DELIRIO ALL’ULTIMA PALLOTTOLA – TUTTO IL CINEMA DI MICHELE SOAVI 09

I delitti della Uno Bianca

SCHEDA TECNICA

Regia: Michele Soavi.

Soggetto: Marco Melega, Pietro Valsecchi, Sergio Altieri.

Sceneggiatura: Luigi Montefiori, Gabriele Romagnoli con la collaborazione di Marco Melega e Michele Soavi, liberamente tratto da: “Baglioni e Costanza – Il caso della Uno Bianca”, Editrice La Mandragola.

Suono di presa diretta: Mauro Lazzaro.

Costumi: Francesco Panni.

Scenografia: Alessandro Rosa.

Direttore della fotografia: Gianni Mammolotti (a.i.c.).

Montaggio: Anna Napoli (a.m.c.).

Musiche: Gianni Bella, realizzazione Rosario Bella, Giuseppe Fulchieri.

Organizzatore generale: Emanuele Emiliani.

Story editor Taodue Film: Stefano Rulli.

Produttore Mediatrade: Simone De Rita.

Prodotto da: Pietro Valsecchi, TAODUE Film per Mediatrade.

Cast: Kim Rossi Stuart, Dino Abbrescia, Valeria Milillo, Pietro Bontempo, Massimo De Rossi, Bruno Armando, Luciano Curreli, Claudio Botosso, Giorgio Crisafi, Dario D’Ambrosio, Gippy Soprani, Matteo Chioatto, Paolo D’Agostino, Silvia De Santis nel ruolo di “Milvia”.

Questo lavoro di Michele Soavi, a mio parere uno dei più riusciti per la televisione, è stato preceduto da polemiche pretestuose scatenate dall’associazione dei parenti delle vittime. Polemiche che in realtà avevano poco senso se si pensa al rispetto storico e alla valenza educativa e di messaggio che l’opera contiene. Prodotto da Taodue Film di Pietro Valsecchi per Mediatre e trasmesso su Canale 5 Uno bianca è una fiction breve in due puntate (una miniserie). Un film molto atteso, perché segnava il ritorno in televisione dopo quattro anni di Kim Rossi Stuart, ma anche per l’impegno civile di un progetto costato un anno e mezzo di lavoro e osteggiato da alcuni dei protagonisti ritratti. Soavi si ispira al libro di Marco Melega “Baglioni e Costanza” (il racconto dei due poliziotti di Rimini che catturarono la banda della Uno bianca, i fratelli Savi) e ripercorre sia le vicende legate alle imprese della sanguinaria organizzazione criminale che per sette anni (dall’87 al 94) ha seminato il terrore in Emilia e nelle Marche, sia il lavoro dell’ispettore capo e del suo assistente, Luciano Baglioni e Piero Costanza.

Uno bianca rappresenta l’ideale continuazione di quella svolta epocale compiuta dalla fiction italiana verso la fine degli anni Novanta. Conferma il trend di crescita già in atto da alcune stagioni e si pone nel solco della fiction ispirata a fatti di cronaca realmente accaduti, tradotti e interpretati più o meno liberamente entro miniserie televisive di non più di cinque puntate. L’Italia è uno dei maggiori produttori di miniserie televisive e prosegue una tradizione che risale ai vecchi sceneggiati che anche negli anni Settanta tenevano incollati al piccolo schermo milioni di spettatori. Solo per citarne alcuni: “La cittadella”, “E le stelle stanno a  guardare”, “A come Andromeda”, “Il tenente Sheridan”. Ma l’elenco sarebbe interminabile.

