FANTASCIENZA STORY 03

FRITZ LANG: DALLA TERRA ALLA LUNA

IL CINEMA FANTASTICO TEDESCO 1913-1921

Mentre in Francia, al seguito di Méliès, la pre-fantascienza cinematografica si tinge di toni letterari e, in America, assume già quelle coloriture effettistico-popolari che poi sarebbero diventate dominanti, in Germania, grazie al movimento espressionista, si sviluppano le condizioni per un’esperienza di estremo interesse anche nell’ambito del genere.

Il cinema espressionista è un riflesso del teatro nato come manifestazione più alta del movimento artistico e culturale che scosse la Germania subito prima e subito dopo la Grande Guerra, dal 1910 al 1925. Sua caratteristica è l’espressione intensamente soggettiva dei più profondi sentimenti dell’autore, di solito attraverso un personaggio centrale che agisce come suo alter-ego.

Il movimento assume posizioni di rottura nei confronti della società e dell’atmosfera culturale mittel-europea; nella sua ansia di porre nuovamente l’uomo al centro delle cose, esaspera i rapporti fra soggetto e oggetto, stravolge i piani dell’esistenza comune, crea una realtà alternativa, dai tratti paurosi e sconvolti, nella quale possa proiettarsi con maggiore intensità drammatica il travaglio interiore dei protagonisti del dramma.

In questo senso, l’approccio al fantastico, favorito anche dalla mai sopita idealità romantica dell’animo tedesco, risulta immediato.

Nel cinema, le possibilità offerte dalla macchina da presa, il senso di oggettivazione fantastica che nasce dall’immagine proiettata, forniranno agli espressionisti uno dei mezzi ideali per tradurre in simboli efficaci il senso della loro rivolta contro il mondo contemporaneo.

Nel 1919 venne girato il capolavoro del cinema espressionista tedesco, uno dei più grandi film del terrore mai realizzati, Il Gabinetto del Dottor Caligari (Das Kabinet des Dr. Caligari), per la regia di Robert Wiene, che sostituì degnamente Fritz Lang, chiamato in un primo momento a dirigerlo, ma che rifiutò per precedenti impegni.

Il film è ambientato nel 1830 e ci mostra il dottor Caligari che presenta, in un baraccone da fiera, un sonnambulo che predice il futuro; la “vittima” è uno studente, al quale il sonnambulo predice che quella sta per arrivare sarà la sua ultima notte di vita.

Lo studente viene realmente ucciso e un amico sospetta Caligari dell’omicidio; quest’ultimo ha in effetti il potere di far agire a suo piacimento, sotto ipnosi, l’ignaro sonnambulo, che scoperto e inseguito mentre rapisce una ragazza, muore per lo sfinimento. Caligari, arrestato e imprigionato, riesce a evadere rifugiandosi in un manicomio, del quale ne diventa il direttore. Solo alla fine si scopre che trattasi solo delle allucinazioni di un pazzo.

Questo finale a sorpresa fu fatto aggiungere dal produttore Pommer alla sceneggiatura originale.

La pellicola fu realizzata in poco più di due settimane e con pochissima spesa: le scenografie distorte erano quasi tutte di tela dipinta.

Venne proiettato per la prima volta alla Marmorhaus di Berlino il 26 febbraio 1920.

Altri film di quel periodo da ricordare sono: La Testa di  Jano e una versione del Dottor Jekyll e Mister Hyde, diretta, nel 1920, da F.W. Murnau con Conrad Veidt nel ruolo di Warren e di Mister O’Connor (i nomi furono cambiati).

Sempre nel 1920 abbiamo questo Il Dottor Jekyll e Mr. Hyde (Dr. Jekyll and Mr. Hyde) per la regia di John S. Robertson. Interessante versione del romanzo di Robert Stevenson dove John Barrymore riveste splendidamente il doppio ruolo Jekyll-Hyde.

Negli studi della U.F.A., la più grande casa produttrice tedesca, si gira sempre in quell’anno una nuova versione de Il Golem (Der Golem) – la prima era del 1914 -: la leggenda dell’uomo artificiale creato dal rabbino Loew e animato dalla magia della Cabala nel ghetto ebreo di Praga.

Fu la migliore pellicola del genere in senso assoluto, per la regia di Paul Wegener (1920). Il film verrà in seguito rifatto nel 1936 ma, pur usufruendo di maggiori mezzi, non raggiunse il valore dell’opera di Wegener.

Nel 1921 F.W. Murnau creò la sua opera migliore: Nosferatu, il vampiro (Nosferatu), ispirato al Dracula di Bram Stoker (1897).

Anche per Fritz Lang, uno dei più grandi registi di tutti i tempi, il 1921 fu un anno memorabile.

