DELIRIO ALL’ULTIMA PALLOTTOLA – TUTTO IL CINEMA DI MICHELE SOAVI 10

Il testimone Marco Basile

Il nuovo miniserial televisivo Il testimone è andato in onda su Canale 5 in due puntate il 9 e il 10 aprile 2001, nella produzione di Taodue di Pietro Valsecchi & Camilla Nasbitt per Mediatrade, dopo la riuscita e claustrofobica miniserie della Uno bianca (2000), targata Mediaset.

Il nuovo soggetto è stato scritto dallo stesso Soavi e da Pietro Valsecchi, la sceneggiatura – basata sul libro “Il testimone” di Alfredo Mantovano – viene curata da Leonardo Fasoli, lo story editor è Stefano Rulli, mentre, per il cast artistico, ricordo solo gli interpreti principali come Raoul Bova, Ennio Fantastichini, Aisha Cerami e Giulia Lomardi. La nuova miniserie si basa sulla storia vera di Mario Nero, un foggiano che nel 1992 fu per caso testimone oculare di un omicidio di mafia. Alcuni giorni dopo il fatto, egli si presentò in Questura per identificare il killer. La sua testimonianza fu preziosa perché portò alla condanna di circa cinquanta banditi. Da allora Mario Nero, come il veterinario Marco Basile, il personaggio interpretato da Raoul Bova, è entrato a far parte, assieme ai familiari, del Programma Protezione (previsto dalla Legge n.82/1991, modificata dalla Legge n.45/2001, sul trattamento di coloro che, imputati o testimoni, collaborano con la giustizia) e vive tuttora nell’ombra, insieme alla famiglia, tra continui spostamenti e momenti di paura e solitudine. Lo stesso Raoul Bova reduce da una vacanza a Hollywood, prima di iniziare le riprese, per rendere più realistico il suo lavoro, ha voluto incontrare il vero Mario Nero e ha ammesso: “Se io fossi stato al suo posto non so se avrei avuto il coraggio di entrare in un meccanismo del genere che distrugge tutta la tua vita, il tuo passato. Quando entri in un programma protezione sei costretto a vivere con la tua famiglia in squallidi residence, con 1 milione e 800mila lire al mese, e appena stai per ambientarti in un posto devi cambiare città”. Il teste sotto protezione deve stare sempre attento al minimo errore e non può avere contatti con nessuno. Se alloggia in un residence, guardato a vista dagli agenti, egli può essere scambiato per un mafioso e “questo – come dice Raoul Bova – è il peggio per uno che ha scelto di collaborare con la giustizia facendo il proprio dovere. È una spirale da cui è veramente difficile uscire”. Un precedente cinematografico di tale angosciosa condizione può rintracciarsi nel film di Pasquale Pozzessere, Testimone a rischio del 1997.

La nuova prova televisiva di Michele Soavi narra allora la vicenda esemplare di Marco Basile, testimone di un delitto camorristico commesso nella sua piccola città campana. Marco viene interpretato dal solito bel tenebroso Raoul Bova, l’attore più amato dal pubblico femminile, che ora non veste più l’uniforme del capitano dei carabiniere Roberto De Stefano in Ultimo 2 – La sfida o del capitano Arcuti de La Piovra, ma i panni di un uomo comune, di un eroe per caso come Mario Nero. Marco è un medico veterinario trentenne che vive in campagna e ama la natura e i cavalli. La grande “missione” della sua vita è quella di poter trasformare la vecchia proprietà paterna in un maneggio, aiutato nell’impresa dalla moglie Chiara (una debuttante Aisha Cerami, figlia dello scrittore Vincenzo e ottima attrice teatrale), giovane illustratrice di libri per l’infanzia e dalla figlia Alice (la vivace Giulia Lomardi). L’attività è appena agli inizi, ma Marco, grazie a un fido bancario, può cominciare i lavori nell’azienda, assistito anche da Nicola. Quest’ultimo è un giovane dai burrascosi trascorsi che Marco ha voluto coinvolgere nell’impresa dandogli una occasione di riscatto. Intanto la vita scorre tranquilla, senza scossoni, mentre la cittadina meridionale viene a essere stretta nella morsa dei camorristi. Il dottor Ugo Militi, di professione commerciante, si ribella alle angherie e all’omertà della Camorra e crea un’associazione antiracket, come ha fatto Tano Grasso in Sicilia, attirando a sé gli altri imprenditori del paese. Ma i criminali non stanno fermi a guardare e recapitano a Giada, la figlia del coraggioso commerciante, in procinto di maritarsi, un proiettile, tipico avvertimento nel consueto stile mafioso. Ugo Militi non si fa intimorire dalle minacce e va avanti per la sua strada. Una notte, mentre sta chiudendo il negozio, viene ucciso a colpi di pistola da un giovane boss locale. All’assassinio assiste casualmente Marco che stava portando il cane ai giardini. Marco viene visto dal boss che gli intima di non rivelare nulla, minacciandolo di morte. A questo punto del tv movie, cupo e angosciante, Raoul Bova deve decidere: continuare a vivere chiuso in un’omertà vergognosa oppure rivelare alle forze dell’ordine ciò che ha visto quella sera. Toccherà a Giada convincerlo e farlo agire da eroe. Dunque Marco va a denunciare l’assassino, fornendone l’identikit alla Polizia di Stato. Marco così decide di rischiare la propria vita e quella dei familiari per aiutare Giada, la figlia innocente di Ugo Militi. Presentatosi alla Questura in qualità di teste dell’omicidio, Bova riesce in sede extradibattimentale a far giustizia in modo determinante sull’episodio in cui si è trovato coinvolto, diventando così un modello esemplare di comportamento civile, ma nello stesso tempo è costretto a sperimentare sulla propria pelle tutte le difficoltà e i dolori che subiscono i testimoni di giustizia. Anche la moglie e la giovane figlia di sei anni proveranno gli stessi tormenti, cominciando una lunga discesa verso l’inferno. Infatti il testimone, tornato a casa, scopre che la sua esistenza da quel preciso istante sarà un’altra: deve lasciare la sua attività nel maneggio, cambiare volto e nome (ma senza ricevere subito la nuova carta di identità), trovare un’altra residenza e spostarsi sovente sotto protezione, perdendo tutti i contatti con gli amici e i parenti. Il dottor Fosco, interpretato dall’eccellente Ennio Fantastichini (recentemente scomparso), è un commissario della Criminalpol, che si occupa del caso di Marco (è lui che raccoglie la testimonianza del giovane veterinario). Per il testimone, la moglie e la figlia comincia un vero e proprio calvario. Sono braccati dai camorristi e dimenticati dalle autorità. Il testimone finisce per cambiare vita ma in peggio senza una giustificazione che motivi alla propria coscienza, questi duri sacrifici. Quando il rapporto con Chiara sta per rompersi e Alice è in stato di shock, il testimone decide di non nascondersi più e di combattere per la suo onore di uomo libero.

