EXTRA, ABDUCTION ALIENE NELLA RAI ANNI ‘70

Volevo dedicare alcune note allo sceneggiato Rai diretto da Daniele D’Anza nel 1975, Extra, sparito per moltissimi anni dal piccolo schermo. Lo farò, me lo perdoni Davide Longoni, senza seguire la traccia della scheda tecnica; francamente ho allergia nel compilare i dati di un film e trovo inutile riempire righe su righe con la trama o una breve sinossi, ormai reperibile ovunque. Preferisco aggiungere subito farina del mio sacco (Perdonato… il Boss!).

Dicevo.

Extra, sceneggiato Rai degli anni ’70, diretto da uno dei maestri del piccolo schermo, Daniele D’Anza, responsabile di capolavori del giallo, o di quell’oggetto indefinibile che è Il segno del comando. Qui D’Anza scrive con Lucio Mandarà e sceglie di confrontarsi con la fantascienza, genere poco praticato nella nostra cinematografia e, ancor meno, sul piccolo schermo. Parlandone a bocce ferme, quando ormai quel tempo meraviglioso è terminato, possiamo rilevare che Extra arriva dopo la prova generale di A come Andromeda, sceneggiato derivato da un romanzo inglese, novelization di una serie inglese andata in onda nel 1961 sulla BBC e mai trasmessa in Italia. A come Andromeda rappresentò il primo tentativo tutto italiano di portare la fantascienza sul piccolo schermo, dal gennaio al febbraio del 1972. Prima s’era visto poco. Le schegge fantastiche de Ai confini della realtà e la serie inglese UFO, trasmessa sulla televisione svizzera alla fine del 1971. Dopo ci sarebbe stato il giallo/fantastico Gamma (1975).

A come Andromeda, realizzato con grandi capacità da Vittorio Cottafavi e interpretato da un ispirato Luigi Vannucchi, rimaneva all’interno della fantascienza tradizionale, con il confronto (classico) tra le intelligenze superiori aliene e la razza umana, contraddittoria ma sensibile. Francamente questo genere di umanizzazione degli Ufo (penso all’algida e via via sempre più contrastata Nicoletta Rizzi) mi lascia indifferente. Nutro altrettanta ostilità nei confronti della fantascienza spaziale o fantasy alla Guerre stellari, fastidiosamente infantile.

Per questo Extra ha un sapore particolare, direi unico, all’interno della nostra Tv. Il solo fatto che sia stato realizzato lascia stupefatti. Come mai D’Anza abbia deciso di confrontarsi con un simile (s)oggetto mi sfugge. Sicuramente ci saranno, nel maremagnum della rete, delle interviste sul tema. Io non le conosco e ignoro le motivazioni dei dirigenti Rai dell’epoca. Extra si ispirava a un fatto “reale”, qualcosa che riguardava l’abduction, ossia il rapimento alieno, argomento assai più ruvido rispetto al contattismo di A come Andromeda.

Bisogna ricordare che nel 1976, a parte la serie capolavoro di UFO, coi suoi alieni boschivi e maniaci, su queste cose, in Tv, s’era visto un tubo. Extra non scivolava né nella fantascienza più sociologica, né nei viaggi spaziali, anzi rimaneva in una strana via di mezzo, mostrandoci un mondo assolutamente contemporaneo a quello degli spettatori di allora. Questo perché Extra nasceva da episodi di cronaca avvenuti in America nel 1973 e raccontava le vicende di due operai (nello sceneggiato sono Giampiero Albertini e Luca Del Fabbro, entrambi nel ruolo di una vita) di 45 e 19 anni che affermano di esser stati rapiti e portati su un disco volante da creature alte poco più di un metro e con delle tenaglie al posto delle mani. Da questo semplice incipit si sviluppa la trama di Extra, film Tv lontano dai plot affollati e confusionari dei tanti gialli di Durbridge, o dai cascami gotici de Il segno del comando.

