EROTISMO, ORRORE E PORNOGRAFIA SECONDO JOE D’AMATO 12

L’eros raffinato e le produzioni – parte 02

La monaca nel peccato (1986) è una pellicola importante che Massaccesi firma come Dario Donati. Anche questa, come la precedente Immagini di un convento, è liberamente tratta da La religieuse di Denis Diderot. Sceneggiatura di Daniele Stroppa e Antonio Bonifacio, fotografia e montaggio di Massaccesi, scenografie di Italo Focacci. Musiche di Guido Anelli e Stefano Mainetti. Produzione del duo Donati – Massaccesi per  Filmirage. Titolo inglese: Convent of sinners. Interpreti: Eva Grimaldi (suor Susanna), Karin Well (alias Wilma Truccolo che interpreta suor Teresa), Maria Pia Parisi, Gilda Germano (è Luciana Ottaviani e fa suor Ursula), Aldina Martino (madre superiora), Beba Balteano, Martin Philip (don Mirell), Gabriele Tinti (Lebair, il vicario), Gabriele Gori, Katalin Murany, Franca Scagnetti e Antonio Bonifacio.

Si parte subito in quarta con una scena di violenza carnale tra le mura domestiche. Susanna viene rinchiusa in convento contro la sua volontà, perché figlia illegittima e oggetto delle voglie perverse  del patrigno. Monsignor Lebair, il vicario, la affida alle cure della madre superiora che subito si mostra molto dolce con lei e la colma di attenzioni niente affatto innocenti. Tutto questo scatena la gelosia di suor Teresa, che prima dell’arrivo di Susanna era la preferita della madre superiora. Teresa teme che il suo ruolo privilegiato possa essere insidiato dalla nuova venuta e fa di tutto per metterla in cattiva luce. Nel convento intanto accade di tutto. Suor Agata è innamorata di Nazareno, un trovatello muto, e si fustiga a sangue dopo essersi masturbata selvaggiamente ogni volta che lo vede. Alla fine riesce pure ad andarci a letto insieme. Don Mirell, il prete confessore, confida a Susanna di non avere mai avuto la vocazione ma di voler restare lo stesso in convento. Tra i due nasce una storia d’amore senza speranza. La madre superiora corteggia insistentemente Susanna, carezzandola mentre le fa il bagno come  a una bambina, ma lei non cede. Poi la madre superiora si ammala e per Susanna cominciano i veri problemi, perché il convento resta nelle mani di suor Teresa. Susanna viene punita per gusto, obbligata a lavare i pavimenti, umiliata e frustata di notte dopo essere stata svegliata di soprassalto. Il gioco di Teresa è quello di farla passare per un’indemoniata e poco a poco ci riesce, anche perché la superiora è molto malata e non può proteggerla. Susanna cerca di far pervenire al vicario una lettera dove chiede che i suoi voti vengano sciolti, ma non serve a  niente. La suora è gettata nelle segrete del convento e maltrattata, tra i topi che vagano per la cella e il freddo intenso. Don Mirell cerca di salvarla, perorando la sua causa con il vicario e con i superiori, ma lo consigliano di lasciar perdere. Il film termina con un processo farsa a suor Susanna e con un esorcista che vuol dimostrare a tutti i costi che la donna è indemoniata. Il crocefisso viene arroventato sul fuoco e va da sé che Susanna si allontana quando le viene mostrato. Vengono spacciati i segni delle torture disumane come prova che Susanna si è accoppiata con il demonio. Neppure Don Mirell la difende più e nega di aver avuto ogni rapporto con lei. Ottima la sequenza finale con Eva Grimaldi che denudandosi grida: “Mi avete voluto suora e sono stata suora. Mi volete indemoniata. Ebbene sì, sono indemoniata!”. Quindi si contorce e grida come un’ossessa.

