IVAN ZUCCON… REANIMATOR

Fra i più interessanti nomi del cinema horror indipendente italiano, Ivan Zuccon ha sempre saputo regalarci incubi a profusione e atmosfere orrorifiche di grande impatto, il tutto sapientemente dosato grazie a una cura registica professionale che fanno di lui e dei suoi lavori un marchio di qualità.

CIAO IVAN, E’ UN PO’ CHE NON CI SENTIAMO, PRATICAMENTE DALL’USCITA DI “WRATH OF THE CROWS”. COMINCIAMO PROPRIO DA QUELLO: COME E’ ANDATO IL FILM E QUALI SODDISFAZIONI TI HA PORTATO?

Wrath of the crows  è un film che mi ha fatto tanto bene quanto male. Girarlo è stata un’esperienza esaltante: un cast di attori straordinari, una storia folle e molto originale e una location costruita appositamente per il film. Sono riuscito a portarlo a Hollywood e a mostrarlo ai più importanti addetti al lavoro del settore indipendente e fin lì tutto è filato liscio. Sembrava un sogno. Poi le cose hanno preso una piega diversa. La distribuzione internazionale non ha mantenuto la parola data e il film è finito in un incubo dal quale ancora fatica a svegliarsi. Disguidi distributivi, contratti non rispettati, agenti squali e senza scrupoli e infine il fallimento delle società che ne detenevano i diritti di sfruttamento… tutta una serie di situazioni assurde che hanno gettato il film in una invisibilità ingiusta e dolorosa. Alla fine mi ritrovo con un film dal potenziale incredibile ma essendo bloccato io stesso non posso aiutarlo a trovare una via distributiva decorosa.

ORA TI RITROVIAMO INVECE IMPEGNATO CON UNA WEB-SERIES, “HERBERT WEST REANIMATOR”, ISPIRATA A UN RACCONTO DI H.P. LOVECRAFT. INNANZITUTTO, COME MAI QUESTA VOLTA HAI OPTATO PER UNA SERIE E COME MAI HAI DECISO DI RENDERLA DISPONIBILE PER LA RETE?

Gli innumerevoli intoppi di Wrath of the Crows mi hanno relegato in un esilio artistico-produttivo durato cinque anni. Roberta Marrelli (co-producer dei miei film) ed io ci siamo faticosamente rimessi in piedi, il problema cruciale era come veicolare e diffondere il nostro lavoro senza incappare negli oscuri meandri della distribuzione tradizionale, quella che ci ha letteralmente spezzato le gambe. L’idea è quella di avere il controllo totale dell’opera, di non lasciare che altri se ne impossessino gestendola in modo improprio. Risolta la questione restava da decidere la piattaforma. Ho sempre cercato di non demonizzare la rete, pur vedendone i molti limiti, specie per quel che riguarda le costanti violazioni del diritto d’autore. Però le potenzialità sono sotto gli occhi di tutti, è un luogo molto versatile dove puoi permetterti un certo grado di innovazione e mutamenti di linguaggio che nei sistemi tradizionali come la sala e il defunto home video sono impensabili. Ed è anche il luogo dove la maggior parte delle persone ormai trascorre la maggior parte del proprio tempo. E’ stata dunque una scelta logica ma, soprattutto, una scelta di libertà. Abbiamo realizzato qualcosa per noi e per il nostro pubblico e lo rendiamo disponibile per tutti gratis, con i metodi e le modalità che noi stessi riteniamo le migliori per dare giustizia al nostro lavoro.

Perché la serialità? Un film tradizionale in rete non può funzionare, almeno non in senso canonico, ma un film diviso in tanti piccoli episodi sì. Ed è questo che è Herbert West Reanimator, un film per la rete diviso in tanti segmenti. Inoltre mi stimola parecchio l’idea di realizzare una storia che potenzialmente possa non avere mai una fine.

VUOI PARLARCI DELLA TRAMA E DELLO SVILUPPO DI QUESTA PRIMA STAGIONE?

Ti confesso che non voglio svelare molto. Anche dal punto di vista del marketing stiamo cercando di sovvertire certe regole che ormai non producono più gli effetti desiderati. Per esempio, non verrà mai montato un trailer di Herbert West Reanimator, e nessun estratto della serie verrà mostrato fino al giorno dell’uscita ufficiale in rete.