FRITZ LANG

E’ il secondo grande nome del cinema di fantascienza, accanto a Méliès.

Esordisce con I Ragni, poi, nel 1921, realizza Destino (Der Mude Tod, conosciuto anche come Le tre luci), una stupenda pellicola dai toni romantici su una giovane che lotta con la Morte per strappare il fidanzato dalle sue mani, ma non riuscendo nel suo intento, preferisce seguirlo, sacrificando se stessa per un’altra vita, in un prato fra le nuvole.

Le origini di Mabuse sono letterarie e derivano da Norbert Jacques, un giornalista con la passione di personaggi come Rocambole e Fantomas. Il suo hobby preferito era la pesca alla quale si dedicava, quando era libero da impegni, sul Lago di Costanza che diventerà poi il luogo dal quale il suo personaggio dirigerà i suoi diabolici piani di conquista del mondo. Più che un mostro Mabuse deve considerarsi uno dei primi supercriminali della storia, una mente geniale anch’essa al servizio del male, il quale sia dal punto di vista letterario che cinematografico, è, e resterà sempre, la forza più interessante e commerciale da rendere attraverso romanzi e film. A questa regola non sfugge nemmeno il Dottor Mabuse le cui avventure apparvero inizialmente a puntate sul Berliner Illustrierte Zeitung edito dai Fratelli Ullestein i quali, per colmo di fortuna, erano anche proprietari di una società di produzione cinematografica. La famosa società cinematografica tedesca UFA (MetropolisUna Donna sulla Luna) s’interessò al progetto e si affiancò ai Fratelli Ullestein per produrre il film.

Il regista preposto si dimostrò entusiasta dell’idea ed abbandonò temporaneamente il progetto sul quale stava lavorando I Nibelunghi per dedicarsi totalmente alla regia del film su Mabuse. Fu così che Fritz Lang, assieme alla moglie Thea Von Harbou, sceneggiatrice di successo presso l’UFA, si recarono a Monaco per convincere lo scrittore sulla bontà della collaborazione tra i Fratelli Ullstein e l’UFA.

La pellicola fu divisa in due parti e il ruolo principale fu sostenuto dal Dottor Mabuse, personaggio che fu rivestito in maniera mirabile dall’attore tedesco Rudolf Klein-Rogge il quale collaborerà spesso con Lang. Oltre ad aver girato con lui il delizioso e imponente film Destino o Le Tre Luci (Der Mude Tod) nel 1921, e dopo aver interpretato par suo il personaggio di Mabuse, lo ricordiamo in I Nibelunghi del 1924 e nel ruolo del Dottor Rotwang, in Metropolis del 1927.

Quindi il 1922 è l’anno del Dottor Mabuse, basato appunto su una popolare serie di racconti di Norbert Jacques. La pellicola presenta, come abbiamo detto,  l’attore Rudolf Klein-Rogge nei panni dell’arcicriminale che domina una decadente città in bancarotta, assumendo vari travestimenti, fra i quali un banchiere, uno psichiatra, un giocatore d’azzardo e un marinaio ubriaco.

Anche se Mabuse tenta, grazie ai suoi mezzi e alla sua banda di criminali, di gettare la nazione nel caos, mettendo in circolazione enormi quantità di denaro falso, la sua più pericolosa caratteristica è quella di riuscire ad assumere il completo controllo delle persone che entrano in contatto con lui. Un simile concetto di superuomo è senza dubbio fantascientifico. Alla fine però il genio del crimine viene sconfitto dal… proprio intelletto. Il procuratore distrettuale Wenk, interpretato da Bernard Goerke (lo stesso attore che ricoprì meravigliosamente il ruolo della Morte nel precedente film di Lang) non riesce a sconfiggere Mabuse che, impazzito, viene poi scoperto in uno dei suoi nascondigli sotterranei, sepolto da tonnellate di biglietti di banca contraffatti, inseguito dagli spettri delle sue numerose vittime.

Il film si conclude mentre uno dei componenti la banda di Mabuse scrive una sfida sui muri della prigione.

Realizzato secondo i canoni dell’espressionismo con un set dalle immagini distorte, il film riesce a presentare in maniera mirabile un mondo claustrofobico, soffocato, corrotto. Fu immesso sul mercato in due parti, per un totale di cinque ore di proiezione e, in DVD, la versione migliore è quella della Sinister Film..

