EVOLUZIONE DEL THRILLER NEI ROMANZI KKK – 04

Sul filo del rasoio

L’autrice è ancora Laura Toscano, 1971. L’ambientazione è moderna, nella Oakland degli anni Settanta. Il personaggio protagonista della scena iniziale, Katy Reeser, vive in un isolato che sta subendo una ristrutturazione edilizia totale. La ragazza si ritrova sola, in un quartiere spopolato e invaso dalle ruspe, in un periodo della vita particolarmente vuoto e incerto (si è appena lasciata con il fidanzato e le incertezze lavorative sono dei fantasmi con cui fare i conti). L’ambientazione solitaria ricorda quella di alcuni slasher contemporanei, in cui le protagoniste si trovano per i più svariati motivi – le vacanze estive e invernali sono le cause più diffuse – ad aggirarsi attraverso luoghi disabitati e isolati.

Non solo slasher tra le pellicole a cui rimanda l’ambientazione. Un senso di vuoto, di sconfortante silenzio e di annichilente, siderale solitudine avvolge le prime pagine del romanzo, così come accade per le atmosfere del film Tulpa, del 2013 scritto e diretto da Federico Zampaglione. La pellicola rappresenta il più grande ritorno del thrilling italiano dagli anni Ottanta. La protagonista è una manager di un fondo di investimento, single e con tendenze sessuali morbose. Si muove sola in ambienti bui, post-industriali, tetri e disabitati. Un senso di desolante cancellazione di legami umani domina la storia, una vicenda di morbosi desideri sessuali che cancellano ogni altra spinta umana.

Leggiamo uno stralcio tratto dal primo capitolo del romanzo:

“La strada era deserta. C’era solo una vecchia auto posteggiata lungo la staccionata di lamiera… Katy fissò la sua attenzione sull’auto… Pensò si trattasse di una macchina di innamorati, che avevano cercato quel posto solitario e buio per poter stare insieme senza attirare la curiosità degli estranei… Stava per affacciarsi dalla finestra, quando la sua curiosità fu richiamata dalla vecchia berlina ferma dall’altra parte della strada. Lo sportello si era aperto. Una figura umana si sporse sollevando lo sguardo verso l’alto, proprio in direzione della facciata della vecchia casa disabitata. Katy non riuscì a distinguere nulla di più preciso. Non vide niente più di un’ombra. Ma ebbe l’impressione di qualcosa di strano, di insolito.”.

In queste poche righe si possono cogliere gli elementi di novità di questo romanzo rispetto a quelli precedenti della collezione dei KKK, oltre che a quelli appartenenti ai Racconti di Dracula. L’occhio dell’intenditore intravedrà immediatamente i sintomi di un nuovo modo di guardare al giallo e alla suspence.

Il protagonista è lo sventurato e casuale spettatore di un evento delittuoso. L’evento fa del malcapitato il testimone che cadrà in balia delle morbose attenzioni dell’assassino. Al contempo, però, il protagonista potrà contare su una risorsa: il particolare mancante. “Ma ebbe l’impressione di qualcosa di strano, di insolito”. Il protagonista, un anonimo e comune cittadino senza conoscenze nel campo investigativo e criminologico, è stato spettatore di un evento straordinario. Il suo occhio ha registrato un particolare che la sua mente non ha ancora messo a fuoco. La messa a fuoco del particolare avverrà nel corso della storia thrilling, che diventerà un percorso a ritroso, accompagnato dall’indagine, sul cammino del recupero del particolare rivelatore. Il modello di questa tecnica è L’uccello dalle piume di cristallo, interpretazione filmica di Dario Argento del romanzo di Fredric Brown La statua che urla. La pellicola argentiana, del 1970, segna l’esordio del thrilling all’italiana nella sua epoca matura. Il film instaura una nuova estetica del thrilling e scrive le regole che verranno a lungo seguite dalle pellicole di quel genere.

Nella pellicola di Argento, il protagonista è testimone di una aggressione ad opera di una figura vestita con soprabito scuro ai danni di una donna. Il protagonista non può intervenire, si trova all’esterno della vetrina di una galleria d’arte. Ciò che ha visto contiene la soluzione dell’enigma e lo porterà a svelare il volto dell’assassino.

