NOCTURNIA PRESENTA 01: POCHE GENTILI PAROLE PER CLAUDIO DE NARDI

Iniziamo con oggi una partnership che non potrà certo deludervi: ci alleiamo infatti, per essere ancora più forti e competenti in materia fantastica, con l’ottimo blog “Nocturnia” del bravissimo Nick Parisi. Grazie a questa collaborazione, che rientra in un più ampio progetto denominato inizialmente “Pax Sf” e che ora si è tramutato in “Cosmolinea B-Log”, sulla Zona Morta verranno pubblicati alcuni articoli del blog di Parisi e viceversa, nell’ottica di una lunga, efficace e proficua collaborazione tra veri appassionati e tra siti che si rispettano, animati da quella “Passione” con la “P” maiuscola che da sempre alimentiamo e che fa da motore a ogni nostra iniziativa.

Per cui mettetevi comodi, allacciate le cinture di sicurezza e cominciate a leggere… per iniziare questo lungo viaggio di fratellanza, parleremo di qualcuno che aveva fatto del fantastico il proprio pane quotidiano… Claudio de Nardi.

Claudio De Nardi nel 1989 – La foto è di Giancarlo Pellegrin

“L’estensore di questo articolo desidera ringraziare Andrea Bonazzi e Pietro Guarriello per i preziosi consigli e l’ancora più prezioso aiuto da loro fornito.

Questo post rappresenta un tentativo di ricordare e far ricordare un importantissimo protagonista del mondo editoriale italiano scomparso qualche anno fa. Non è ancora una biografia completa, ma ci voglio arrivare. Consideriamolo un primo tentativo di costruire un ricordo articolato di Claudio De Nardi, anzi invito tutti gli amici ed i collaboratori di Claudio De Nardi, se lo vorranno, di contribuire a questo post con una loro testimonianza.

Nel 1977 l’editore romano Fanucci edita due volumi destinati a fare epoca.

I due tomi, rispettivamente intitolati Il Guardiano della Soglia e La Lampada di Alzhared, rappresentano una sorta di pietra miliare nella storia e nelle fortune delle traduzioni dell’opera di Lovecraft in Italia, e questo non tanto per il contenuto in sé stesso (entrambi i volumi raccolgono le collaborazioni postume tra H.P. Lovecraft ed il suo editore americano August Derleth), e nemmeno per una sorta di primato editoriale (già c’erano state altre pubblicazioni relative al “sognatore di Providence” nel nostro paese e tante altre sarebbero arrivate in quegli anni) quanto piuttosto per un particolare: in appendice al primo dei due volumi, viene pubblicato il saggio Alla Ricerca della Chiave d’Argento, dovuto alla penna sensibile ed intelligente di Claudio De Nardi.

Col tempo lo stesso De Nardi sarebbe diventato uno dei maggiori esperti e conoscitori italiani dell’opera di Howard Phillips Lovecraft.

Era da molto tempo che volevo scrivere un ricordo sulla figura di De Nardi (1950 – 2010) ed il motivo è molto semplice.

Se oggi nel 2016 la personalità e le opere di autori come Howard Phillips Lovecraft sono conosciute ed apprezzate nel nostro paese, lo dobbiamo a tutta una serie di esperti e appassionati che nel corso dei decenni – a partire dal lontano 1958, quando Mario Picchi scrisse tutta una serie di articoli dedicati allo scrittore del New England, -  hanno studiato lo scrittore, lo hanno tradotto e presentato ai lettori, sovente in un clima di grandi difficoltà.

Si tratta di esperti, di studiosi, spesso di veri e propri pionieri della saggistica e della critica di genere, persone che hanno dato tanto facendo molto maturare il settore dell’esegesi letteraria. Solo che oggi mentre ne ricordiamo e ne valorizziamo giustamente alcuni come la grande coppia professionale rappresentata da Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, altre tra queste figure sembrano essere cadute nel dimenticatoio o troppo poco ricordati.

E’ il caso, per l’appunto, di Claudio De Nardi.

Partiamo da un assunto, anche in vita si parlava molto poco di Claudio De Nardi, la sua era piuttosto una presenza costante ma discreta. De Nardi era sicuramente rispettato ed apprezzato dai suoi colleghi, le sue uscite venivano regolarmente segnalate, però la sua era una di quelle figure date quasi per scontate, di quelle che ci si aspettava rimanessero sempre costantemente al loro posto.

I suoi studi sulla vita e sull’attività letteraria di Howard Phillips Lovecraft hanno fatto scuola, hanno formato una intera generazione di lettori dell’opera dello scrittore americano.

