MARIANGELA CERRINO

Questo articolo è tratto dalla Guida ai narratori del fantastico italiano di Walter Catalano, G. F. Pizzo e Andrea Vaccaro di imminente pubblicazione presso Odoya (Odoya Library 340)

Mariangela Cerrino è una delle poche scrittrici italiane di genere che riesce a mantenersi solo con la narrativa, e questo grazie alla sua inventiva e alla felicità di scrittura, che la portano a costruire romanzi  – tradotti anche all’estero, in particolare in Germania – avvincenti e con personaggi ben delineati ed estremamente credibili, spaziando tra vari generi ma con una preferenza per il western e lo storico/fantasy.

Torinese (oggi vive in un paese dei dintorni), si è appassionata sin da ragazza alla storia americana e all’epopea del West e questo le ha consentito nel 1966 di pubblicare il suo primo romanzo, Blue River, seguito da altri tredici nell’arco di sette anni, tutti classificabili più o meno come western, apparsi presso Sonzogno e firmati con lo pseudonimo di May I. Cherryh; altri cinque western appariranno negli anni Ottanta presso La Frontiera Edizioni.

Sempre in quegli anni scopre la fantascienza e il fantasy e si lancia con rinnovato successo anche in questi generi, utilizzando il suo vero nome; la sua prima opera significativa è il romanzo breve Cielo 19 (Edizioni Pulp, 1983). Seguirà una lunga serie di romanzi tra lo storico e il fantastico pubblicati dagli editori più prestigiosi, a partire da Rizzoli e Mondadori; in particolare ricordiamo la serie di racconti concatenati tra loro e ambientati nel lontanissimo passato dell’epoca Mu Gli eredi della luce (poi ripubblicato come Cronache dell’epoca Mu), mentre negli anni Novanta darà alle stampe con Longanesi una trilogia di romanzi sugli Etruschi composta da I cieli dimenticati, La via degli dei e La porta sulla notte, più tardi riuniti in un solo volume dal titolo Rasna, la saga del popolo etrusco. Segue, a cavallo del Millennio, una quadrilogia di romanzi nota come Ciclo dell’Anno Mille, i cui primi due volumi (Il segno del drago e Il segreto dell’alchimista) vedono al luce sempre per Longanesi mentre gli altri due (Il custode dell’arcobaleno e Il calice spezzato) saranno pubblicati da  Susalibri del 2010.

Dietro tutte queste opere c’è sempre la passione di Cerrino per la storia e l’archeologia, in particolare per la cultura e le tradizioni dell’area celtica, occitanica e franco-provenzale della sua terra (ma anche miti e religioni di tutto il mondo), e questo l’avvicina ai più grandi scrittori di fantasy, quelli che basano le loro opere sulla mitologia classica. Queste passioni la portano a documentarsi a 360 gradi prima di intraprendere la stesura di un libro, e sfociano in altre opere storico/fantastiche come Il margine dell’alba (ambientato nel XVI secolo e incentrato sulle lotte di religione tra cattolici e catari [Alacran 2010]), Absedium (la guerra tra Galli e Romani vista dalla parte di Vercingetorige [Rizzoli, 2012; 2017]) e Lisidranda, tre romanzi apparsi in unico volume oggi disponibili in e-book. Per finire, e senza citare nessuno dei numerosissimi racconti pubblicati su antologie e riviste, ricordiamo anche il suo romanzo più fantascientifico L’ultima terra oscura (per la verità a metà strada tra SF post apocalittica e fantasy, quasi un anticipatore dell’urban fantasy), recentemente arricchito dal seguito L’alba di Alwayr, e l’unica escursione nel thriller Il ministero delle ultime ombre (Fanucci, 2015).

Cerrino è essenzialmente una creatrice di mondi e una caratterizzatrice di personaggi, per questo ha una facilità estrema nel produrre lunghe saghe (se fosse nata negli Stati Uniti avrebbe potuto avere il successo di una Marion Zimmer Bradley) e nel concepire seguiti anche a distanza di anni: una volta delineato il contesto storico e culturale, grazie alle sue conoscenze e a una documentazione certosina, la sua inventiva le consente di elaborare trame e situazioni senza limiti pur mantenendo una coerenza di fondo. I suoi personaggi si muovono perfettamente a loro agio nell’ambiente concepito e risultano credibili e di spessore, emergendo come i veri elementi portanti della vicenda senza essere schiacciati – come avviene nella maggior parte della narrativa d’evasione – dalla trama. Pertanto la lettura delle sue opere è gradevole e il suo stile limpido e descrittivo, non privo di sentimentalismo e a volte di poesia, immerge completamente il lettore nell’atmosfera voluta.

Non mancano nei suoi testi considerazioni di carattere sociale o antropologico, ma sono sporadiche e per lo più affidate ai personaggi, che dal loro canto sono ricchi di sfumature psicologiche. La sua è narrativa d’intrattenimento, ma certamente di alto profilo, e possiamo certamente accostarla ad altri scrittori citati in queste pagine – Pederiali e Zuddas – che hanno saputo sviluppare una loro originalità senza ricorrere a pedisseque imitazioni della produzione straniera. D’altra parte è anche vero che l’Autrice non è disimpegnata come sembrerebbe, perché i suoi racconti di fantascienza affrontano costantemente le problematiche tipiche di questa forma di letteratura, cioè riflessioni sul mondo futuro e sul ruolo dell’uomo e della donna nella società, ma Cerrino riserva questo aspetto alle opere più brevi (oggi per lo più disponibili in versione e-book), che perciò raccomandiamo di leggere.

Gian Filippo Pizzo