IL MUSEO ERMETICO DEL THRILLER ITALICO ANNI ‘70

Il thriller italico anni ’70 [1] è un monumento centrale dell’immaginario ermetico, linguaggio penetrato nel cinema e lì rimasto, incapace di attecchire in letteratura (I racconti di Dracula copieranno su carta i sintomi del gotico italico o Hammer, pochissimo – e male – il thriller).

Fu una tabula rasa che accadde nella parentesi di piombo di quel periodo, tra stragi, golpe, BR, afa di lacrimogeni.

La P38 mutò in un rasoio calzato dal cadavere di una mano, ossia dal guanto surrealista della grande trasformatrice, ossia la Morte.

Il guanto nero dell’assassino come linguaggio arcano, prisca sapientia che porta direttamente a Dio, Adamo, Mosè – guanto surrealista influsso onda delle immagini che non possono essere parola (Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile – 1972, L’assassino ha riservato nove poltrone – 1974).

Nel giardino delle delizie del thriller anni ’70 l’assassino è il chymicum, il Robert Fludd della Cabala (Spasmo – 1974).

Il resto è gnosi, conoscenza rinchiusa nelle prigioni di un corpo che inganna l’anima attraverso i sensi esteriori, ributtandola indietro, ai traumi infantili, alla patria divina non ancora anti-Edipo (Un bianco vestito per Marialé – 1972, I corpi presentano tracce di violenza carnale – 1973).

La pleroma, ossia la pienezza della luce si contrappone al menoma delle apparenze nei diorama dei centri commerciali, vetrine colate di cemento grezzo (Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? – 1972).

Il mondo incompleto del thriller sono le sue città, le sue city reali, nude creazioni neoplatoniche che attingono al plasma delle idee e contengono tutti gli esseri viventi e non, gli immortali e il suo demiurgo, il poeta, l’assassino (La morte accarezza a mezzanotte – 1972, La morte cammina con i tacchi alti – 1971).

Le città reali dei ’70 sono escalation di un colpo di stato, violenza e squadrismo, clima pesante da Cile di Pinochet e allarmi neorealisti, televisioni, bombole del gas, telefono, fogne, vetri, cemento, fumo di sigarette, supercondomini, amianto, workingautogrill, benzina & panorama spleen saturo di pollution glamour (Casa d’appuntamento – 1972, L’assassino è al telefono – 1972).

Eppure il thriller sintetizza utopia/distopia.

E’ mondo di apparenze sotterranee, smarrimento & riflusso, deserto dopo il 16 marzo del 1978 (Enigma rosso – 1978).

La scintilla della gnosi, degli opposti mercurius e sulphur.

William Blake.

Teomorfismo.

Nascondere il bene e il male.

Che sono la stessa cosa.

Il cosmo malato contiene la scintilla divina.

L’assassino guantato ha conoscenze magico astrali (Profondo Rosso – 1975, Suspiria – 1977, Inferno – 1980).

E’ demone arconte, beemoth (Sunn O)))?) come larva nel Tartaro del luogo/cosmo tolemaico anni ’70 (Giornata nera per l’ariete – 1971).

Al centro il sole (Macchie Solari di Crispino).

Iside e Cibale come emanazioni pagane.

E poi la luna, la notte, Ecate (Passi di morte perduti nel buio – 1976).

Le eclissi solari e lunari.

Il liquido amniotico delle immagini finge di svagarsi nelle scenette comiche, nelle macchiette idiote, nelle stillazioni di sorriso, nuages d’ammoniaca.

Poi c’è sempre un pellegrino (una figura nelle terre lontane/Post office) che consulta l’oroscopo e ha un vissuto ridotto in briciole dagli elettroshock (Gatti rossi in un labirinto di vetro – 1975), qualcuno che passa settimane junkie in allucinations hotel drive self (La notte che Evelyn uscì dalla tomba – 1971).

Allora dai landscape express dei millibar ortografici si passa a stazioni nembutal, agip molotov e camere, camere a grumi di flash, immagini congelate sulla retina in infinite possibilità (Il rosso segno della follia – 1969, La morte bussa due volte – 1969).

Il planisfero del thriller ha pure una musica cosmica.

Morricone.

Nicolai.

Trans Europa Express.

Ferrio.

Orlandi.

Umiliani.

I De Angelis.

Cipriani.

Melodie sublunari fatte di armonia e numero, tetragrammi perfetti, cerchi genesi al cui centro è nascosto un punto luminoso in cui tutto è celato e non diffonde alcuna luce.

Luce, inesauribile fonte di tutte le cose, compare nell’oscurità – al centro le tenebrose acque lontane che costituiscono la fonte della materia.

E’ il caos, formato da calore, umidità, gelo, segretezza e aridità, radici fibrose dove il vuoto contrae i nervi, la linfa, le fibre di sangue, di latte, di lacrime.

La notte di piombo saturnina è quando il corpo è sottoposto ai processi di soluzione e putrefazione, simboleggiati dalla bocca aperta, dallo spirito che abbandona il vecchio corpo e diviene corvo, astro, refolo (Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave – 1972).

La putrefazione è meraviglioso artigiano che tramuta la massa vitrea.

Alla fine della notte, l’Aurora, le madonne nere, la Sophia più pura della neve, la rivelazione, lo scioglimento dell’enigma; a questo punto ha inizio l’albedo; l’assassino è nero e cupo perchè il sole lo ha bruciato, e gli abissi in lui lo hanno velato.

Egli è occhio veggente, sohar.

L’occhio è anima.

L’anima è fuoco.

Il fuoco è l’origine della radice del fuoco.

Il principium della vita cosmica.

Libri & Destini.

Darwin.

Marx.

Nietzsche.

Occhio carnale, sguardo fino in fondo.

Da un abisso.

Da una porta chiusa.

Da un angolo.

Ombra e colore vanno considerati elementi fondamentali della visione.

Ascesa e discesa, evoluzione e involuzione sono un’unica cosa, l’assassino è nel mondo è uguale a il mondo è nell’assassino invisibile.

Tutto è legato a tutto.

Sohar.

Animali, piante, corpi naturali (Amer – 2009).

Un simbolo potrebbe essere la scala, ma non procede oltre, perché l’assassino in sé è incomprensibile.

Meglio il simbolo dell’albero sul fondo del quale cade la vittima e si decompone tra le radici, germogliando nel grembo della terra.

Alla fine del viaggio vi è un ritorno, una moltiplicazione e rinascita, zolfo, mercurio, sale, uovo filosofico (La morte ha fatto l’uovo – 1967).

Il guscio rotto è spazio futuro che sprofonda nel passato (Berberian sound studio – 2012).

La forma complessiva del corpo umano è rotonda.

La forma complessiva dell’assassino è un vortice, atomo (Tulpa - 2013).

Davide Rosso


[1] Naturalmente questo articolo è una follia insensata, la giusta misura di quanto poco presti fede a quel che faccio e scrivo; dell’ermetismo non me ne sfrega un accidente e prendete il tutto come un gioco dadaista tanto per passare il tempo e dare la scusa al boss Longoni di rintracciare qualche bel manifesto del tempo perduto. Alcuni passaggi, quelli sì bellissimi, li ho copiati (come mastro Sclavi sempre insegna) da un poeta bellissimo, anni ’70, che si sparò sulle alture di Recco e di cui oggi si ricorda nessuno. Visas a tutti allora.