Profondo conoscitore degli scritti lovecraftiani (ma anche di molti altri autori), Claudio De Nardi ha dedicato una vita intera a sviscerarne le opere.

E a differenza di molti suoi colleghi, Claudio De Nardi sembrava interessato non solo all’H.P. Lovecraft scrittore ma anche – e soprattutto – all’H.P. Lovecraft “uomo”, alla “persona” dietro lo scrittore con tutte le sue idiosincrasie, debolezze e le sue umane, umanissime contraddizioni.

Scarse sono anche le note biografiche in circolazione su De Nardi, in sostanza l’idea che me ne sono fatto – e, nel caso, i suoi amici e le persone che lo hanno conosciuto mi diranno se ci ho preso o se ho scantonato di brutto – è quella di un ricercatore vecchio stile (detto nel senso migliore del termine), di uno studioso  che preferisse parlare di sé attraverso il suo lavoro, i suoi studi e le sue ricerche e di un uomo che cercasse sempre di andare oltre i limiti della conoscenza provando ad arricchirsi culturalmente sempre di più attraverso la ricerca di una propria chiave personale.

In buona sostanza era come se Claudio De Nardi cercasse di conoscere sé stesso attraverso la conoscenza degli scrittori che tanto amava, che provasse a comprendere la propria personale natura umana sviscerando le vite delle figure artistiche di cui trattava.

Soprattutto emerge il ritratto di un uomo che nel corso degli ultimi anni vivesse in un tempo che non sentiva totalmente come suo.

Quasi come se auspicasse di vivere negli anni dei suoi amati scrittori .

Vogliamo provare a tracciare una sorta di biografia minima?

Sempre le scarne informazioni su di lui parlano di un uomo nato in Veneto ma trapiantato in Friuli, di un appassionato da sempre di letterature e poesie europee e nord americane che ha prima ottenuto una laurea in Lettere con una tesi su Dino Campana e che poi, non pago, ha affrontato anche di successivi studi in Filosofia con conseguente seconda laurea.

Claudio De Nardi fu quindi un uomo di grandi interessi, attento a tutto l’Universo della narrativa horror, gotica e weird e questo interesse, questa passione traspariva nei suoi scritti e nelle sue traduzioni e perfino nelle sue poesie.

Perché in fondo Claudio De Nardi fu molte cose: traduttore, recensore, saggista, curatore, articolista e in qualche rara occasione perfino scrittore.

Nel corso del tempo lo studioso si sarebbe avvicinato sia ad importanti realtà editoriali sia ad alcuni capisaldi del primo fandom letterario, come la rivista amatoriale triestina Il Re in Giallo. Inoltre lo studioso si sarebbe occupato di vari aspetti della letteratura fantastica ed avrebbe trattato di autori come Arthur Machen, Arthur Conan Doyle o Lord Dunsany, ma come è detto fu Lovecraft lo scrittore al quale rimase più legato e fu Lovecraft l’autore al quale il nome di Claudio De Nardi rimase maggiormente legato durante il corso della sua vita professionale.

Dopo Alla Ricerca della Chiave d’Argento l’uomo sarebbe tornato diverse volte sull’argomento “Miti di Cthulhu“, in diverse antologie o raccolte di grande interesse,  come ad esempio l’antologia Di Nuovo Weird Tales (ancora per i tipi di Fanucci) del 1986 all’interno della quale De Nardi curò la traduzione di due racconti (The Disinterment e The Tree on the Hill) attribuiti a Lovecraft solo in periodi recenti. Oppure lo splendido e fondamentale volume Vita Privata di H.P. Lovecraft pubblicato nel corso del 1987 dalla trentina Reverdito.

Probabilmente quest’ultima può essere considerata come l’antologia definitiva dedicata al sognatore di Providence ricca com’è di testimonianze da parte degli amici e dei colleghi dello scrittore americano e di materiali biografici in precedenza inediti nel nostro paese. Sicuramente è anche una delle opere migliori mai uscite in Italia in questo ambito.

Importante anche la sua collaborazione con la rivista Yorick per la quale nel 1995 curò il volume Lovecraftiana anche se il capitolo finale dei suoi studi su H.P.L. e, al tempo stesso il suo testamento letterario, venne rappresentato dal libro Teoria dell’Orrore, pubblicato da Castelvecchi nel 2001, all’interno del quale (per la traduzione di De Nardi) erano stati raccolti tutti i saggi dello scrittore statunitense.

