VALENTINA BERTUZZI

Valentina Bertuzzi ha il cinema nel sangue e questa sua passione l’ha riversata nel suo primo lavoro intitolato “GhostCam”, una web-serie che ha convinto praticamente tutti Per saperne di più abbiamo deciso di incontrarla per voi… ed è stato solo che un piacere!

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È VALENTINA BERTUZZI?

“GhostCam” è il lavoro che più mi rappresenta perché ricco degli elementi chiave della mia ricerca artistica, come le fratture inconsce, l’iper-tecnologia, la spiritualità e il mistero di alcune forze psichiche. Anche registicamente “GhostCam” è un lavoro che parla dei me e della mia formazione: Le clip da un minuto l’una e i personaggi che vivono, lottano, sopravvivono o muoiono in soli 10 minuti di storytelling, sono la sintesi delle mie esperienze nell’advertising con Alfredo Angeli, storico regista pubblicitario, e  degli studi di cinema all’ANAC con Leo Benvenuti, indimenticabile sceneggiatore di C’era una volta in America.

QUANDO HAI COMINCIATO A INTERESSARTI DI CINEMA?

Nella Monteverde romana degli anni ’80/’90, dove sono cresciuta, in pochi minuti di camminata raggiungevi il Cinema Garden, l’America, l’Alcazar, il Vascello, il Nuovo Sacher, il Reale, l’Induno, il Roma, il Filmstudio, l’Intrastevere e qualche sala d’essai. Tutti i membri della mia famiglia mi portavano al cinema. Con mio nonno riuscivo ad entrare anche quando i film erano vietati ai minori. Da che esisto, il cinema è parte del mio ambiente naturale.

E COME HAI INIZIATO INVECE A OCCUPARTENE PROFESSIONALMENTE?

Come lavori su commissione, credo che fra i primi ci sia stato un documentario sperimentale sullo snowboard, Key-board, che mostrava i salti più belli e rischiosi di alcuni riders attraverso un computer che voleva capire il sentimento dell’adrenalina.

Ma la primissima volta che provai un istinto registico fu a 5 anni. Ero al cinema con mia madre a vedere “Peter Pan” ed ero così arrabbiata con Capitan Uncino che mi alzai per andare dietro lo schermo a dirgliene quattro. In modo irrazionale e fantasioso volevo intervenire personalmente sulla scena del film. Quella volta mia madre riuscì a fermarmi, poi non fu più possibile.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATA?

L’ultimo video musicale che ho girato, Rain on Me, della band italo-danese Istap ft Mammooth, è stata un’esperienza veramente appagante. Il brano era magnifico, ce l’ho ancora nelle play list che ascolto, non mi ha stancata neppure dopo averla sentita in ripetizione sia sul set che in montaggio, anzi ad ogni volta mi dava nuovi impulsi creativi. Lavorare con la buona musica è vitale, parlo in generale, può cambiare radicalmente il livello di quello che fai e di quello che sei.

Poi sono stata contenta perché hanno accettato subito la proposta di un’idea che avevo in mente da un po’, su un gps che ti indica la strada per arrivare sulla Luna.

La fusione fra questa visione e una musica radicalmente bella è stata una grande soddisfazione, tanto più che il videoclip ora sta girando moltissimi festival.

RECENTEMENTE TI SEI OCCUPATA DI “GHOST CAM”, UNA WEB-SERIE TRA L’HORROR E IL  MISTERY. CE NE VUOI PARLARE?

“GhostCam” ruota intorno ad un oggetto fantastico, un’applicazione per smartphone che permette di registrare un nuovo tipo di fantasmi. Ci sono gli elementi classici dell’horror supernautral quindi, come i ghost, la morte, il pericolo ultraterreno, ma come hai fatto notare c’è anche il mistery, io e Francesca (la sorella di Valentina, ndr) abbiamo seguito il modello del giallo da camera di Aghata Christie, e le regole del metodo deduttivo di Sir Artur Conan Doyle.

COME E’ NATA L’IDEA E COME SI E’ SVILUPPATA?

Da bambina mi venne raccontata la storia di una persona che sognò un parente in pericolo di vita e la mattina dopo scoprì che era morto. Questo tragico evento, realmente accaduto, mi fece intuire la presenza di cose che esistono al di là di ciò che possiamo vedere e toccare. E’ così credo che sia nata l’idea di “GhostCam”, un’applicazione che permette alle telecamere degli smartphone di registrare cose che ad occhio nudo non si possono vedere. Per me come regista la telecamera è proprio lo strumento con cui indagare ciò che sta dietro la realtà, quello che la vita quotidiana nasconde sotto tutte le evidenze e le apparenze.

