PROFONDO ROSSO

SCHEDA TECNICA

Titolo originale: Profondo rosso

Anno: 1975

Regia: Dario Argento

Soggetto: Dario Argento e Bernardino Zapponi

Sceneggiatura: Dario Argento e Bernardino Zapponi

Direttore della fotografia: Luigi Kuveiller

Montaggio: Franco Fraticelli

Musica: Goblin e Giorgio Gaslini

Effetti speciali: Germano Natali e Carlo Rambaldi

Produzione: Salvatore Argento e Angelo Iacono

Origine: Italia

Durata: 2h e 07’

CAST

David Hemmings, Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, Glauco Mauri, Giuliana Calandra, Clara Calamai, Macha Méril, Eros Pagni, Nicoletta Elmi, Furio Meniconi, Piero Mazzinghi, Liana Del Balzo, Aldo Bonamano, Geraldine Hooper, Jacopo Mariani, Vittorio Fanfoni, Dante Fioretti, Fulvio Mingozzi, Lorenzo Piani, Salvatore Puntillo, Piero Vida, Salvatore Baccaro, Bruno Di Luia, Attilio Dottesio, Tom Felleghy, Franco Vaccaro

TRAMA

Helga Ulmann è una sensitiva tedesca che a Roma, durante un congresso di parapsicologia, afferma di percepire tra il pubblico del teatro l’inquietante presenza di un assassino. A congresso finito, la medium rivela allo psichiatra Giordani di conoscere l’identità dell’assassino; i due però non s’accorgono che il serial killer è ancora nel teatro e li sta osservando di nascosto. Tornata a casa, la sensitiva viene brutalmente uccisa a sangue freddo con una mannaia da un individuo con impermeabile nero e cappello, che agisce dopo avere ascoltato una nenia infantile.

Intanto il pianista inglese Marc Daly, che abita nello stesso stabile della Ulmann, assiste involontariamente all’epilogo del delitto insieme all’amico Carlo, anche lui pianista ed alcoolista. Sale subito nell’abitazione della medium e dalla finestra vede allontanarsi furtivamente una figura con un impermeabile nero. Poco dopo arrivano la polizia e una giovane giornalista, Gianna Brezzi, che decide d’indagare assieme a lui sul caso. Marc viene tormentato dal ricordo di uno strano quadro all’interno dell’appartamento della vittima, apparentemente rimosso o spostato, ed è convinto che questa sua sensazione abbia un’importanza cruciale per la risoluzione del delitto.

In giornata, Marc si reca a casa di Carlo e vi conosce la madre, Marta, un’ex-attrice a riposo. Lei l’indirizza a casa di un amico di Carlo, Massimo Ricci, un travestito, dove riesce a incontrare Carlo al quale racconta le sue sensazioni. La sera, mentre sta suonando il pianoforte nel proprio appartamento, avverte dei rumori seguiti dalla stessa nenia infantile che la medium ha sentito prima di morire: l’assassino è entrato in casa. Marc fa appena in tempo a chiudersi a chiave nella stanza e a chiedere aiuto a Gianna al telefono. Quando l’intruso si allontana, non prima di averlo minacciato di morte, il pianista s’affaccia alla finestra e rivede ancora dileguarsi nella notte una figura con l’impermeabile nero.

Il giorno seguente lo psichiatra Giordani e un collega dichiarano che la nenia infantile, che secondo loro serve all’assassino per ricreare il climax di una certa situazione in cui aveva già ucciso, è collegata alla leggenda di un bambino le cui grida risuonavano in una magione abbandonata, chiamata Villa del bambino urlante, raccontata in un vecchio libro chiamato Fantasmi di oggi e leggende nere dell’età moderna. Rintracciato il libro, Marc decide di contattare l’autrice, Amanda Righetti; nello stesso pomeriggio però la scrittrice viene assassinata dal killer che, dopo averla tramortita, l’affoga tenendole la faccia immersa nell’acqua bollente. In punto di morte Amanda fa appena in tempo a scrivere sulla parete a specchi, coperta di vapore acqueo, che l’assassino è passato di lì. A causa dell’aria entrata dalla finestra aperta, però, il vapore s’asciuga. Il cadavere viene scoperto la sera stessa da Marc, che nota la strana posizione della donna con il dito rivolto verso il muro, ma non ne capisce il motivo.