La miniserie è un genere vero e proprio, un modo di fare televisione che rispecchia i gusti degli italiani. In Uno bianca la mano di Soavi si sente. È girato benissimo, curato in ogni dettaglio, inoltre è privo di sbavature nei dialoghi e attento alla psicologia dei personaggi. Ben recitato oltre tutto e non soltanto da Kim Rossi Stuart, ma anche dal resto del cast (Dino Abbrescia, Pietro Bontempo, Valeria Milillo, Luciano Curreli, Bruno Armando, Giorgio Crisafi). Una menzione particolare la merita la promettente Silvia De Santis che è una Milvia perfetta, il personaggio ispirato a Eva Mikula, all’epoca compagna di Fabio Savi. Mediatrade si pone all’attenzione della critica come una produzione attenta e intelligente, che vuole coniugare il miglior cinema italiano e la miglior narrativa televisiva. E ci riesce perfettamente, realizzando un film con una storia che ci appartiene e che scuote le coscienze degli spettatori.

La sceneggiatura è opera di Gabriele Romagnoli e Luigi Montefiori e punta sulla storia dei due poliziotti di provincia che scoprono che i colpevoli sono due loro colleghi. Il film è un thriller vero, dotato di ritmo e privo di momenti morti o pause, anzi sono frequenti le scene ad alta tensione. Una specialità di Soavi.  Non solo. La troupe ha incontrato i veri Baglioni e Costanza qualche settimana prima delle riprese e si è intrattenuta a lungo con loro. Uno bianca è una fiction-verità ed è riuscita ad agganciare agli schermi televisivi anche gli spettatori più giovani. Ha avuto un successo tale nella sua prima messa in onda che Canale Cinque ce l’ha riproposta a gennaio 2002 ottenendo un identico successo di audience. Possiamo dire che ci troviamo di fronte a uno dei rari casi in cui gli ascolti vanno a braccetto con la qualità.

Nel film i protagonisti hanno nomi diversi. I due poliziotti interpretati da Kim Rossi Stuart e Dino Abbrescia non si chiamano Baglioni e Costanza, ma Valerio Maldesi e Rocco Atria, così come i fratelli Savi sono diventati Michele e Silvio Ferramonti. Una scelta che non toglie niente al valore del prodotto, ma che è stata fonte di polemiche da parte di alcuni parenti delle vittime della banda. Nel corso della presentazione del film alla stampa, intervenne la madre di Otello Stefanini, il carabiniere ventiduenne ucciso dai Savi nel gennaio del 1991 al Pilastro di Bologna. “In questo film” disse Annamaria Stefanini “avete dimenticato di sottolineare che quello che hanno denunciato i due poliziotti non è stato ascoltato per anni e che ci sono voluti decine di morti prima di fermare i Savi. Nella fiction i Savi non sono mai chiamati per nome, forse per tutelare i loro figli, ma ai nostri chi ci ha pensato?”. Anche una parte della stampa ha alimentato le polemiche diffondendo la notizia che Kim Rossi Stuart avrebbe ricevuto una lettera da Roberto Savi, notizia smentita dallo stesso attore.

Ci furono anche altri problemi e lo sceneggiato riuscì ad andare in onda soltanto dopo aver vinto la causa intentata da Eva Mikula, che non voleva essere nominata nella fiction. Altri problemi li ha causati la nuova legge sulla privacy.

“In realtà una fiction verità può anche presentare una storia con nomi diversi” disse il produttore Pietro Valsecchi durante un’intervista. “Il mistero della Uno bianca è stato risolto, almeno i colpevoli sono in galera, non è andata a finire come il caso Ustica”.

Al film ha collaborato anche la polizia di Stato. Roberto Sgalla, direttore  delle relazioni esterne della Polizia giustificò così questa collaborazione: “Uno bianca è stata per la polizia una delle pagine più nere, uno dei momenti più drammatici della nostra storia. Noi abbiamo voluto offrire la nostra collaborazione proprio perché credo che in questi anni la polizia abbia dimostrato capacità intellettuale, onestà e trasparenza, tutti elementi che abbiamo ritrovato in questa fiction”.

Uno Bianca è unanimemente considerata una delle migliori fiction degli ultimi anni prodotte in Italia, addirittura “un esempio” per le altre, e a mio parere la migliore girata da Michele Soavi.

