EROTISMO, ORRORE E PORNOGRAFIA SECONDO JOE D’AMATO 10

Caligola movies e postatomico

Nel 1980 Tinto Brass, il più grande regista erotico italiano, dirige Io Caligola, un film che non vedremo mai come il suo autore lo aveva pensato. La storia di un imperatore folle che viveva di incredibili eccessi si avvale della sceneggiatura dello scrittore americano Gore Vidal, di Masolino D’Amico e dei mezzi di una ricca produzione internazionale (Bob Guccione, padrone di Penthouse). Tutto questo non basta a placare le ire della censura che ne blocca l’uscita per ben due volte. Il film viene tagliato, rimontato, rimaneggiato, alla fine ne viene fuori un prodotto informe, un coacervo di torture, decapitazioni e follie in mezzo a qualche eccesso sessuale. La realtà storica è soltanto una scusa. Tinto Brass disponeva di un bel cast: Terese Ann-Savoy, Malcom McDowell, Adriana Asti, John Steiner… Maria Schneider abbandonò il set per una paventata scena di bagno nello sperma oppure per il timore di dover girare vere scene hard. Non lo sappiamo. Fatto sta che Brass pare proprio al massimo del suo splendore ed è un peccato che abbia effettuato soltanto la regia delle riprese ma non il montaggio (curato da Guccione e da Giancarlo Lai). In ogni caso Io Caligola resta un film – pasticcio, distrutto dai censori.

Ai nostri fini la cosa più interessante è che questa pellicola produsse un vero e proprio sottogenere del cinema erotico italiano: il Caligola movie. Il fenomeno durò lo spazio di pochi anni e non poteva lasciare insensibile uno sperimentatore come Massaccesi. Il suo Caligola si intitola Caligola… la storia mai raccontata ed è datato 1982. Si trova anche un titolo come Caligola… l’altra storia, ma è lo stesso film. Massaccesi firma la regia come David Hills, per soggetto e sceneggiatura inventa un tal Richard Franks. Scenografie e costumi sono di Lucius Pearl, il montaggio è di George Morley. Molti nomi sono di fantasia, in realtà fa quasi tutto Massaccesi. Federico Slonisco alla fotografia e Alexander Susmann alla produzione nascondono il nostro geniale artigiano. La musica è di Carlo Maria Cordio. Un bel cast: David Brandon (si fa chiamare David Cain) nei panni di Caligola è molto bravo e mostra tutte le sue doti di attore di teatro. Lo ritroveremo in Deliria di Michele Soavi, prodotto da Massaccesi. Ricordiamo, tra gli altri: Laura Gemser, Oliver Finch, Fabiola Toledo, Cristiano Borromeo (Charles Borromel), Gabriele Tinti, Ulla Luna, Sasha D’Arc, Alex Freyberger, Larry Dolgin e Michele Soavi (non accreditato).

La versione di Massaccesi segue la stessa sorte della pellicola di Tinto Brass: la censura boccia Caligola per tre volte. Per questo motivo il film deve essere tagliato e rimontato, tanto che nella versione che circola in Italia mancano quasi tutte le scene hard (un quarto d’ora di riprese sono state spazzate via) e il film può essere classificato come un erotico ordinario. Basti pensare che la copia italiana è di ottantasei minuti contro i cento della versione francese. In ogni caso quel che possiamo vedere è sufficiente per apprezzare la bravura di Massaccesi nel contaminare i generi. Il regista realizza un Caligola che è una via di mezzo tra l’erotico e l’horror perverso, strizzando l’occhio all’hard. Ricordiamo nelle sequenze iniziali una scena terribile con protagonista Michele Soavi che si vede mozzare la lingua (l’attore aveva una lingua d’agnello in bocca). Talmente credibile da fare ribrezzo anche a uno stomaco forte e preparato. Sul versante erotico citiamo la scena di un cavallo masturbato in mezzo a un’orgia (una citazione della storia del cavallo senatore) e soprattutto la Gemser che si autosvergina con un pene di legno affinché il dio Anubi le faciliti l’uccisione di Caligola. Il film di Massaccesi è folle e perverso. Visionario al punto giusto. Tra il Caligola di Brass e quello di Massaccesi scegliamo l’ultimo, anche perché ha il pregio di essere meno confuso e soprattutto non ha alcuna pretesa alta.