Il giorno seguente, Marc informa Giordani della morte di Amanda: questi si dirige personalmente a casa sua ed è allora che intuisce il motivo della strana posizione della donna. Aprendo l’acqua calda, infatti, legge il nome dell’assassino sugli specchi del bagno di casa nel punto in cui era stato rinvenuto il corpo della scrittrice. Nel frattempo, Marc riesce a rintracciare la Villa del bambino urlante e scopre inoltre che è disabitata da molti anni. Rintracciatone il custode, si fa prestare le chiavi. Quando entra, scopre che sotto l’intonaco di una parete c’è un affresco raccapricciante che raffigura un bambino con un lungo coltello in mano e un uomo con il petto inondato di sangue con un albero di Natale sullo sfondo.

La sera, Giordani telefona a Marc, cui vuole svelare l’identità del serial killer, ma non lo trova in casa. Mentre sta prendendo un tè, irrompe in camera un pupazzo meccanico: Giordani lo fracassa con un coltello, ma l’assassino sbuca da dietro una tenda e lo colpisce più volte, uccidendolo.

Tornato a casa, Marc viene a sapere da Gianna della morte di Giordani: decide così di abbandonare le sue ricerche e lasciare Roma e chiede a Gianna se intenda partire con lui per la Spagna. La giornalista accetta entusiasta e i due si danno appuntamento per la sera stessa, ma Marc, rivedendo la foto della Villa del bambino urlante, s’accorge che una finestra della villa è stata murata. Telefona a Carlo, ma gli risponde la madre. Così scrive un biglietto a Gianna per informarla del suo ritorno alla villa: vi arriva a notte fonda, e s’accerta dell’esistenza di una finestra murata, scoprendo che questa nasconde una stanza a sua volta murata. Da dentro la villa abbatte il muro divisorio ed entra in una stanza segreta: è una sala da pranzo, con un albero di Natale in un angolo. Poi, con sua grande sorpresa, rinviene un corpo mummificato, ma subito dopo riceve un colpo in testa e sviene.

Quando si risveglia, vede il volto di Gianna, che ha letto il biglietto, l’ha raggiunto e l’ha trascinato in salvo fuori dalla villa, cui qualcuno ha appiccato il fuoco, distruggendo sia il cadavere che gli indizi. Marc e Gianna, seguendo la pista di un disegno visto a casa del custode, identico all’affresco nella villa, raggiungono una scuola elementare, dove Gianna, nel tentativo di chiamare la polizia, viene ferita dal serial killer. Nello stesso momento, Marc scopre il nome del presunto assassino: si tratta proprio dell’amico e collega Carlo, che appare alle sue spalle puntandogli contro la pistola. Messo in fuga dalla polizia prima di potere premere il grilletto, Carlo viene investito in pieno da una macchina e muore.

La stessa notte Gianna viene portata in ospedale e riesce a salvarsi. Tutto sembra finito: ma Marc si rende conto che Carlo non può essere l’assassino della Ulmann, perché si trovava con lui nella piazza mentre veniva compiuto il primo delitto. Tornato nell’appartamento della medium, si rende conto che il quadro che l’aveva in precedenza attirato, in realtà è uno specchio, e che quando era entrato la prima volta quello che aveva visto riflesso era il volto del vero assassino. Scopre quindi chi è l’autore dei delitti: Marta, la madre di Carlo.

Compreso l’accaduto, Marc sta per uscire, ma voltandosi si trova davanti la stessa Marta: era stata lei tanti anni prima ad accoltellare il marito (che voleva farla ricoverare in una clinica psichiatrica perché malata di mente) davanti agli occhi atterriti del piccolo Carlo che da allora era rimasto traumatizzato. Questa scena era rimasta impressa nella memoria del figlio: infatti l’aveva disegnata durante l’ora di disegno a scuola e sulla parete di casa. La villa era stata la prima abitazione di Carlo e il corpo in decomposizione era quello di suo padre. Da adulto, Carlo aveva sempre cercato di proteggere il delitto della madre eliminando ogni traccia dell’assassinio. Nonostante ciò, sua madre aveva continuato a uccidere tutti quelli che avevano scoperto la verità e ora, furiosa per la morte del figlio, attenta nuovamente alla vita di Marc. Nella colluttazione che segue Marc, dopo essere stato ferito alla spalla da Marta con un colpo di mannaia, riesce a colpire la donna con un calcio, facendone incastrare la collana nelle inferriate dell’ascensore. Per salvarsi, Marc preme il pulsante di richiamo dell’ascensore che, così, decapita l’assassina.

NOTE

“Profondo rosso”, diretto da Dario Argento, è l’opera che segna, all’interno del percorso artistico del regista, il passaggio fondamentale tra la fase thriller, alla quale appartengono “L’uccello dalle piume di cristallo”, “Il gatto a nove code” e “Quattro mosche di velluto grigio” (il film doveva infatti intitolarsi “La tigre dai denti a sciabola” per continuare la saga zoonomica), e quella horror cominciata due anni dopo con “Suspiria”.