Il film è un buon erotico soft che, come stile di Massaccesi, fa intuire molto più di quel che mostra. Una fotografia soffusa a toni scuri e una musica da chiesa in sottofondo rendono il tutto credibile e realistico. Ottima scenografia, inoltre la ricostruzione della vita quotidiana di un convento, scandita dai ritmi del pranzo e della preghiera, è ben fatta. Il film è penalizzato da un’evidente mancanza di ritmo per tutta la prima parte e si trascina stancamente sino al momento in cui Susanna viene accusata di essere un’indemoniata. Poi si trasforma e prende vigore, inserendo nella trama una tematica satanista ed esorcistica che si fonde bene con il disagio delle monache chiuse in convento senza vocazione. Troviamo le sequenze erotiche preferite da Massaccesi: i rapporti lesbici (accennati e mai espliciti), le masturbazioni femminili, il tutto condito da un pizzico di voyeurismo. Non mancano scene sadiche di grande intensità come frustate agli organi genitali e torture. Gli attori sono molto bravi, il film risulta ben recitato e credibile, anche la storia aiuta, perché da metà in poi coinvolge al punto giusto. Massaccesi contamina il genere nazi – porno e quello delle donne in prigione con l’erotico, perché una delle suore ha il ruolo della sadica aguzzina che tortura un’indifesa e gode nel vederla soffrire. Suor Teresa ci ha ricordato in molti atteggiamenti Ilsa la belva delle SS (1973), pur con tutti i dovuti distinguo. Il film lancia anche una chiara accusa contro le gerarchie ecclesiastiche del tempo e condanna la prassi di far prendere i voti contro la volontà delle ragazze. C’è pure un riferimento polemico alle indemoniate e ai finti preti esorcisti.

D’Amato si era già cimentato nel 1979 con un tonaca-movie (Immagini di un convento). Questo film è meno originale e convincente, ma risulta comunque godibile e interessante. Eva Grimaldi è fresca del successo televisivo a Drive-In e delizia il palato degli appassionati di scene lesbiche. La parte della madre superiora la fa Aldina Martino, ma doveva essere di Lilli Carati che la rifiutò perché era passata definitivamente al cinema hard, dove era meglio pagata. Lilli Carati era un’attrice molto bella e di buona professionalità, purtroppo ebbe problemi gravi che condizionarono certe sue scelte. Adesso che è scomparsa, inutile stare a rivangare episodi di un passato dal quale si era affrancata negli ultimi anni della sua vita. Luciana Ottaviani è suor Ursula e veniva da un’esperienza fugace come ragazza coccodé per Renzo Arbore in tv (Indietro tutta), dopo questo film girerà Eleven Days Eleven Night con D’Amato, nascosta dallo pseudonimo di Jessica Moore. Per D’Amato il film era buono. In un’intervista del 1997, rilasciata a Manlio Gomarasca e Davide Pulici per la rivista Nocturno, lo ricorda come “un film naif, quasi horror, con quella sorta di orrorifico che c’è nella religione” e poi insiste sull’aspetto altamente erotico delle monache che (parole sue) “da ragazzino erano il massimo per le pippe”. Resta da dire che in Italia il sottogenere tonaca-movie l’ha inventato nel 1973 Domenico Paolellla con Le monache di Sant’Arcangelo, che vedeva tra le protagoniste una giovanissima Ornella Muti.

Nel 1986 Aristide Massaccesi gira con il nome di Dario Donati Delizia con protagonista Tinì Cansino, l’altra stella insieme a Eva Grimaldi del programma tv di culto Drive In. Insieme a lei ci sono Luca Giordana, Giorgio Pietrangeli, Adriana Russo, Valerio Castellano, Maurizio Marchisio, Pippo Cairelli, Antonio Zequila, Stefania Miniucchi, Donatella Clarizio e Gina Poli. Soggetto di Riccardo Ghione, sceneggiatura dello stesso Ghione con la collaborazione di Elena Dreoni. Musiche di Guido Anelli e Stefano Mainetti. A parte Vado al massimo di Vasco Rossi, che uno dei protagonisti canticchia, durante il film ascoltiamo: Far from you e Delight cantate da Mike Turner (sono di Mainetti e Anelli) e My father (di Bonanni e Tovoli) eseguita dai Garçones Fatales. Scenografie e costumi di Valeria Valenza. Direttore della fotografia è Massaccesi che firma pure il montaggio. Direttore di produzione è la moglie Donatella Donati. Il film è girato a Terni ed è prodotto da Filmirage con la collaborazione di Rete Italia. Infatti doveva essere un erotico soft da far passare in televisione. Fu un fiasco completo e infatti si tratta di un pessimo film, uno dei peggiori in assoluto tra quelli girati da Massaccesi. Può piacere soltanto a un fan sfegatato di Tinì Cansino che come attrice dire che vale poco non rende l’idea. La trama si racconta in due parole tanto è banale e scontata. Delight (Delizia) è una fotomodella americana (Tinì Cansino) chiamata in Italia per ritirare un’eredità, che consiste in un castello da vendere prima che lei rientri in America. Conosce i due cugini (uno yuppie e un paninaro) e ha una breve storia d’amore con il paninaro. Alla fine torna in America con il fidanzato. Tutto qui. Il film si ricorda per una serie di esibizioni sotto la doccia e per le frequenti scene di nudo con protagonista la Cansino. Il tasso erotico è modesto, anche se un po’ di voyeurismo alla Massaccesi qua e là affiora e rivaluta le poche sequenze interessanti. Ricordiamo anche il tentativo di Massaccesi per assimilare e rendere al cinema il linguaggio artefatto da Drive In a base di espressioni gergali come: paninazzo, yuppies, placcato, arterioclerico, taroccato, troppo giusto, cuccare, schiaffazzo, trapanazione linguale, sgomma, poppante e molte altre. La Cansino parla il suo italo-americano da sciroccata che all’epoca le procurò molti ammiratori, mostra primi piani generosi di petto e posteriore, recita il proverbiale: “Vuoi fare cucci cucci con me?” e conclude in bruttezza una pellicola mito del trash.