La trama. Michele Soavi è il poeta Domizio che tenta di assassinare Caligola ma fa una brutta fine. “Sei un fallito come poeta e pure come assassino. Io sarò la storia e tu ne sarai il testimone, solo che non potrai né scriverla né cantarla…” minaccia il folle Caligola. Domizio è ridotto a una larva umana, privato di tendini e di lingua, non può muoversi né parlare e l’imperatore lo tiene a corte come un fantoccio dietro a un separé. La scena della mutilazione è uno degli effetti speciali più riusciti del film. Dopo questa sequenza ci accorgiamo che Caligola è tormentato dagli incubi e teme di essere ucciso dai senatori che complottano contro di lui. Durante una cavalcata sulla spiaggia l’imperatore incontra Livia e se ne invaghisce, tanto che la violenta sotto gli occhi del giovane Ezio, il suo ragazzo (figlio del console Marco Tullio Gallo). Livia per la vergogna si suicida durante il rapporto e un pretoriano assassina il ragazzo con un colpo di gladio. Caligola mette in giro la voce che Livia ed Ezio sono stati uccisi da fanatici cristiani, ma i senatori non ci credono e complottano contro di lui. Non ci crede neppure Miriam (Laura Gemser), una bella egiziana amica di Livia, che promette vendetta durante il rito funebre della ragazza. Caligola intanto compie nuove nefandezze e uccide barbaramente i senatori che ritiene nemici. Poi ordina di organizzare un’orgia per celebrare la decisione di costruire un tempio con giardini sullo stile di Babilonia. L’orgia vede ospite la nobiltà romana che paga profumatamente e così si raccolgono i denari che servono al progetto. Caligola fa catturare le vergini vestali e pretende che siano la principale attrazione della festa. Il bagno delle vergini è una delle scene memorabili della pellicola, soprattutto perché le donne vengono sverginate da alcuni servi per mezzo di falli di plastica. Un omosessuale si occupa di selezionare e di istruire le donne per l’orgia e Miriam entra nel gruppo con il solo intento di uccidere Caligola. La bella egiziana offre la sua verginità ad Anubi per renderlo propizio e il senatore Cornelio le propone di agire di comune accordo, così tutto sarà più facile. L’orgia è un’altra parte del film che non si dimentica. Ci sono sequenze forti, come il duello tra gladiatori a colpi di pugno ferrato e il sangue che schizza sui volti degli ospiti in un trionfo di splatter. C’è il cavallo di Caligola masturbato da una donna che poi muore sotto i colpi del suo fallo bestiale (la sequenza è stata tagliata nella pellicola distribuita in Italia). Ci sono uomini che baciano altri uomini, donne che si divertono tra loro, nobili che mangiano, vomitano e fanno sesso. Tutto molto disgustoso ma anche ben ricostruito. Caligola si invaghisce di Miriam e il fido Ulmar la conduce nelle stanze imperiali. Qui ricordiamo un intrigante rapporto sessuale, finto ma realistico, tra David Brandon e Laura Gemser, molto erotico, ai confini del porno. A sorpresa, quando il senatore Cornelio tenta di uccidere Caligola, è Miriam che lo salva ed elimina il congiurato. Dopo lo scampato pericolo Caligola si scatena in un crescendo di furia omicida, facendo torturare e massacrare i senatori che ritiene nemici. Terribile e realistica la sequenza dei senatori impalati per il sedere: i ferri entrano dal retto ed escono dal petto in un notevole eccesso gore. Caligola non è contento e fa massacrare anche i familiari dei senatori congiurati per mano dei senatori innocenti. In una sequenza splatter al massimo grado un vecchio senatore decapita due donne a colpi di gladio, si vedono rotolare teste e mani mozzate. A questo punto Ulmar aiuterebbe Miriam a fuggire perché ha capito che lei vuole vendicarsi di Caligola, ma Miriam comincia uno strano rapporto con l’imperatore. Nasce un legame torbido e passionale che pare diventare amore. “Mi hai dato qualcosa che non so definire…” dice Caligola e decide di sposare Miriam pure se è una schiava. Miriam scopre la medaglietta che Livia portava al collo e ripensa all’amica morta. Vuole sapere da Caligola la verità. Una suggestiva parte onirica ci mostra un Caligola imprigionato nei suoi rimorsi e accerchiato dagli spettri dei cadaveri di cui si è macchiato. Un filtro magico somministrato da Miriam lo porta a vedere di nuovo i morti del passato, soprattutto Livia e il suo ragazzo. I fantasmi lo accerchiano e lui è così sconvolto che massacra Miriam a colpi di gladio credendo di trovarsi nel sogno. Questa è un’altra scena molto splatter con l’imperatore che lecca le orribili ferite e si abbevera al sangue della morta. Caligola piange il suo amore perduto, la sola donna che era riuscita a renderlo umano. Si erano innamorati entrambi e Miriam pare aver cercato la morte per non dover compiere il suo dovere. Siamo alla fine del film con il senato che complotta di nuovo e decide la morte di Caligola per mano del fido Ulmar. Il servo lo elimina con due frecce al cuore, sulla spiaggia, davanti ai pretoriani e al senato schierato in gran pompa. Claudio, imperatore ben visto dagli anziani, prenderà il suo posto. “Oggi è morto un Dio ed è nato un uomo” stava dicendo Caligola… “che vivrà in eterno” conclude con le frecce piantate nel cuore.

