CINQUE MOSCHE DI VELLUTO NERO

“Io sto dicendo che sono un insetto
che aveva sognato di essere un uomo e gli era piaciuto.
Ma adesso il sogno è finito e l’insetto è sveglio…”

(“La Mosca” di David Cronenberg)

 

Tra gli esperimenti proibiti c’è senza alcun dubbio quello di creare un teletrasporto. Ci rendiamo conto che per i “Trekker” è un discorso senza capo né coda in quanto l’uso di questa apparecchiatura è quanto mai sicuro… nel ventitreesimo secolo. Ai primordi della creazione di questo velocissimo e comodissimo mezzo di trasporto ci sono state probabilmente delle difficoltà molto simili a quelle illustrate, per esempio, nel film di Roger Corman “IL VAMPIRO DEL PIANETA ROSSO” (“Not of this Earth” – 1957) dove il raggio si guasta e un povero terrestre, che doveva servire come cavia ai vampiri alieni, arriva schiacciato come una bistecca. Niente di buono capita anche nel film di Ian Curteis del 1967 “LASER X: OPERAZIONE UOMO” (“The Projected Man”), dove gli atomi del solito scienziato si mischiano con quelli di una cavia producendo un mostro assetato di vendetta e che muore nel solito fuoco purificatore finale. In verità anche in Star Trek ci sono stati dei problemi con il trasmettitore che riduce in poltiglia due nuovi membri dell’equipaggio in “STAR TREK” (“Star Trek the Motion Picture” – 1979) e che imprigiona Scotty per parecchi anni facendolo rimaterializzare in un episodio di Star Trek – The Next Generation o ancora, nella serie classica, manda in una dimensione parallela Kirk e Spock e via dicendo… Per cui non dobbiamo stupirci se ben cinque pellicole si sono dedicate a questa apparecchiatura abbinando la fusione degli atomi dello scienziato sperimentatore con quelli di una mosca.

Il primo film è del 1958, la regia è di Kurt Neumann e s’intitola stupidamente in italiano “L’ESPERIMENTO DEL DOTTOR K” (“The Fly”). Una pellicola a colori a basso costo interpretata da David Hedison che passa una metà del film con un mascherone d’insetto sulla testa e un evidentissimo guanto sul braccio sinistro. Il film è appunto la storia di uno scienziato il quale, sperimentando un teletrasporto di sua invenzione, si trova all’interno dell’apparecchiatura una piccola mosca e ne esce fuso con l’insetto mentre questi, con la testa d’uomo, finisce nel finale dentro a una ragnatela e grida “aiuto” con una vocina sottile sottile. La scena vedeva gli altri due protagonisti della sequenza, Vincent Price e Herbert Marshall, crepare dalle risate invece di avere una faccia di circostanza, per cui il regista fu costretto a metterli uno dietro l’altro in modo che non si guardassero in volto per poi scompisciarsi dalle risate. Il film ebbe un ottimo risultato per cui si pensò ovviamente a un seguito e ciò avvenne nel 1959 con il film di Edward L. Bernds “LA VENDETTA DEL DOTTOR K” (“Return of the Fly”), questa volta in bianco e nero e interpretato ancora da Price con Brett Halsey nel ruolo del figlio dello scienziato che riesuma l’invenzione paterna ed incappa in un avventuriero che vuole impossessarsi della scoperta. Dopo averlo stordito, il malvagio lo mette nel teletrasporto e con lui vi introduce una mosca. Il risultato è, se possibile, peggiore del precedente, perché l’uomo oltre alla testa e al braccio di mosca si becca anche una zampa dell’insetto. Nonostante questo egli riesce a compiere la sua vendetta e a ritornare normale. Halsey non volle vestire la pesante truccatura e toccò quindi a una controfigura girare tutte le scene con il mascherone, se possibile ancor peggio realizzato del precedente.

