ALDA TEODORANI… FRA RENARD E PAQUET

Scrittrice, sceneggiatrice, saggista, cantautrice, produttrice, curatrice di collane, traduttrice… sono proprio tantissime le anime di Alda Teodorani, una delle migliori autrici contemporanee del nostro paese, talmente tante che anche noi fatichiamo a starle dietro ed è per questo che abbiamo deciso ancora una volta di incontrarla per voi e di farcele raccontare.

CIAO ALDA, E’ UN PIACERE RIAVERTI SULLE NOSTRE PAGINE. VEDIAMO CHE COME SEMPRE TI STAI DANDO DA FARE E COME SEMPRE LO FAI SU PIU’ FRONTI. STAVOLTA VORREMMO INIZIARE PARLANDO CON TE DI UN ASPETTO DELLE TUE ATTIVITA’ MAGARI MENO CONOSCIUTO, MA NON PER QUESTO MENO IMPORTANTE, OVVERO IL TUO RUOLO COME TRADUTTRICE DI LIBRI DI GENERE FANTASTICO.  COME NASCE QUESTA PASSIONE?

Mi sono appassionata alla lingua francese da quando ho iniziato a studiarla alle scuole medie e ho cominciato a leggere per conto mio racconti e romanzi ma soprattutto saggistica in lingua originale: all’inizio Pascal, che riuscivo a leggere abbastanza facilmente, in seguito ho letto Sartre e Camus e più tardi i migliori poeti francesi. Non traduco solo libri di genere fantastico ma anche e soprattutto saggistica per il gruppo editoriale Edizioni Mediterranee, col quale ho cominciato a collaborare nel 1995, esattamente vent’anni fa.

COME TI REGOLI QUANDO TRADUCI UN RACCONTO O UN ROMANZO E COME PROCEDI?

C’è una cosa che un traduttore dovrebbe fare sempre e che io invece non faccio mai e cioè leggere l’intera opera da tradurre, leggere le note o i riferimenti e poi iniziare a tradurre. Io non sono una persona metodica ma siccome ci tengo al mio lavoro e voglio che ne esca il meglio, sono solo io a essere danneggiata da questo. Ho la febbre di andare avanti a lavorare, inizio subito a tradurre direttamente a tastiera. Dapprincipio usavo il dizionario di carta e scrivevo col Mac, poi quando ci si collegava a internet con il modem e non c’erano i social avevo due computer, un Mac per la scrittura e la traduzione e un PC per collegarmi a internet. Ogni tanto facevo una pausa per riposarmi e controllavo la posta. Avevo ancora un dizionario di carta, anzi due, quello francese-italiano e il dizionario in lingua.

A volte, se dovevo fare un viaggio in treno, mi portavo il libro da tradurre e il dizionario di francese (lo avevo diviso a metà apposta, lasciavo a casa la parte italiano-francese) e scrivevo direttamente sul libro la traduzione delle parole più ostiche. Alla fine mi mettevo al computer e copiavo tutto. Poi ho iniziato a usare un dizionario installato sul pc.

Ora, di solito, cerco di procurarmi il file del libro in lingua originale e tengo i due file aperti affiancati traducendo direttamente e usando il solito dizionario sul pc. Non amo consultare i dizionari online perché si perde un sacco di tempo: la tentazione di cazzeggiare su internet è sempre assai forte. A volte, tuttavia, uso Reverso Context, un metodo veloce ma che richiede un’ottima conoscenza della lingua italiana e anche la capacità di saper sempre usare la parola appropriata, come del resto deve fare il traduttore.

I dizionari di carta che usavo un tempo non li ho più aperti ma sono ancora lì, al primo posto nella mia libreria, insieme al Dizionario etimologico che è essenziale per una buona traduzione.

QUANTO DI ALDA TEODORANI TRASPARE IN UNA TUA TRADUZIONE?

Cerco di fare in modo che Alda sia presente nella mia traduzione solo nella composizione della frase, che gli autori stranieri gestiscono in modo diverso. Mi capita a volte di revisionare traduzioni altrui e se c’è una cosa che mi fa andare davvero in bestia è il tradimento – “traduttore traditore” non è solo un modo di dire! – che i traduttori operano rispetto all’autore. Se l’autore ha deciso di usare un determinato vocabolo che ha un preciso corrispettivo in italiano, perché usarne un altro? Perché adoperare giri di parole se l’autore è stringato? Non capisco se da parte di alcuni sedicenti e presunti traduttori si tratta di incapacità o strafottenza o se c’è la convinzione di far meglio dell’autore che si traduce… o ancora se questo tipo di traduzione cela inconsce velleità autoriali che sbucano fuori durante il lavoro. Per me il rispetto del linguaggio, del ritmo dell’autore, è fondamentale.

