VINCENT SPASARO

Vincent Spasaro è uno scrittore che sa il fatto suo: sa scrivere un po’ di tutto, sa spaziare tra i vari generi, sa utilizzare gli elementi tipici del noir, del gotico, del thriller, dell’hard boiled, del paranormale, del fantasy, dell’horror e della fantascienza, ma soprattutto li sa mescolare con un’abilità senza pari, tanto da non riuscire più a capire dove cominci uno e dove finisca l’altro. Non che la cosa sia importante, dal momento che ciò che conta è che Vincent scrive “maledettamente” bene in qualunque “mondo” si trovi… e che noi abbiamo la fortuna di annoverarlo tra i nostri amici.

CIAO VINCE, COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Ho iniziato solo qualche tempo dopo aver divorato, nel 1994, il romanzo vincitore del “Premio Urania” di quell’anno, “Nicolas Eymerich, inquisitore” di Evangelisti. Un vero e proprio colpo di fulmine. Ricordo di aver pensato: allora anche un italiano può scrivere queste cose! Da tempo mi venivano in testa idee che ritenevo interessanti ma non ci facevo troppo caso. Quella volta ho provato a vedere come me la cavavo e devo dire che non è andata affatto male. Fino ad allora ero stato semplicemente un lettore onnivoro, aiutato da genitori che mi hanno spinto fin da piccolo alla lettura. Rimango ancora oggi uno che si appassiona per un bel libro. Leggere e scrivere sono due piaceri molto differenti ma, senza il primo, il secondo ha davvero poco senso.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO “IL DEMONE STERMINATORE”: CE NE VUOI PARLARE?

Volentieri. “Il demone sterminatore” è un romanzo ascrivibile al filone dark fantasy, in cui il fantastico si mescola al gotico e all’orrore, come ha scritto Alan Altieri nello strillo di copertina. È un lavoro ambizioso che ha la presunzione di descrivere un mondo di fantasia con toni realistici. Genti, paesi, tradizioni: tutto inventato. E, presunzione ancora più grande, quella d’inserire in questo contesto drammi molto umani. È un romanzo adatto a chi ama l’avventura e il fantastico, a chi ha voglia di star sveglio la notte col cuore in gola. Credo che questo libro rappresenti un caso a sé nel panorama narrativo italiano dove ci si accontenta spesso di perseguire strade consolidate. Si tratta di una grande scommessa da parte della casa editrice. Settecento pagine di avventure, intrighi, battaglie e orrori cosmici. Secondo me c’è da divertirsi.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

In realtà ho scritto esattamente quel che avevo in mente. Un processo abbastanza fluido. Mi diverto molto a sceneggiare e immaginare conflitti e drammi. Tutto qui. Solo dopo averne assemblato l’ossatura mi sono reso conto che il fantasy che si andava formando era molto atipico e corposo.

COME NASCE UN ROMANZO FANTASY DI QUESTO TIPO?

L’idea principale è venuta fuori da un sogno e credo si percepisca nel libro qualcosa di onirico che ritengo tra l’altro essere una costante nel mio personale mondo narrativo. Ho sempre amato molto il fantasy classico, più adulto, spesso venato di orrore e oscurità incombente, e ho pensato di poter dire la mia. M’interessava descrivere mondi differenti, usanze inconsuete e genti lontane, così come costruire personaggi forti e sfaccettati. E poi drammi, violenza. Chi lo legge noterà forse anche qualcosa di più profondo nascosto fra le pagine, ma non sono io a doverne parlare e lascio al lettore la possibilità di scoprirlo da solo.

OLTRE CHE SCRITTORE DI GENERE FANTASTICO, TI SEI OCCUPATO ANCHE DI NOIR CON I TUOI ROMANZI PER LA COLLANA “SEGRETISSIMO” DELLA MONDADORI. VUOI PARLARCI DI QUESTA SECONDA FACCIA DELLA MEDAGLIA DELLA TUA ATTIVITA’ DI SCRITTORE?

