IL CINEMA SECONDO DI LEO – TRA EROTISMO PERVERSO E NOIR PRE TARANTINO 21

IL CANTO DEL CIGNO DI UN REGISTA NOIR

L’assassino ha le ore contate (TV – 1981) – Razza violenta (1982) – Killer contro killers (1985)

Gli anni Ottanta rappresentano il momento di massima crisi per il cinema italiano di genere e sono il canto del cigno per molti registi importanti del decennio precedente. Fernando di Leo non fa eccezione e si limita a girare un serial televisivo come L’assassino ha le ore contate (1981) – che per problemi produttivi non viene trasmesso – e due film come Razza violenta (1982) e Killer contro killers.  

L’assassino ha le ore contate (1981) è una produzione girata per il primo canale televisivo nazionale che comprende sei telefilm di quarantacinque minuti l’uno. Soggetto e sceneggiatura sono di Fabio Pittorru (unico caso in cui di Leo riveste solo il ruolo di regista), la fotografia è di Enrico Sasso, il montaggio del fido Amedeo Giomini e le musiche del solito Luis Enriquez Bacalov. Produce Pat Film. Interpreti principali: Carole Andrè, Pier Paolo Capponi, Edmund Purdom, Carlo Greco, Agostino Crisafulli e Santo La Barbera. I titoli dei sei episodi: Questa sera avrà luogo un delitto, Scambio di persona, Omicidio in una stanza chiusa, Tre spari nella notte, Trappola mortale e Delitto alla moda. Le trame dei singoli episodi sono molto noir, piccoli gioielli che sembrano usciti da una raccolta di racconti di Scerbanenco. Di Leo non scrive i soggetti, ma forse ci mette qualcosa di suo durante la realizzazione, perché le storie sono molto nelle sue corde. Si racconta l’omicidio di una ballerina di night, di un’attrice, di un magnaccia, di uno strozzino, della moglie di un avvocato e di un proprietario di una casa di mode. Ogni episodio è la storia di un omicidio e alla base di tutto c’è sempre un mistero risolto con i meccanismi del giallo. Di Leo racconta per immagini storie di droga tagliata male, attentati, prostitute, mogli infedeli, sparatorie, suicidi, omicidi per interesse e per rubare gioielli. Tutti temi tipici del noir più crudo tanto caro a di Leo. Protagonista degli episodi è un nucleo fisso di investigatori della polizia che in ogni puntata deve risolvere un caso intrigato. I sospettati sono molti ma soltanto uno è l’assassino da scoprire, secondo lo schema collaudato nei Dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Le sceneggiature sono molto semplici e le realizza Fabio Pittorru, un esperto di lavori televisivi. Prima si presentano i personaggi, poi si verifica l’omicidio, quindi intervengono gli investigatori che indagano fino allo scioglimento del mistero. Si tratta di telefilm con molti dialoghi e poca azione, quasi interamente girati in interni e abbastanza simili l’uno con l’altro. Di Leo definisce gli episodi del serial come atti unici teatrali, ma la cosa non gli dispiace troppo perché il teatro è stato il suo primo amore. Il problema delle storie è che sono abbastanza ripetitive e hanno poco ritmo, cosa strana per un lavoro del regista pugliese che ha sempre fatto del montaggio serrato e del colpo di scena uno dei suoi elementi distintivi. Di Leo è un regista che ama curare le psicologie dei personaggi, ma in televisione è impossibile, soprattutto perché ogni episodio dura soltanto quarantacinque minuti. Di Leo sceglie Pier Paolo Capponi, uno dei suoi attori preferiti e più utilizzati, per la parte del commissario Torrieri. Carole André è l’ispettrice Mariani che collabora con il protagonista e Edmund Purdom dirige la squadra scientifica. Le presenza femminili sono molte e variano da episodio a episodio: Cinzia De Ponti (Miss Italia 1979), Danika La Loggia (vecchia amica del regista), Patrizia Gori, Flora Carosello, Anny Papa e Mariangela D’Abbraccio. Di Leo gira tutti gli episodi in poco tempo, confermando la sua caratteristica di regista veloce. Tenta di valorizzare le pellicole inserendo alcuni espedienti tecnici come il flashback quando i testimoni parlano, ma soprattutto cerca di dare ritmo alle pellicole. Non sempre ci riesce. L’episodio meglio riuscito e più curato è Delitto alla moda, forse la storia pilota del serial, che presenta persino una scena di nudo, cosa insolita per la televisione anni Ottanta. Il peggiore episodio è Questa sera avrà luogo un delitto, molto statico, mal recitato e con una trama gialla confusa e poco coerente. Tre spari nella notte è uno dei pochi episodi che presenta molte scene girate in esterni ed è ottima la sequenza del delitto mostrato in flashback. L’assassino ha le ore contate è un lavoro televisivo, ordinario, lontano mille miglia dal miglior di Leo. Non poteva essere altrimenti, visto il mezzo tecnico e il tipo di storie sceneggiate da Pittorru.

