IL TUO VIZIO È UNA STANZA CHIUSA E SOLO IO NE HO LA CHIAVE

SCHEDA TECNICA

Titolo originale: Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave

Anno: 1972

Regia: Sergio Martino

Soggetto: Luciano Martino e Sauro Scavolini, tratto dal racconto “Il gatto nero” di Edgar Allan Poe

Sceneggiatura: Ernesto Gastaldi, Adriano Bolzoni e Sauro Scavolini

Direttore della fotografia: Giancarlo Ferrando

Montaggio: Attilio Vincioni

Musica: Bruno Nicolai

Effetti speciali: Giulio Natalucci

Produzione: Luciano Martino e Leo Cevenini

Origine: Italia

Durata: 1h e 36’

CAST

Edwige Fenech, Anita Strindberg, Luigi Pistilli, Ivan Rassimov, Franco Nebbia, Enrica Bonaccorti, Dalila Di Lazzaro, Daniela Giordano, Riccardo Salvino, Angela La Vorgna, Ermelinda De Felice, Marco Mariani, Nerina Montagnani, Carla Mancini, Bruno Boschetti

TRAMA

Oliviero è uno scrittore fallito che vive in una villa in Veneto insieme alla moglie Irene, che non ama e che maltratta continuamente. Con loro c’è anche un gatto nero, Satana, appartenuto a sua madre, morta assassinata. Ma un nuovo assassinio, quello della giovane amante di Oliviero, viene perpetrato e così lo scrittore viene sospettato dell’omicidio: inaspettatamente l’uomo viene però scagionato proprio dalla testimonianza di Irene. Qualche tempo dopo viene uccisa anche la cameriera: Oliviero, temendo di essere incriminato, ne mura il cadavere in cantina con l’aiuto della moglie. Giunge intanto nella villa Floriana, la bella e spregiudicata nipote di Oliviero, che diventa contemporaneamente l’amante di Irene, dello zio e di un giovane motociclista, Dario. Floriana diventa la testimone dell’odio che divide i due coniugi fino ad assistere una sera all’assassinio dello scrittore, che viene addirittura sgozzato da Irene, che ne compra il silenzio. Poco dopo la nipote di Oliviero si allontana con Dario dalla villa. Irene, che è la vera autrice dei delitti, compreso quello della madre, compiuti insieme al proprio amante, incarica questi di uccidere Floriana e Dario, quindi si libera anche di lui, gettandolo giù da una rupe. I suoi crimini, tuttavia, vengono egualmente scoperti, grazie ai miagolii del gatto, rimasto imprigionato accanto al cadavere di Oliviero.

NOTE

Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972) conclude la quadrilogia dei thriller erotici interpretati da Edwige Fenech, cominciata con Lo strano vizio della signora Wardh (1971), proseguita con Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? (di Giuliano Carnimeo, 1972) e Tutti i colori del buio (1972). Edwige Fenech interpreterà ancora un thriller nel 1988: Un delitto poco comune, diretto da Ruggero Deodato.