Fra le cose da segnalare per il successo del film citiamo i terrificanti effetti speciali, cui mise mano anche Carlo Rambaldi (“King Kong”, “E.T.”… giusto per citare le sue pellicole più famose), e la musica del gruppo rock progressive dei Goblin. Alcune composizioni sono firmate anche dal pianista jazz Giorgio Gaslini, che dopo alcuni dissidi con Argento, lasciò però la soundtrack interamente alla band… e fu così l’inizio della loro epoca d’oro.

Una curiosità è il titolo del film, che sembra abbia subito diversi cambiamenti: come detto, per continuare la tendenza animalesca dei film precedenti di Argento, il titolo sarebbe dovuto essere “La tigre dai denti a sciabola” (ma Argento sostiene che diffuse quel titolo per solo “per prendersi gioco della stampa”, poi su un copione comparve il titolo provvisorio “Chipsiomega” (risultato dell’unione delle ultime tre lettere dell’alfabeto greco); infine si optò per “Profondo rosso” data la gran predominanza di tinte scarlatte nel film, sia per il sangue sia per scelte di scenografia e fotografia (basti pensare ad esempio alla scena iniziale nel teatro).

Il film è ambientato a Roma e dintorni, ma le scene esterne sono state girate in prevalenza a Torino, e alcune a Roma e Perugia. Vediamo alcuni dettagli. La scena iniziale del film, con le prove del gruppo jazz di Marc, è stata girata all’interno del Mausoleo di Santa Costanza a Roma. La scena del congresso di parapsicologia è stata girata invece all’interno del famoso Teatro Carignano di Torino, in Piazza Carignano, attualmente riaperto dopo un accurato restauro. Questo teatro verrà in seguito riutilizzato dal regista 25 anni dopo per alcune scene del suo film “Non ho sonno”. Per anni si è erroneamente ritenuto che fra i figuranti in platea ci fosse l’attore Mario Scaccia: in realtà si tratta di una comparsa che gli somiglia. La fontana dove ha luogo il colloquio tra Carlo ubriaco e Marc, è la Fontana del Po, in Piazza C.L.N. sempre a Torino. Il palazzo dove viene uccisa la sensitiva Helga e dove vive anche Marc è ancora sito a Torino in Piazza C.L.N., di fronte al civico 222 ma le riprese interne sono state fatte nei teatri di posa De Paolis a Roma. La scena del funerale della medium Helga è stata girata a Perugia, nella sezione ebraica del Cimitero monumentale. Il locale Blue Bar dove suona Carlo in realtà non è mai esistito. La scenografia fu costruita in Piazza C.L.N. vicino all’abitazione di Marc, ed è un chiaro omaggio al quadro Nighthawks di Edward Hopper. La scuola media Leonardo da Vinci, dove Marc e Gianna entrano di notte per cercare il disegno, è in realtà il Liceo Classico Terenzio Mamiani che si trova a Roma in Viale delle Milizie 30. La lugubre Villa del bambino urlante dove Marc rinviene il cadavere e il disegno sotto l’intonaco, che nella finzione del film si trova nelle campagne intorno a Roma, in realtà è sita nel quartiere Borgo Po di Torino, in Corso Giovanni Lanza 57 ed è nota come Villa Scott; all’epoca in cui fu girato il film era di proprietà dell’ordine delle Suore della Redenzione (che avevano adibito la struttura a collegio femminile, con il nome di Villa Fatima), e per girare le scene la produzione pagò un periodo di villeggiatura a Rimini alle suore e a tutte le ragazze allora ospitate nel collegio. All’inizio degli anni 2000 la villa è stata ceduta a privati che l’hanno restaurata. La sperduta casa di campagna di Amanda Righetti si trova invece a Roma, in via Della Giustiniana 773. La casa di Rodi e della piccola Olga infine si trova ancora a Roma, in via Della Camilluccia 364.

Le mani guantate dell’assassino sono in realtà le mani di Dario Argento, mentre il mangianastri con il quale l’assassino riproduce la famosa nenia infantile è un Memocord K70: realizzato fra gli anni Cinquanta e Sessanta, sia in Gran Bretagna che in Germania, veniva presentato agli uomini d’affari dell’epoca come una banca della memoria della durata complessiva di 90 minuti, ove poter registrare appunti di lavoro, appuntamenti e anche discorsi.