Il primo esempio di pellicola sovietica invece giunto sino a noi è del 1924 e si chiama Aelita (Mezhrobpom) per la regia di Jakov Protazanov. Liberamente tratto da una fiaba di Tolstoj è la storia della perfida regina di Marte, Aelita che può, tramite una avveniristica invenzione, osservare tutto ciò che accade sugli altri pianeti e, mentre osserva la Terra, vede che in Russia uno scienziato di nome Los sta costruendo un razzo per giungere su Marte. Accortosi di essere spiato Los decolla e raggiunge il pianeta rosso e lì si innamora di Aelita ma ciò provoca le ire di Tuskus, il quale sperava di diventare lo sposo della regina. Colto dalla gelosia e dall’ira Tuskus distrugge il congegno. L’assistente di Los, Gusey, si mette a capo degli abitanti di Marte perché si ribellino al regime dittatoriale dei due. Anche Los, finalmente, capisce quanto sia crudele la sua amata e riparte verso la Terra lasciando Marte in piena rivolta sociale. In DVD, sottotitolato in italiano, il film è uscito dalla Punto Zero.

METROPOLIS (1926)

Nel 1926 Fritz Lang realizza uno dei più famosi film di fantascienza di tutti i tempi: Metropolis, tratto dall’omonimo romanzo di Thea Von Harbou, moglie del regista tedesco (Tr. it. Metropolis in Proxima n.4, Granillo, Torino 1966).

Favorito dal grandissimo successo che aveva ottenuto in tutto il mondo il film I Nibelunghi, il regista ottenne giganteschi finanziamenti, soprattutto dalla casa produttrice UFA, la quale, avendo gettate tutte le proprie risorse economico-finanziarie nell’impresa, non riuscì mai a risollevarsi, nonostante il successo strepitoso del film di Lang e, pertanto, dovette dichiarare fallimento.

Si racconta che una notte Fritz Lang, arrivando a New York in nave, vide tutti i grattacieli illuminati ed ebbe l’idea di girare un film su una città del genere, nel futuro.

Nel XX secolo una metropoli gigantesca è governata da un dittatore (interpretato in modo egregio da Alfred Abel) che vive in un grandioso giardino pensile assieme a suo figlio (l’attore Gustav Froehlich, unica recitazione mediocre di tutto il film), mentre i suoi operai sono relegati in fabbriche sotterranee e, tra loro, una giovane donna (Brigitte Helm, ottima poi nella parte dell’androide “cattivo”) predica la rassegnazione.  Un inventore (Rudolf Klein-Rogge nella sua migliore interpretazione) costruisce una donna artificiale, somigliante alla ragazza, che spinge gli operai alla rivolta facendo distruggere buona parte della città. Alla fine il dittatore, pentito, si riconcilia con il capo degli operai.

A proposito del finale Lang dichiarò:

Non amo Metropolis, La conclusione è falsa. Già non l’accettavo mentre lo stavo realizzando.”

Se sotto certi aspetti la pellicola dimostra la sua età, per molti altri non ha nulla da invidiare ai film moderni.

Tra le previsioni avveniristiche presentate da Metropolis vi sono per esempio la televisione che rimpiazzerà il telefono e gli sviluppi del volo umano. Si riscontra però un’enfatizzazione eccessiva nelle sequenze dei lavoratori oppressi (ma ciò è dovuto alla sceneggiatura della moglie di Lang), mentre Brigitte Helm che, come abbiamo detto, interpreta nel film il doppio ruolo di Maria e dell’automa, appare nella prima parte troppo leziosa e sdolcinata.

Lo scrittore Herbert George Wells, dopo aver visto il film, lo definì come “uno dei più brutti che siano mai stati fatti“.

Nel 1987 è stato ripresentato in versione “colorizzata” con l’aggiunta di musiche di Giorgio Moroder e canzoni anche dei Queen. In DVD è uscito dalla Ermitage Cinema. Mentre da un lato si deve notare la positività di aver cercato di rimettere al loro posto tutte le scene, le sequenze e le foto che si è riusciti a reperire (come è noto la versione completa del film di ben oltre due ore è andata irrimediabilmente perduta) e l’accompagnamento musicale deve ritenersi assolutamente adeguato a seconda delle varie sequenze, dall’altro è da ritenersi inutile la colorizzazione, che ci è parsa limitativa e superflua. La nuova versione, comunque, non superava gli 87 minuti.

Il film costò 7 milioni di marchi e la lavorazione si protrasse dal 22 maggio 1925 al 30 ottobre 1926. Vennero girati 620.000 metri di negativo; furono impiegati, oltre agli otto attori di primo piano, 25.000 uomini, 11.000 donne, 1.100 calvi, 250 bambini, 25 uomini di colore, 3.500 paia di scarpe speciali, 50 automobili.