Raoul Bova è un uomo coraggioso e determinato, ma tormentato, in questo tunnel senza apparente via d’uscita, pieno di pericoli creati dalla vergogna camorristica. Ma questo eroe vero e oscuro non è più solo. Accanto a lui vediamo un altro uomo solo, il dottor Fosco, che combatte con grande determinazione contro i criminali e contro uno Stato assente.

Come riconosce un critico quale Michele Saffioti, Michele Soavi mostra di essere anche in questo miniserial televisivo un artista assai sensibile “verso temi toccanti e concreti che assillano” già da molti anni la cronaca nera italiana. Viene compreso il dolore dei testimoni sotto protezione e i limiti dello Stato lontano e sordo ai richiami dei cittadini onesti che hanno scelto di esporsi e di non nascondere più la testa sotto la sabbia come gli struzzi. La fiction televisiva di Michele Soavi è una “fiction-verità” d’impegno civile, che viene arricchita inoltre dal solito tocco cinematografico di tipo visionario. Essa appare ben superiore alla fiction comune che siamo abituati a vedere in Italia (ricordo solo “Incantesimo”), priva di nobili qualità registiche e lontana dalla cronaca. Il film per la televisione Il testimone (come del resto tutti gli altri di Michele Soavi) alterna scene di azione e suspence con visioni oniriche che ossessionano Raoul Bova: specialmente la prima puntata de Il testimone presenta un tale charme visionario che ci ricorda ancora il genere fantastico de La Setta e di Dellamorte Dellamore. Pare che il regista (“in grado di far recitare anche i sassi” per Adele de Gennaro), lasciato per il momento il mondo cinematografico per rielaborare un proprio stile mitopoetico adatto al piccolo schermo, non abbia dimenticato i propri trascorsi fantasy ma li abbia voluti riversare in certi momenti fortemente psico-drammatici recitati dai  protagonisti di Ultimo 2-La sfida (1999), da Il testimone (2001) o da Kim Rossi Stuart che scoprirà i criminali della Uno bianca (2000). Il fatto poi che la fiction civile di Soavi trovi le sue radici nella cronaca nera non è negativo, non fa scadere questo mezzo espressivo nel realismo puro e crudo. Come riconosce Ennio Fantastichini, i personaggi della fiction soaviana sono “collocati all’interno della realtà”: essi sono tutti dei personaggi veri e vitali, che non hanno niente a che vedere con le improbabili famiglie felici degli spot pubblicitari e delle soap-opera e delle telenovelas. Grumi visionari fermentano all’interno di questo realismo aggiornato ma non ne sono avulsi, come i sogni e le emozioni più nascoste dell’uomo non possono essere tolti dalla sua vita quotidiana senza alterare il significato più vero e profondo della realtà. Un’ultima nota chiarirà questo mio pensiero. E’ un’impressione espressa ad Adele de Gennaro dalla debuttante Aisha Cerami. Infatti lei dice che Chiara, moglie del testimone d’accusa in fuga, vive tutte le problematiche della vicenda che si riversano sulla famiglia: per Aisha “fare questo film è stato davvero molto importante perché …[le] ha aperto gli occhi, …[le] ha mostrato un mondo” che lei non conosceva, ossia la realtà nascosta dei collaboratori di giustizia in cui emozioni e apparenza convivono in un inestricabile e visionario gioco di maschere.

(10 – continua)

Gordiano Lupi, Maurizio Maggioni e Fabio Marangoni