IL CINEMA SECONDO DI LEO – TRA EROTISMO PERVERSO E NOIR PRE TARANTINO 20

UN THRILLER SADICO E FOLLE

Madness – Vacanze per un massacro (1979)

Madness – Vacanze per un massacro (1979) è un thriller violento scritto da Mario Gariazzo, ma migliorato e sceneggiato da Fernando di Leo. La fotografia è di Enrico Lucidi, il montaggio di Amedeo Giomini e le scenografie sono di Francesco Cuppini. Produce Armando Novelli per Midia Cinematografica. Le musiche sono del fido Luis Enriquez Bacalov. Interpreti: Joe Dallesandro, Lorraine De Selle, Patricia Behn e Gianni Macchia. Il film era introvabile sul mercato, ma la Rarovideo e Nocturno hanno colmato la lacuna pubblicando un dvd a cura di Manlio Gomarasca nella pregevole collana Il cinema segreto italiano. Nel depliant informativo allegato al disco apprendiamo che il film doveva essere diretto da Gariazzo ma che furono i produttori a insistere per affidare la regia a di Leo. Tra l’altro c’era un buon rapporto tra Gariazzo e di Leo, si erano frequentati ai tempi della Daunia Film e avevano collaborato per La mano spietata della legge, Acquasanta Joe e Il venditore di palloncini. Il titolo originale Madness ha poco a che vedere con il film, perché appartiene a una sceneggiatura western scritta da di Leo alla fine degli anni Sessanta, ma nelle riedizioni su cassetta e dvd compare ancora.

Madness – Vacanze per un massacro ha il grande torto di uscire in estate e per questo non se ne accorge nessuno. Di Leo è in ribasso come regista, siamo ai suoi ultimi fuochi, visto che la crisi del cinema italiano è ormai evidente. La trama del film è semplice, ricorda lavori simili come Autostop rosso sangue di Pasquale Festa Campanile (1977), soprattutto per il clima torbido di sadismo e violenza sessuale. Lo schema è quello consueto con un delinquente che irrompe in un menage borghese e porta alle estreme conseguenze i conflitti latenti. La pellicola è molto violenta, spinge l’acceleratore su sesso e sadismo, anche per far dimenticare le ristrettezze produttive. Il film è girato quasi completamente in un casolare sulle montagne abruzzesi con soltanto quattro interpreti, anche se nella finzione scenica l’azione è ambientata dalle parti di Volterra. Di Leo riesce a fare di necessità virtù e realizza un’opera interessante che ancora oggi si guarda con piacere, soprattutto perché è capace di lavorare a fondo sulla psicologia dei personaggi e sulla tensione narrativa.