IN BASE A QUALI CRITERI SCEGLI LE OPERE DA TRADURRE?

Tradurre mi piace sempre e non mi è quasi mai capitato di rifiutare un lavoro. Una volta iniziai a tradurre un libro e quasi subito mi resi conto che oltre a essere scritto male aveva problemi di struttura; lo segnalai all’editore, che non lo ha più pubblicato. Di recente stavo per rifiutare una traduzione perché non avrei saputo proprio in che momenti occuparmene, poi mi è stato dato più tempo per la consegna. A parte questi casi limite, sinceramente non mi sentirei mai di rifiutare una traduzione, a meno che non mi rendessi conto che va oltre le mie capacità. In generale, ci terrei a sfatare il luogo comune condiviso da chi non ha mai tradotto, fatto editing o scritto in modo professionale: NON è un divertimento, è lavoro duro e serio e come tale va considerato. Molti editori, specialmente i più piccoli, sono convinti che con internet e con Google Traduttore il lavoro di traduzione viene fatto direttamente dal computer. A parte la sintassi e la grammatica, non è così. Sinceramente mi piacerebbe avere un programma come ad esempio Dragon che scrive sotto dettatura, ma non è ancora molto perfezionato. Detto questo, la fatica di trovare la parola giusta, la parola “calzante” è sempre del traduttore (ieri ho letto un racconto in cui c’era scritto: “esalò un urlo”, non va per niente bene!) :D

Va anche detto che proprio per questo, particolarmente per uno scrittore, è fondamentale la traduzione perché è un’ottima palestra. Io le accetto sempre, anche quando si tratta di lavorare per amici con compensi simbolici, ma detesto essere insultata con false promesse o tariffe inferiori a quelle che chiederebbe una dattilografa per la copiatura di un testo!

STA PER USCIRE PER LE EDIZIONI PROFONDO ROSSO DI LUIGI COZZI IL ROMANZO “PROFONDO CIELO – I PESCATORI DI UOMINI” DI MAURICE RENARD TRADOTTO DA TE. COSA PUOI DIRCI IN MERITO E QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE IN QUESTA TRADUZIONE?

Per questo libro di Renard in particolare è stata spesa molta fatica. Tentativi precedenti di altri traduttori o passaggi di editing erano falliti poiché il libro ha una frase dalla composizione assai complessa, un linguaggio difficile, oltre che arcaico. Per esempio vi si parla di oggetti che non sono di uso comune, come corsetti, mole da mulino, vecchie auto con autista meccanico. Insomma tutta una serie di cose che richiedono al traduttore di essere molto scrupoloso, di non dare niente per scontato, di conoscere molto bene le due lingue sia il francese che anche e soprattutto l’italiano per fare uscire il tutto in un italiano fluido, un linguaggio attuale, che si adatti alle esigenze del lettore di oggi, abituato alla velocità di internet e dell’instant messaging.

COSA TI E’ PIACIUTO DI PIU’ DI QUESTO ROMANZO?

Il nemico invisibile sempre in agguato secondo me è una delle tematiche horror più efficaci. È un nemico che può colpire nel sonno, del quale non si percepisce l’arrivo, i suoi scopi, così come la sua identità, sono ignoti. In questo, secondo me, sta la grande efficacia del libro e poi [SPOILER ALERT] l’idea di un nemico che proviene non si sa da dove ma che respira in modo diverso da noi è sempre di grande fascino.

IL VOLUME SARA’ PUBBLICATO, COME DICEVAMO, DA LUIGI COZZI E DALLE SUE EDIZIONI PROFONDO ROSSO: COME E’ STATO LAVORARE PER LUI E COME NASCE QUESTA COLLABORAZIONE?

Collaboro da molto tempo con Cozzi, appoggio i suoi progetti editoriali, lo conosco da quasi vent’anni, credo, ma è la prima volta che traduco per lui un’opera così monumentale (sono oltre 400 cartelle!) e mi ci è voluto un anno di lavoro. Non si stupiscano i profani del tempo che ho impiegato, è questo a fare la differenza tra una traduzione pasticciata e una traduzione perfetta e professionale.

RESTANDO SEMPRE IN TEMA DI TRADUZIONI, ULTIMAMENTE TI SEI OCCUPATA ANCHE DI “REGINA D’AMBRA” DI OLIVIER PAQUET PER FUTURE FICTION: COSA PUOI DIRCI IN MERITO A QUEST’OPERA?

