FANTASCIENZA STORY 138

NEL BUCO NERO NESSUNO PUO’ SENTIRTI URLARE (1979) – PARTE 05

METEOR (Meteor)

Le prime sequenze del film mostrano una cometa che attraversa lo schermo, una cometa particolare, non solo perchè avrà una notevole importanza in questa storia ma, soprattutto perchè si tratta del primo corpo celeste il cui nucleo, che si vede perfettamente in primo piano, è trasparente: infatti si vedono dietro le stelle e questo perchè il trucco è approssimativo. Comunque sia, dopo il rutilante passaggio di cui sopra, appaiono gli interpreti principali, notevoli come vedremo, di questo film.

Anche in questo caso Meteor risente dell’influsso di suoi illustri predecessori, primo fra tutti, quantomeno il più noto, è Quando i Mondi si Scontrano prodotto da George Pal ma, ancora prima, La Fin du Monde di Abel Gance. Un altro elemento che collega questo film ai suoi progenitori degli anni ‘50 è la chiacchierata iniziale dovuta a una voce fuori campo, una voce, come sempre, stentorea che spiega l’argomento di cui il film tratta. L’abbiamo trovata nei film citati sopra ma, anche, per esempio, in La Meteora Infernale o La Guerra dei Mondi solo per citare due film fra tanti. Ma eccovi quella di questo film.

“Lo spazio cosmico, senza limiti e senza tempo: immenso teatro di esplosioni astrali e di continua turbolenza. Mondo senza confini per occasionali e fiammeggianti viaggiatrici: le comete. In principio le comete terrorizzavano l’uomo; egli aveva capito che erano segnali di incombenti catastrofi, ma, col passare del tempo, l’uomo si abituò, assegnò dei nomi alle comete ed aspettò che arrivassero come dei vecchi amici. Questa che vedete viene dalla parte opposta del Sole e si sposta nello spazio a circa duecentomila chilometri l’ora. Non è mai stata vista da nessuno, fino ad oggi… Questa è la fascia di asteroidi, una enorme discarica di metalli e rocce in un’orbita solare tra Giove e Marte. Milioni di frammenti. Alcuni piccoli come un pugno, altri grandi quanto una città e, tra questi ultimi, Orfeo, con un diametro di oltre trenta chilometri, rimasto indisturbato per un’infinità di secoli…”

Dopo il titolo del film, con una elegante dissolvenza, assistiamo all’intercettazione di un veliero, impegnato in una regata, da parte della polizia: questo per prelevare e mandare con urgenza al centro NASA di Houston, il dottor Paul Bradley (Sean Connery). Bradley, anni addietro, lavorava alla NASA ma diede le dimissioni in quanto, un suo progetto, l’Hercules, che doveva essere usato per difesa da pericoli provenienti dallo spazio esterno, venne in realtà usato per offesa: si trattava di un grappolo di missili nucleari che, in origine, avrebbero dovuto servire per difendere la Terra da corpi celesti diretti verso di essa ma che fu invece usato verso “l’interno”, cioè quei missili furono e sono puntati verso l’Unione Sovietica. A ricevere Bradley a Houston è il suo ex capo e collega Harry Sherwood (Karl Malden, 1912 – 2009) che gli spiega le ragioni di questa sua urgente convocazione.

Una settimana prima la sonda “Challenger 2”, diretta verso il pianeta Marte, fu dirottata (senza minimamente tener conto dello spreco di carburante) verso la zona degli asteroidi per osservare una nuova, gigantesca cometa, del diametro di cinquecento chilometri diretta in rotta di collisione verso l’asteroide Orfeo. La sonda parcheggiò nei pressi dell’asteroide Vesta e da lì assistette alla collisione della cometa con Orfeo i cui frammenti si sparsero nello spazio e colpirono e distrussero il Challenger 2.

Ora, c’è un grosso pericolo per il nostro pianeta, come, molto chiaramente, Sherwood spiega a Bradley:

Sherwood: “C’è un frammento di Orfeo piuttosto voluminoso che punta sulla Terra, ci sono anche un’infinità di piccoli pezzi che lo affiancano e lo precedono. Ma quello che ci preoccupa di più è il più grosso. Calcoli precisi finora non ne sono stati fatti ma fra sei giorni potremmo essere colpiti…

L’unica speranza per poter fermare la minaccia sono proprio quei missili in orbita di cui nessuno, ufficialmente, conosce l’esistenza.