Joe Brezzi (Dallesandro) è uno spietato rapinatore che evade dal carcere di Volterra, uccide un contadino con un forcone, ruba la sua auto e torna nella casa di campagna dove prima di essere arrestato aveva nascosto il bottino. L’antefatto è piuttosto violento, presenta il criminale protagonista della vicenda mentre scorrono i titoli di testa e ci regala quasi tutte le poche scene girate in esterno di una pellicola molto teatrale. Il personaggio interpretato da Dallesandro è un folle assassino dotato di grande carica erotica, indossa una canottiera nera che mostra muscoli da culturista e jeans attillati. Joe Dallesandro sfoggia un’aria da maledetto, per questo è interprete caro a Andy Warhol, notevole nella trilogia di Morrissey (Flash, Trash e Calore), tipico attore da underground statunitense fatto di droga, sesso e prostituzione. Pure nel film girato da di Leo pare che assumesse sostanze stupefacenti ed è  interessante la caratterizzazione ambigua di un personaggio controverso. Il criminale entra nella casa di campagna, cerca di recuperare il bottino sepolto sotto il caminetto, ma è costretto ad abbandonare il lavoro per l’arrivo dei padroni. Vediamo una coppia di coniugi interpretata da Gianni Macchia e Patricia Behn, completata dalla cognata Lorraine De Selle, comprendiamo che l’uomo è un cacciatore dilettante e se la dice con la sorella della moglie. Il regista descrive la situazione piuttosto bene, presentando Paola (De Saille) come studentessa universitaria perversa, Liliana (Behn) come moglie inconsapevole e Sergio (Macchia) come marito che si divide senza problemi tra due donne. I dialoghi introduttivi non sono il massimo, sanno di stereotipato e servono per arrivare al dunque nel più breve tempo possibile. Le cose migliori del film sono sul piano erotico e la De Saille ne esce da protagonista per tutta la prima parte dove fatica a restare vestita due scene di seguito. Citiamo un esplicito e prolungato rapporto sessuale tra Macchia e la Behn con la De Saille che ascolta i gemiti di piacere della sorella e si masturba. Una suggestiva colonna sonora sottolinea i momenti erotici più importanti, soprattutto una canzone melodica alla moda come Dimenticare il tuo profumo/ dimenticare di dormire… Il criminale osserva la rovente scena di sesso dalla finestra e vede pure quando al mattino la De Saille circuisce Macchia che sta uscendo per andare a caccia. Il menage perverso è ben presentato dal regista con scene ai limiti dell’hard, soprattutto durante la lunga masturbazione e quando la ragazzina si fa leccare il sesso dall’amante. Le due sorelle restano sole e la De Saille insiste con le scene di nudo, ballando sulle note di un’altra canzone alla moda come A parte il fatto/ che non volevo far l’amore…/ Io non volevo/ me lo sentivo/ non ci contavo/ ma un po’ ti amavo… Non è finita. La sorella va in paese per fare acquisti e lei prende il sole a seno nudo in giardino sdraiata su una poltrona. A questo punto entra in scena il criminale e fa da elemento perturbatore di un menage perverso condotto dalla studentessa viziosa. L’evaso colpisce Paola alla schiena, la porta in casa, prende un piccone e comincia a spaccare sotto il caminetto, ma quando la ragazza si riprende e tenta di scappare le lancia contro il piccone e la ferma. I tempi della pellicola sono dilatati rispetto alla trama e alle cose da dire, ma i momenti di pausa servono a caratterizzare meglio i personaggi. Lorraine De Selle è bravissima nella interpretazione teatrale della Lolita perversa, dotata di grande carica erotica e sensualità, irretisce il bandito con movimenti delle gambe da donna sexy. Paola fa dondolare una sedia e in un sottofondo di musica dolce e ruffiana mostra le cosce con generosa sensualità, allarga le gambe, solleva la gonna e muove le labbra con fare ammiccante. Joe Dallesandro non è altrettanto bravo e ha sempre la stessa aria da pesce lesso, ma recita la sua parte con diligenza, senza strafare. Paola scava con il piccone, suda molto, comincia a toccarsi ed è ancora una buona occasione per mostrare un bel corpo in atteggiamenti sensuali. Il bandito non ne può più e a questo punto la prende con violenza, anche se la ragazza dopo una prima timida resistenza si lascia andare. Questa nuova scena erotica è molto ben fatta, il regista sottolinea il momento di provocazione da parte della donna, la successiva reazione del bandito e il consenso finale al rapporto, che non è definibile come violenza carnale. Un nuovo tentativo di fuga è l’ennesimo motivo per mostrare la De Selle come mamma l’ha fatta. Non l’avevamo mai vista nuda come in questa pellicola. Alla fine il bandito lega la ragazza alla spalliera del letto, ma lei non si dà per vinta e continua a stuzzicarlo sessualmente con un piede. Quando arriva Liliana, il bandito la colpisce con una randellata alla schiena, lega pure lei al letto, imbavaglia le due donne e attende il rientro di Sergio. L’uomo viene colpito di sorpresa, disarmato e costretto a scavare, lui si ribella, ma dopo una breve colluttazione ha la peggio. Non viene ucciso grazie all’intervento di Liliana che supplica il bandito di risparmiarlo. Patricia Behn non è una grande attrice, i suoi dialoghi non sono molto curati e lei non riesce a dare forza drammatica al personaggio. Gianni Macchia è un altro attore modesto che aveva convinto di più in Brucia ragazzo brucia, forse perché a suo agio in un ruolo giovanile. Lorraine De Selle resta la vera mattatrice del film, capace di dare spessore a un personaggio difficile e negativo che la impegna in molte sequenze erotiche recitate con naturalezza. Il bandito dice a Liliana che suo marito se la fa con la sorella e per lei è una rivelazione traumatica perché non immaginava una cosa simile. Paola conferma che lo stronzo le è saltato addosso un paio di volte e rincara la dose aggiungendo che non le pare il caso di piangere per così poco. Paola è una Lolita arrogante e perversa che paragona le scadenti prestazioni sessuali di Sergio alla notevole performance del bandito per concludere che non è stato niente male. Il menage si rompe, vengono fuori gli scheletri dagli armadi borghesi e la moglie va in crisi dopo aver saputo che il marito va a letto con la sorella. Paola vorrebbe farsi portare via dal bandito e viaggiare per il mondo con i soldi della rapina, ma lui risponde che è soltanto una sciacquetta e si merita uno come Sergio. Per questo obbliga i due amanti a far l’amore sotto la minaccia del fucile e sotto lo sguardo della sorella. Una nuova scena erotica ai limiti dell’hard vede protagonista la De Selle e Macchia, ma soltanto la prima è completamente a suo agio. Paola è un perfetto personaggio da noir alla di Leo, non ha nessun aspetto positivo, pensa soltanto al piacere e al denaro. Il bandito porta Liliana nell’altra stanza e fa l’amore con lei in modo delicato, pare che tra i due ci sia comprensione e tenerezza. Ancora una volta la scelta musicale è indovinata, il motivo dolce e intenso che accompagna il rapporto tra il bandito e Liliana  sottolinea la diversità dal precedente atto sessuale duro e violento. Paola pensa a come disarmare il bandito per prendere il denaro, convince Sergio ad aggredirlo mentre fa l’amore, ma il tentativo finisce male. Il momento topico del film sta tutto in una stupenda scena girata al ralenti e sottolineata da musica intensa che vede il tentativo di aggressione soffocato nel sangue dal bandito. Una parte di puro cinema tutta musica e gesti con pochissime parole, lunga e intensa, accompagnata da accorgimenti tecnici che rallentano l’azione e aumentano la tensione. Tra l’altro pare una giusta punizione per i due veri personaggi negativi della storia, un uomo e una donna senza morale, spinti soltanto da passioni carnali e interessi. Il bandito agisce guidato da una logica e da una perversa morale che lo spinge a realizzare uno scopo, resta un personaggio negativo ma più comprensibile. Il solo personaggio positivo è Liliana, tradita nella fiducia dal marito e dalla sorella, ma coerente sino in fondo nella scelta di vita. Il finale la vede protagonista di un colpo di scena alla di Leo, perché elimina l’evaso con un colpo di fucile sparato a bruciapelo e realizza la vendetta terminale.

