DUNE: UNA RECENSIONE FILOSOFICA

Dune” (1984) di David Lynch, con Kyle MacLachlan, Jurgen Prochnow, Kenneth McMillan, Max Von Sydow, Sean Young, Virginia Madsen, Brad Dourif, Freddie Jones, Sian Phillips, Silvana Mangano, Francesca Annis, Richard Jordan, Linda Hunt, Sting, Everett McGill, Josè Ferrer, Jack Nance, Dean Stockwell, Patrick Stewart, Leonardo Cimino, Angelica Aragon, Paul L. Smith e Alicia Witt.

Nell’anno 10.191 l’universo conosciuto è governato dall’imperatore Padischah Shaddam IV Corrino e una delle materie prime fondamentali, una spezia chiamata melange, è estratta dal pianeta desertico di Arrakis, denominato anche Dune. Il melange è necessario alla potente Gilda dei Navigatori, i quali, una volta ingerita, sono in grado di portare le astronavi da un capo all’altro dello spazio cosmico in brevissimo tempo. A sovrintendere i lavori di estrazione della spezia su Arrakis è la casata degli Atreides, nella persona del duca Leto, il quale chiama al proprio fianco la moglie – che fa parte della confraternita delle Bene Gesserit – e il figlio Paul. Ma il barone Vladimir Harkonnen, con il benestare dell’imperatore, attacca con le proprie truppe Arrakis e ne prende il controllo, eliminando Leto Atreides. Paul e la madre trovano nel frattempo rifugio presso la popolazione dei Fremen, che vive nel deserto e possiede una enorme riserva di acqua con la quale sarebbe possibile cambiare il volto di Dune, rendendolo non più arido ma rigoglioso di vegetazione. Lo stesso Paul riesce a ottenere la fiducia dei Fremen, i quali lo riconoscono come il Muad’Dib di una profezia, che li condurrà alla conquista del pianeta, e li guida in numerose azioni di guerriglia contro le postazioni estrattive della spezia e i soldati di Harkonnen. Per il barone Harkonnen e il suo potere su Arrakis la situazione si fa molto critica e l’imperatore decide di intervenire sul pianeta con un’armata per soffocare i Fremen. Ma, al comando del Muad’Dib Paul Atreides e sui giganteschi vermi delle sabbie, appositamente addomesticati,  i combattenti Fremen sconfiggono l’armata imperiale e affermano la loro egemonia su Dune. Arrakis è quindi inondato di acqua che ne muterà radicalmente la natura, diffondendo ovunque la vita.

Tratto dal celebre romanzo di Frank Herbert (pubblicato nel 1964), sceneggiato da David Lynch, che ne è anche il regista, e prodotto da Raffaella De Laurentiis (nel quadro di una co-produzione multinazionale tra Stati Uniti d’America, Italia e Germania), il film-capolavoro fantascientifico “Dune” (“Dune”) è un ultraspettacolare megakolossal realizzato con un immane dispendio di mezzi (il costo finale ha oscillato tra i quaranta e i quarantadue milioni di dollari della prima metà degli anni Ottanta), che però si rivelò come un sonoro fiasco al botteghino, forse a causa della complessità della trama. Lynch, reduce dal successo di “The Elephant Man”, dirige il lungometraggio con professionalità, fondendo l’idea del cinema come macchina dei sogni – speranze e terrori – dell’umanità contemporanea, l’avventura, il vigore emotivo, le visioni oniriche, le scenografie monumentali e gli straordinari effetti visivi, con eccezionali risultati.

Sotto il profilo della filosofia-storia-magia intesa come scienza superiore della spiritualità-psicoanalisi-pedagogia/didattica idealistico-esoteriche dei contenuti della sfera psicologico-spirituale conscia e inconscia dell’immaginario individuale-collettivo che riempie la comunicazione di massa letteraria e cinematografica verbale (nella lingua italiana, in quella inglese e in altri idiomi del globo) e non verbale (comportamentale-situazionale-figurativa), il film “Dune” di Lynch sottolinea prima di tutto l’ideale ontologico etico-morale, sociologico-politico e scientifico-conoscitivo (facente parte della filosofia idealistica delle scienze politiche e della filosofia idealistica delle scienze giuridiche) progressista – coincidente con l’evoluzione della Ragione o dello Spirito o dell’Essere spirituale dell’uomo – di una classe lavoratrice subordinata ed emarginata che riesce a superare la propria subalternità, e a porsi su un piano di uguaglianza con i membri del ceto dominante, divenendo una soggettività sociale costruttrice della vita collettiva e della storia umana con un ruolo dirigente (il riferimento è ai Fremen vincitori sulle forze dell’imperatore). Al tempo medesimo, “Dune” di Lynch pone in risalto l’ideale ontologico etico-morale, sociologico-politico e scientifico-conoscitivo arretrato – che è espressione dell’involuzione dell’Essere spirituale o dello Spirito ovvero della Ragione dell’uomo, e che rientra anch’esso nella filosofia idealistica delle scienze politiche e nella filosofia idealistica delle scienze giuridiche – del nichilismo della volontà di potenza o di dominio sull’altro-da-sé, cioè della guerra e della violenza spirituali,  che determinano l’instaurazione di una società gerarchico-classista e di un assetto neo-feudale della vita collettiva, con un’aristocrazia privilegiata elitaria esclusiva detentrice delle leve del potere politico e delle grandi ricchezze economico-materiali (a discapito di una redistribuzione sociale di queste ultime). Intorno alle suddette idealità, il lungometraggio “Dune” di Lynch ha suscitato e suscita rispettivamente il consenso e il dissenso morali degli spettatori di ieri e di oggi, ponendole come altrettanti modelli per l’avanzamento del pensiero-immaginario, del linguaggio verbale parlato e scritto (nella lingua italiana e in altre lingue), e per i comportamenti interpersonali e pubblici dei soggetti umani.

Sono tutte eccellenti le interpretazioni degli attori mentre sono semplicemente stupende e indimenticabili le musiche di Brian Eno e Toto.

Gianluigi Cofano