UN CANNIBALE DI NOME DEODATO: IL CINEMA THRILLER – HORROR DI UN REGISTA AMERICANO 03 – PARTE 01

Capitolo Terzo – Parte 01

Prima dei Cannibal movies

La produzione minore 1968 – 1976

Inutile dire che Deodato resterà nella storia del cinema di genere per la sconvolgente novità della trilogia cannibale, soprattutto per Cannibal Holocaust e Inferno in diretta. Il nostro lavoro prenderà in considerazione più avanti questi film e i successivi thriller psicologici violenti e inquietanti, costruiti sullo schema degli slasher movies. Quello è il Deodato che più ci interessa e ci affascina, ma non dobbiamo omettere una breve analisi sulla restante produzione.

Ruggero Deodato, seguendo una moda del tempo, si è spesso firmato con pseudonimi inglesi come: Roger Daniel, Roger Deodato, Roger Franklin, Roger Rockfeller, R.D. Franklin, Roger Godet e Roger Drake. Era un’esigenza lavorativa quella del nome inglese, lo stesso Antonio Margheriti si firmava Anthony M. Dawson e il pubblico entrava più volentieri in sala convinto di assistere a un film americano. Negli anni Sessanta – Settanta accadeva la stessa cosa per molti attori e persino per gli scrittori di narrativa di genere. Non è che adesso le cose siano molto cambiate, soprattutto per gli scrittori.  Basti pensare a quel che accade nella collana Segretissimo Mondadori che pubblica autori italiani nascosti sotto bizzarri nomi francesi o inglesi. Siamo esterofili per natura, c’è poco da fare…

Per Deodato la ricerca di uno pseudonimo anglofono ha una giustificazione, perché la critica senza pregiudizi verso il cinema di genere nostrano lo definisce il più americano dei registi italiani. Tra l’altro ha sempre lavorato (a parte casi sporadici) con buoni budget forniti da produzioni interessanti e si è avvalso di ottimi attori anche di oltre oceano. Tra tutti citiamo David Hess e Donald Pleasence. Deodato ha attraversato tutti i generi, dall’heroic fantasy al giallo sexy passando per l’avventuroso e il comico puro, cavandosela sempre egregiamente, per finire con l’inventare quella fantastica trilogia cannibale che lo ha consegnato alla storia del cinema di genere.

Il primo film diretto in proprio è Fenomenal e il tesoro di Tutankamen, realizzato nel 1968 con lo pseudonimo di Roger Rockfeller. Soggetto di Aldo Igino Capone, sceneggiatura di John Camp (sempre Igino Capone!) e dello stesso Deodato. Fotografia di Roberto Reale, musiche di Vance Corvino (Bruno Nicolai), scenografia di Calò Carducci e Pino Aldovrandi. Il cast: Marco Nicola Parenti (Fenomenal), Lucretia Love, Gordon Mitchell, John Karlsen, Carla Romanelli, Cyrus Elias, Charles Miller, Mario Cecchi, Agostino De Simone e Teresa Pietrangeli. Il produttore è Nicola Parenti, l’attore che interpreta la parte di Fenomenal, per la N.P. Films (di sua proprietà). Si tratta di un poliziesco che prende spunto dai fumetti dell’epoca, che avevano spesso per protagonista un ladro in calzamaglia con il nome che finiva per consonante (Diabolik, Satanik, Kriminal…). Il ladro di Deodato si chiama Fenomenal e indossa un costume artigianale che visto adesso fa un po’ sorridere. Un giallo ingenuo, girato con l’entusiasmo dell’esordiente, ormai datato e dal marcato sapore fumettistico. Deodato lo realizzò a Parigi in quattro colori. Ricordiamo una sequenza girata completamente con la camera a mano lungo gli Champes Elisées, dove si vede De Gaulle che passa in auto durante una manifestazione che commemora la presa della Bastiglia. Subito dopo viene inquadrato Rex Harrison che si trovava in loco per la sfilata, quindi ha recitato come involontaria comparsa. Deodato aveva ventitré anni, era un capellone hippy fanatico dei Beatles che vestiva con camicie indiane e indossava vistose collane. Era molto diverso dai suoi colleghi che orbitavano nel mondo del cinema. Non trovava nessuno disposto a fidarsi di lui, soprattutto perché spaventava con quel suo aspetto controcorrente. Accettò di dirigere Fenomenal perché desiderava cominciare a fare qualcosa da solo, con la conseguenza che in molti restarono delusi perché la pellicola era di poco spessore e la critica si attendeva di più. “In ogni caso non mi sono mai lasciato condizionare da scelte intellettualistiche. Io amo il cinema e la macchina da presa. Tutto qui”, ci ha confidato. Torniamo a Fenomenal. La trama è inconsistente, i personaggi sono abbozzati e mancano di spessore. La colonna sonora di Bruno Nicolai è composta da una monotona musichetta al piano che si ravviva con una specie di rock and roll solo quando entra in azione Fenomenal. Il film comincia con una scena movimentata a bordo di  una barca: Fenomenal prende a pugni e a colpi di kung fu i malcapitati marinai. Tutta la storia ruota attorno al furto della maschera di Tutankamen che un conte ha fatto arrivare dall’Egitto perché sia esposta al museo. Vediamo all’opera ladri d’altri tempi che scassinano serrature con fiamma ossidrica da carrozzieri o che utilizzano come armi rudimentali cerbottane fatte con pezzi di tubazioni. La trama prevede anche una specie di love story tra Lucretia Love (la figlia unica del re della carne in scatola) e il conte (Nicola Parenti).Poi tutto procede senza grandi sussulti tra tentativi di rapine, furti riusciti e copie della maschera che si confondono con l’originale. A un certo punto confesso che si fa persino fatica a stare dietro a tutto. In ogni caso Fenomenal recupera la maschera a Tunisi e alla fine del film si scopre che il conte e Fenomenal sono la stessa persona.