Alcuni critici (Mereghetti e Pezzotta) hanno parlato di similitudini tra questo film e Teorema di Pier Paolo Pasolini (1968), soprattutto per il personaggio che irrompe nella vita borghese e la modifica radicalmente. Può essere vero solo a livello di ispirazione perché si tratta di due film troppo diversi e di Leo insiste soprattutto sul lato sadico – erotico e trascura l’aspetto ideologico. Il film vive soprattutto di una straordinaria Lorraine De Selle, perversa e nudissima, forse più che nel contemporaneo Una donna di notte di Nello Rossati (1979).  Resta nell’immaginario la scena in cui si masturba e Dallesandro la spia compiaciuto mentre nella colonna sonora si diffondono le note di Dimenticare di Soffici. Una sequenza calda estrapolata dai canoni della commedia sexy. Il suo personaggio è quello della dark lady puttana, senza morale, cattivissima che si esibisce in provocanti mise erotiche e sequenze bollenti. Patricia Behn è una meteora sconosciuta, non recita benissimo, ma fa la sua parte e rende un personaggio di piccola borghese che si scioglie alle carezze del criminale. Fernando di Leo dimostra mestiere anche in un lavoro povero dove si deve economizzare su tutto e realizza un film nero, crudo ed essenziale, dal montaggio non troppo serrato e la fotografia cupa. Le musiche sono di Bacalov e in parte sono riciclate con furbizia da Milano calibro 9. La pellicola è a metà strada tra l’erotico perverso e il noir duro, un lavoro ibrido sulla falsariga di La bestia uccide a sangue freddo e Avere vent’anni. Il sesso è l’elemento più importante della storia e il regista punta soprattutto su quello per attirare l’attenzione dello spettatore.  Vacanze per un massacro non si può definire una pellicola alimentare, anche se girato su commissione e per fare un favore a un amico produttore, perché è un film che gode di buona suspense. Possiamo definirlo un lavoro minore ben riuscito anche con un budget irrisorio che costringe il regista a girarlo in un teatro di posa e con quattro attori.

Paolo Mereghetti giudica Vacanze per un massacro un Kammerspiel cinico e sgradevole, con ovvie ombre di Teorema e dosi massicce di sesso. Il critico milanese dimostra di stimare di Leo perché sostiene che, nonostante il budget irrisorio, di Leo non rinuncia a dirigere gli attori e a caratterizzare con intelligenza i personaggi. Marco Giusti lo definisce un piccolo, folle thriller con risvolti sadici di una certa efficacia girato in dodici giorni.

Fernando di Leo confida a Nocturno Cinema: “Quello fu un film di convenzione, lo girai per aiutare un amico produttore in gravi condizioni economiche; il copione era di un altro regista, che però la distribuzione non gradiva ma che avrebbero accettato se lo avessi filmato io”.

(20 – continua)

Gordiano Lupi