DARIO CUSTAGLIOLA

Scrittore di narrativa e sceneggiatore di fumetti, Dario Custagliola non è certo un esordiente: attirato soprattutto dalla narrativa pulp, noir e hard boiled, il Nostro ha da poco pubblicato il suo nuovo lavoro intitolato BETTER per Resh Stories, in cui prosegue il discorso iniziato tempo fa con il suo primo romanzo. Abbiamo ora il piacere di averlo qui con noi.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È DARIO CUSTAGLIOLA?

Uno che ci prova.

Come vedrai nelle altre risposte sarò ai limiti del logorroico, ma per questa prima domanda “uno che ci prova” è l’unica risposta possibile e sincera che possa dare!

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Ho cominciato per ammirazione e imitazione: quando avevo tredici anni scrissi un breve racconto giallo. Quell’estate avevo letto molti romanzi di Sherlock Holmes e Arthur Conan Doyle era per me diventato un modello. Negli anni le cose non sono tanto cambiate, a sedici anni provavo ad imitare Irvine Welsh  e Bret Easton Ellis, a venti Sciascia e Pirandello, poi con il passare degli anni Howard, Alan Moore, Garth Ennis, James Ellroy, Stephen King e così via. Sono uno che si lascia molto suggestionare dagli autori che ama e spesso sviluppo una vera e propria ammirazione per essi. Alla fine, ne è venuto fuori uno stile che prova a mettere insieme un po’ di tutto in qualcosa che spero sia a conti fatti originale e personale.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Il mio esordio letterario è avvenuto nel 2016 con il libro No Man, che costituisce a tutti gli effetti un prequel di Better, il libro attualmente in pubblicazione con Resh Stories. Questi due libri si muovono tra hard boiled, noir e pulp. Con No Man ho cominciato a costruire il mio stile di scrittura. Altro scritto a cui sono molto legato è He Died with his Boots On, un racconto breve con cui sono arrivato finalista al Premio Laventicinquesimaora della Scuola di Scrittura Belleville. È dal 2018, inoltre, che mi dedico alla scrittura di fumetti, al momento ne ho pubblicati due: Wake Up, un racconto mistery horror, e Frikis, che racconta la storia dei punk cubani a inizio anni ’90, entrambi con Ehm Autoproduzioni.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO PER RESH STORIES LA PRIMA STAGIONE DELLA SERIE “BETTER”. CE NE VUOI PARLARE?

Better è un’ideale continuo di No Man, il mio primo romanzo. Pur riprendendo l’ambientazione del primo romanzo e alcuni sui personaggi, Better è pensato però per essere leggibile e godibile da chiunque, anche a chi si avvicina per la prima volta alle storie della città di Goodmorning. L’editore definisce giustamente Better come “una miscela irriverente e spregiudicata di noir, pulp e hard boiled che saprà colpirvi lì dove fa più male” ed è proprio ciò che è e che vuole essere, una storia di genere, che sappia intrattenere, ma anche portare sulla scena alcuni dei sentimenti più forti, istintivi, nascosti che guidano le azioni dell’uomo e caratterizzano la natura umana.

DOVE NASCE L’ISPIRAZIONE PER QUESTA STORIA?

Questa storia, come tutte le altre mie altre, nasce dal vissuto quotidiano nascosto sotto strati e strati di narrativa di genere e fiction. Better è ambientato in una città fittizia di mia invenzione, dove però si ritrovano luoghi, suggestioni, temi, tormenti che provengono dalla vita reale, opportunamente camuffata e al servizio della narrazione. Penso che la narrativa di genere debba fare proprio questo: partire da sentimenti reali, quotidiani, comuni e rielaborarli ed esasperarli fino a renderli interessanti, senza mai dimenticare che il primo obiettivo della narrativa di genere è l’intrattenimento del lettore.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Better è un romanzo corale con davvero molti protagonisti e riprende alcuni personaggi e parte dell’ambientazione del mio primo romanzo, No Man, quindi in un certo senso il lavoro era già avviato. In generale i miei personaggi, compresi quelli che compaiono per la prima volta in Better, nascono come incarnazione di qualche idea che ritengo particolarmente importante o di qualche fase della mia vita: ci sono personaggi ossessionati dal voler far qualcosa di buono, personaggi che sono incredibilmente spaventati dal mondo che li circonda, personaggi che trovano rifugio nella rabbia, nella vendetta e così via. C’è un tema, in particolare, che lega le decine di personaggi di Better, ma non lo svelerò qui, lascerò che sia il lettore a scoprirlo!