Passiamo ora al 1927 per parlare de La Mandragola (Alrune) di  Henrik Galeen tratto dal romanzo di Hanns Ewers Alraune. Alraune è figlia di uno strano tipo di inseminazione artificiale, proviene da una Dirn: ovvero l‘unione di una essere dotato di organo femminile fecondato dallo sperma di un condannato a morte per impiccagione al quale il prezioso seme è stato prelevato nell‘esatto momento della sua morte.

Il nome Alrune deriva da quello di una leggendaria pianta che cresce sotto la forca e ha enormi poteri magici, porterà infelicità, sfortuna e morte a tutti gli uomini, i quali, affascinati da questa stupenda ed eroticissima creatura, avranno con lei un rapporto.

Quando Alraune scoprirà le sue origini si ucciderà assieme al suo creatore. Esistono altre due versioni del film e che risultano inedite per gli schermi italiani.

UNA DONNA SULLA LUNA (Die Frau im Mond – 1928)

L’ultimo film muto di Fritz Lang fu Una donna sulla Luna, anche questo, come Metropolis, dovuto alla banale sceneggiatura dalla moglie.

Il lato interessante questa volta non è la trama, ma l’opera di preparazione che fu necessaria: infatti Lang, che lavorava ancora per la UFA, volle assicurarsi per realizzare accuratamente la prima parte del film, l’aiuto del “padre dell’astronautica”, lo scienziato Hermann Oberth che, tre anni prima, aveva pubblicato Die Rakete im Raumfahrt, una trattazione matematica della navigazione spaziale mediante il motore a razzo, cosa straordinaria per l’epoca.

La ragione principale per cui il regista volle appunto al suo fianco Oberth fu lo scopo di dare un risalto assolutamente scientifico alla sua storia.

Quando Oberth arrivò a Berlino aveva un grandioso progetto in mente: realizzare un vero razzo da sfruttare come lancio pubblicitario del film di Fritz Lang. Le trattative furono lunghe e laboriose, infatti l’UFA non intendeva spendere soldi per ricerche scientifiche, però un altro valido scienziato, Willy Ley, che si affiancò ad Oberth nel lavoro, suggerì ai dirigenti della casa di produzione di usare parte delle spese pubblicitarie. Al rifiuto dell’UFA Fritz Lang intervenne proponendo di pagare di sua tasca metà delle spese.

Il lavoro di Oberth si svolse così su due fronti: da un lato il razzo vero e dall’altro i modelli per il film e l’interno della cabina.

Secondo le intenzioni dello scienziato il razzo avrebbe dovuto sollevarsi fino all’altezza di 40 chilometri; l’UFA dal canto suo si premurò di precisare alla stampa che i chilometri sarebbero stati 70. Il progetto, purtroppo, non andò mai in porto per le varie difficoltà tecniche in cui Oberth s’imbatté nel suo lavoro: camere di combustione, propellente, la stessa località di lancio; ogni cosa costituiva un problema.

Il film venne proiettato il 15 ottobre 1929, mentre il razzo, secondo un lapidario comunicato dell’UFA, non poté essere lanciato “per la stagione troppo avanzata”.

Tutta la prima parte del film è molto didattica e assai minuziosa. Oberth aveva inutilmente protestato quando i produttori, disinteressandosi della forma esterna, allargarono la cabina al livello di una piazza d’armi: all’UFA non importava minimamente il rapporto peso-massa, ma solo che leve e bottoni si vedessero bene.

La seconda parte del film, che presenta il viaggio verso la Luna e l’atterraggio sulla sua superficie, è semplicemente un’elaborazione visiva di congetture scientifiche, comunque sempre molto interessante.

Il finale, adatto a una maggiore attualità, mette in risalto la regia di Lang, un poco dispersa nella tecnologia della prima parte.

Le ultime scene scadono però nel melodramma, perdendo verosimiglianza tecnica: infatti, non solo gli astronauti scoprono che sulla Luna vi è aria (il che, anche a quell’epoca, era riconosciuto come scientificamente assurdo), ma trovano anche dei giacimenti d’oro e uno di loro, desiderando restare l’incontrastato signore di una così grande ricchezza, sabota l’impianto d’ossigeno di bordo.

Debellato il fellone, due superstiti tornano sulla Terra, lasciando sulla Luna il protagonista e la sua fidanzata che per lui rinuncia a tornare sulla Terra.

In fase di realizzazione fu anche scartata una sequenza che prevedeva la scoperta di un manufatto lunare, forse i produttori si erano resi conto di essersi spinti fin troppo in avanti.

Possiamo concludere che, così come Méliès aveva influenzato il mondo del cinema in generale,  Lang influenzò il mondo del cinema fantastico in particolare, tanto da essere considerato, ancora oggi, uno dei più grandi registi che si sia mai interessato a questo campo.

Giovanni Mongini