad esseri intelligenti superiori non-terreni che aiutino tutti gli esseri umani a vivere e a progredire nella maniera giusta, e delle stesse dottrine religiose – che molto probabilmente qualcuno molto in alto nella realtà civile ha ritenuto inutili e deleterie – coincide con la mancanza di vera libertà e di vera democrazia, e con una nuova dittatura totalitaria, per quanto gli scienziati e i tecnologi possano essere animati da buone intenzioni verso l’umanità. Siamo di fronte ad una costante di molto cinema e di non poche fiction televisive di fantascienza, e non solo, e, in un senso più complessivo, della cultura popolare/immaginario contemporaneo, e questo dato dovrebbe essere accompagnato dalla tesi secondo cui se non ci sono le religioni non possiamo essere veramente liberi né possiamo autodeterminarci democraticamente, poiché finiremmo con l’essere manipolati da altri al di sopra di noi.

Vi è anche un altro terrore che emerge dal film “Alita – Angelo della battaglia” di Rodriguez: la divisione gerarchico-classista della società civile in una classe minoritaria superiore privilegiata e detentrice di un’autorità pubblica quasi illimitata, ed in una classe smisurata di masse popolari in posizione subalterna.

Sono professionalmente corrette, infine, le interpretazioni degli attori impegnati.

Gianluigi Cofano