LA SCENEGGIATURA DELLA SERIE E’ STATA SCRITTA A QUATTRO MANI CON TUA SORELLA FRANCESCA. CHE RAPPORTO HAI CON LEI?

Se non fossimo state sorelle, lo saremmo diventate. Lavoriamo insieme non perché ci stiamo simpatiche (non solo), ma perché insieme funzioniamo, siamo soddisfatte dei lavori che abbiamo firmato insieme, come lo short Corporate, per esempio, che ha vinto più di trenta premi in tutto il mondo, o il film Malware, che ha ricevuto un finanziamento da Rai Cinema, (aspettiamo solo che la produzione ci dia il La).

E COME VI SIETE SUDDIVISE I COMPITI?

Generalmente, idea alla mano, iniziamo un periodo d’incubazione in cui facciamo ricerca (ci dividiamo le indagini), e conversiamo a lungo sui personaggi. Quando siamo pronte, lavoriamo insieme alla struttura portante e al paradigma. Poi una delle due scrive il soggetto (già stabilito insieme con il paradigma), e insieme lo lavoriamo fino ad una stesura definitiva. Da lì si parte con la scaletta che scriviamo sempre insieme, un trattamento se serve alla produzione, e, infine la sceneggiatura. Una volta abbiamo provato a dividerci le scene, ma è un metodo che con noi non ha funzionato, non siamo mai state brave a dividerci le cose, nemmeno con le patatine fritte, finiva sempre che una se ne prendeva un po’ di più. Non dico chi era.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Sicuramente far emergere il passato dei personaggi in pochi secondi è stata la parte più delicata.

Lana (Beatrice Bruschi) e Pièr (Gian Piero Rotoli) comunicano fra loro via Facebook per condividere gli eventi misteriosi che stanno accadendo, ma come mai un fratello e una sorella si parlano via Facebook piuttosto che personalmente?

Inserendo una distanza fisica e una frattura nel loro passato, questa scelta diventava plausibile, ma doveva essere comunicata al pubblico.

In una manciata di minuti dovevamo inserire le back stories di tre personaggi su un plot già strabordante di contenuti: La nuova applicazione “GhostCam” e il suo funzionamento, i pre-morti e i loro segnali, altri due personaggi, una falsa morte e una morte in diretta… Solo voi potete dire se alla fine ha funzionato, ma noi sicuramente ci siamo date un bel po’ da fare!

E COSA PUOI DIRCI DEL CAST DI ATTORI E DI QUELLO TECNICO?

Il lavoro di sintesi narrativa, appena citato, doveva essere ottimizzato da attori in grado di arrivare all’emozione giusta, e non era facile perché in ogni minuto ci sono diversi stati emotivi e in più in piano-sequenza, senza stacchi di montaggio che potessero aiutare il passaggio da uno stato all’altro.

Gian Piero Rotoli (Pièr), per esempio, nella scena in cui dice a Lana che loro padre è morto per finta, solo per lanciare la sua nuova invenzione, la “GhostCam”, ha recitato con esuberanza e aggressività ma senza mai dimenticare che il personaggio è così aggressivo proprio perché ha paura che il padre sia morto, e rifiuta di accettare questo evento. In poche parole, nonostante le battute pungenti, Gian Piero ha reso Pièr un personaggio buono, vulnerabile. Senza le competenze e i talenti di tutto il cast, da Beatrice Bruschi a Eugenia Tempesta, David Cox, Valentina Carli e Gian Piero Rotoli, “GhostCam” non avrebbe mai avuto il successo che sta avendo in rete, anche e soprattutto all’estero e nei paesi anglofoni.

“GHOST CAM” INTRODUCE LA FIGURA DEI PRE-MORTI, UNA VERA NOVITA’ PER IL PUBBLICO ITALIANO. QUESTI PERSONAGGI PROSSIMI ALLA MORTE, I “SOON TO DIE”, AFFONDANO PERO’ LE LORO ORIGINI NEL FOLKLORE E NELLA TRADIZIONE CELTICA E MITTELEUROPEA. CE NE VUOI PARLARE?

