SOLARIS

SCHEDA TECNICA
Titolo originale: Soljaris
Anno: 1972
Regia: Andrej Tarkowskij
Soggetto: dal romanzo di Stanislaw Lem
Sceneggiatura: Andrej Tarkowskij e Fridrich Gorenstein
Direttore della fotografia: Vadim Jusov
Montaggio: Lyuba Fejghinova
Musica: Eduard Artemiev
Effetti Speciali: A. Klimenko e V. Sevostjanov
Produzione: Andrej Tarkowskij
Origine: URSS
Durata: 2h e 35’ (integrale), 1h e 55’ (italiana)
 
CAST
Donatas Banionis, Natalia Bondarchuck, Yuri Yarvet, Anatoli Solonitsin, Nikolaj Grinko, Sos Sarkissian, Vladislav Dvorecky
 
TRAMA
Kris Kelvin, psicosociologo in partenza per il pianeta Solaris, riceve nella sua dacia la visita dell’astronauta Berton, che gli lascia una videocassetta della sua precedente ed allucinante esperienza sul pianeta. Solaris, mondo ricoperto da un unico, gigantesco oceano di plasma senziente, sfida da anni tutti i tentativi di comunicazione dell’uomo, agendo in modo tale da non poter essere tradotto logicamente in una parvenza umana di contatto. Kelvin ignora gli avvertimenti di Berton (che sul pianeta ha visto l’immagine del figlio non ancora nato di un collega disperso nel plasma) e giunge sulla stazione orbitale di Solaris, abbandonata al disordine. I suoi occupanti Snaut e Sartorius sono come ottenebrati, custodi di segreti orribili, persi. Gibarian, scienziato amico di Kelvin, si è suicidato lasciandoli un messaggio relativo a certe “presenze” aliene sulla stazione, ospiti dei suoi occupanti. Si tratta di manifestazioni reali dell’inconscio inconfessabile dell’uomo, suscitate da Solaris stesso. Presto anche Kelvin ha un ospite: sua moglie Harey, da lui spinta al suicidio dieci anni prima. Kelvin si libera dell’ospite lanciandola nello spazio con una capsula, ma Harey ritorna il giorno dopo. Snaut gli spiega che le presenze appaiono durante il sonno ma non sa se sia un tentativo di Solaris di comunicare. Harey acquista sempre più coscienza di sé, ama lo sconvolto Kris ma sa di non essere la Harey originale. Disperata, inghiotte ossigeno liquido, resuscitando però dalla morte. Kelvin accetta di sottoporsi ad un esperimento, modulando un fascio di pensieri cosciente verso il plasma dell’oceano pensante. Tutti gli ospiti svaniscono (forse l’oceano ha capito che rappresentano una tortura per gli uomini) e sulla superficie appaiono delle isole. Kelvin discende su una di queste: raffigura esattamente la sua dacia terrestre, da lui nostalgicamente rimpianta. Forse il contatto reale con l’oceano è avvenuto.
 
NOTE

 “Solaris” fu pubblicizzato come la risposta sovietica a “2001: odissea nello spazio” di Kubrick. Nulla di più falso e antipodico, pur essendo entrambi due capolavori assoluti. La tecnologia messa in mostra in ”2001” è totalmente ignorata in “Solaris”, quasi completamente privo di effetti speciali: la stazione orbitale è colta nei suoi aspetti più “terrestri”, niente hardware scenografico elettronico ma scorci di dipinti, libri, frutti, immagini, oggetti comunissimi nelle case di ciascuno. Per Tarkowskij la vera odissea avviene nella coscienza, nello spazio interiore dell’anima. La sua riflessione filosofica è limpida e morale (prima di lanciarsi nello spazio alla ricerca di altre intelligenze è meglio che l’uomo conosca a fondo se stesso), il suo stile lirico, nostalgico, malinconico, a volte struggente. A differenza del romanzo di Lem (forse una delle più grandi opere di SF mai scritte), a tratti dinamico e decisamente fantascientifico, nonché assolutamente pessimistico per quanto concerne la posizione dell’uomo nell’universo, Tarkowskij dirige una pellicola lentissima, quasi elegiaca, in cui si perde l’impressione di trovarsi nello spazio. Ma “Solaris” è un’opera unica, eccezionale, commovente. Nessuna creatura aliena è mai stata descritta con la veridicità (sia letteraria che cinematografica) dell’oceano pensante, totalmente estraneo ad ogni tentativo d’interpretazione umana (e quasi del tutto estraneo anche nell’economia del film, incentrato tutto sul rapporto tra Kelvin e Harey, che si umanizza sempre di più rinfacciando agli uomini il loro amorale senso della scienza e della verità). Se Lem è pessimista, Tarkowskij crede nei miracoli e conclude il film con la speranza del contatto, del ritorno (non della donna amata, ma della terra rimpianta, dei veri valori della vita). La sequenza della resurrezione di Harey dopo che ha inghiottito l’ossigeno liquido è terrificante e straziante allo stesso tempo mentre dolcissima è quella dell’assenza di gravità che coglie la coppia abbracciata nella biblioteca. Va comunque rilevata una certa pesantezza del narrato, specie nella seconda parte del film, quando i ricordi terrestri di Kelvin si fondono con l’esperienza vissuta sulla stazione, tematiche non presenti nel romanzo di Lem e dovute tutte allo spirito di Tarkowskij. La versione italiana di “Solaris” è sciaguratamente priva di almeno 45’, tutta la parte sulla Terra con l’incontro di Kelvin e Berton (in Kelvin vengono fusi ridicolmente i due personaggi antitetici tra loro) e diverse scene molto importanti al fine della comprensione del film. Il doppiaggio è cagnesco e dialettale: Pier Paolo Pasolini doppia il padre di Kelvin e Gibarian ha assunto una cadenza così partenopea da risultare ben oltre il ridicolo. Un’operazione vergognosa, che colpì così negativamente Tarkowskij da indurlo a lasciare l’Italia. Da recuperare la versione originale sottotitolata in inglese ed evitare accuratamente quella italiana. Al di là di tutto, un capolavoro assoluto (e grande tonfo al botteghino). Remake nel 2003 di Steven Soderbergh.

14/10/2007, Michele Tetro