“Non c’è più spazio per noi registi di cinema. In Italia ormai si chiedono solo commedie sbracate alla Banfi e porno tout-court. Non resta che ripiegare sui telefilm, se non si vuole restare disoccupati” afferma di Leo in sede di presentazione del lavoro. Negli Stati Uniti accade il contrario, il regista passa dalla televisione al cinema, ma in Italia il mercato anni Ottanta funziona così e ancora oggi le cose non accennano a cambiare. Di Leo si rammarica di aver girato per la televisione in modo diverso da come era abituato a fare nel cinema e dice che avrebbe preferito usare tempi cinematografici. In ogni caso il serial non viene trasmesso, perché il produttore Vittorio Procopio della Pat Film perde l’aggancio giusto con la Rai. L’assassino ha le ore contate è ancora inedito e giace negli archivi polverosi del produttore catanzarese. Non sarebbe una cattiva idea farne un’edizione da pubblicare per il florido mercato dvd.

Razza violenta (1982) è un film scritto e sceneggiato da Fernando di Leo con la collaborazione di Sergio Marino. La fotografia è di Roberto Gerardi, il montaggio di Amedeo Giomini e le musiche sono di Paolo Rustichelli. Produce Ettore Spagnolo per Visione Cinematografica. Interpreti: Harrison Miller, Henry Silva, Woody Strode, Carole André, Danika La Loggia, Debora Keith (Claudia Rocchi) e Raoul Lo Vecchio.

Razza violenta viene girato in un periodo di crisi per il cinema di genere italiano che non riesce a risollevarsi di fronte alle richieste dei produttori che chiedono solo postatomici e film ambientati in Vietnam da rivendere all’estero. Di Leo ha appena girato il serial televisivo L’assassino ha le ore contate quando viene contattato da Ettore Spagnolo per dirigere una sorta di film bellico d’azione che doveva essere una via di mezzo tra Rambo e Apocalypse now. Non è un ritorno alle origini, perchè il progetto di film non ha niente a che vedere con Rose rosse per il führer, ma qualcosa di più ambizioso. Il problema sono i soldi che mancano e non è facile fare un action bellico credibile con un budget irrisorio. Il risultato finale è pessimo, anche se di Leo ce la mette tutta per far credere che l’azione si svolge in Vietnam invece che in Abruzzo. Il protagonista è un belloccio di nome Harrison Muller, noto solo per essere il fratello di Nadia Cassini. Razza violenta è congegnato come un action bellico che racconta la storia di tre reduci dal Vietnam. Woody Strode è diventato un importante spacciatore d’oppio, Henry Silva è un dirigente della Cia e Muller fa l’agente segreto impiegato in missioni estreme. Silva incarica l’agente Muller di stroncare il narcotraffico gestito dal vecchio commilitone Strode. Di Leo ci sa fare con i film di azione e inserisce in una modesta pellicola molte connotazioni violente ispirate ai suoi lavori migliori. Di Leo è bravo anche a tratteggiare figure femminili e i ruoli ricoperti da Danika La Loggia (una maîtresse malinconica) e Debora Keith (vero nome Claudia Rocchi ed è la prostituta minorenne innamorata dell’eroe) risultano i più interessanti. Carole André gode di una buona popolarità dopo aver interpretato la Perla di Labuan nel Sandokan televisivo (1976) e cinematografico di Sergio Sollima. Di Leo ha la formidabile intuizione di presentarla in un ruolo insolito da dark lady che contrasta con un volto angelico. Silva e Strode sono bravi, ma certo anche per loro non sono più i tempi de La mala ordina e de Il boss. Razza violenta è un film modesto, ampiamente dimenticabile all’interno della filmografia del regista pugliese.

Di Leo non ama Razza violenta: “Professionalmente me la sono cavata, ma come esecutore, non come autore…” afferma. Il lavoro pare fuori dalle corde del regista che per la prima volta nella sua carriera è alle prese con un action bellico. Paolo Mereghetti commenta che è inutile cercare lo stile alla di Leo: il risultato è di una povertà (di idee e di mezzi) deprimente, molto al di sotto del peggiore dei coevi film bellici girati da Margheriti nelle Filippine. Silva fatica a cambiare espressione anche quando gli estraggono un proiettile dallo stomaco.