In definitiva un bel film che consigliamo soprattutto per l’ottima ricostruzione storica e scenografica. La fotografia è molto soffusa con toni ocra che danno alla pellicola un’atmosfera decadente da tardo Impero Romano. Ci sono parti (come le orge e le lunghe cavalcate sul mare) ben realizzate e molto realistiche. La recitazione è a ottimi livelli, una delle pellicole meglio recitate tra quelle di Massaccesi (che non dava grande importanza alla recitazione). David Brandon è un Caligola perfetto e credibile nella sua follia maniacale. Laura Gemser offre una delle interpretazioni più ispirate della sua carriera.

Tra i Caligola movies citiamo anche un Caligola e Messalina girato nel 1982 dall’attore italo-francese Antonio Passalia e Bruno Mattei. Non è un film memorabile. Pure Messalina è un personaggio della storia romana molto gettonato dalle pellicole erotico – hard del periodo. Molto sfruttato anche l’imperatore Nerone: si pensi a Nerone e Poppea di Bruno Mattei. Tutti film girati in doppia versione, soft e hard.

Massaccesi nel 1996 girerà un Caligola dichiaratamente porno intitolandolo Caligola follia del potere (noto anche come Caligula) firmato con lo pseudonimo Raf De Palma. La trama vede Caligola, un pazzo ambizioso e depravato, a capo di uno dei più grandi e potenti imperi della storia antica. Alla ricerca di emozioni forti e proibite, trasforma il magnifico palazzo imperiale in un luogo di vizio e piacere, dove i festini sono senza sosta e soprattutto a base di sesso. Interpreti: Olivia del Rio, Francesco Malcom, Ursula e Nicolette. Direttore della fotografia un certo Zak Roberts, come sempre Massaccesi, che è pure sceneggiatore e soggettista nascosto dal nomignolo di James O’Connell. Anche perché in questo Caligola c’era ben poco da scrivere e sceneggiare. Per quanto è bello e affascinate il film originale, questo è inutile e da dimenticare. Ci sono spezzoni del vecchio film e pare girato in video, la recitazione è pessima, Francesco Malcom fa rimpiangere non poco l’ottimo David Brandon. Niente più che un pessimo remake porno.