Posso solo dire che la prima serie racconta la genesi dell’Herbert West che troviamo nel racconto di Lovecraft ed è di fatto una sorta di prequel. Ma solo fino alla terza puntata. Dopodiché la serie si allinea con molti elementi del racconto ma soprattutto diventa un vero tributo all’universo lovecraftiano.

L’episodio pilota è tanto duro quanto straziante, e ci mostra un dottor West alle prese con l’ossessione di voler rianimare la sua amatissima figlia dopo che un terribile incidente d’auto gliel’ha portata via. Un West diverso. Una follia diversa. Più intima, più dolorosa, più devastante.

QUALI SONO LE DIFFERENZE E QUALI INVECE I PUNTI IN COMUNE CON IL RACCONTO DI LOVECRAFT?

In parte ho risposto nella domanda precedente. E’ un lavoro di adattamento al testo molto libero. I personaggi sono diversi, eppure, lo spirito dell’autore permea ogni immagine. Trovo assonanze e punti di contatto con il mio film La casa sfuggita, dove liberamente ho trasposto sullo schermo tre bellissime storie dello scrittore di Providence. Troveremo il Necronomicon, troveremo l’Altrove, troveremo mondi e cose che giungono da luoghi così oscuri e terribili da non poter essere concepiti dalla mente umana. Tutto con molta gradualità. Più la serie va avanti e più diventa oscura e lovecraftiana.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

La parte più difficile è stata quella di decidere di ripartire, di rimboccarsi le maniche e rimettersi dietro la macchina da presa. Gli ultimi anni li ho trascorsi tutti in moviola, a montare i film di Pupi Avati e alcuni commercial. Ormai mi vedevo come montatore e basta, pensavo di proseguire la mia carriera così, senza più cimentarmi alla regia. Poi alcune piccole cose mi hanno fatto cambiare idea. Quelle cose piccole ma importanti, come la regia di un docufilm sulla storia del cinema con i bambini della scuola primaria. L’energia dei fanciulli ha fatto scattare di nuovo una scintilla, e il fuoco sacro è di nuovo divampato.

La serie è ambientata al giorno d’oggi e le location sono meravigliose. Grotte, cave di pietra, case rupestri incastonate nella roccia. Set non sempre facili da raggiungere e da gestire, ma la resa sullo schermo è notevole.

CI SEMBRA DI CAPIRE CHE QUESTO SIA UN LAVORO PIU’ MATURO RISPETTO AI PRECEDENTI: UN THRILLER PSICOLOGICO CON MOLTA INTROSPEZIONE PSICOLOGICA, ANCHE SE NON MANCANO TENSIONE E BRIVIDI…  COME SI DISCOSTA QUESTO TUO NUOVO LAVORO DA QUELLI DEL PASSATO E COME MAI QUESTA EVOLUZIONE DI STILE?

Lo stile si evolve in base a ciò che si deve narrare. La storia che racconto in Herbert West Reanimator è così dura che non ha bisogno di eccedere nell’effetto splatter e tantomeno di riciclare i classici stilemi dell’horror. Il che non vuol dire che non sia spaventoso, anzi…

VUOI PARLARCI DEL CAST E DELLA SCELTA DEGLI ATTORI?

Dopo tanti anni torno a lavorare con un cast tutto di lingua italiana ed è stata una piacevole riscoperta. Era dal 2006 che non giravo in italiano, preferendo l’inglese e attori americani per ragioni di mercato. Non è stato facile fare il cast. Dopo aver lavorato con mostri sacri come Debbie Rochon, Tiffany Shepis, Emmet Scanlan o Brian Fortune, trovare in Italia lo stesso livello di talento e passione ha richiesto molto tempo e una ricerca accurata. Protagonista della prima serie è un Emanuele Cerman in stato di grazia. Ha recitato con una intensità che ancora adesso mi fa venire i brividi, in un ruolo, quello del tormentato dottor West, tutt’altro che facile. Altro ruolo difficilissimo è quello della figlia di 9 anni. Un personaggio molto complicato da interpretare, specie per una bambina di quell’età. Eppure Valentina Bivona ha fatto un lavoro esemplare. Un talento puro che farà una grande carriera. Rita Rusciano interpreta la figlia di West da adulta, ed è un altro ruolo dalle mille sfaccettature interpretato magistralmente.