Il tuo vizio è una stanza chiusa… è sceneggiato dagli esperti Gastaldi e Scavolini partendo da Il gatto nero di Edgar Allan Poe. Si comincia alla grande con un rapporto sessuale tra Anita Strindberg e Luigi Pistilli che scorre sotto i titoli di testa. Volutamente sfuocato, si può solo intuire. Luigi Pistilli è uno scrittore fallito, un erotomane che tratta la moglie come un oggetto e la umilia davanti agli ospiti. Anita Strindberg è molto bella, regala un’interpretazione da donna frustrata, persino un po’ lesbica, che si trasforma in perfida omicida calcolatrice. Il rapporto sadomasochista e ambiguo che lega Pistilli con la Strindberg è reso bene nelle sequenze iniziali che mostrano la donna in lacrime, il marito che la offende, la picchia, infine la possiede. Il gatto nero è il filo conduttore della storia che si dipana attraverso i suoi occhi gialli, il rapporto di odio tra la bestia e la Strindberg. Il gatto nero era proprietà della defunta suocera, il marito se ne occupa e lo accudisce come un figlio. Quando cominciano i delitti la polizia sospetta dello scrittore perché la prima vittima è Fausta (Giordano), un’ex studentessa con la quale l’uomo aveva un appuntamento proprio la sera del delitto. Franco Nebbia è un commissario poco credibile che conduce le indagini tra domande scontate e precisazioni risibili, lo ricordiamo più a suo agio come presentatore radiofonico della trasmissione Il Gambero e come commentatore sportivo. L’assassino taglia la gola alle vittime con un falcetto ricurvo e dopo la studentessa colpisce in casa dello scrittore, uccidendo la serva di colore. La moglie convince il marito che è meglio murare la donna in cantina perché nessuno crederebbe alla sua innocenza. Il film è diventato un cult anche per il titolo, una frase scritta nel biglietto che si leggeva ne Lo strano vizio della signora Wardh, primo film girato da Martino con Edwige Fenech. In questo film la Fenech è Floriana, una diciottenne androgina, con i capelli a caschetto che non le donano molto, secondo Martino “averla nel film era fondamentale”. Edwige Fenech arriva nella casa dello zio e si dà un gran da fare in camera da letto senza trascurare nessuna possibilità. Ricordiamo una scena lesbica con Anita Strindberg massacrata dalla censura. La sensualità del rapporto resta immutata per morbosità di sguardi e languide carezze, ma la macchina da presa riprende soltanto volto e mani delle due donne. Floriana veste una minigonna rosso sgargiante, indossa stivaloni super sexy e proviene da una comune “dove gli uomini sono di tutti”, pure se lo zio corregge che “le donne sono di tutti”. Un po’ di polemica sessantottina e femminista calza a pennello nel periodo storico. Subito dopo la Fenech indossa un pigiama sensuale che mette in mostra le lunghe cosce che lo zio accarezza con voluttà. “Ti piace la nipotina?” domanda ammiccante. Lui la tocca, si fa chiamare porco, alcolizzato, drogato, depravato che dormiva con sua madre e persino scrittore fallito. Il gatto entra ancora in scena e graffia la Strindberg che in una sequenza successiva lo torturerà, cavandogli un occhio con un paio di forbici. Va citata una breve parte dove entrano in gioco le bellezze posteriori di Enrica Bonaccorti mentre scende dal treno e viene accolta da allupati militari. La Bonaccorti è una prostituta che mostra le lunghe gambe un altro paio di volte prima di essere uccisa da un assassino che non è il killer ma un pazzo uscito di manicomio. Nel film ricordiamo Ivan Rassimov, misterioso complice e amante della Strindberg. Si fatica a trovare un personaggio positivo, ma il più negativo è lo scrittore fallito che insidia la giovane nipote e tratta con disprezzo la moglie. Neppure la Fenech è da salvare, visto che tradisce tutti e passa da un letto all’altro con naturalezza. La pellicola è pervasa da un erotismo torbido, caratteristica comune dei thriller erotici italiani, però di qui a definirlo un porno-thriller (come afferma Marco Giusti su Stracult) ce ne corre. Alla fine comprendiamo che la moglie dello scrittore è il personaggio peggiore, perché ha architettato un piano che prevede la distruzione psicologica del marito. La Strindberg capisce che il marito la vuole uccidere per restare  solo con la nipote, allora entra in scena il suo amante (complice di tutto) e insieme fanno fuori Pistilli. La Strindberg sembrava una vittima ma è la carnefice che uccide il marito e lo mura in cantina. Un nuovo rapporto omosessuale (censurato) suggella il patto di alleanza tra lei e la Fenech che chiede gioielli in cambio di silenzio. Non dura molto perché la coppia diabolica fa fuori Floriana, in moto con il suo amante, complice una lattina d’olio versata in curva, per far cadere i due compagni. La Strindberg getta nel burrone anche Rassimov per restare sola a godere l’eredità. Alla fine è il gatto nero a tradirla – come nel racconto di Poe – perché il suo miagolio fa capire ai poliziotti che dietro una parete ci sono dei corpi murati. Tutto perché una vecchia aveva visto la scena in cui la Strindberg cavava un occhio al gatto e l’aveva denunciata per sevizie contro un animale. Ricordiamo come curiosità una giovanissima Dalila Di Lazzaro che in una delle prime sequenze balla nuda sopra un tavolo.

Una curiosità. I deliri finali sulla macchina da scrivere (Vendetta ripetuto all’infinito) sono simili a quelli di Jack Torrance nel successivo (di quasi dieci anni) Shining di Stanley Kubrick.