Ma va detto che numerose sono state le case editrici per le quali ha lavorato l’esperto: oltre alle già ricordate Fanucci e Reverdito, bisognerebbe citare perlomeno la Mondadori (per cui ha tradotto molti racconti di H.P.L. per numerose edizioni Oscar, tra le quali un posto speciale ha la serie in quattro volumi H.P. Lovecraft – Tutti i Racconti curata da Giuseppe Lippi), la Solfanelli e Il Cerchio.

Così come va ricordato che il talento del De Nardi saggista era stato riconosciuto anche all’estero, grazie alla pubblicazione di alcuni suoi scritti in Francia (sulla rivista Antares), anzi ad un certo punto era arrivato anche l’interesse degli americani, anche se purtroppo molti progetti poi non si realizzarono.

E stranamente, una volta tanto anche in patria, la sua attività di curatore venne premiata grazie alla vittoria nel 1995 del Premio San Marino segno che in parecchi si erano resi conto della particolar cura che lo studioso metteva nel suo lavoro.

Già perché sarebbe impossibile citare tutti i volumi curati da quell’esperto veneto trapiantato in Friuli che aveva debuttato professionalmente nei lontani anni ’70, numerose sono state le iniziative a cui aveva partecipato per la diffusione della conoscenza del fantastico in Italia, infinite sono state le opere da lui tradotte ponendo le basi per chi sarebbe venuto dopo.

Eppure dal 2001 qualcosa cambia: cambia il mondo editoriale, si trasformano le esigenze dei lettori, involve anche il mercato e sembra cambiare anche Claudio De Nardi, alcuni equilibri interni è come se si infrangessero e si comincia anche a parlare sempre di meno di quello che era uno dei massimi esperti del weird e del gotico in Italia.

Anni di polvere che si sedimenta, anni di progressiva dimenticanza, di un vuoto che è talmente forte che pare urlare al buio.

Fino al giorno in cui nel 2010, qualcuno sembra ricordarsi di lui.

Si tratta dell’editore, Bietti , che decide di ristampare una nuova edizione di Teoria dell’Orrore.

Quando tutto ormai è sulla via di ricominciare, arriva un’altra notizia.

Quella della morte di Claudio De Nardi.

Che coglie tutti di sorpresa e, proprio perché inaspettata, risulta anche, almeno in una fase iniziale, molto poco pubblicizzata.

Cala quindi il sipario sull’esperienza umana di Claudio De Nardi.

Rimangono i libri, rimangono le opere, questa è parte dell’eredità lasciata da Claudio De Nardi

Sì, il lavoro svolto è solo parte della sua eredità.

La parte restante è dovuta al ricordo che lui ha lasciato in amici e collaboratori.

Ascoltiamone qualcuna.