La famosa colonna sonora del film, composta ed eseguita dal gruppo rock progressive Goblin, formato da Claudio Simonetti, Walter Martino, Massimo Morante e Fabio Pignatelli ed integrata da musiche jazz-rock di Giorgio Gaslini, fu scelta da Argento come ripiego. Il regista, infatti, avrebbe voluto addirittura i Pink Floyd per comporla. Il gruppo invece declinò gentilmente l’invito, perché troppo impegnato nella composizione del loro nuovo album “Wish You Were Here”, quindi la produzione si rivolse a Gaslini, che aveva già lavorato con Argento ne “Le cinque giornate” (unico film fuori genere del regista). Tuttavia, Argento sentiva che la musica di Gaslini non andava bene per il film e che occorreva qualcosa di più moderno. La prima stesura dell’ossessiva canzoncina fu definita semplicemente orrenda da Argento (la versione definitiva è cantata da una giovanissima Maria Grazia Fontana) , cosa che fece irritare non poco Gaslini, che in seguito abbandonò il progetto lasciandolo incompiuto. Il regista, inizialmente, avrebbe voluto che a eseguire le musiche del jazzista fossero band all’epoca celebri come Emerson Lake & Palmer o Deep Purple e, per concretizzare le sue aspirazioni, si rivolse all’editore che all’epoca si occupava delle colonne sonore dei suoi film, ovvero Carlo Bixio. Quest’ultimo, rendendosi conto dei costi proibitivi di tali operazioni, fece invece ascoltare ad Argento un demo intitolato “Cherry Five”, opera di un ancora sconosciuto complesso romano: i Goblin. Intrigato dall’ascolto del nastro, il regista contattò il gruppo, che accettò volentieri l’offerta. Uscito Gaslini dal progetto, e mancando i temi principali della colonna sonora, Argento affidò ai più giovani musicisti il compito di completarla, ottenendo infine l’album/colonna sonora “Profondo rosso”. Il celebre e inquietante tema nacque tutto in una notte nella classica cantina che ricorre molto spesso nella storia di molti gruppi dell’epoca. Secondo Argento, il 90% della colonna sonora definitiva è da attribuirsi ai Goblin e solo il resto a Gaslini. Tuttavia nei titoli di testa la colonna sonora è così indicata: «Musiche Giorgio Gaslini eseguite da I Goblin» anche se la storia darà poi ragione proprio a questi ultimi. All’epoca, per chi aveva appena visto “L’esorcista”, la colonna sonora del film di Argento riecheggiava il brano “Tubular Bells” di Mike Oldfield, musica resa celeberrima appunto dal film di William Friedkin, uscito in Italia nella stessa stagione cinematografica, solo cinque mesi prima. Di recente, Argento in effetti ha dichiarato che suggerì ai Goblin di ispirarsi proprio a “Tubular Bells”.

Altra curiosità sul film è che, pur essendo una produzione tutta italiana, la pellicola venne girata in lingua inglese – tranne i dialoghi di Clara Calamai, che recita in italiano, come si vede bene dal labiale – e solo successivamente fu doppiato: David Hemmings venne doppiato da Luigi La Monica, Clara Calamai da Isa Bellini, Liana Del Balzo da Wanda Tettoni, Furio Meniconi da Corrado Gaipa, Nicoletta Elmi da Emanuela Rossi e Geraldine Hooper da Renato Cortesi; tutti gli altri attori si doppiarono da soli.

Nel 2000 (a 25 anni dall’uscita del film nei cinema italiani), Dario Argento e il gruppo dei Daemonia (una delle derivazioni dei Goblin capeggiata da Claudio Simonetti) realizzarono un cortometraggio ispirato al film: sulle note del tema musicale principale il regista romano, in veste di assassino, uccideva uno ad uno tutti i componenti del gruppo, nello stesso identico modo in cui venivano assassinate le vittime del film. Il cortometraggio fu trasmesso da Rete 4 nell’aprile 2000, in coda alla trasmissione in onda del film, ed è stato poi inserito come extra nell’edizione USA del film in Blu-Ray.

Nel 2007 “Profondo Rosso” è divenuto anche un musical teatrale, con la supervisione artistica dello stesso Argento, musicato da Claudio Simonetti per la regia di Marco Calindri, con l’attore e cantante (scoperto da Luciano Pavarotti) Michel Altieri che interpreta il ruolo di Marc Daly. La trama riprende la versione originale del film, ma l’ambientazione è spostata in epoca contemporanea. Vengono inoltre aggiunti nuovi brani elettronici scritti da Simonetti per Altieri, raccolti in una nuova colonna sonora.

Ultima curiosità: gli inquietanti quadri con i volti appesi nell’appartamento di Helga Ulmann, sono opera di Enrico Colombotto Rosso.

Davide Longoni