Tutto di grande qualità anche il resto del cast con Sofia Pauly, Nika Urban, Valentina Framarin e Alessio Cherubini. Tutti azzeccatissimi, forse uno dei miglior casting della mia carriera.

PER QUANTO RIGUARDA LA PARTE TECNICA INVECE?

Abbiamo girato l’episodio pilota in 4K, ed è stata una scelta vincente. Inoltre ci sono alcune riprese girate ad altissima velocità con lo scopo di mostrare degli slow motion che però non sono propriamente tradizionali: nello schermo non tutto infatti si muoverà alla stessa velocità. Ma non voglio svelare di più…

CHE DIFFERENZE CI SONO FRA UN LAVORO PER IL CINEMA E UNO SERIALE?

Per quel che mi riguarda nessuna. Ho girato come se stessi realizzando un film vero e proprio: sempre di cinema si tratta. L’unica cosa è che per il momento non sappiamo che finale avrà questo film e, forse, non lo sapremo mai.

COME ABBIAMO AVUTO MODO DI VEDERE, NON E’ LA PRIMA VOLTA CHE TI CIMENTI CON LAVORI ISPIRATI AI RACCONTI DI H.P. LOVECRAFT: CHE SIGNIFICATO HA AVUTO PER TE E PER LA TUA FORMAZIONE CULTURALE QUESTO SCRITTORE?

E’ lo scrittore che amo di più in assoluto, quello che ha spalancato le porte della percezione verso un mondo immaginario fantastico e al contempo spaventoso. Avevo deciso di cambiare registro e di non adattare più un suo racconto ma questa di Reanimator è un’occasione speciale. La considero una ripartenza, si ricomincia da zero. La vera avventura cinematografica per me è iniziata con e grazie a questo straordinario scrittore (con il film L’Altrove, dove tutto permea attorno al sacrilego Necronomicon), mi sembrava dunque doveroso ripartire con lui. Era comunque da molto tempo che sognavo di raccontare una storia che avesse come protagonista Herbert West, ma il confronto con il cult di Stuart Gordon mi ha sempre fatto desistere; non che lo temessi, ma non riuscivo a trovare la giusta chiave di lettura, che fosse radicalmente diversa dall’impianto grottesco-umoristico del film degli anni ‘80. Ora credo di aver trovato la giusta cifra, un confronto nemmeno lo si può fare, sono due approcci così diversi…

DAL MOMENTO CHE QUESTA E’ LA PRIMA STAGIONE DI “HERBERT WEST REANIMATOR”, DOBBIAMO ASPETTARCENE UNA SECONDA? E SE SI’, PUOI FARCI QUALCHE ANTICIPAZIONE SUGLI SVILUPPI DELLA STORIA?

Certamente! Ci sarà una seconda serie, e magari una terza, una quarta e così via! Il vero intento è di non fermarsi mai. C’è anche il progetto di approdare ai network TV e di realizzare un film per le sale, dopo questa fase sperimentale in rete.

ALTRI PROGETTI IN VISTA?

Sul fronte registico sono da un lato concentrato su Reanimator, e sto inoltre supervisionando e  curando la regia di un cortometraggio per la Regione Veneto dal titolo Riflessi d’acqua. Il film fa parte del progetto “Fotogrammi veneti” e ha richiesto un anno di formazione di un gruppo di ragazzi della provincia di Vicenza e con i quali stiamo attualmente ultimando il montaggio. E’ un ulteriore progetto che mi vede lavorare a stretto contatto con le nuove generazioni, giovani che con la loro energia vitale contribuiscono ad alimentare la mia passione.

Come montatore mi aspettano progetti molto interessanti per la regia di Pupi Avati. Un film horror prodotto da Rai Cinema dal titolo Il Signor Diavolo e una serie TV per un importante network ma al momento non posso svelare nulla.

E VISTO CHE TANTO BOLLE IN PENTOLA, NON MANCHEREMO DI TORNARE A PARLARE PROSSIMAMENTE ANCORA CON IVAN ZUCCON: SIAMO CERTI CHE CI SARANNO GRANDI SORPRESE NEL PROSSIMO FUTURO!

Davide Longoni