In questo periodo di Leo medita di girare un Rambo all’italiana dove vorrebbe lanciare un ragazzone come Agostino Crisafulli, presenza immancabile nei vecchi noir per ruoli minori, quasi sempre da sgherro. Di Leo pensa a lui come protagonista di un improbabile Bazooka, dopo averlo ribattezzato Chris Astin e presentato alla stampa come il suo nuovo interprete. È il momento dei culturisti che impersonano violenti giustizieri emuli di Stallone e Schwarzenegger e Crisafulli ha le doti fisiche per calarsi nel ruolo. Bazooka, però, non viene mai girato e il protagonista Chris Astin torna nel dimenticatoio.

Killer contro killers (1985) nasce come soggetto e sceneggiatura del regista, alla fotografia troviamo l’esperto Roberto Gerardi e al montaggio il collaudato Amedeo Giomini. Le musiche sono della new entry Franco Campanino. Produce Robur Film. Interpreti: Henry Silva, Edmund Purdom, Dalila Di Lazzaro, Albert Janni (alias Alberto Colajanni), Franco Diogene Carlo Greco, Fernando Cerulli, Cinzia De Ponti e Raoul Lo Vecchio.

Killer contro killers era un film fantasma, un po’ come il serial televisivo L’assassino ha le ore contate, perché era stato distribuito soltanto all’estero ed esisteva qualche versione pirata in VHS. Per fortuna Rarovideo e Nocturno Cinema hanno colmato la lacuna e adesso esiste un dvd curato da Manlio Gomarasca, che contiene il disco de Il Boss e di Killer vs killers in un unico cofanetto. È un film che subisce diverse traversie lavorative e produttive dal 1983 al 1985. In un primo tempo il produttore è Ettore Spagnolo che dà il via alle riprese nel 1984. Di Leo ha in mente il progetto di un remake di Giungla d’asfalto di John Houston (1950), uno dei migliori noir di tutti tempi. Il regista legge il bel romanzo di Burnett e ama il film di Houston, la storia di un ladro di gioielli che esce dal carcere e cerca complici per attuare un piano studiato in cella, ma che alla fine resta travolto da un’impresa più grande di lui. Houston gira il suo miglior film, un noir duro con personaggi veri e ben caratterizzati, amorali al punto giusto, soprattutto avidi. Il film è incentrato su un antieroe come Dix Handley che non è un vero delinquente ma una figura patetica alla quale lo spettatore si affeziona. La pellicola è caratterizzata da molte scene violente girate con ritmo e il finale non lascia vie di scampo ai rapinatori che muoiono tutti nella folle impresa. Di Leo pensa di rifare quel film e come protagonista vorrebbe Charles Bronson, in un secondo tempo valuta l’opportunità di prendere Omar Sharif e infine si accontenta di Henry Silva. Il coprotagonista dovrebbe essere Harrison Muller che ha già lavorato con di Leo in Razza violenta, ma le trattative non vanno a buon fine. Tra l’altro Spagnolo abbandona il progetto che intanto ha già cambiato tre titoli: Killer & killer, Killers & killers per arrivare a Killer contro killers. Il film viene prodotto dalla Robur, una piccola casa romana nella quale è in compartecipazione l’attore Alberto Colajanni, adesso noto come sosia di D’Alema al Bagaglino di Pippo Franco, ma al tempo solo un giovane di belle speranze. La pellicola cambia radicalmente tenore, soprattutto perché mancano i soldi. Di Leo si rende conto che non può fare il remake del capolavoro di Houston e allora si limita a citare i nomi dei personaggi del suo film preferito. Killer contro killers è un noir ironico e il tono generale della pellicola ricorda I padroni della città, Gli amici di Nick Hezard e Colpo in canna. La sceneggiatura non è male, l’intreccio sarebbe buono, gli interpreti sono efficaci, ma scarseggiano i mezzi economici. Il film parte alla grande con ottime scene acrobatiche girate tra moto e auto, come ai vecchi tempi, inseguimenti in campagna e spettacolari fuori strada. Il regista presenta i protagonisti con rapide pennellate e introduce alla storia di un boss (Purdom) che tramite un intermediario (Diogene) recluta un killer (Silva), uno scassinatore (Cerulli), una cantante – rapinatrice (Di Lazzaro) e un autista (Colajanni) per fare un grosso colpo. I personaggi sono ben tratteggiati. Cerulli è uno scassinatore vizioso che investe i proventi dell’attività criminale per pagare coppie di donne che amoreggiano davanti a lui. Silva è un killer freddo e glaciale, un solitario deciso e spietato che nella vita quotidiana dirige uno zoo safari e accarezza leopardi. Dalila Di Lazzaro è una stupenda cantante che fa girare la testa agli uomini, canta con sensualità Cry baby cry e organizza un colpo maldestro dove taglia la mano al complice. Diogene è un maneggione che fa affari con la mafia e il grande boss di Montecarlo, ma non è molto prudente e per brama di denaro mette tutti nei guai. Colajanni deve fare soltanto l’autista ma se la cava bene anche con i pugni, nelle prime scene difende la Di Lazzaro e tenta di amoreggiare con la bella cantante. Purdom è un ottimo boss all’americana, fuma enormi sigari cubani e tira le fila di una delicata operazione che poco a poco gli sfugge di mano. La pellicola è girata a Montecarlo ed è proprio nel principato che la banda reclutata deve rubare un progetto all’interno di un’industria chimica senza uccidere nessuno. I banditi usano le pallottole che servono per addormentare gli animali negli zoo, quindi mettono in salvo i sorveglianti e alla fine l’industria viene distrutta con un esplosivo e incendiata. Silva si esibisce con il fucile che spara pallottole al sonnifero ma anche con un lanciagranate che è una citazione della scena di apertura de Il boss. Una volta portato a termine il piano, Purdom ordina di eliminare tutta la banda, ma riesce a far fuori soltanto Cerulli,la Di Lazzaro e Diogene. Silva e Colajanni se la cavano, si alleano per vendicarsi e in un crescendo di azione uccidono parecchi uomini del boss. Di Leo pare dire che esiste una morale nel crimine, chi non rispetta i patti deve essere punito e Silva assume il ruolo di angelo vendicatore. Il boss non riesce a portare il killer dalla sua parte neppure offrendo un milione di dollari di vitalizio e una villa ai Caraibi, perché lui non si fida e ha deciso che vuole soltanto vendetta. Silva è un professionista, pretende di essere trattato come tale e durante uno stupendo finale si esibisce in scene acrobatiche e in un tiro a segno ai danni degli uomini del boss. La parte finale dentro lo zoo safari vede Silva mattatore alternare lanciagranate e pistola (con poca continuità e un po’ di confusione nel montaggio) per arrivare alla sospirata vendetta. Silva e Colajanni eliminano Purdom con un buon lavoro di collaborazione e alla fine il vecchio killer dice al giovane amico: “Ora sei un professionista”.