Abbiamo avvicinato lo sceneggiatore Ernesto Gastaldi, che ha riferito: “Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave, un titolo che Luciano Martino estrasse da un’altra mia sceneggiatura: Lo strano vizio della signora Wardh. Mi dici che ci sono altri autori. Non credo, perché oltre a Edgard Allan Poe non ne ho incontrati altri, anche se i credits dicono diversamente! Il finale col gatto è di Poe, chiaro. Non so che dire su Daniela Giordano, ricordo solo che era stata  Miss Italia. IMdb dice che in quel mio film ha recitato la parte di Fausta, parte così piccola da non esistere nella sceneggiatura!”. In realtà Daniela Gordano interpreta una buona parte. È Fausta, ex studentessa del protagonista, la prima vittima, incontra Pistilli in libreria e gli chiede un appuntamento, lui risponde che ha da fare, ma lei lo minaccia (“Non provare a negarti dato che hai iniziato quando ancora andavo a scuola…”). Altre sequenze riprendono il suo terrore prima di finmire uccisa con un colpo di falcetto alla gola. Molti buoni primi piani. Ben fotografata da un regista valido come Sergio Martino. Gli altri attori sono ispirati e ben guidati dal regista, su tutti Pistilli e Strindberg, caratterizzati nelle loro ossessioni, ma anche Fenech, Bonaccorti e Rassimov lasciano il segno. Ottima la fotografia, in sintonia con la narrazione l’accompagnamento musicale di Bruno Nicolai.

La critica. Rudy Salvagnini (Dizionario dei Film Horror – tre stelle): “Ispirato a Il gatto nero di Edgard Allan Poe, ne fornisce una versione moderna che unisce senza sforzo le malate suggestioni tratte da Poe (il gatto ossessivo) agli stilemi tipici del thriller all’italiana nella versione di Sergio Martino, ricchi di morbosità, ossessività e alto tasso erotico. C’è sempre una certa meccanicità negli sviluppi narrativi, ma, pur se con qualche calo di ritmo, l’interesse resta alto e gli spunti originali non mancano. La regia di Sergio Martino è sempre vivace, alla ricerca di inquadrature insolite”. Pino Farinotti non la pensa così perché concede soltanto una stella ma non fa lo sforzo di motivare. Paolo Mereghetti (una stella e mezzo): “Un giallo contorto e goffo, tratto dal racconto Il gatto nero di Poe, sceneggiato dal regista con Gastaldi, Bolzoni e Scavolini. Il risultato dei loro sforzi, però, è solo noia, tanto più se le scene sexy sono tagliate (solo nella versione televisiva, nda).Spiacenti, ma la rivalutazione è rimandata al prossimo decennio”. Critica saccente e sciocca, siamo in presenza di un buon film amato dal pubblico per la sapiente tensione erotico – morbosa che riesce a creare e per gli inquietanti colpi di scena. La sopravvalutazione di Mereghetti come critico cinematografico, invece, è sotto gli occhi di tutti.

Sergio Martino (Roma, 1938), nipote di uno dei più grandi registi italiani, Gennaro Righelli, fratello del regista – produttore Luciano. Debutta nel cinema come assistente di Brunello Rondi, proprio ne Il demonio, interessante horror esorcistico. Collabora con molti registi che lavorano per produzioni dirette dal fratello, come aiuto, organizzatore e soggettista. Esordio alla regia con il documentario sexy Mille peccati… nessuna virtù (1969), la sua carriera prosegue cavalcando ogni genere possibile, dal western al poliziesco, passando per horror, thriller e commedia sexy. Si specializza in film d’imitazione per il mercato estero firmati con pseudonimi anglofoni come Christian Plummer e Martin Dolman. Negli anni Novanta dirige buoni sceneggiati televisivi a tematica poliziesca e mistery. Sergio Martino è un regista diligente, padrone della tecnica, di grande mestiere. Tra i suoi film migliori alcune commedie sexy (Giovannona Coscialunga, disonorata con onore, 1973), alcuni avventurosi (Il fiume del grande caimano, 1979), fantastici (L’isola degli uomini pesce, 1979), postatomici (2019: dopo la caduta di New York, 1983) e diversi thriller pervasi da elementi horror (Lo strano vizio della signora Wardh, 1971). La sua attrice feticcio è Edwige Fenech.

Gordiano Lupi