Regina d’ambra” corrisponde perfettamente alla filosofia che caratterizza il progetto “Future Fiction”: si tratta di un ottimo autore contemporaneo poco conosciuto in Italia, un bravissimo autore al quale è doveroso dare voce anche qui da noi, come tutti i quelli pubblicati nella collana a cura dell’amico Francesco Verso (fresco di vincita del “Premio Urania” con il romanzo Bloodbusters, edito in split ne Il sangue e l’impero  in edicola a inizio novembre). Inoltre il manifesto “Raccontiamo oggi le storie del domani”, leit motiv di “Future Fiction”, affascina soprattutto se teniamo conto del fatto che cuore e mente dell’uomo, cioè la sua parte emozionale, non sono cambiati malgrado la tecnologia abbia fatto passi da gigante. E da qui nasce “la relazione ambigua tra gli esseri umani e la tecnologia”, altro punto cardine delle storie a marchio “Future Fiction”. I nostri tormenti mentali e morali sono sempre quelli di centinaia d’anni fa.

Tornando a “Regina d’ambra”, è una storia geniale, una commistione fra tradizione e modernità, che si svolge in una tenuta dove si producono vini e le cui cantine sono abitate da un’intelligenza artificiale quanto meno insolita. Paquet  ha una voce davvero interessante, traducendolo mi sono fatta l’idea che sia un grande studioso, ma soprattutto ha un ritmo particolare, è stato molto piacevole tradurlo. Non facile ma di sicuro stimolante.

QUALI DIFFERENZE CI SONO, SE CE NE SONO, FRA TRADURRE UN LAVORO SCRITTO ALLA FINE DELL’OTTOCENTO  COME QUELLO DI RENARD E UNO INVECE PUBBLICATO NEGLI ANNI DIECI DEL 2000 QUALE E’ QUELLO DI PAQUET?

Con Renard, anche se ovviamente non è così vecchio da essere giudicato un fossile, è stato come scoprire un reperto archeologico, non si trattava solo di capirlo, ma anche di scoprirlo, rispettando il suo splendore e restituendogli una lucentezza derivante dal linguaggio moderno ma lasciando comunque intatta la voce dell’autore e senza togliere nulla al racconto, facendo molta attenzione a non danneggiarlo e/o modificarlo.

Paquet è un autore attuale proiettato verso il futuro. È un professionista che non si accontenta di narrare una trama che vada da A a B come succede in Renard ma che imprime alla storia un ritmo più vivace, non spiega cosa prova il personaggio bensì lo restituisce tramite il linguaggio del corpo e le azioni.

In ogni caso, in generale, di qualunque autore si tratti – che mi piaccia o meno – la mia attenzione è incentrata sull’ esigenza di rispettare la voce dell’autore ed essergli fedele, non lo dirò mai abbastanza! :)

TORNANDO ALLE EDIZIONI PROFONDO ROSSO, SAPPIAMO CHE STAI SCRIVENDO PER LORO UN’ANTOLOGIA DI TUOI RACCONTI, “LA COLLEZIONISTA DI ORGANI”: COSA PUOI DIRCI IN MERITO E COSA POTREMO TROVARE IN QUESTA RACCOLTA?

Il libro è già stato consegnato, nel titolo gioco su uno dei miei libri più apprezzati dai lettori, “Organi”, dove la protagonista colleziona gli organi dei suoi amanti per costruirsi un uomo ideale. Il titolo vuol dare al lettore una idea molto chiara di cosa è il libro è di chi è l’autrice per chi ancora non mi conoscesse dal momento che il target di Profondo Rosso è costituito per la maggior parte (credo) da appassionati di cinema. Si tratta di una raccolta dei miei migliori racconti che vanno dal 1990 fino agli ultimi scritti, infatti negli ultimi anni ho scritto quasi unicamente racconti, e un breve romanzo. Sto attendendo alcune altre uscite, oltre a questo libro, con impazienza devo confessarlo, anche perché vedo pure l’impazienza dei miei lettori di leggere qualcosa di nuovo.

ULTIMA DOMANDA: COSA BOLLE IN PENTOLA NEL FUTURO DI ALDA TEODORANI

Sto scrivendo un nuovo libro, un pamphlet, mi piace recuperare antichi modi di scrittura che non si usano più, dopo il diario di “Incubi” mi sono cimentata con questo, e poi ci sarà un libro sperimentale, una sorta di abbecedario animalista, che mi vedrà confrontarmi con un’altra autrice, una ragazza emergente con la quale condivido lo spirito della raccolta. E ci sono molte idee che, chissà. potrebbero prima o poi vedere la luce.

E a proposito di cosa bolle in pentola, è quasi ora di pranzo… poco fa è passato un addetto al censimento a interrogarmi e ho pensato che potrei mangiare con lui… ;)

BUON APPETITO ALLORA!

Davide Longoni