Extra presenta un nucleo di personaggi principali ridotto rispetto ad altre storie televisive. Da una parte i due operai con le loro famiglie e la stazione di polizia a raccogliere le loro prime testimonianze, e dall’altra una mesmerizzata Daniela Surina, moglie di un poliziotto incredulo interpretato dall’ottimo Vittorio Mezzogiorno. La Surina ha vissuto la medesima esperienza dei due operai, solo che, per timore d’esser creduta pazza e di finire nel tritacarne mediatico (cosa che accadrà alla coppia Albertini/Del Fabbro, ridotti a fantocci nelle mani della stampa e dei militari), preferisce non confessare a nessuno i suoi tormenti. Tormenti psicologici che la gettano in uno stato di terrore profondo, anticipando i pazienti traumatizzati della Jovovich ne Il quarto tipo, altro grande film sui rapimenti alieni. E la paura si concretizza in modo sottile, fruttando al meglio il mezzo televisivo: D’Anza costruisce una provincia americana anonima, fatta di gas station, statali desertificate, già pronte per una copertina onirica di Karel Thole. E viene proprio in mente un Urania del 1967, Le strade dell’invasione, prima antologia fantascientifica uscita nella collana mondadoriana e dedicata alle micro-invasioni, mono-invasioni aliene sul nostro pianeta. L’invasione di Extra avrebbe potuto figurare benissimo in quella meravigliosa raccolta (doppiata dal suo seguito, Nuove strade dell’invasione): gli alieni di Extra non si vedono mai, forse nemmeno esistono, prodotti dalle alterazioni della mente. A parte dei televisori sfarfallanti, degli strani rumori e le parole dei rapiti, nessuno può garantirci che non si sia trattato di una burla, o di un caso d’isteria collettiva.

D’Anza è bravo nel rimanere sul vago, costruendo un’atmosfera rarefatta e pesante, sempre cupa, notturna (su Extra il sole sembra non splendere mai), dove i contorni delle cose, delle persone, sono indefiniti, doppi, menzogneri. Il sospetto cala sulla comunità del Mississipi, dividendo gli abitanti in ufologi e non ufologi. Il caso finirà nelle fauci crudeli della stampa, o nelle autopsie psicologiche di vari esperti. Tra di loro s’aggirano figure inquietanti, persone che sembrano saperla lunga e accennano a segreti governativi, organizzazioni occulte di uomini in nero, anticipando praticamente tutto X-Files e Martin Mystere. E qui Extra tocca i suoi punti più alti, anticipando appunto, in Italia e non solo, tutto quel che sarebbe venuto dopo.

Che gli alieni di Extra siano cannibali come quello di Prey di Norman J. Warren (1978), o comunque interessati agli organi umani come quelli di UFO, poco importa. Forse non hanno l’aspetto (ingannevole) di una fighissima Johansson in Under the skin, comunque paiono malevoli e letali, interessati a seminare zizzania e scombinare il cervello delle persone che rapiscono. Essi rimangono, come gli uomini in nero, nel buio del folklore, agitando da dietro le quinte, le paure ancestrali della comunità.

D’Anza dunque, in modo molto moderno e controcorrente con le regole della tv classica, sceglie di non scegliere, non svelando nulla degli invasori occulti e giocando coi dubbi e le paure inconsce dei suoi personaggi, uomini e donne qualunque, piccoli anti-eroi (operai, casalinghe, impiegati, scribacchini) di un universo provinciale, tagliato fuori dalle grandi arterie del progresso capitalista.

Da dove vengono gli UFO? Cosa vogliono da noi? Perché sono qui? E da quanto sono arrivati? Accadrà ancora? Su queste strade il cinema tornerà più volte in questi ultimi anni (basti pensare a quell’immenso edificio di miti moderni che è X-Files, o anche Twin Peaks, erroneamente considerato un serial thriller e non un oggetto non identificato dove gli alieni hanno un ruolo forse non secondario…). Nella televisione italiana, invece, prodotti tanto originali e innovativi come Extra spariranno per sempre. Oggi si piange quel cinema di genere italiano scomparso, ma ancor di più dovremmo piangere questo sceneggiato, opera inquieta e unica nel suo genere, ingiustamente sparito dalla circolazione fino alla riprogrammazione memorabile su Rai Premium poco tempo fa.

Davide Rosso