IL RICORDO DI PIETRO GUARRIELLO

Che posso dirti su di lui? Sono passati molti anni dacché eravamo in amicizia (prevalentemente epistolare, e sporadicamente telefonica) e i ricordi si fanno via via più sbiaditi… L’ho incontrato di persona un’unica volta, ad un Convegno celebrativo su Lovecraft che si tenne a Firenze, dov’eravamo entrambi relatori, e lo ricordo come un signore di bell’aspetto, molto somigliante a Bram Stoker (a cui lui stesso si paragonava), distinto e di carattere mite e riservato. Come Lovecraft, un vero Gentiluomo d’altri tempi… Dovrei andare a spulciare tutte le decine e decine di vecchie lettere (tutte dattiloscritte nel rigoroso carattere della Olivetti lettera 22) che mi scriveva ai tempi della nostra corrispondenza, ma avercelo il tempo… Sì, perché con Claudio ho avuto, in epoca pre-Internet e pre-computer (davvero altri tempi!), un fitto scambio di corrispondenza durato oltre dieci anni (dal 1988 al 2000 circa). Allora lo consideravo (e lo considero ancora) il mio Maestro e mentore, perché da lui ho imparato molto sulla letteratura, non solo di genere, sull’amore per i libri, autori, ecc. Mi raccontò una miriade di fatti e di aneddoti gustosi legati alle pubblicazioni italiane di Lovecraft e alla letteratura fantastica in generale. Non so se hai mai avuto modo di leggere la sua bellissima rubrica sul fantastico che scriveva su “L’Altro Regno”, la vecchia rivista di Solfanelli, le sue recensioni sempre argute e polemiche, i suoi dotti articoli sulla vecchia “Abstracta”… Che dire? La mia disillusione sullo stato generale del fantastico in Italia (con le dovute eccezioni) era anche la sua… Uno dei suoi ultimi lavori era stato curare la “Lovecraftiana” uscita per le edizioni di Yorick (una specie di seguito a “Vita Privata di HPL”), a cui ho avuto il piacere di collaborare. Poi cadde in una profonda crisi depressiva, e le nostre lettere, che inizialmente erano lunghissime (anche dieci/venti pagine scritte fittamente) si fecero via via più corte e sporadiche, fino a terminare del tutto… L’ultima volta che gli scrissi, in occasione del mio matrimonio, nel 2004, gli spedii una cartolina da Loch Ness, dove mi trovavo in viaggio di nozze. Non ebbi mai risposta. Ricordo anche che uno degli ultimi libri da lui tradotti che mi mandò (lo faceva sempre) fu il mirabile “Bestie, Uomini, Dei. Il mistero del Re del Mondo” di Ossendowski. Claudio era anche un poeta, e un traduttore eccezionale (forse uno dei migliori nel nostro paese) e avrebbe potuto fare o continuare a fare grandi cose se la sfortuna (e la depressione, la sua bestia nera) non lo avessero fatto allontanare dal mondo, fino a diventare un recluso. Dopo il 2003 non l’ho più sentito (non era mai voluto passare ad Internet), nonostante abbia provato qualche volta a scrivergli. Finché, nel 2010, non ho saputo della sua morte, avvisato per telefono da Gianfranco de Turris… Per me, dovunque si trovi ora, in quell’Altrove che aveva sempre corteggiato, resterà sempre un Maestro… Che dire, ancora? Quand’era più giovane aveva insegnato letteratura nelle scuole (aveva due Lauree) e fatto molte ricerche sulla poesia e la vita di Dino Campana, i cui versi mi citava spesso nelle lettere; ma, come dicevo, era afflitto da un malessere interiore, un “male oscuro” che gli precluse poi ogni attività a parte lo studio e l’occuparsi dell’amata letteratura. Quanto al credo che lo animava, so che disprezzava tutte le religioni e soprattutto le sette, e qualche volta ne avevamo anche discusso. Era invece un serio appassionato e cultore di esoterismo, di simbolismo e di ermetismo, e si interessava soprattutto all’Ordine della “Golden Dawn” (a cui fecero parte molti weird writers degli anni D’Oro); possedeva tutti i libri usciti al mondo su questo argomento. Propose anche alle Edizioni Mediterranee la traduzione di “The Magicians of the Golden Dawn: A Documentary History of a Magical Order, 1887-1923” (Weiser Books, 1978), ma poi non se ne fece nulla. Aveva anche una notevole collezione di libri antichi, e poteva vantare nella sua biblioteca personale moltissime (e rarissime) prime edizioni di classici su fantasmi e ghost-stories. Aveva un libraio di fiducia  in Inghilterra, tale Ben Bass, che riusciva a procurargli qualunque libro gli interessasse, su qualunque argomento. Mi parlava spesso dei libri rari che annetteva alla sua biblioteca di genere, spendendoci anche delle piccole fortune. La sua passione per i vecchi libri, soprattutto se appartenenti ai generi del fantastico, del bizzarro e dell’occulto, era pura e genuina; amava il loro “profumo d’antico”, mi diceva…

A parte Lovecraft, gli autori weird che Claudio ammirava sopra tutti erano Bram Stoker, Abraham Merritt, Algernon Blackwood (di cui tradusse diversi racconti poi pubblicati su “Urania”), Arthur Conan Doyle, William Hope Hodgson, M.R. James, e Arthur Machen. Dopo Lovecraft era quest’ultimo il suo favorito. Curò e tradusse “The Hill of Dreams” (“La Collina dei Sogni”, Edizioni Reverdito) in un periodo di estasi per questo autore e si identificava molto col personaggio decadente di Lucian Taylor. Era tra l’altro l’unico membro italiano della Arthur Machen Society, e partecipò ad alcuni incontri che questa organizzava in terra d’Albione. A me inviò una copia con dedica della sua traduzione di “The Hill of Dreams”, e ricordo che ne seguì un fitto intreccio epistolare che si protrasse per varie lettere e in cui sviscerammo il romanzo in ogni sua sfaccettatura. Claudio mi narrò diversi gustosi aneddoti legati a Machen, alla sua traduzione, e anche retroscena della sua associazione alla Society macheniana: ad esempio, un incontro che ebbe con Roger Dobson e Mark Valentine, esperti inglesi dello scrittore, avvenuto a Stonehenge, al crepuscolo, quando dietro un dolmen credettero di scorgere… la figura di un satiro!