Ammetterlo vorrebbe dire anche dove sono puntati. Sherwood deve convincere il segretario del presidente e quindi il presidente stesso della necessità assoluta di usare gli Hercules e, per fare questo, deve anche convincere l’attuale comandante del progetto, il generale Adler (un ottimo ma fin troppo ottuso Martin Landau) e, per farlo, chiede la collaborazione di Bradley per intervenire alla riunione dove si cercherà di convincerli della necessità ed urgenza dell’intervento.

Adler: “Se gli Hercules sono in orbita è un segreto che soltanto noi sappiamo e deve rimanere un segreto. Non li abbiamo mai denunciati e se lo facessimo adesso…

Sherwood: “Bisogna farlo! Non si può mantenere il mondo all’oscuro sugli avvenimenti. Quando saprà che un gingillo di otto chilometri viaggia contro la Terra a cinquantamila chilometri l’ora, il pubblico vorrà sapere cosa contiamo di fare per salvarci.

Il primo ministro chiede a Bradley il suo parere scientifico.

Bradley: “Una massa di roccia larga un chilometro che viaggia a cinquantamila chilometri l’ora, scaverebbe un cratere largo ottanta chilometri e profondo cinque. Questa meteora è larga otto chilometri e la sua forza d’impatto è uguale a due milioni e cinquecentomila megatonnellate di TNT cioè almeno dieci volte più poderosa del più violento terremoto che sia mai stato registrato. Scaraventerebbe nell’atmosfera cinque miliardi di tonnellate di terra riducendo le radiazioni per decenni e decenni. Potrebbe provocare un’altra Era Glaciale…

La discussione tra Sherwood e Adler si fa accesa e Bradley si alza e fa per uscire ma il primo ministro gli chiede dove stia andando.

Bradley: “A prendere aria. Non mi interessa quello che la Russia dirà all’America e viceversa. Vi ho detto quello che accadrà quando saremo colpiti dalla meteora. Ma se credete di poterlo evitare seppellendo la testa sotto un mare di fango fate pure. In attesa di una vostra decisione sarò al bar qui di fronte!

La decisione è quella di usare gli Hercules per sventare il pericolo. Purtroppo però il gruppo di missili americano è insufficiente per fermare la minaccia ma il presidente degli Stati Uniti (un Henry Fonda 1905 – 1982 ormai abituato a questo ruolo) conferma a Bradley che anche i Russi hanno posto in orbita dei missili nucleari seguendo un analogo progetto denominato “Pietro Il Grande” e, nel porre, con enorme dispetto di Adler, al comando del progetto e fino al termine dell’emergenza Paul Bradley, egli invita Sherwood e gli altri ad ascoltare il suo messaggio alla Nazione la sera stessa.

Il Presidente sa come risolvere il problema politico e il suo intervento serale ne è la prova, astuzie politiche!

Presidente: “Voi vi preparerete a chiedermi quali provvedimenti sono stati presi per evitare che questa meteora entri in collisione con la superfice terrestre. Ho il piacere di informarvi che, rendendosi conto che una tale eventualità potesse verificarsi, il Governo Americano, in collaborazione con i tecnici più qualificati che ha a sua disposizione, elaborò anni fa un progetto per fronteggiare questa emergenza e questo progetto è stato battezzato Hercules. Che cos’è l’Hercules? L’Hercules è un satellite armato orbitante con le sue armi nucleari puntate verso lo spazio…

Bradley: “Nome giusto, obbiettivo fasullo.

Presidente: “Che cosa si può fare con l’Hercules? Si può lanciare, premendo un pulsante, tanta potenza da distruggere qualunque corpo spaziale in rotta di collisione con il nostro pianeta. Ma, purtroppo, in questo caso si presenta una circostanza particolare: la meteora ha dimensioni e velocità tali che anche questi potenti missili non otterrebbero lo scopo per intero ma, fortunatamente, i Russi, con la stessa preveggenza che ha animato noi, hanno installato anche loro un mezzo di difesa, non sappiamo ancora come lo abbiano battezzato ma sappiamo che esiste ed abbiamo deciso di chiedere ai sovietici di combinare la loro potenza nucleare con la nostra, dimodochè, insieme, saremo in grado di fermare la meteora colpendola con una potenza smisurata e mettendo così fine alla minaccia potenziale che rappresenta per noi. Vi informo che parlerò personalmente con i Russi non appena avrò terminato questa trasmissione… Buona notte e che Dio vi benedica.

