L’EVOLUZIONE DEL THRILLER NEI ROMANZI KKK

Siamo lieti di segnalare l’uscita di un nuovo interessantissimo saggio che un po’ ci riguarda anche: si tratta di L’EVOLUZIONE DEL THRILLER NEI ROMANZI KKK, scritto da Daniele Vacchino e edito da Novilunio Stampe Amatoriali. Infatti sulle pagine della Zona Morta abbiamo potuto leggere ampie anticipazioni del lavoro, attraverso la proposizione di schede di lettura di alcuni dei più significativi romanzi della collana da edicola KKK – I Classici dell’orrore. Riteniamo che l’introduzione del testo sia esplicativa di quanto l’opera possa fornire al lettore:

“L’intento di questo saggio non è quello di occuparsi della storia editoriale dei romanzi KKK – I classici dell’orrore. Esistono già altri testi che mettono in luce le vicende editoriali, la storia e i meccanismi di produzione che governavano quei romanzi da edicola di genere fantastico. Questo breve saggio si occuperà invece di mettere luce su un particolare filone che ha attraversato i romanzi della collana. Nonostante la linea editoriale fosse dominata dall’horror, e più in particolare dal gotico con forti connotazioni sadiche e sensuali, è possibile rinvenire all’interno di tale contesto una vena thriller, che si è andata a sviluppare lentamente, fino a raggiungere una dimensione evidente negli ultimi anni di vita della collana.

Nel voler indagare l’evoluzione della vena thrilling all’interno dei KKK, è impossibile non soffermarsi su un secondo aspetto, che risulta agli occhi di scrive determinante: il grado di parentela che intercorreva tra i romanzi KKK thriller e il nascente corso del thrilling nel cinema italiano, a partire dalle pellicole di Mario Bava, fino ai successi di Dario Argento e oltre.

Ritengo che lo studio di un ambito tanto sottovalutato come la produzione di romanzi di genere fantastico commercializzati nelle edicole nel corso degli anni Sessanta e Settanta rappresenti un campo quasi del tutto vergine e l’immacolatezza del terreno su cui mi appresto a muovermi è acuita al pensiero di un raffronto tra quei romanzi thriller e le pellicole dello stesso genere che fiorirono in Italia a partire dal 1963 (anno di uscita de La ragazza che sapeva troppo di Mario Bava) in avanti.

È possibile stabilire una data che segna l’avvio del legame di vicinanza che coinvolgerà per circa un decennio il thriller su carta e quello su pellicola. Risulta semplice far risalire al 1964, anno in cui viene distribuito il film La vergine di Norimberga di Antonio Margheriti, il momento dell’inizio di un rapporto che vedremo nel corso del saggio in quale misura possa essere stato stretto. Come è noto, la pellicola è tratta dal romanzo omonimo di Maddalena Guy del 1960 ed è stata prodotta da Marco Vicario, editore della collana KKK.

Nel momento in cui il rapporto di vicinanza tra cinema e romanzi sorge, assistiamo al momento di massima influenza da parte della carta stampata nei confronti della produzione cinematografica. Nel 1964, infatti, una pellicola che assume il ruolo di ponte tra il cinema gotico della fine del decennio precedente e il thrilling della seconda metà del decennio successivo utilizza uno di quei romanzi da edicola per trarre la trama del film. Il romanzo di Maddalena Guy è un gotico dalle forti tinte sadiche, intriso dei fantasmi canonici del gotico nostrano e non solo: l’amour fou, il tema dell’eterno ritorno, la maledizione del castello, il barcollio onirico della protagonista, perpetuamente in bilico tra sonno e veglia. Dentro un contesto siffatto, la scrittrice intesse una trama che risente dell’epoca moderna – i traumi successivi alla Seconda Guerra Mondiale – e soprattutto delle nevrosi che la contraddistinguono. Proprio tali nevrosi, che troveranno ampio spazio in tutto il cinema thriller dalla venuta di Dario Argento in poi (ma che già avevano lasciato intravedere tutte le proprie ombre nei capolavori baviani), si modellano attraverso le nervature thrilling che attorcigliano la trama crepuscolare, rendendo al lettore un prodotto ibrido, di difficile collocazione.

Tale momento di fusione ideale pretende una maggiore indagine di quelli che sono i rapporti che si instaureranno in seguito tra quelle pellicole che tanto successo incontrarono e quei romanzi da edicola che con tanta forza furono cacciati nell’oblio (e che spesso furono aspramente ripudiati anche dai loro stessi autori, come sottolineato da Davide Rosso nell’introduzione). Sarà un viaggio tra le trame dei romanzi thriller della collana KKK, con l’intento di mostrare l’evoluzione della verve thriller all’interno della collana e con l’ardire di stabilire ipotetiche relazioni di vicinanza tra quei romanzi e il cinema di genere coevo”.

Per chiunque fosse interessato ad approfondire il tema, il libro è reperibile sul circuito Lulu.com.

Buona lettura.

A cura della redazione