Marco Giusti, che con tutta probabilità non ha visto il film, su Stracult, dice che Fenomenal è il direttore del museo che invece viene ucciso a metà della pellicola. Nella parte finale girata a Tunisi ricordiamo una scena violenta con Fenomenal che in un albergo malmena il custode del bagno delle donne. Comicità involontaria con le comparse che recitano malissimo un finto spavento correndo per la stanza come tante galline. Altra scena efferata è quella dove il professore che aveva rubato la maschera viene gettato dalla scogliera. Nonostante il volo non muore e subito dopo si vendica dell’aggressore. Da citare il notevole scontro subacqueo per il possesso della maschera risolto dall’intervento di Fenomenal. Due finali chiudono la pellicola. Il primo vede un doganiere all’aeroporto mentre apre la valigia del conte e tira fuori davanti agli occhi della compagna (Lucretia Love) la calzamaglia di Fenomenal. Il segreto è scoperto, ma già lo avevamo capito che Fenomenal poteva essere soltanto lui.  Il secondo finale invece è geniale e fa intravedere le doti del grande regista. Siamo a bordo dell’aereo che riporta a casa i nostri eroi e si ode un preoccupante rumore di orologio. Pare una bomba, invece la macchina da presa inquadra un bambino che sta giocando con un congegno meccanico. Tutti ridono e la parola fine campeggia sullo schermo. Interessante. Il restante lavoro invece non lo è molto. Ci sono sparatorie, inseguimenti, spruzzate di giallo e violenza. Nient’altro. Un’acerba opera prima e niente più. “Per quel film mi dettero quattro milioni e mezzo di lire. Ci comprai l’automobile  e una casa con il mutuo”, ricorda Deodato con un sorriso.