Nel 1996 D’Amato gira pure un Messalina sullo stesso tenore. I due film sono stati pubblicati nel 2001in Home Video e sono reperibili nel catalogo Avo Film, ma li sconsigliamo perché mutilati di tutte le parti hard e se a film come questi togliamo il porno… Basta dare uno sguardo alla trama di Messalina per capire. Nella Roma antica, durante il decadente impero di Claudio, il desiderio sessuale di Messalina diventa sempre più ingordo e difficile da soddisfare. Neppure i soldati più giovani e aitanti riescono ad acquietare la sua passione. Interpreti principali: Kelly Trump, Hakan Serbes, Olivia Del Rio, Backey Jakic e Roberto Malone. La location è la stessa di Caligula, come spesso accadeva per i film girati in contemporanea. D’Amato, da abile artigiano, produce due film al costo di uno. Gli attori sono in gran parte gli stessi e la scenografia non cambia. Pare che il film sia stato scritto da Lynn Clarck e fotografato da Fred Slonisko, ma noi sappiamo che è sempre Massaccesi. Le avventure di Messalina lo gira anche Luca Damiano, per non essere da meno.

Trascuriamo Delizie erotiche in Porno Holocaust (1982), solo un rimontaggio di Porno Holocaust con alcune scene hard addizionali interpretate da Loretta D’Andrea, Veronique Laurent ed Helga Sherley. Occupiamoci invece di Messalina orgasmo imperiale (1982) che Massaccesi firma come Oliver J. Clarke alla regia e come Dirk Frey per la fotografia. Interpreti le belle Pauline Teutscher e Nadine Roussial. Ruolo maschile più importante affidato a Paolo Gramignano. Massaccesi si limitò a riutilizzare le scenografie di Caligola la storia mai raccontata e prese le musiche di Cordio da Ator. Ne venne fuori una sorta di peplum hard che lo stresso Massaccesi definiva modesto.

Super Hard Core (1982) è invece un porno senza tante pretese e precede un ritorno al Caligola movie versione porno con Una vergine per l’impero Romano (1982).

Ben più importanti sono i due film del 1983, che possiamo classificare fantascientifici-postatomici, un sottogenere che viene alla ribalta dopo il successo di opere interessanti come 1997: Fuga da New York (1981) di John Carpenter che ebbe uno stuolo di imitatori anche oltre oceano. Anche qui Massaccesi si diverte a metterci del suo, stravolgendo il genere inserendo atmosfere horror e addirittura western.

Endgame – Bronx lotta finale (1983), noto anche come I mutanti,  si ispira a La decima vittima di Elio Petri (1965) che per primo mise in scena una società del futuro che sfogava l’aggressività con una caccia all’uomo ripresa in diretta televisiva. Un film sceneggiato niente meno che da Ennio Flaiano, interpretato da un cast eccellente, composto da Marcello Mastroianni, Ursula Andress, Elsa Martinelli e Salvo Randone.

Nei credits di Endgame – Bronx lotta finale, Aristide Massaccesi compare come Steven Benson, si occupa di regia, montaggio, sceneggiatura e fotografia (a nome di Federico Slonisco). Luigi Montefiori invece si soprannomina Alex Carver e si occupa di soggetto e sceneggiatura. Aiuto regista è il giovane Michele Soavi. Produzione Filmirage, la casa fondata da Massaccesi.

Interpreti: Al Cliver (Pierluigi Conti), Laura Gemser (con lo pseudonimo di Moira Chen), George Eastman, Gordon Mitchell, Gabriele Tinti, Jill Elliot, Jack Davis, Al Yamanouchi, Bobby Rhodes, Pietro Ceccarelli, Joe Spencer, Mario Pedone, Nat Williams (alias Nello Pazzafini), Christopher Walsh, Franco Ukmar, Al Waterman, David Brown, Carlos Valles, Richard Novak, Peter Brighton e Michele Soavi.