In questo periodo Aristide Massaccesi, insieme alla moglie Donatella Donati, apre la casa di produzione Filmirage. Accanto a lui c’è la troupe di sempre, soprattutto Luigi Montefiori, compagno d’avventura e sceneggiatore di molti film.

La Filmirageha il merito di aver lanciato registi come Michele Soavi, Claudio Fragasso e anche Luigi Montefiori (pure se il successo è stato scarso) e di aver prodotto film horror italiani di qualità in un periodo storico non favorevole. Fu un tentativo di creare una factory dell’horror e del fantastico italiano che durò poco, ma per quel poco dette alcuni frutti interessanti. Tra le produzioni Filmirage (a parte i lavori diretti da Massaccesi) ricordiamo: Deliria di Michele Soavi (1987), Interzone di Deran Serafian (1987), Uccelli assassini (The killing birds noto anche come Zombi 5) di Claudio Lattanzi (1987), La casa 3 di Umberto Lenzi (1988), La casa 4 di Fabrizio Laurenti (1989), Hitcher 2 – Hitcher in the dark di Umberto Lenzi (1989), Contamination Point 7 noto anche come Creepers di Fabrizio Laurenti (1989), D.N.A. formula letale di Luigi Montefiori (1990), Deep Blood di Raf Donato (1989), La casa 5 di Claudio Fragasso (1990), Trolls 2 di Claudio Fragasso (1990), Trolls 3 di Fabrizio Laurenti (1990),  La stanza delle parole di Franco Mole (1991), Le porte del silenzio di Lucio Fulci (1991), The dark tale di Roberto Leoni (1991) e Favola crudele di Roberto Leoni (1992). Abbiamo citato soltanto le pellicole più importanti, ma le produzioni della Filmirage tra il 1987 e il 1991 rappresentano il meglio di ciò che è stato immesso sul mercato del cinema horror italiano. Dopo la chiusura della Fimirage le produzioni horror sono cominciate a scarseggiare.