Sempre nel 1968 il produttore Edmondo Amati volle Deodato per una pellicola comico-musicale che risente della lunga collaborazione con Sergio Corbucci nei Little Tony movie. Il film si intitola Donne… botte e bersaglieri, sottotitolo Un uomo piange solo per amore, frase che ricorda una famosa canzone di Little Tony. Soggetto e sceneggiatura di Mario Amendola e Bruno Corbucci, fotografia di Riccardo Pallottini, scenografia di Giorgio Giovannini e musiche di Willy Brezza. Produzione di Edmondo Amati per Fida cinematografica che lo distribuisce. La pellicola viene spesso presentata nei palinsesti estivi delle televisioni ed è un chiaro esempio di film musicale come andavano di moda all’epoca, con protagonisti cantanti famosi come Gianni Morandi e Adriano Celentano. Il meccanismo del cosiddetto musicarello era collaudato e i produttori sapevano che un film così si vendeva bene. Si prendeva l’ultimo successo canoro del cantante di moda e ci si costruiva intorno una storia: la trama aveva poca importanza, quel che contava era che facesse da dignitoso contenitore all’intero repertorio del cantante. In Donne… botte e bersaglieri  troviamo Little Tony (all’epoca un vero idolo delle teenager) che imperversa, accanto a lui recitano un giovane Renzo Montagnani, Ferruccio Amendola, Ira Hagen, Fiorenzo Fiorentini, Ugo Fangareggi, una bella diciassettenne di nome Janet Agren, Enrico Montesano, Marisa Merlini, Pinuccio Ardia, Bobby Solo (che interpreta se stesso), Carla Romanelli, Beatrice Bensi, Alberto Sorrentino, Luigi Leoni, Franco Giacobini, Enrico Marciani e Luigi Minopoli. Deodato ereditò il film da Corbucci che lo aveva scritto insieme al fido Amendola. La storia narra le vicissitudini di quattro giovani che hanno formato un complesso musicale (il pretesto per far cantare Little Tony) e che vengono richiamati alle armi. Nonostante i tentativi per evitare la naia finiscono a correre di nuovo tra i bersaglieri. Non mancano buoni spunti comici con una notevole interpretazione di Enrico Montesano nei panni di un barese. Poi c’è il debutto dell’attrice cult di molti B-movies italiani: Janet Agren, una stupenda diciassettenne dagli occhi azzurri, un sorriso dolce e i lunghi capelli biondi. Abbastanza per far sognare. Da segnalare le canzoni: Un uomo piange solo per amore, Mille come me, Col cuore in gola . La pellicola riscosse grande successo al botteghino. Nel film Deodato utilizza molti obiettivi nuovi per l’epoca come il grandangolo e il fish-eye, poi gira delle canzoni con dei viraggi in blu. Qualche esperimento si comincia a vedere: Little Tony aveva già cantato in mezzo agli hippyes in Peggio per me… meglio per te ed era stato Deodato a volere quella scena.

Ancora datato 1968 è l’altro film musicale Vacanze sulla Costa Smeralda. Soggetto e sceneggiatura ancora una volta di Bruno Corbucci e Mario Amendola, fotografia di Riccardo Pallottini, musica di Willy Brezza, scenografia di Giorgio Postiglione, montaggio di Vincenzo Tomassi. Aiuto regista Renato Rizzi, costumi di Giovanna Deodato. Il film è prodotto da Edmondo Amati per conto di Fida. Anche qui protagonista è Little Tony che promuove il suo repertorio canoro. Il resto del cast: Silvia Dionisio, Ferruccio Amendola, Francesco Mulè, Aldo Puglisi, Toni Ucci, Lucio Flauti, Dana Ghia, Carole Lebel, Giacomo Furia, Giuseppe Terranova, Alberto Sorrentino e Femi Benussi. Da segnalare il debutto della stupenda Tamara Baroni, ventenne parmigiana, privata dello scettro di Miss Italia nel 1967, perché già sposata con prole e comunque nominata Miss Eleganza. La Baroni ricopre un piccolo ruolo di contorno e passa quasi inosservata, tanto che alcune schede del film non la riportano neppure. La pellicola è ambientata tra Porto Cervo e Baia Sardinia e pare quasi un preteso per propagandare le bellezze della Sardegna. Sin dalle prime sequenze è presente una pubblicità sfacciata da depliant turistico. Una voce fuori campo (il pirata antenato di uno degli albergatori) decanta il mare azzurro dell’isola e la macchina da presa insiste sul panorama e sulle spiagge. Nel corso del film sono frequenti intermezzi a base di balli folkloristici e scenari suggestivi della Costa Smeralda. D’altra parte la pellicola viene realizzata con l’aiuto del locale Ente Turistico che tiene al lancio pubblicitario della Sardegna. La trama è piuttosto esile. Francesco Mulé (attore rimasto nella storia per aver dato la voce all’orso Yoghi) e Toni Ucci sono due albergatori che si fanno una terribile concorrenza. I colpi sono proibiti: piatti che esplodono sui tavoli dei clienti e specchi che riflettono i raggi del sole per infastidire i bagnanti sono un esempio. Il bello viene quando Francesco Mulé decide di scritturare Tony Martin (Little Tony), un cantante molto in voga. Toni Ucci presenta come attrazione un patetico Pippo Sabaudo (caricatura trash di Pippo Baudo) e il suo albergo si svuota di colpo. Tutti vanno a sentire le canzoni del bel Tony Martin. Silvia Dionisio, nei panni della figlia dell’albergatore, è la prima a subire il fascino di Tony e per lui molla pure un fidanzato piuttosto ingessato. Mulé spara con il cannone gli inviti per il concerto di Tony Martin e tutti corrono da lui. Toni Ucci prova a manomettere la doccia del cantante e fa uscire dai tubi vernice verde. Ma non serve a niente. Tony canta e ha un grande successo. A questo punto il fidanzato scaricato per colpa del cantante si allea all’albergatore rivale per danneggiare Tony Martin e il mancato suocero. Durante un servizio televisivo riesce a far mandare in onda la scena di un bacio tra Tony e la figlia dell’albergatore e persino gli amoreggiamenti tra Pippo Sabaudo e una ballerina. Si scatena un putiferio e subito arrivano sull’isola sia la fidanzata di Tony (Femi Benussi) che la moglie di Pippo Sabaudo. Contemporaneamente Toni Ucci vestito da donna boicotta il quiz di Pippo Sabaudo (passato al nemico): suggerisce le risposte ai clienti e fa perdere al rivale fior di milioni. Il finale è degno della miglior commedia all’italiana che vede lo scontro tra mogli tradite e amanti finire a colpi di cuscino. Le piume volano in aria e tutti si rincorrono per le stanze dell’albergo con Toni Ucci nella parte di un improbabile vigile urbano. La sequenza ricorda la pochade ma anche le vecchie comiche del cinema muto. Francesco Mulé per la disperazione decide di suicidarsi e Toni Ucci gli indica dove può farlo a colpo sicuro perché il mare è più profondo. Nel tuffo Mulé è fortunato perché trova il tesoro del suo antenato pirata (l’io narrante della storia), quando riemerge compra l’albergo del rivale e lo tratta come un servo. La storia d’amore tra Little Tony e Silvia Dionisio va a buon fine, i fili si ricompongono perché i due fidanzati traditi si scoprono fatti l’uno per l’altro e si mettono insieme.