Endgame raffigura un mondo sconvolto dal dopo bomba come un assurdo teatro di feroci gare tra fuggitivi e cacciatori. Il tutto viene ripreso in diretta televisiva per essere dato in pasto a un pubblico sempre più controllato dal potere anche attraverso questi giochi mortali. L’ambientazione è nella New York del 2025, presunta era postatomica. C’è una potente multinazionale al potere che organizza terribili giochi tra coraggiosi guerrieri che impersonano a turno cacciatori e prede. Shannon (Al Cliver) è un campione del gioco e viene ingaggiato da un gruppo di mutanti dotati di poteri telepatici che vogliono fuggire dalla metropoli. Ovviamente il viaggio sarà pieno di insidie, ci saranno lotte contro orribili mutanti e feroci barbari prima di raggiungere la libertà. Si tratta di un buon film al quale anche Piero Mereghetti, nel monumentale Dizionario, assegna due stelle e un buon giudizio: “Uno dei tanti postatomici sulla scia di Mad Max e 1997 – Fuga da New York, ma simpaticamente senza pretese, con idee passabili e la capacità di creare con niente (scenografie ed effetti speciali sono poverissimi) personaggi da cinema popolare di una volta”.

Ci sono scene che non si dimenticano in Endgame, come lo sconvolgente inizio che vede topi cibarsi di resti umani e uomini cannibali che allontanano i ratti per mangiare i cadaveri putrefatti. Ma c’è pure una sorta di messaggio contro la pubblicità e il potere occulto della televisione che annebbia le menti e annulla le coscienze. Si mette all’indice la società dei consumi che sta prendendo sempre più campo: il crudele gioco è sponsorizzato da una bibita e da una tavoletta energetica. Il governo della multinazionale approfitta dell’interesse che i cittadini manifestano per il gioco televisivo e cercano di sterminare i mutanti, ritenuti un pericolo. I mutanti rappresentano il diverso che fa paura: sono uomini con poteri mentali, fisici, spesso deformi. In realtà sono loro la speranza da cui ripartire per ricostruire un mondo nuovo e migliore di quello che è stato distrutto dall’egoismo umano. Lo scenario è degno del miglior film postatomico, la fotografia di Massaccesi è cupa e inquietante, la musica di Carlo Maria Cordio è martellante e intensa, la scenografia è essenziale e buona parte del film è girato in teatri di posa. Le scene di violenza sono la parte migliore, così come sono ottime le sequenze ad alto contenuto orrorifico. Personaggi da film  dell’orrore sono: mutanti che sembrano lebbrosi e si cibano di uomini, mutanti dalle sembianze scimmiesche, uomini pesce involuti con pinne e squame che simboleggiano l’uomo che ritorna al passato, i servi incappucciati e resi ciechi agli orrori del mondo… Troviamo anche una razza di mutanti sensibile e non violenta: i telepati, di cui fa parte la bella Lilith (Laura Gemser) che Shannon deve aiutare a fuggire dalla città. Citiamo due notevoli scene splatter: un telepate  che si ritrova il cranio fracassato da un colpo d’ascia e una testa rigirata con sangue che sgorga copioso dalla giugulare mozzata. Ricordiamo un accenno di violenza carnale a Laura Gemser, posseduta da un uomo pesce, ma ci dobbiamo accontentare di un seno scoperto. D’altra parte questo non è un film della serie Emanuelle.