Resta da dire che per alcuni critici The killing birds (Uccelli assassini - noto anche come Raptors o Zombi 5) è da attribuire a Massaccesi che di sicuro ha realizzato il finale, la fotografia (come Fred Slonisko jr) e ha guidato il lavoro del giovane Claudio Lattanzi (si firmava Claude G. Milliken). Lui stesso in un’intervista a Nocturno conferma di aver realizzato gran parte del film. La pellicola vede tra i protagonisti Lara Wendel ed è uno zombie-movie che contamina il sottogenere delle case assassine. Gli interpreti principali sono Lara Wendel e Robert Vaughn. Il film è scritto e sceneggiato da Daniele Stroppa su soggetto di Claudio Lattanzi e Sheila Goldberg. Musiche di Carlo Maria Cordio, montaggio di Rosanna Landi, aiuto regista Antonio Bonifacio. Altri interpreti:  Timothy W. Watt, Leslie Cummins, James Villemaire, Sal Maggiore jr, James Sutterfield e Lin Gathright. Vediamo la trama. In una casa della Louisiana un marine reduce dal Vietnam trova la moglie a letto con un altro. Fa una strage: uccide l’amante della moglie, la moglie stessa, i suoceri e salva soltanto il figlio. Da notare che le macabre uccisioni avvengono tra gabbie di uccelli e l’elemento fantastico è dato da un volatile che acceca orribilmente il marine. In seguito arrivano alla casa alcuni ragazzi studenti di ornitologia, sulle tracce del picchio dal becco d’avorio. Fanno visita a un signore cieco che è un esperto ornitologo e subito dopo il giovane Steve (Robert Vaughn) che comincia a vedere di tutto: un letto e un lavandino coperti di sangue, un cieco che vaga per la casa, le gabbie con gli uccelli di nuovo vivi, una donna con un bambino che pare una zombi, un’amica crocifissa… I giovani vengono decimati e solo Steve e una ragazza rimangono vivi (una viene uccisa sulla veranda degli uccelli e un altro muore bruciato vivo). Sopra un computer portatile appare la scritta: “Bentornato a casa Steve”. Gli uccelli compiono il loro dovere di morte. Il cieco in realtà è il padre di Steve, il marine che ha compiuto il massacro, e si sacrifica per salvare i due ragazzi. Viene ucciso in un finale da incubo da una torma di uccelli. È facile vedere nel film un’evidente ispirazione a Gli uccelli (1963), il capolavoro di Alfred Hitchcock, ma ci sono citazioni anche di Antropophagus dello stesso Massaccesi, quando un ragazzo viene afferrato e trascinato via in mezzo al sangue. Molte cose buone caratterizzano la pellicola, tra queste l’inizio choc tra eccessi splatter ed effetti speciali ben realizzati, ma pure una parte onirica tra morti sgozzati e porte che si aprono, zombie che vagano per una casa inquietante e  uccelli che volano. Il maggior difetto è l’eccessiva lentezza di alcune parti caratterizzate da una colonna sonora romantica davvero inadeguata. Pure i personaggi non sono tratteggiati con grande spessore e spesso si rischia di cadere nel fumettistico. La pellicola si salva per la continua presenza di tensione e per il riuscito schema da slasher movie soprannaturale. Film girato negli USA, in Louisiana. Killing Birds a nostro avviso è film di Massaccesi, perché si nota la sua mano di esperto contaminatore di generi e di regista di horror macabro e grandguignolesco.

D.N.A. formula letale di Luigi Montefiori è importante perché segna la fine del sodalizio artistico Eastman-D’Amato con un film dove entrambi vorrebbero imporre le loro idee. La storia è quella di un novello Mr. Hyde che si inietta un siero che lo trasforma in un essere orribile che uccide e spaventa la gente. Uno dei pochi esperimenti di regia realizzato dallo sceneggiatore e attore Luigi Montefiori. Il film si ispira a La mosca di David Cronenberg (1986) e non è certo una cosa memorabile.

Un’altra pellicola dove Massaccesi non si limita al ruolo di produttore ma dà una mano girandone una parte è Contamination point 7, secondo horror di Fabrizio Laurenti. Il film è inedito in Italia. Per non parlare di Deep Blood (Sangue negli abissi), un film del 1989 sugli squali assassini inedito in Italia (passato da qualche tv locale), girato da Massaccesi pure se viene attribuito a Raf  Donato. Lo ha confessato lo stesso regista durante un’intervista rilasciata a Nocturno e nel corso della pellicola documentario Joe D’Amato Totally Uncut di Roger Fratter. Raf  Donato era un collaboratore di Massaccesi ai tempi di Giubbe Rosse, uno che era stato assunto per fare l’interprete visto che sapeva bene l’inglese. Firmò Deep Blood perché Massaccesi aveva già fatto troppi film in quel periodo…

Tra le produzioni un posto particolare lo merita il ciclo di Case apocrife negli anni in cui La Casa (Evil Dead) di Sam Raimi (1983) spopolava. Si tratta di film italiani camuffati con pseudonimi americani per attori e cast tecnico. La Casa 3 di Umberto Lenzi (Umphrey Humbert) è il migliore, pur realizzato con penuria di mezzi, colpisce lo spettatore grazie alle scene sinistre in cui appare il pupazzo insieme alla bambina e in sottofondo si ode una nenia infantile. Dopo il buon successo di questo film Massaccesi produce La casa 4 di Fabrizio Laurenti (Martin Newlin), lavoro meno riuscito ma pur sempre dignitoso. Da segnalare, come in Killing Birds, la presenza di Linda Blair, ex bambina indemoniata de L’Esorcista di William Friedkin (1973). Ci sono nella pellicola diverse scene scioccanti, su tutte ricordiamo la bocca di una donna cucita con grossi aghi e poi la sua orribile morte con la testa nella cappa di un camino. Infine La Casa 5 di Claudio Fragasso (Clyde Anderson), di sicuro il peggiore della serie anche per via una sceneggiatura confusa e poco originale.  Lo splatter non manca, però.

(12 – continua)

Gordiano Lupi