Ricordo inoltre che mi scrisse che aveva lavorato “alacremente e disperatamente” alla traduzione italiana del “Commonplace Book” di Lovecraft (“Diario di un Incubo”, Edizioni Mondadori) e questo per non pensare alla morte di Otto, il suo cane bassotto a cui era tantissimo affezionato e che lo accompagnava sempre nelle sue solitarie passeggiate. Infatti in questo o in un altro suo libro (dovrei controllare) c’è una dedica ad Otto. Claudio era un vero amante degli animali, e li amava quasi più degli esseri umani. La morte del suo cane lo lasciò devastato, ebbe un esaurimento nervoso, e gli ci vollero diversi anni per riprendersi…

Ha lasciato diversi lavori e scritti inediti. Aveva tradotto e annotato anche un grosso saggio inglese sulla letteratura horror e fantastica, una delle opere fondamentali nel genere, ma non riuscì a trovare un editore e purtroppo anche questo suo lavoro è rimasto inedito.

Era un uomo fuori dai suoi tempi, Claudio, e in una delle sue ultime missive (che conservo tutte) scriveva che “l’impressione è che il Tempo, come un’inarrestabile marea, stia sgretolando poco a poco i fragili capisaldi della mia vita”. Il fantastico, la letteratura, l’esoterismo, i simboli, la poesia… erano questi i suoi capisaldi.

Tempo fa avevo iniziato un progetto, su di lui, che avrei poi voluto pubblicare con la mia Dagon Press: l’idea era di raccogliere tutte le lettere più significative (decine e decine) che Claudio mi aveva scritto e raccoglierle in un volumetto. Quelle missive sono una testimonianza preziosa: sono argute, filosofiche, piene di riflessioni… sulla letteratura, sull’amato fantastico, ma anche sulla vita. E sui libri. Alcune di esse sono molto lunghe, scritte in una maniera coltissima, quasi aulica, o “lovecraftiana”; raccontano una miriade di fatti, di aneddoti – spesso inediti e gustosi – legati agli autori del fantastico e a Lovecraft in particolare, alle pubblicazioni italiane e straniere di letteratura weird, e alla letteratura in generale. Ho trascritto (e annotato) solo poche di quelle lettere, forse le meno significative e le più corte, tutte relative all’anno 1996. Poi, vinto dalla nostalgia, ho accantonato il progetto.

IL RICORDO DI ANDREA BONAZZI.

L’ ho incontrato solo una volta di sfuggita, praticamente non lo conoscevo se non attraverso il suo impegno saggistico nell’ambito del weird, articoli e interventi giunti in inglese anche sui “Lovecraft Studies” di Joshi, e come traduttore di Lovecraft (e Machen, e Dunsany) oltre che curatore di volumi. Opera inestimabile di divulgazione e serio approfondimento del fantastico in Italia, tanto più necessario e rilevante in un periodo e ambiente che del fantastico tendeva, se mai ha smesso di farlo, a cogliere di più gli esoterismi e la politica che i veri contenuti letterari. Scomparso troppo presto, De Nardi ha contribuito al consolidamento di rigorose e salde e fondamenta nello studio di un genere spesso, e non solo allora, considerato con vaga sufficienza, a volte barricato fra le limitazioni del proprio stesso fandom. Strumenti, esempi, basi indispensabili sia ai successivi critici, “addetti ai lavori” e traduttori che ai “semplici” appassionati”.

Si parlava delle testimonianze delle persone con cui si entra in contatto, io personalmente non ho mai conosciuto di persona Claudio De Nardi, ma se sono diventato un appassionato lettore di H.P. Lovecraft lo devo anche a lui (e ad altri come de Turris e Fusco) e ai suoi scritti che mi hanno aiutato ad inquadrare meglio il volto umano dello scrittore. Finché ci saranno persone come Claudio De Nardi la passione per la narrativa fantastica avrà sempre una speranza di sopravvivere.

E forse anche la nostra voglia di conoscenza”.

Nick Parisi

NOTE BIOGRAFICHE IN RETE

-articolo di Andrea Bonazzi su Weirdletter

-Indice cronologico su De Nardi  come autore sul Catalogo Sf, Fantasy e Horror in Italia

-Indice cronologico su De Nardi  come traduttore sul Catalogo Sf, Fantasy e Horror in Italia

-Scheda personale di Claudio De Nardi nel Prontuario narratori FS italiani su IntercoM

-Science Fiction Station: Enciclopedia su IntercoM

-L’immagine Infinita (un saggio di Claudio De Nardi, recentemente ristampato su “Lune d’ Acciaio” – I Miti della Fantascienza 9 / 2015