Notevole la chiusura con Al Cliver che compie sino in fondo il suo dovere e conduce i mutanti fuori dalla città. Sarà un bambino mutante a sgominare la polizia del regime con la forza dei suoi poteri mentali. Il pensiero telepatico solleva una tempesta di sabbia che spazza via l’esercito e fa volare lontano le camionette blindate, quindi aziona la mitragliatrice e uccide uomini in quantità. Il comandante finisce addirittura con lo spararsi in bocca in un trionfo di splatter. I mutanti sono salvi e poco male se appena poche sequenze prima si era detto che i telepati erano buoni e sensibili e non avrebbero mai ucciso nessuno. Il bambino ha fatto uno strappo alla regola e l’incongruenza era necessaria per dare al film un lieto fine. Poetico l’addio tra Laura Gemnser e Al Cliver. Lei vorrebbe il cacciatore per sempre con sé, ma lui rifiuta e dice: “Lilith, guardami negli occhi. Tu sei il futuro, io sono il passato”. Il loro amore resterà un fiore non colto.

Bene fa Massaccesi a stemperare il romanticismo con un doppio finale che vede l’inizio di una nuova lotta tra Al Cliver e George Eastman, nemici per sempre nel terribile gioco al massacro.

Il film è di difficile reperibilità, sul mercato delle Home Video da collezione si trovano persino copie olandesi. In sala fu distribuito male e venne visto da pochi. Peccato.

Anno 2020 – I gladiatori del futuro (1983) è codiretto da Aristide Massaccesi (si firma Kevin Mancuso) e Luigi Montefiori (George Eastman). Nel documentario Joe D’Amato Totally Uncut di Roger Fratter lo stesso Montefiori confessa che nel film venne pagato come aiuto regista ma che in realtà fece tutto lui. Massaccesi conferma e non conferma, di sicuro una mano l’avrà data. Il soggetto porta la firma di un Alex Carver che nasconde il solito duo Massaccesi-Montefiori. La sceneggiatura è di Aldo Florio, la fotografia di John Larson (Massaccesi?), le musiche di Francis Taylor e il montaggio di un certo Caesar Write che sa tanto di nome inventato. Scenografie di Robert Jenkis. Aiuto regista è Michele Soavi (si firma Mike Soft) in collaborazione con Ofelia Garcia. Gli effetti speciali sono di: James Davies, Robert Gold e Peter Gray (di sicuro italiani camuffati). Prodotto da Helen Handris perla Eureka Cinematografica. Distribuito da Continental Motion Pictures. Interpreti: Harrison Muller (Jab), Al Cliver (Nisus), Sabrina Siani (Maida), Isabella Rocchetta (Kezia), Daniel Stephen (Catch Dog), Peter Hooten (Alakron), Al Yamanouchi (Red Wolf), Donald O’Brien (Black One) e David Green.

Si tratta di un postatomico meno riuscito di Endgame ma interessante per l’atmosfera western che ne fa un’opera originale. Aldo Florio è sceneggiatore del film perché la pellicola è un remake in chiave postatomica di un suo vecchio western: I cinque della vendetta (1967). Trovata originale di Massaccesi che ambienta nel futuro atmosfere da vecchio West. Ci sono sequenze girate dentro un saloon, incontriamo tribù di pellerossa e un assedio alla centrale che sa tanto di assalto al fortino. Massaccesi non rinuncia allo splatter, sparge a piene mani scene di sangue con torture, uccisioni e violenze di ogni tipo.

La storia narra di un mondo privo di leggi che vive nel caos. Una banda di barbari comandati dal malvagio Black One (molto bravo Donald O’Brien in una parte da cattivo) attacca una grande centrale, dove la comunità tenta di ricostruire la società umana. Sarà un massacro ben tratteggiato da Massaccesi che insiste su scene di violenza e stupri. Alla fine la centrale verrà liberata dagli invasori grazie all’aiuto di una tribù di indiani.

In Francia il film è noto come 2020 Texas Gladiators ma lo troverete citato anche come Texas 2000 e infatti l’ambientazione ricorda un Texas da cinema fatto di canyons e pianure assolate.

