IL CINEMA DI GENERE DI UMBERTO LENZI 05 – PARTE 01

Il cinema dell’orrore secondo Umberto Lenzi – Parte 01

Umberto Lenzi si avvicina al cinema horror negli anni Ottanta, dopo aver sperimentato gli altri generi popolari come l’avventuroso, il peplum, lo storico, il thriller erotico, il poliziottesco, i Tomas Milian movies, un fumetto movie come Kriminal e persino il sottogenere cannibalico. Non possiamo dire che l’horror sia il genere preferito dal regista massetano, ma è anche vero che una volta cominciato a fare cinema de paura ha continuato per oltre un decennio con ottimi risultati.

Se confiniamo i cannibal movies nel sottogenere che contamina horror e avventuroso, dobbiamo dire che il primo horror puro di Lenzi è Incubo sulla città contaminata (1980). Il regista dice che questo film gli fu proposto come una classica pellicola di zombi, ma lui la trasformò in  un horror ecologico, imperniato su una contaminazione nucleare che trasforma le persone in creature mostruose bisognose di sangue per sopravvivere. “La sceneggiatura di Incubo era una vera schifezza e io la dovetti rielaborare per intero” afferma Lenzi.

Incubo sulla città contaminata nasce da un soggetto molto essenziale di Antonio Corti, sceneggiato da Piero Regnoli e José Luis Delgado, fotografato in modo cupo e angosciante da Hans Barman, montato con professionalità da Eugenio Alabiso e che si giova delle scenografie deserte di Mario Molli. Stelvio Cipriani merita una menzione a parte perché la musica ossessiva e tenebrosa introduce bene lo spettatore in un crescendo di terrore. Ottimo anche il trucco di scena per gli uomini contaminati che è opera di Giuseppe Ferranti e Franco Di Girolami. La produzione è italo spagnola ed è diretta da Diego Alchimede per Dialchi Film di Roma e Lotus International di Madrid. Gli interpreti sono senza infamia e senza lode, ma d’altra parte in un film sulla falsariga di una storia di zombi non è facile mostrare grandi capacità recitative. Il ruolo principale è di un inespressivo Hugo Stiglitz, il giornalista televisivo Dean Miller incaricato di realizzare un servizio all’aeroporto del terrore dove sbarcano i contaminati. Laura Trotter è la moglie Ann Miller (e non Sheyla come equivoca Giusti su “Stracult”), primario ospedaliero che cerca di debellare la contaminazione. Maria Rosaria Omaggio è la bella scultrice Sheyla che viene orribilmente uccisa dopo essersi trasformata in una contaminata. Sonia Viviani è un’amica di Sheyla che si vede per lo spazio di un paio di scene, ma appena in tempo per assistere a una macabra estrazione del suo bulbo oculare praticata da un essere mostruoso che impugna un coltellaccio. Mel Ferrer è il generale Murchinson che coordina le operazioni e cerca di arginare il pericolo di invasione da parte degli uomini mostruosi. Francisco Rabal è il maggiore Warren che ricordiamo per un sensuale rapporto erotico con una sexy Maria Rosaria Omaggio in apertura di film. Altre presenze minori sono Eduardo Fajardo, Stefania D’Amario, Ugo Bologna, Manolo Zarzo, Sara Fianchetti e Tom Felleghy.

Quentin Tarantino ha detto che secondo lui in questo film gli zombi si  muovono troppo in fretta rispetto a quelli di Romero, ma ha fatto bene Lenzi a precisare che i suoi personaggi non sono zombi, ma uomini contaminati da radiazioni nucleari. In realtà sarebbero una sorta di vampiri perché devono bere sangue umano per sopravvivere. Il loro compito è quello di uccidere dopo aver aggredito con roncole, bastoni, coltelli e quindi dissetarsi dalle ferite aperte delle vittime. La produzione volle una caratterizzazione fisica simile a quella degli zombi (forse per cavalcare una moda) ma in realtà la variazione sul tema prodotta da Lenzi è molto originale. Questi esseri orribili hanno il volto carbonizzato, sembrano uomini bruciati dal fuoco, si muovono rapidamente e aggrediscono spinti da una fame atavica. Lenzi ha diretto Incubo sulla città contaminata in primavera, prima di Cannibal Ferox che è stato girato in novembre-dicembre. Secondo Marco Giusti pare che il regista designato per fare Incubo fosse Enzo G. Castellari, ma Umberto Lenzi smentisce con decisione: “A me non risulta. Credo che sia un’ennesima leggenda metropolitana”.