Apparentemente ritornato normale lo scienziato genera un figlio e quindi dei nipoti i quali si troveranno in grossi guai nella terza pellicola della serie firmata, ancora una volta da Edward L. Bernds: “LA MALEDIZIONE DELLA MOSCA” (“Curse of the Fly” – 1965), un inedito cinematografico per l’Italia. Per rigenerare le loro cellule contaminate dagli esperimenti precedenti, figlio e nipoti rapiscono degli esseri umani per teletrasportarli e ripurificare così con essi le loro cellule, ma la loro nefanda opera verrà interrotta dalla legge. E’ la pellicola più debole di tutte e nemmeno risollevata dalla interpretazione stranamente abbastanza sobria di Bryan Donlevy.

Il ritorno della mosca avviene nel 1986 con il film di David Cronenberg “LA MOSCA” (“The Fly”).

Cronenberg ha girato parecchi film interessanti, alcuni di questi riguardano altri esperimenti diabolici. Uno s’intitola “IL DEMONE SOTTO LA PELLE” (“They came from Within” o “The Parasite Murders” – 1974), per cui un medico riesce a creare un parassita in grado di aumentare la potenza sessuale, ma gli effetti collaterali sono la perdita di ogni forma di controllo per cui uccide la sua cavia, una ragazza, e si suicida. Il guaio è che il parassita sta diffondendosi in tutto il palazzo e da qui si sta spostando verso la città. Un altro esempio è il già citato “RABID SETE DI SANGUE” (“Rabid” – 1976), a cui è seguito “BROOD – LA COVATA MALEFICA” (“The Brood” – 1978), sempre di Cronenberg, storia di una donna mutante in grado di far crescere con gravidanze extrauterine dei mostriciattoli feroci e crudeli.

Ancora un esperimento è alla base della nascita degli “SCANNERS” (“Scanners” – 1982), nuovamente di Cronenberg, telepati dotati di enormi poteri mentali e che, tra le altre cose, hanno portato altri due film imperniati sullo stesso soggetto: “SCANNERS 2 – IL NUOVO ORDINE” (“Scanners 2: The New Order” – 1990), per la regia di Christian Duguay, e “SCANNER III” (“Scanner III – The Takeover” – 1991), ancora di Christian Duguay.

La moderna versione dell’uomo mosca, tratta come le altre da una storia originale di George Langelaan, si distacca dal suo originale perché la trasformazione avviene lentamente e progressivamente in una agghiacciante sequenza di scene tra l’angosciante e il disgustoso fino alla catarsi finale. Il film è magistralmente interpretato da Jeff Goldblum e Geena Davis e vinse un meritato Oscar per il make up creato da Chris Walas e Stephen Dupuis. La truccatura fu lunga e laboriosa prendendo un calco del volto dell’attore e inserendovi progressivamente tutti gli elementi in lattice e gomma necessari per la trasformazione. Sotto la finta pelle, con il solito sistema delle sacche e delle pompette, veniva posto un liquido giallastro dall’aspetto disgustoso che era la bava corrodente della mosca. Fortunatamente non si trattava altro che di un composto di acqua, colorante e gelatina da pasticciere. La serie della mosca termina nel 1989 con “LA MOSCA 2” (“The Fly II”) di  Chris Wallace ed è ancora una volta imperniata sul figlio dello scienziato concepito quando il padre era già nella fase iniziale della trasformazione. Anche in lui giacciono latenti i cromosomi che possono causare il cambiamento e un bieco industriale, il quale finge di voler bene al ragazzo, lo sfrutta affinché rimetta in funzione l’invenzione che il padre, nella pellicola precedente, aveva distrutto. Egli ne provoca volutamente il cambiamento per poterlo studiare e creare una nuova razza di superuomini, anche se quello che ne nasce è tutto tranne che qualcosa di lontanamente simile a un essere umano. Il finale è questa volta positivo perché il novello scienziato riesce a entrare nella capsula portandosi dietro il malvagio e sfruttando così i suoi atomi per ricomporsi in un essere normale, mentre colui che una volta era un uomo privo di scrupoli passerà il resto della sua esistenza in un silos strisciando e sbavando per un po’ di cibo.

E’ quindi evidente che, con il passare degli anni e dei secoli, l’invenzione è stata perfezionata ed è diventata quasi perfettamente sicura altrimenti frasi del tipo “Ci porti su, Scotty” non avrebbero alcun senso… non vi pare?

Giovanni Mongini