In realtà anche su “Segretissimo”, dove i lettori sono notoriamente poco inclini ai cambiamenti, ho sparso a piene mani orrore e sangue, paranormale e fantascienza, supportato da un autore immenso e persona meravigliosa, Alan D. Altieri, che mi ha sempre incoraggiato. So di aver venduto bene, ma temo che qualche lettore all’antica sia andato vicino all’infarto. Pazienza.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Il senso del meraviglioso, dell’inconoscibile, la capacità di volare col pensiero e vivere le vite di centinaia di persone che non sarai mai: cosa c’è di più eccitante? Narrare significa sempre fingere, anche se credi di rappresentare esattamente la tua realtà. Il fantastico sposta semplicemente molto più in là i confini di questa finzione. Ti dice da una parte di non prenderti troppo sul serio e dall’altra ti permette di spaziare. Lavorare sulla fantasia consiste principalmente nel fare largo alle emozioni a volte anche negative, veri e propri esorcismi, ma sempre appaganti. Per certi versi potremmo dire che anche la religione è qualcosa di fantastico. Nel nostro piccolo, noi che leggiamo e scriviamo di questi argomenti, compiamo dei piccoli riti che ci aiutano ad affrontare un presente fatto spesso di durezze e asperità.

DURANTE LA TUA CARRIERA HAI SCRITTO RACCONTI E ROMANZI DI VARIO GENERE: A QUALE TI SENTI PIU’ LEGATO E PERCHE’?

Al momento i miei due romanzi, Il demone sterminatore e Assedio, che tra parentesi sta per essere ripubblicato sempre dalle Edizioni Anordest, mi soddisfano pienamente, sia per trama e idee che per stile, e soprattutto perché sono molto diversi fra loro.

Assedio è un hard boiled paranormale ambientato nella Sarajevo in guerra e mescola tanto orrore e gotico al thriller, al fantastico e alla fantascienza. Lì ho privilegiato uno stile secco e veloce.

Il demone sterminatore possiede invece un incedere epico e tragico dove abbondano le diverse prospettive. Amo variare molto e non voglio essere dato per scontato. Se vi piace quel che faccio, nel prossimo futuro avrete di che divertirvi.

HAI SCRITTO SIA RACCONTI CHE ROMANZI: IN QUALE FORMA DI ESPRESSIONE TI TROVI PIU’ A TUO AGIO?

Sicuramente nei romanzi. Mi fa piacere leggere e scrivere racconti ma credo che ognuno di noi prediliga gli ambienti in cui si trova più a suo agio. Il mio è il romanzo. Ci sono autori, come il mio amico Maurizio Cometto, che riescono invece a stendere racconti meravigliosi, da lasciarti a bocca aperta. A ciascuno il suo.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Non esiste un bacino circoscritto da cui traggo ispirazione, anche se, come tutti, ho quella che pomposamente viene definita una poetica personale. Come ti dicevo prima, mi piace molto variare temi, prospettive e stili, e apprezzo chi lo fa e non si chiude all’interno di paletti che rischiano di divenire una prigione. In Assedio il fantastico e l’orrore s’innestano su una realtà storica fatta di guerra e oppressione, quindi una base molto reale. Nel Demone sterminatore tutto è prodotto di fantasia. Magari nel prossimo romanzo cambierò ancora.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Troppi per poterli citare tutti in una volta. A casaccio: Dick, Lovecraft, Ballard, Le Guin, Howard, Vance, Simmons, Holdstock, Shepard, Herbert… No, dai, sono troppi. In Italia il mio quadrilatero del fantastico è composto dai meravigliosi Altieri, Gianfranco Manfredi, Evangelisti e Sclavi. In ambito science fiction i due grandi Vittorio, Curtoni e Catani, e nell’orrore all’americana direi Arona e Ghinelli, anche se entrambi sono difficilmente etichettabili. Ma ce ne sono tanti altri.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Mi appassiono per le belle sceneggiature, per cui non mi fermo alla cinematografia di genere. Mi piace l’età d’oro del cinema italiano, quella che ha prodotto pellicole del calibro de La dolce vita, Il sorpasso, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, e sono dispiaciutissimo nel vedere la tabula rasa attuale che mi pare frutto di una deriva nazionale dovuta a decenni di raccomandazioni e gente infilata nei posti sbagliati. All’età d’oro appartengono anche i film e gli sceneggiati italiani come Il segno del comando e tutto quel che è seguito. Una capacità artigianale che oggi si è persa. Ci siamo risvegliati molto più poveri d’idee ma con grandi forni a microonde.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Progetti: pubblicare libri, riempire il mondo, o almeno le case di chi vorrà leggere, coi miei orrori. Molto bolle in pentola. Vedremo.

Nella vita ho perso molti treni ma non rimpiango nulla perché so che doveva andare così. Per questo non ho sogni particolari che non siano migliorarsi, affinarsi e divertirsi nello scrivere (spero) bei libri.

Grazie, Davide, per la bella intervista.

GRAZIE A TE… E ASPETTIAMO ALLORA TUTTI I TUOI PROSSIMI LAVORI, CHE SIAMO SICURI NON CI DELUDERANNO!

Davide Longoni