Infatti pur sottostando alle regole imposte da questo genere di produzione – le due puntate della durata standard di novanta minuti, i soliti clichè televisivi sulla narrazione – e alla delicatezza che imponevano i fatti di recente cronaca nera narrati, il rispetto per le vittime, riesce a raccontare un’avvincente detection, come lo stesso regista afferma, d’azione e suspense per niente scontata.

Il merito è certamente del cast, della buona sceneggiatura ispirata al libro dei veri poliziotti che catturarono la banda della Uno Bianca, ma soprattutto dell’ottima fotografia asservita alla ricercata tecnica di Soavi: finezze che non sfuggono, proprie di chi viene dalla scuola del cinema e che imprime il proprio stile personale in ogni inquadratura, fosse anche un primo piano, ma sempre studiando l’angolo e il controcampo. Si nota così già nei primi minuti una moquette blu che si dissolve nel mare mosso della riviera oppure la lunga sequenza all’interno della procura di Bologna dove la cinepresa si abbandona a una rotazione su se stessa dall’alto in basso come montata su un’altalena, per continuare con la soggettiva del protagonista lungo le scale che si alza dai gradini fino al livello degli occhi, per analogia, quando questi raggiunge il piano superiore.

Entrambi gli episodi si aprono con i titoli di testa che scorrono su un’affascinante sequenza di dettagli sotto una livida luce blu, notturna, sono le fasi di preparazione delle cartucce dalla polvere nera fino al loro caricamento nei fucili dove il bossolo corre lungo il tubo della canna; un gusto estetico già visto in Opera (1987) di Dario Argento dove Soavi dirige la seconda unità di regia, un proiettile è ripreso dall’interno dell’arma dalla detonazione all’attraversamento del cranio tramite l’occhio della vittima. E il blu ritorna nelle frequenti macro inquadrature dell’iride del protagonista o più cinematograficamente parlando di una sorta di sguardo allucinato sugli accadimenti drammatici e sul loro evolversi veloce, inaspettato, visionario della storia, un occhio gettato dentro l’animo umano disturbato e quello disturbante di quelli della Uno Bianca.

I nostalgici gradiranno le rapine che ricordano quelle dei migliori poliziotteschi di Umberto Lenzi – cambia lo stile e il contesto, ma il ritmo è il medesimo – si notino i volti coperti da inquietanti calzamaglia maculate bianche e nere e in particolare il cinismo e la violenza suggerita nella scena del vecchietto invalido nel supermercato che terrorizzato dalle raffiche di mitra di cui è fatto bersaglio finisce con l’urinarsi addosso.

È curioso notare come in commercio sia disponibile un’unica versione per il mercato italiano quasi priva di contenuti extra, se si escludono cinque minuti di “dietro le quinte”, mentre creata ad hoc per quello statunitense esiste un doppio dvd ricco di interviste tra le altre al produttore Valsecchi e allo sceneggiatore Luigi Montefiori (conosciuto ai più cinefili come George Eastman), grande protagonista del cinema di genere nostrano.

Proprio nel “dietro le quinte” italiano parlano i protagonisti principali, in particolare Soavi dichiara che il suo intento era raccontare una storia di due “anti-poliziotti” che si occupano di extracomunitari e prostitute sulla riviera romagnola finché si trovano coinvolti in qualcosa di più grande di loro, proprio loro che sono le ultime ruote del carro, “due nessuno”.

In definitiva possiamo dire che Uno bianca è un poliziesco di qualità, prodotto dal solito collaudato team che aveva confezionato Ultimo. Il racconto è serrato e coinvolgente, parte dalla cronaca e procede secondo i codici del genere action per diventare una riuscita rappresentazione della banalità del male. Ricordiamo che lavori simili sono stati Il caso Soffiantini di Riccardo Dilani, interpretato da Michele Placido e Claudia Pandolfi (sempre sulle reti Mediaset). Ma anche la serie Oz, trasmessa da Tele Più e prodotta dal premio Oscar Barry Levinson, che affronta gli orrori della vita del carcere.

(9 – continua)

Gordiano Lupi, Maurizio Maggioni e Fabio Marangoni