La storia è buona, anche se di Giungla d’asfalto resta poco o niente, ci sono ottime scene violente e alcune sequenze di pura azione, episodi di vendetta, un finale allo zoo tra le bestie feroci e parti con furti spettacolari. Gli attori sono convincenti. Henry Silva è invecchiato ma resta molto bravo e recita con classe una parte che conosce a memoria. Alberto Colajanni non è così male come comprimario, anche perché stempera con la comicità giovanile la seriosità di Silva. Dalila Di Lazzaro è brava e affascinante, la classica attrice che buca lo schermo con capelli biondi selvaggi e occhi azzurri penetranti. Edmund Purdom è efficace come sempre e anche per lui il ruolo ricoperto non è certo una novità. Le psicologie dei personaggi non sempre sono approfondite, la storia è poco continua e presenta alcune incongruenze, ma soprattutto il budget ridotto impone risibili modellini per alcune scene importanti. Il film resta godibile ancora oggi e – visto che non è più introvabile – consiglio l’acquisto del dvd edito da Rarovideo - Nocturno.

Paolo Mereghetti si dimostra ancora una volta estimatore del cinema dileiano perché scrive nel suo Dizionario: Ultimo film del regista pugliese, girato con due lire, con scene d’azione penose e interpreti imbambolati e cadaverici: basti vedere Silva che nel finale abbatte i nemici con una specie di bazooka. Il cinema di genere declinava e smetteva di essere la metafora di malesseri sociali; e anche un regista un tempo valido come di Leo non aveva più nulla da dire. Fernando di Leo non ama la pellicola e in un’intervista a Nocturno Cinema se la prende con il produttore che “non ha pagato i contributi e così la pellicola non ha avuto la nazionalità”. Il film è girato a Montecarlo ed è uscito in versione anglofona come Death commando.  La Di Lazzaro nelle vesti di cantante interpreta Cry baby cry di Tansini – Zanini.

(21 – continua)

Gordiano Lupi