E’ vero che la figura del pre-morto è una novità, ma si è creata nel mio immaginario attraverso l’addizione di credenze popolari diverse, fra cui anche la tradizione orale italiana. Gli Etruschi come i Romani praticavano rituali oracolari, spesso legati alla morte, attraverso le carni e il sangue degli animali. Il pubblico a cui abbiamo dedicato “GhostCam” è giovane, ma credo che come popolo abbiamo nelle nostre radici un certo istinto alla preveggenza, forse dovuto al desiderio pagano di conoscere il futuro.

LA SERIE E’  IL PRIMO PROGETTO DI QUELLO CHE È STATO DEFINITO “SOCIAL GROUP THEATER”, UNO SPETTACOLO PER LA RETE DOVE IL PALCO È UN GRUPPO FACEBOOK, I PERSONAGGI SONO DEI PROFILI E IL PUBBLICO – INTERATTIVO – È COMPOSTO DAI LORO CONTATTI. VUOI RACCONTARCI QUALCOSA DI PIU’?

“GhostCam” è un’opera disegnata per la rete e per un pubblico giovane, affamato di nuove sensazioni e di scoperte, che oggi spesso avvengono online. Per questo Andrea Natella, il sociologo e marketing strategist che ha progettato la nostra campagna virale, ha scelto Facebook. Noi abbiamo dedicato “GhostCam” proprio a questo target, i nativi digitali, perché sono loro che hanno il potere di rendere la rete un posto migliore. Ecco, questo è il nostro gruppo Facebook.

CI SEMBRA DI INTUIRE DA PARTE TUA UNA CERTA PREDILEZIONE PER IL GENERE FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

I sistemi distopici, la fanta-tecnologia, lo steam-punk, il cyber-punk, sono dei veicoli per rappresentare in modo sintetico, visivo, i pericoli di ogni società. La fantascienza è anche un ponte fra il singolo e la collettività, e a me interessa molto la distorsione fra la natura di un individuo e ciò a cui l’esterno lo spinge a diventare. Tutti i miei lavori hanno una componente fantastica, anche perché io questa irrefrenabile rivoluzione tecnologica la sto vivendo, come molti della mia generazione o giù di lì, ancora con enorme stupore, sono quasi più meccanica che digitale!

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Le idee mi vengono originariamente sotto forma d’ immagine.

All’improvviso mi viene in mente un’immagine, come per esempio una ragazza con un gps che digita la parola “Luna” sotto la voce “Destinazione”.

So che c’è una storia dietro questa immagine, ma non so quale sia.

Allora inizia una fase, veramente frustrante, ma anche irresistibile, che consiste nel dedurre quale sia la storia che si nasconde dietro quell’immagine.

La prima immagine di “GhostCam” era un ragazzo di spalle con una telecamera che riprendeva se stesso davanti ad uno specchio, solo che nello specchio era normale, mentre nel display era livido, cianotico e con del sangue rappreso.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Oltre al mio compagno Tim Willocks e a mia sorella Francesca Bertuzzi, e a scrittori di grande talento di cui sono circondata per fortuna (a volte anche ahimè), perché loro frequentano gli scrittori e siccome io frequento loro sono circondata da scrittori… Direi William Gibson, James G. Ballard, Philip K. Dick, ma anche la Beat Generation grazie ad Allen Ginsberg che più volte ha salvato il mio sistema nervoso, così come ha fatto il realismo isterico di Dave Eggers, adoro le astrazioni oniriche del primo Paul Auster e Haruki Murakami, e comunque è sempre un piacere incontrollabile affondare nei classici di Ernest Hemingway e Scott Fitzgerlad.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Un titolo in comune: La Zona Morta, e tutti i film di David Cronenberg in generale!

Lo sci-fi che più mi piace è quello che indaga le dinamiche fra essere umano e tecnologia, quindi 2001 Odissea Nello Spazio di Stanley Kubrick, Strange Days di Kathryn Bigelow, Gattaca di Andrew Niccol, Crash ed Exixstence di David Cronenberg, Moon di Duncan Jones, ovviamente Blade Runner di Ridley Scott, Stalker e Solaris di Andrej Tarkowskij, La decima Vittima di Elio Petri

Sci-fi a parte, uno degli autori recenti che più mi interessa è Nicolas Winding Refn.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO.?

“GhostCam” è solo all’inizio, io e Francesca stiamo lavorando al sequel con nuove idee e una traccia mistery che vede più interazione con i ghost e l’imminenza di un doppio pericolo…

…CHE NOI STAREMO AD ASPETTARE OVVIAMENTE!

Davide Longoni