Il clima da pellicola fantahorror è molto evidente. Tutto comincia con una fuga di gas radioattivo dalla centrale nucleare di Stato e con l’arrivo del professor Andersen all’aeroporto. La troupe televisiva attende l’Hercules militare che sbarca su una pista il suo orribile contenuto di uomini mostruosi che massacrano e si cibano di sangue umano. La città è invasa da mostri contaminati che proliferano con il contatto del sangue e intanto altri aerei portano nuovi pericoli. Il governo cerca di mantenere il segreto e affida all’esercito il compito di debellare la minaccia, ma l’impresa è quasi impossibile. Vediamo l’incursione dei mostri assassini in uno studio televisivo dove fanno strage di ballerine a colpi di mazze e coltelli. Le sequenze sono molto efferate e una musica intensa contribuisce al clima angoscioso tra cadaveri squartati e teste sfracellate. Il tema zombesco è seguito abbastanza fedelmente perché le persone ferite dai contaminati subiscono la stessa mutazione genetica. I medici scoprono che non si tratta di alieni, ma di esseri umani radioattivi dalle cellule indistruttibili che contaminano le vittime con il contatto sanguigno. Si fermano solo sparandoli nel cervello o bruciandoli vivi e pure in questo è evidente la similitudine con gli zombi. Lenzi dà vita a un horror originale (e in tema di zombi non è facile) perché riesce a fare un discorso ecologista e antinucleare su un tema sfruttato. Il problema delle centrali nucleari era molto sentito negli anni Ottanta e in molte città italiane si tennero referendum sulla opportunità o meno di passare a quella pericolosa forma di energia. Il regista sa creare ottime situazioni di suspense che sono il sale del cinema dell’orrore. Tanto per citare alcuni esempi ricordiamo Maria Rosaria Omaggio che resta sola in casa mentre la falciatrice comincia a muoversi da sola nel giardino, subito dopo una sua statua è accoltellata e dal suo volto cola sangue. Uno zombi spia una coppia in piscina, taglia i fili del telefono e quindi colpisce, in un trionfo di musica sintetica che sottolinea i momenti cruciali. Lo schema su cui si sviluppa il film è quello del canovaccio zombesco che prevede un crescendo di vittime, uccise nel modo più atroce e spettacolare, schizzi di sangue ed eccesso di splatter e gore senza limiti. La cosa nuova di questi esseri contaminati rispetto agli zombi è che colpiscono con armi bianche (stile serial killer) e subito dopo si cibano di sangue mordendo la preda al collo. La parte che Lenzi realizza all’interno dell’ospedale è un vero capolavoro di effetti speciali e di situazioni da antologia per film del genere. Le uccisioni si fanno più efferate e i pasti vampirici si moltiplicano, mentre il giornalista e la moglie se ne stanno nascosti per evitare problemi. La sequenza dell’ascensore è ancora più orribile e disturbante, quando viene mostrato senza nessun pudore il massacro scioccante delle persone che erano rinchiuse. Ben fatta anche la sequenza che mostra la mutazione sul bel volto di Maria Rosaria Omaggio, anticipata da un’orribile scultura accoltellata. L’amante deve ucciderla con un colpo di pistola alla testa che produce schizzi credibili di materia cerebrale. Prima ancora vediamo la scena cult di Sonia Viviani accecata da un contaminato che – in un trionfo di gore – scava senza pietà con un coltello nel suo bulbo oculare. In mezzo a questo eccesso di omicidi descritti senza ironia ma con freddezza e gusto per il particolare, il regista lancia precisi messaggi contro il consumismo e la società contemporanea. Un’altra scena da ricordare si svolge in chiesa dove anche il prete è stato contaminato e tenta di uccidere i coniugi Miller con un crocifisso. La parte finale si svolge in un infernale Luna Park disseminato di cadaveri con corpi di uomini, donne e bambini orrendamente sgozzati. I contaminati assediano i Miller sulle Montagne Russe e vengono uccisi uno dopo l’altro con fucilate al cranio. Un elicottero della polizia salva il giornalista, ma la moglie precipita e muore sfracellata al termine di una sequenza raccapricciante. A questo punto Miller si risveglia nel suo letto e comprendiamo che quanto abbiamo visto è stato solo un terribile incubo. Immancabile il doppio finale che si svolge all’aeroporto. Il giornalista attende l’arrivo dell’aereo per intervistare il responsabile della centrale dove è avvenuto l’incidente ed è a quel punto che l’incubo diventa realtà.

Il film è notevole anche perché rappresenta una contaminazione di generi senza precedenti, visto che al suo interno troviamo tracce di cinema fantascientifico, postatomico, splatter, gore, horror puro, sottogenere zombi e film di vampiri. Le scenografie scarne di Mario Molli introducono un elemento postatomico nella pellicola, perché quando il giornalista e sua moglie fuggono pare di assistere alla fuga di due superstiti braccati dalla nuova stirpe dei contaminati. Inutile aggiungere che la cosa migliore del film sono gli effetti speciali e che le parti splatter e gore sono molto ben realizzate. Non condivido per niente il giudizio di uno sprezzante Mereghetti che nel suo Dizionario definisce il film come “un gore apocalittico diretto con una tremenda approssimazione”. Il critico milanese aggiunge che “la pellicola è impresentabile”, “i trucchi sono da quattro soldi” e per finire che “la musica di Stelvio Cipriani è brutta”. Tutto il contrario di quello che ho cercato di dimostrare. Pino Farinotti invece parla di una pellicola con “un diffuso senso di già visto” e anche qui non mi trovo d’accordo perché il film di Lenzi gode di una sua precisa originalità. A mio parere, Incubo nella città contaminata ha influenzato pure il bel remake L’alba dei morti viventi girato da Zack Snyder nel 2004, infatti pure in questa pellicola gli zombi sono uomini contaminati da radiazioni e si muovono velocemente per colpire.

(5/1 – continua)

Gordiano Lupi