Un vento nuovo si è incuneato tra le pagine di Sul filo del rasoio di Laura Toscano: il vento del thrilling. L’armamentario gotico, tipico dei thriller-gotici precedenti, viene dismesso, in favore di una ambientazione attuale e metropolitana. Gli omicidi vengono caratterizzati da una forte connotazione sadico-erotica. L’idea di un assassino che possegga un movente psicotico e maniacale diviene il motore di questo nuovo modo di fare giallo.

Sarà sufficiente citare tre brani di Sul filo del rasoio per rendersi conto della mutazione in atto:

“Si rese conto di un fatto strano, inspiegabile. Ricordava benissimo, uscendo, di aver lasciato la luce accensa, mentre ora la casa era immersa nel buio. Un tremore nervoso, incontrollabile, si impossessò di tutta la sua persona. Restò per qualche minuto immobile, appoggiata con le spalle alla parete”.

“La sua attenzione cadde su qualcosa che la raggelò: qualcosa di inspiegabile, di illogico, che non aveva visto prima, ma che ora assumeva un significato terrificante. Sul pavimento c’era l’impronta di una scarpa che non era, non poteva essere sua”.

“Inquadrato sullo sfondo scuro del cielo, in piedi sul davanzale, c’era la figura di un uomo con un maxicappotto scuro, un cappello a falde piuttosto larghe calato sul volto e un paio di stivali dal tacco insolitamente alto”.

Una figura nero vestita, con il cappellaccio e i guanti neri, fa irruzione sulla scena. Si sgretolano i castelli stregati, crollano fatiscenti manieri carichi di tombe aperte e bare vuote. Il gotico dismette la sua foggia e prende il dominio della scena il thrilling di ispirazione argentiana, dove un maniaco psicotico insegue personaggi comuni, catapultati in situazioni straordinarie. E li va a cercare fin dentro casa, attendendoli al buio, facendo crollare le loro borghesi certezze, insinuando tra le loro pareti il bianco seme della follia.

Katy Reeser, la protagonista della scena d’esordio, sarà la seconda vittima del maniaco omicida vestito di nero. Prima verrà denudata, poi torturata con uno spillone, infine sgozzata con un cavo in acciaio. La tecnica del maniaco ricorda da lontano il modus operandi utilizzato dall’assassino de La tarantola dal ventre nero, pellicola coeva al romanzo di Laura Toscano, diretta da Paolo Cavara.

A proposito di somiglianze quasi casuali e che sono da ascrivere all’humus del periodo da cui le differenti produzioni su carta e su pellicola andavano a pescare, la figura del poliziotto svagato ricorda in certa misura l’ispettore senza successo di Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento.

Questo romanzo, però, conserva dentro di sé dei rimandi che non si esauriscono al mondo della creazione fantastica, ma che sconfinano con il reale. Spostiamoci nella dimensione della cronaca, per vedere come la valenza di questo romanzo abbia dei contorni ben differenti da quelli che gli si potrebbero attribuire di primo acchito.

Abbiamo accennato alla connotazione erotica degli omicidi inscenati in questo romanzo. Essi richiamano alla mente gli omicidi reali di serial killer che hanno ucciso a scopo di libidine. Il riferimento al più noto e longevo dei lust murder italiani, vale a dire il Mostro di Firenze, non avviene solo per una somiglianza occasionale. I punti di contatto tra il romanzo Sul filo del rasoio e la cronaca dei delitti del Mostro di Firenze va ben oltre un vago richiamo. Analizziamo quattro estratti del romanzo:

“Poi, all’improvviso, qualcosa la colpì… Fu più che altro una sensazione, una intuizione… Le era sembrato di vedere due occhi accesi, febbrili, iniettati di sangue, spiare i suoi movimenti attraverso il vetro dell’automobile”.

Una ragazza si è appartata in automobile con un giovane e ha appena terminato di fare l’amore. Il momento di quiete successivo al coito viene interrotto dall’irruzione sulla scena di un guardone, che si rivelerà invece un maniaco sessuale con intenti omicidi.

“Milton sentì il morso doloroso di quelle profonde ferite, sentì il gelo di quella punta mortale penetrargli a fondo nello stomaco, nella spalla, nella guancia, nel torace…”

Il maniaco aggredisce la coppietta e regola a colpi di spillone il ragazzo.