VISTO CHE ULTIMAMENTE CAPITA SEMPRE PIU’ SPESSO DI LEGGERE MOLTI AUTORI, SIA EMERGENTI SIA AFFERMATI, ANCHE IN FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?

Penso che siano due realtà destinate a convivere ancora a lungo insieme e che l’una non soppianterà l’altro, piuttosto saranno diversi gli usi che se ne faranno. Personalmente, io uso il digitale per leggere i classici oppure per scoprire nuovi autori, visto il prezzo minore degli e-book. Ma quando un autore mi conquista, devo poi possederlo in formato cartaceo, sulla mia libreria. Per cui, il digitale secondo me aumenterà il suo ruolo di “vetrina”, ma a conti fatti i lettori continueranno ad acquistare i libri cartacei che davvero amano.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER LA LETTERATURA DI GENERE. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Sia il mio esordio come scrittore che come sceneggiatore sono avvenuti sotto il segno della letteratura di genere, rispettivamente con il noir e con l’horror. Penso che la letteratura di genere offra due grandi occasioni a uno scrittore: da un lato, come dicevo sopra, permette di rendere le cose interessanti e, dall’altro, permette di navigare sottocosta e non in mare aperto. Non sto dicendo che sia più facile scrivere narrativa di genere, anzi scrivere “buona” narrativa di genere è estremamente difficile, ma ogni genere ha la sua tradizione, i suoi “padri”, i suoi topoi, stereotipi, le sue convenzioni, regole non scritte tra lo scrittore e il lettore che possono aiutare lo scrittore anche se il suo intento fosse stravolgerle. Scrivere di genere è quindi innanzitutto una sfida continua proprio con questi elementi e la riuscita di un romanzo di genere dipende per lo più dall’esito di tale confronto.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Ecco una domanda da un milione di dollari. Vengono fuori da sé, mettiamola così. Vengono fuori come suggestioni, a volte è una singola immagine o una singola frase, a volte cavalcano le note di una canzone, altre volte vengono fuori mascherate da emozioni o come una domanda assillante. Da lì, poi comincio a lavorarci su, spesso conoscendo la fine prima dell’inizio e senza la più pallida idea di quello da metterci in mezzo. Poi ci lavoro su, ci penso a lungo e pian piano escono fuori i vari pezzi, si delineano i concetti, i personaggi e alla fine faccio un lavoro di montaggio, in cui cerco di far quadrare i conti e riannodare i fili. Il più delle volte, il risultato finale è ben diverso da quello che avevo immaginato all’inizio, questo perché in un modo o nell’altro le storie crescono e cambiano con te e per scrivere un libro ci vogliono mesi se non anni, quindi il cambiamento sia in termini artistici che personali e umani è naturale.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Vediamo un po’, ne ho e ne ho avuti tanti, a seconda delle età e dei periodi. Provo a farne una lista disordinata, senza criterio e ridotta all’osso: Stephen King, Jim Thompson, George R. R. Martin,  Jack London, Salinger, Irvine Welsh, Robert Howard.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Come per gli scrittori, o forse ancora di più, è praticamente impossibile farne una lista in qualche modo esaustiva. Anche qui mi piacciono le cose più disparate, dai film d’azione ai film più sperimentali, passando per i western; dai film indie ai grandi kolossal. Posso dirti qual è l’ultimo film che ho visto e che mi ha davvero lasciato qualcosa dentro, piuttosto: Eraserhead di David Lynch. Ma bada bene, se mi riponi la stessa domanda tra dieci giorni probabilmente te ne dirò un altro totalmente diverso.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Ed ecco la domanda più difficile in assoluto. I progetti futuri sono molti e la cosa più difficile è scegliere su quale concentrarsi. Il mio sogno è avere giornate di quarantotto ore.

Davide Longoni