Il centro di comando degli Hercules si trova nascosto nel sottosuolo di New York, sotto un’insospettabile edificio che ospita le poste e il telegrafo. Dopo un. ennesima discussione con Adler, Sherwood e Bradley ricevono nella base l’astrofisico mandato dai sovietici per collaborare con gli americani al puntamento ed al lancio dei missili.

Lo scienziato si chiama Dubov (un ottimo Brian Keith, 1921 – 1997) accompagnato dalla sua traduttrice Tatiana Denskaya (Natalie Wood, 1938 – 1981), inoltre la base è collegata con il radiotelescopio di Jodrell Bank condotto da Sir Michael Hughes (Trevor Howard, 1913 – 1988) e con vari altre stazioni nel mondo.

Mentre si procede al puntamento dei missili i primi frammenti cadono in Siberia, in Svizzera, uccidendo degli sciatori, e ad Hong Kong dove un’onda alta più di trenta metri, distrugge la città. Il giorno fatidico sta per arrivare e Sherwood è a colloquio con il Presidente.

Presidente: “In parole semplici, Signor Sherwood, quali procedure seguiremo?

Sherwood: “I missili stanno orbitando con la Terra a trentaseimila chilometri fuori, nello spazio. Trovandosi in orbite differenti, perchè possano raggiungere il bersaglio insieme, dovranno essere lanciati in momenti diversi. I missili Russi prima e, quaranta minuti più tardi, gli Hercules. Approssimativamente due ore dopo essi esploderanno in un punto stabilito del loro obbiettivo.

Presidente: “Se qualcosa non funziona?

Sherwood: “Beh… i razzi una volta lanciati, viaggiano seguendo gli impulsi del loro sistema elettronico di direzione e se questi sistemi funzionano perfettamente… allora nessun problema… ma se succede un guasto…

Presidente: “Quali probabilità?

Sherwood: “Signor Presidente, non abbiamo mai eseguito questa operazione… Che dire? Può indovinare lei quanto me.

Presidente: “E se va male?

Sherwood: “La meteora colpirà la Terra due ore dopo.

Presidente: “Coraggio Signor Sherwood, cerchi di farcela!

È domenica, il momento fatidico si sta avvicinando. I missili Russi vengono lanciati con perfetta regolarità ma, pochi istanti prima del lancio degli Hercules, Bradley viene avvisato da Hughes che un frammento di discrete dimensioni sta per arrivare loro addosso. Il lancio avviene appena in tempo poi la meteora colpisce il cuore della Grande Mela e la base si trova sepolta e bloccata sotto terra. I superstiti riescono ad uscire percorrendo un pezzo di metropolitana ma una valanga di fango li investe, decimandoli. Intanto, nello spazio, in una sequenza scientificamente incredibile, i missili americani si affiancano, a pochi centimetri di distanza da quelli russi ma non tutto funziona regolarmente: trattandosi di un film americano un solo missile a stelle e strisce si perde nello spazio contro due razzi sovietici. L’impatto distrugge l’asteroide nel tempo stesso che Bradley e gli altri superstiti vengono tratti in salvo.

Il film finisce con la partenza di Dubov e Tatiana e, mentre l’aereo si invola, sullo schermo appare una scritta:

Nel 1968 presso l’Istituto di Tecnologia del Massachusetts venne elaborato un progetto inteso a scongiurare il potenziale pericolo che una gigantesca meteora entrasse in rotta di collisione contro la Terra.

Questo progetto venne chiamato “Progetto Icaro”.

Purtroppo, aggiungiamo noi, tale è rimasto…

L’uso degli effetti speciali in questo film è una buona occasione per mostrare al pubblico i disastrosi effetti di uno scontro con un meteorite, non è un semplice sfoggio di bravura, bensì un avvertimento… C’è anche da aggiungere che una sapiente dose di bravura e una goccia di budget alto hanno fatto il resto, ed il risultato è decisamente buono. Bo Brundin, alias Rolf Mannheim, racconta entusiasta la realizzazione del film in una lunga intervista trasmessa dalla CBS, soprattutto la scena in cui la metropolitana di New York viene completamente allagata dal fango:

Sono rimasto sotto tutto quel fango per oltre dieci secondi! È stato difficile trattenere il fiato ma la scena ha avuto un maggiore impatto con il pubblico… Ho cercato di interpretare al meglio la mia parte, ricordando quanto odiassi il fango! Da bambino infatti caddi in una piccola palude, il ricordo ogni tanto affiora e mi dà ancora il disgusto, ma è quello che ci vuole per il film! Una sana emozione!