“Il corpo nudo di Guendaline, butterato da decine e decine di punzecchiature sanguinolente, giaceva scompostamente a gambe larghe a ridosso di una siepe”.

La polizia giunge sul luogo del duplice omicidio. Questo è lo spettacolo che si trova davanti agli occhi.

“Con ogni probabilità, prima che la sua crisi degenerasse in queste manifestazioni di violenza omicida, l’assassino si è caricato poco a poco facendo il guardone di coppiette proprio nella zona dove ha ucciso Guendaline…”.

Queste sono le riflessioni che mettono in piedi il poliziotto incaricato dell’indagine e lo psicologo consulente delle forze dell’ordine per i crimini a sfondo sessuale.

Questi elementi ci sono sufficienti per stabilire delle solide connessioni tra i fatti narrati nel romanzo di Laura Toscano e il delitto del 1974 ad opera del Mostro di Firenze. A Borgo San Lorenzo, vengono uccisi Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore, che si trovavano appartati in automobile in frazione Rabatta. I colpi di arma da fuoco, una Beretta calibro 22, uccidono Pasquale, mentre Stefania è ancora viva dopo aver subito tre colpi. La ragazza viene trascinata fuori dall’automobile e attinta da oltre novanta coltellate, nella zona del viso (le più furiose), del busto e del pube (di minore profondità). Nella vagina della vittima, l’omicida infila un tralcio di vite. A Pasquale, a decesso avvenuto, l’assassino infligge cinque coltellate all’altezza del fegato.

Le somiglianze tra il romanzo e il fatto di cronaca del 1974 sono le seguenti:

-         L’obiettivo dell’azione delittuosa è una coppietta appartata in automobile in una zona isolata.

-         L’assassino rivolge le sue attenzioni prima al maschio, poi si dedica alla femmina, vero obiettivo del desiderio erotico.

-         Infierisce sul corpo delle vittime con un’arma da taglio un numero elevato di volte. Questo denota le caratteristiche sadiche-sessuali dell’omicidio.

-         L’azione eseguita con l’arma da taglio prosegue anche a morte avvenuta, connotando il duplice delitto anche dal punto di vista necrofilo.

-         I corpi dei due amanti vengono separati.

-         La vittima femminile viene abbandonata dall’assassino nuda e con le gambe divaricate.

Per chiunque fosse interessato ad approfondire il tema, rimando al mio testo Il Mostro di Firenze: comparazione con casi simili di serial killing.

Le somiglianze tra i fatti narrati nel romanzo e gli eventi di cronaca evidenziano un carattere premonitore che risiede all’interno del romanzo. Una somiglianza inquietante si allunga sul romanzo che abbiamo analizzato, tanto da indurre a pensare, sinistramente, che certe somiglianze non possano essere frutto del caso. Nino Filastò, forse il più celebre studioso del caso del Mostro di Firenze, e il celebre forumista De Gothia si sono spesi nel corso degli anni alla ricerca di quelle opere culturali che avessero potuto ispirare l’opera del maniaco. L’attenzione di De Gothia si focalizzò sul film Maniac, pellicola slasher di produzione statunitense del 1980.

Alla luce di quanto abbiamo analizzato, mi sento di poter affermare che anche questo romanzo vada posto tra i prodotti culturali che abbiano potuto influenzare direttamente le azioni del maniaco fiorentino.

A mio avviso, questo romanzo si presta ben più di altre opere culturali ad essere collocato come uno dei prodotti di genere in cui il mostro di Firenze possa essersi imbattuto, traendo ispirazione per le sue azioni ree. La facile reperibilità e la vasta diffusione della raccolta KKK, l’origine italiana della collana e la distribuzione orizzontale (vale a dire che coinvolgeva un pubblico eterogeneo, per lo più maschile) rappresentano solo i motivi più superficiali che possono indurre a una riflessione in tal senso. Le valenze simboliche (separazione del corpo della ragazza da quello del ragazzo, abbandono del cadavere femminile nudo e con le gambe divaricate) e le caratteristiche sadiche-sessuali-necrofile tra il delitto raccontato nel romanzo e il delitto del 1974 coincidono completamente. Questi elementi, a parere mio, possedevano nella mente del serial killer una valenza molto forte e hanno rappresentato l’epicentro del delitto ai danni di Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore.

Daniele Vacchino