Troppo duro il giudizio di Morando Morandini quando dice che tra quel che si canta e quel che si vede non c’è gran differenza. In realtà la pellicola, nonostante il tempo passato, diverte ancora. Non è un lavoro memorabile, una delle cose per le quali si ricorda Deodato, però ha buoni tempi comici ed è costruita sullo schema collaudato da Corbucci in Marinai in coperta. Si sfruttano le capacità canore e la popolarità di Little Tony, la bellezza di Silvia Dionisio e Femi Benussi che diventeranno reginette della commedia sexy, ma pure le capacità artistiche di Francesco Mulè e Toni Ucci. Una commedia senza pretese, ma in grado di garantire un’ora e mezzo di sano divertimento.

Little Tony delizia il suo pubblico con Prega, prega, Cuore matto, In tre secondi e Non voglio sapere. A distanza di anni è piacevole riascoltare anche queste vecchie canzoni.

Femi Benussi, intervistata da Franco Grattarola per la rivista Cine 70 nel marzo 2002, dice di non ricordare niente di questo film, solo che era una pellicola musicale. Mala Benussi ha girato così tante pellicole in quel periodo che non è mica facile ricordarle tutti…

Nella già citata intervista rilasciata a Nocturno nel 1996 Deodato dice: “Ci fu il problema che il soggetto iniziale era pessimo e dovemmo rifarlo. Poi il film doveva pubblicizzare la Sardegna. Ne venne fuori una cosa un po’ forzata. Lo ricordo soprattutto perché sul set conobbi la mia prima moglie, Silvia Dionisio, che era al suo primo film”. A livello di curiosità diciamo che il regista ha sposato Silvia Dionisio nel dicembre del 1971 e che da lei ha avuto un figlio di nome Saverio Raffaele. La coppia si è separata nel 1979, proprio durante la lavorazione di Cannibal Holocaust. Deodato, stregato dalla bellezza della Dionisio in quel periodo la fece lavorare anche in alcuni Caroselli. Chi non ricorda la pubblicità della crema Venus (Avete mai incontrato una ragazza così?) o quella dell’Amaro Cora (Amavorevolissimevolmente…) a fianco di Jean Sorel?

(3/1 – continua)

Gordiano Lupi