Il fango utilizzato era, naturalmente, finto, composto da bentonite e frammenti di spugne in modo da assorbire tutta l’acqua in eccesso, permettendo al composto di assomigliare veramente a mota. Per farlo scivolare dal bidone che lo conteneva i tecnici hanno dovuto usare corde e tubi: doveva essere liberato tutto insieme, senza però provocare né una valanga, né uno sgocciolio progressivo, quindi il sistema più semplice era quello di versare il composto per metà attraverso dei tubi larghi e per metà facendolo sgocciolare attraverso funi di canapa e lino; l’effetto ottenuto è fluido e naturale. Non vi nascondiamo però che la pericolosità iniziale nel girare le scene si è trasformata in singolare ilarità finale: lo stesso regista Ronald Neame ammette che tutti erano spaventati da quel miscuglio fangoso! Gli interpreti dovevano rimanere dentro una zona ben delineata, cioè dentro una piscina (che nel film non si vede, ovvio…) che veniva progressivamente riempita di fango; se qualcuno fosse affogato lì dentro non l’avrebbero più trovato per diverso tempo. Sul fondo della piscina erano collocate alcune bocchette di scarico che dovevano provvedere sia al rilascio di fango che al suo riassorbimento: naturale che l’operazione risultava molto lenta in entrambe le situazioni e, se qualcuno si fosse davvero trovato svenuto sul fondo, il corpo l’avrebbero ritrovato solo dopo un paio di giorni. Sean Connery stesso dichiarò che questo fu il film in assoluto più spaventevole che egli stesso abbia mai interpretato.

Per quanto riguarda le esplosioni, bisogna ammettere che il budget stimato per gli effetti fu ampiamente superato; 9 dei 16 milioni di dollari stanziati furono utilizzati per le perfette miniature della città di New York, dalle Twin Towers, che il passaggio del bolide distrugge in una scena che oggi assume ben più diverso significato, all’Empire State Building. Un’intera équipe di modellisti ha ricostruito in scala gli edifici, prestando una grandissima attenzione al rivestimento interno dei modellini: al momento dell’esplosione si sarebbero dovute vedere le intelaiature interne dell’edificio, difficili da ricreare perfettamente.

Gene Warren, della Excelsior Animated Motion Pictures, fu chiamato in seguito, per riprendere il lavoro degli effetti speciali abbandonato, in quanto non di gusto dei produttori; cominciò con tutte le miniature, le ricostruì una ad una fino a rasentare la perfezione più assoluta.. La realizzazione della montagna costò molto del tempo, ma il risultato fu sbalorditivo: per la sua costruzione venne utilizzata una base di uretano sopra una lastra di legno interamente ricoperta di zucchero, polistirolo, resina e soda in modo da rendere l’idea di neve. La meteora altro non è che resina scolpita con piccole luci all’interno che le conferiscono una certa brillantezza; è stata interamente scolpita a mano e una telecamera seguiva i suoi movimenti, mentre per le scene degli impatti sono state utilizzate svariate matte insieme con delle microesplosioni. Basso costo e massima resa!

Il modello del porto di Hong Kong è stato meticolosamente ricostruito in miniatura, in riva a una piscina riempita di vera acqua dell’oceano: durante la realizzazione i tecnici, capitanati da Mike Minor, coglievano l’occasione per una rinfrescata e per un bagno di sole. Per il resto, tutto ha seguito la norma con tecniche di matte e front projections. Bisogna dare veramente merito a Frank Van der Veer, uno dei più grandi realizzatori di effetti ottici, che riuscì a creare l’atmosfera giusta per i modellini: sappiamo che i missili lanciati dalle due fazioni erano finti, ma Van der Veer conferì loro quel tocco di realtà che pochi riescono a donare.

(5 – continua)

Giovanni Mongini