La violenza è il filo conduttore della pellicola. In un vecchio convento gli scagnozzi del Nuovo Ordine stanno facendone di tutti i colori. Una suora viene violentata, un’altra si taglia la gola per non fare la stessa fine e un religioso viene crocefisso come Gesù Cristo. Cinque gladiatori paladini della giustizia entrano subito in azione e si presentano come coloro che vogliono ricostruire l’umanità dopo lo scoppio della bomba. Ma subito il gruppo si divide. Uno di loro viene cacciato perché tenta di violentare una ragazza trovata nel convento (Maida) e diviene il nemico più spietato dei gladiatori. Al Cliver (bravo nella parte di Nisus) se ne va con Sabrina Siani (Maida) a vivere in una centrale, dove gli uomini vogliono ripartire da zero e ricostruire un mondo privo di violenza e oppressione di tiranni.

“Tutti abbiamo le mani sporche di sangue. Il mondo è diventato un caos” dice Al Cliver. “Non è uccidendo che si tornerà al mondo di prima” risponde Sabrina Siani. Questa parte ha un vago sapore retorico ma non dispiace.

Nisus e Maida si stabiliscono alla centrale e mettono al mondo persino una figlia. Tutto pare andare nel migliore dei modi quando irrompono le truppe del Nuovo Ordine comandate dal perfido Black One, che indossa una buffa divisa simile a quella degli ufficiali dei carabinieri. Qui si apre una lunga parte stile western puro, con la sola differenza che le truppe all’attacco della centrale non sono i soliti indiani a cavallo ma tipi violenti motorizzati. Quando arrivano i soldati, protetti da impenetrabili scudi termici, è impossibile resistere all’invasione e in poco tempo la centrale passa sotto il controllo del Nuovo Ordine. Violenze e uccisioni si sprecano. Muore persino Al Cliver nel tentativo di vendicare una violenza carnale subita da una bella quanto inespressiva Sabrina Siani. Abbiamo già parlato della contaminazione western-postatomico che fa del film un lavoro originale ed è soprattutto nella scena del saloon che la cosa si nota molto. Al tavolo da poker si gioca alla roulette russa (stile Il cacciatore di Michael Cimino con Robert De Niro) e chi perde muore. Oltre tutto il gioco è truccato e i tre gladiatori se ne accorgono. Dopo la scazzottata immancabile all’interno del saloon, i nostri eroi liberano Maida e gli altri uomini ridotti in schiavitù nelle miniere di sale. Il loro scopo adesso è quello di liberare la centrale dai malvagi e ritrovare la bambina.

Le scene d’azione della pellicola sono ben riuscite, si perdona a Masasaccesi persino l’utilizzo di buffi mezzi semoventi, che sembrano macchine da Luna Park e di pistole giocattolo a totale imitazione dei film americani. Il paesaggio è quello di un Texas futuristico ed è ben ricostruito, le imboscate hanno il sapore dei film western di Sergio Leone e si vede che Massaccesi non è a digiuno di quel tipo di tecnica cinematografica. Al solito i dialoghi sono pessimi e la pellicola avrebbe bisogno di maggior velocità e più ritmo, ci sono scene esageratamente lunghe e pesanti che andrebbero tagliate.

A questo punto entrano in scena gli indiani che si alleano ai gladiatori per liberare la centrale dagli invasori. Non è facile convincerli, gli indiani sono per la pace ma non vogliono immischiarsi. Soltanto una lotta indiana tra Alakron e Orso Nero con la vittoria del primo riesce a persuaderli. Gli scudi termici del Nuovo Ordine niente possono opporre a frecce e lance indiane che uccidono senza pietà. La centrale è presto liberata e un colpo d’ascia al petto fa fuori il perfido Black One. C’è spazio per qualche altra battuta retorica della Siani: “Non potrà più essere tutto come prima” e poi la bambina le corre incontro e abbraccia sua madre. Il lieto fine è assicurato, anche se del gruppo di gladiatori resta solo Alakron che saluta e parte per nuove avventure. Il messaggio è di speranza: dal ceppo sano dell’umanità può risorgere un mondo migliore.

(10 – continua)

Gordiano Lupi